Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
08 July 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Attualita (Pagina 13 - Edizione CA)
La nuova emigrazione italiana? È quella dei giovani “under 40”
Alle radici di un esodo che ci costa 1 miliardo di euro all'anno 
di Luigi Barnaba Frigoli
 
Crisi, disoccupazione, mancanza di possibilità. Oppure, semplice voglia di viaggiare e conoscere il mondo. Sono tanti, e complessi, i motivi che spingono i giovani italiani a fare le valigie per trasferirsi all'estero. Ma qualunque sia la spinta, il fenomeno sta ormai assumendo le proporzioni dell'esodo. Eloquenti i numeri: secondo l'Aire (Anagrafe Italiani Residenti Estero), dal 2000, i connazionali espatriati di età compresa tra i 20 e i 40 anni hanno registrato un incremento pari a 316mila unità, mentre solo lo scorso anno, il numero di under 40 che hanno preso il volo ha sfiorato quota 30mila. E qualcuno parla già di “nuova emigrazione”.
Luca Trotta ha 35 anni ed è ricercatore. Da qualche settimana, da Milano, è sbarcato in Finlandia. A Helsinki. Qui vive la sua ragazza. Ma l'amore è stato solamente la scintilla decisiva. «L'idea di emigrare l'avevo da un po'», racconta. «Poi, negli ultimi mesi, il mancato rinnovo del contratto e le difficoltà economiche l'hanno resa una necessità». Cosa ha lasciato nel Belpaese è presto detto: «In Italia ho lavorato come biologo per 7 anni, borsista, con stipendi molto magri e ogni anno tanta incertezza sul rinnovo. Ho anche dovuto prendere un diploma di specializzazione che mi è costato quasi mille euro, ma che non è servito granché. Mi è andata pure bene rispetto a tanti colleghi perché non ho mai dovuto lavorare gratis». Poi la goccia che ha fatto traboccare il vaso. «Quest'anno ad aprile sono rimasto a piedi, con un mutuo e pochi soldi da parte». Ed ecco il bivio: continuare a navigare a vista o prendere il largo? Dopo tante delusioni e disillusioni, la seconda opzione ha vinto a mani basse. E le differenze si vedono. «Sono qui da un mese - continua Luca - e lavoro in università, per la prima volta con un contratto che può essere definito tale e mi sento più tutelato per quel che riguarda ferie, malattie e assistenza sanitaria». Piccole cose, forse, ma che danno dignità e speranza a chi si mette in gioco in società. Altro esempio? «La semplicità», prosegue Trotta. «La burocrazia qui è meno limitante e in poche ore ho potuto richiedere tutti i documenti che mi servivano, mentre nella situazione inversa, quando la mia ragazza ha richiesto gli stessi documenti a Milano, ci abbiamo messo tre mesi, svariati permessi al lavoro e l'intervento di un amico che lavora in Comune. Inoltre, qui, col mio contratto, ho potuto avere una carta che mi permette di avere un sacco di agevolazioni, dai trasporti allo sport. E c'è anche un vero sistema di sussidi di disoccupazione». In soldoni, «in Finlandia si può veramente parlare di welfare».
Ovviamente, tra i nuovi giovani emigranti, non mancano i sardi. Ragazzi cui non pesa lasciare l'Isola per studiare o lavorare fuori. In continente, ad esempio, come Antonella Piras, Massimo Cossu, Maurizio Mura e Marina Desogus, universitari a Bologna. Pur lontani, però, non hanno certo dimenticato la propria terra, tanto da essersi subito aggregati al Gruppo giovani della Federazione dei circoli sardi in Italia, guidato da Giancarlo Palermo. Claudia Loi, 34enne di Elmas, Cagliari, invece, ha scelto l'estero. Ma, ci tiene a dirlo, «non perché a casa stessi male». Ha studiato lettere antiche e tramite l'Erasmus ha vissuto un'esperienza a Barcellona. Però, anziché tornare, ha deciso di restare. Ora gestisce un bar ed è contenta della sua vita. «Qui sto benone. E sono orgogliosa della scelta. Fatta all'insegna della libertà e del desiderio di trovare la mia dimensione».
In tempi di vacche magre, ripetono gli esperti, è imperativa una decisa “attitudine alla flessibilità”. Ma per molti la linea guida sembra essere piuttosto “fare buon viso a cattivo gioco”. Anche a costo di stravolgere anni di studi ed esperienze. Lo sa bene Viviana Greco, 31 anni. Un diploma all'Istituto Europeo di Design di Milano e una laurea triennale in Storia dell'Arte. In mezzo, una miriade di lavori. «Grafica, curatrice, cameriera, ufficio stampa, case editrici. Tutte esperienze iniziate con lo snervante invio dei curricola e terminate perché legate a stage, fallimenti, mancati pagamenti o esaurimenti miei». Poi la decisione di fare tabula rasa e ricominciare daccapo, dagli antipodi, con un master in cooperazione internazionale. Suggellato, anche in questo caso, da un biglietto aereo. «L'anno scorso - ricorda - dopo l'ennesimo periodo di stallo, ho iniziato a interessarmi a diverse Ong locali, trovandone infine una tramite amici. Sostanzialmente è un centro educativo per bambini dai 3 ai 14 anni. Figli di famiglie indigene sulle sperdute montagne del Chiapas a cui durante gli anni sono state espropriate le terre e che sono state perseguitate per motivi politici o religiosi». Mica male per chi ha passato anni tra i banchi a smanettare in Photoshop. Ora, completato il master, una nuova avventura, ancora in Messico. «A contatto con piccole comunità nelle montagne, per aiutarle a costruire i loro diritti, specie delle donne e dei bambini». Un modo per lasciarsi alle spalle l'opaco mondo italiano (e occidentale), dove molto spesso lauree e altri pezzi di carta «non servono a nulla».
Lucio e Fiorenza da quattro anni hanno messo radici a Perth, Australia. Dove sono nate le loro bimbe. Una scelta, quella di stabilirsi all'altro capo del mondo, non dettata dalla necessità, visto che, allora, la crisi non era ancora galoppante. In ogni caso, i semi del loro talento (nel settore grafico lei, nella ricerca sociale lui) hanno trovato terreno fertile per esprimersi e germogliare. «In generale qui è molto più facile fare la maggior parte delle cose, dall'acquisto di un'auto al rinnovo della patente, e tutta la burocrazia si sbriga in fretta», spiegano. «Gli ambienti professionali sono altamente meritocratici, l'organizzazione del lavoro è più sistematica e funzionale, infine c'è un'incredibile attenzione al “work life balance”, vale a dire che i tuoi datori di lavoro sono perfettamente consapevoli del fatto che hai una vita al di fuori dell'ufficio e sono i primi a rispettarla. Ovviamente si lavora tanto, però ci si viene incontro. Ad esempio, entrambi abbiamo contratti part time e i nostri giorni sono flessibili, in base alle nostre esigenze (bambine malate o altro), oppure alle loro (consegne da rispettare ecc.). Chiariamo: per trovare lavoro qualificato è indispensabile possedere una solida esperienza. Un titolo di studio da solo non è sufficiente se non accompagnato da rilevante esperienza sul campo. È molto più facile invece trovare lavori occasionali, anche se è indispensabile una buona dose di intraprendenza». Conclusione? «Qui si sta davvero bene, il posto è incantevole e siamo sicuri che quando lo lasceremo, lo rimpiangeremo. Ma ci piace pensare che un giorno torneremo a casa, perché anche l'Italia è bellissima, e gli italiani, specialmente all'estero, sono stupendi. Devi stare lontano per un po' per rendertene davvero conto».
Altro caso topico è quello dei talenti “coltivati” in Italia, ma giocoforza destinati a “sbocciare” altrove. Alessandro Achilli ha 30 anni ed un promettente dottorando in lingue slave. Conosce, oltre a inglese, francese e tedesco, anche il russo, l'ucraino e svariati idiomi degli Stati ex sovietici. Traduce Dostojevski e Tolstoj. E ha ottenuto con facilità dottorati e borse di studio dalle università italiane. Avanti e indietro da Mosca e dal Caucaso, sta ora completando la sua tesi di dottorato, sovvenzionato (mille euro al mese) dalla scuola pubblica italiana. Ma fino al 2015. E dopo? Che succederà? «Per ora posso ritenermi fortunato, visto che sono sostanzialmente pagato per studiare e fare ricerca nel mio ambito. Ma la visione che posso avere è a scadenza. Massimo tre anni, senza alcuna certezza per il futuro. Nessuno, i miei stessi professori me lo ripetono, mi garantirà un posto fisso o un contratto da docente o da ricercatore». In tre anni, però, possono cambiare tante cose. «Non in Italia. Visto l'andazzo della scuola nostrana è praticamente impossibile che qualcosa cambi». Soluzione? «Se qui non troverò nulla, dovrò necessariamente andarmene. Se no per cosa avrei studiato tutti questi anni?». In pratica, il talento italiano che si è formato grazie alla nostra scuola pubblica andrà, causa mancanza di prospettive, a mettere il suo sapere al servizio di altre scuole. Di altri Stati, europei e non. Che raccoglieranno i frutti seminati da altri. Un autogol mica male.
Tra il partire per bisogno e il partire per piacere, esistono, in ogni caso, le vie di mezzo. E, si sa, molto spesso, è proprio nel mezzo che sta la virtù. Francesco La Rosa è nato nel 1978. Per anni ha cercato la sua strada giocando in casa, adeguandosi, provando e riprovando. «Educatore, cameriere e chi più ne ha più ne metta. Sempre e comunque precario». Poi è partito per un viaggio in Australia. Dall'Australia è passato alla Malesia. Quindi è salito a bordo di una barca a vela e ha attraversato l'Oceano Indiano fino al Sudafrica. Non contento, ha proseguito, destinazione Brasile. Ora è ritornato all'ovile. «Per ritrovare un po' di stabilità, ciò che quando sei lontano ti manca di più». Ma chi lo conosce da una vita sa che non si fermerà a lungo. Da giramondo vero, forse, lui sì, ha capito tutto: «Bisogna farsene una ragione: il posto fisso al giorno d'oggi è un miraggio. La precarietà regna sovrana. Ma se proprio devo essere precario, preferisco esserlo su un'isola tropicale che in una grigia città. In questo modo posso mantenermi e tirare avanti e allo stesso tempo vedere il mondo». E dell'Italia, che opinione ha un globetrotter come lui? «Se ci vivi, ti incazzi a morte di fronte a ciò che non va. Ma è proprio girando e vedendo con i tuoi occhi altri Paesi che comprendi quanto sia, nonostante tutto, una grande nazione. Basterebbe così poco per valorizzarla a dovere e condurla ad eccellere».
Tirando le somme, assai variegata è la gamma di motivazioni che spingono i giovani a salire su un aereo verso lidi lontani. Che sia per bisogno o per diletto, una certezza c'è: se la Repubblica (tra l'altro, fino a prova contraria, fondata sul lavoro) non si dà una svegliata, rischia di perdere la sua “meglio gioventù”. Nonostante molti facciano finta di nulla, infatti, il via vai sta diventando cronico. E gli argini che vengono posti (come il milione di euro messo a disposizione recentemente dalla Regione Piemonte per i talenti che decidono di tornare) sono tutt'altro che sufficienti per contrastare la marea.
Una marea popolata di ragazzi con il trolley sempre a portata di mano che, check in dopo check in, costano al nostro Pil un miliardo di euro ogni anno. Eppure, per restare, le nuove generazioni non chiedono la luna. Ma solo di poter essere messe nelle condizioni di esprimersi al massimo. Avere un'occasione, unica magari, ma buona, da quest'Italia. Il Paese del Sole. Purtroppo, molto spesso, solo e soltanto dal punto di vista meteorologico.
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Economia (Pagina 16 - Edizione CA)
Salario ridotto con la mobilità
Nell'Isola un esercito di travet
Nel pubblico duemila lavoratori a rischio su 105 mila
I TAGLI IN SARDEGNA. Costo per addetto: 40 mila euro.
 
La scure della spending review si abbatte sugli statali. Con oltre 105 mila dipendenti pubblici in Sardegna - il 18% del totale degli occupati contro una media nazionale del 14% - la vita dei cittadini e delle aziende dovrebbe essere più “facile”. E logica vorrebbe che con una numerosità del comparto scolastico pari a 196 addetti ogni 10 mila abitanti (a fronte dei 173 italiani) e dell'Università con i suoi 21 addetti ogni 10 mila abitanti (contro i 18 italiani), l'Isola dovrebbe avere un livello di istruzione così qualitativamente alto da rappresentare almeno una delle prime tre mete preferite dagli studenti Erasmus. Invece, spiega il direttore del Centro studi L'Unione Sarda, Franco Manca, una delle principali criticità è «rappresentata proprio dall'inefficienza della macchina burocratica» e rispetto all'istruzione, «siamo una delle regioni con il più alto tasso di dispersione scolastica».
MOBILITÀ Secondo il piano di lavoro del Governo sulla Spending review, la Cisl sarda ha calcolato che saranno circa duemila i dipendenti pubblici che dovranno lasciare il lavoro in Sardegna. Per loro, sono previste misure di accompagnamento alla pensione o mobilità che però ridurranno le retribuzioni all'80% dello stipendio base fino al raggiungimento dell'età pensionabile.
UN ESERCITO DI LAVORATORI Incrociando tutte le fonti a disposizione (Interno, Mef, Corte dei Conti, Istat, Regione, Ragioneria dello Stato), a fornire la carta d'identità più completa degli statali è l'anno 2010 (da allora a oggi pochissimo è cambiato). Il Centro Studi calcola che ci sono 629 dipendenti pubblici ogni 10 mila residenti, contro i 537 della media italiana: cento in più nell'Isola.
UN ESERCITO DI LAVORATORI Primo per numerosità è il comparto della scuola, con quasi 33 mila addetti, segue la sanità col 20%, poi gli enti locali col 13%. Scorrendo la classifica rielaborata sempre dal Centro Studi, si trovano i Vigili del Fuoco e le forze di polizia (11%), poi i dipendenti regionali, a pari merito con le forze armate. E se le due Università sarde impiegano complessivamente 3.458 dipendenti (3%), gli enti previdenziali e assistenziali danno lavoro a più di mille persone.
COSTO RECORD «Naturalmente il costo di questo esercito è piuttosto rilevante», dice Manca. Secondo i dati del ministero dell'Interno e della Corte dei Conti il costo dei dipendenti degli enti locali e dei regionali (quasi 20 mila) si aggira sugli 800 milioni di euro, per un costo medio ad addetto, continua Manca, «di circa 40 mila euro annui». Un dato, spiega sempre il direttore del Centro Studi, che «non regge il paragone con altri settori produttivi come l'industria, l'edilizia o l'agricoltura». Se poi, conclude Manca, «si ragiona anche sull'età dei dipendenti pubblici, dove il 50% supera i 50 anni, si capisce il perché della spending review ».
Emanuela Zoncu
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Economia (Pagina 16 - Edizione CA)
Oriana Putzolu, segretaria Cisl
«Inutile prendersela con gli statali, tagliamo i consulenti»
 
Tagliare i dipendenti pubblici in Sardegna significa rinunciare a una quota consistente del Pil dell'Isola, posto che «il 70% del nostro prodotto interno lordo è garantito dalla pubblica amministrazione in modo diretto e indiretto». Oriana Putzolu, segretaria regionale della Cisl con delega alla funzione pubblica, conferma la mobilitazione del sindacato, così come annunciato. I tagli faranno perdere «posti di lavoro ma anche servizi. Pensiamo alla scuola», osserva.
Quali saranno i comparti più colpiti?
«Un po' tutti, dalla scuola alla Regione fino alle Università, ma anche gli uffici dei ministeri e il comparto della ricerca».
Ma se è vero che la Pubblica amministrazione vale il 70% del Pil sardo forse il peso è eccessivo.
«Bisogna tenere conto anche dell'indotto prodotto dalla Pubblica amministrazione, che è anche una risorsa per il territorio. E ora verranno meno i servizi».
Quali?
«Intanto, ci sarà la soppressione di sette tribunali accorpati a quelli dei capoluoghi delle quattro province storiche, poi spariranno due prefetture: Nuoro sarà aggregata a Sassari e Oristano a Cagliari, con tutto ciò che ne consegue anche per le caserme e i commissariati delle forze dell'ordine».
Rinunciare a due prefetture non sembra un grande sacrificio.
«La vera mannaia sarà quella che colpisce le agenzie fiscali o le agenzie dei monopoli e delle dogane: saranno ridimensionate e tagliati gli uffici periferici in sedi come Alghero e Macomer. Quindi, per avere anche un semplice chiarimento si dovranno fare lunghi viaggi».
Il personale però è salvo.
«Non sempre. Si parla di un taglio degli organici del 4% e poi c'è da capire se questi esuberi saranno sistemati in altri uffici sempre nella nostra regione oppure se potranno essere trasferiti anche in altre sedi».
In ogni caso, quelli più anziani saranno accompagnati verso la pensione.
«È vero, ma con i chiari di luna che hanno caratterizzato la vicenda degli esodati non c'è di che stare tranquilli. E poi c'è il caso della scuola».
Nuovi accorpamenti e addio autonomie?
«Proprio così. E poi addio ai concorsi e i precari della scuola potranno essere chiamati in un altro modo: disoccupati».
Però c'è anche qualcuno che ricorda che la Pa non è un ufficio di collocamento e se questo significa meno tasse...
«Questo è vero, ma quando si eliminano le auto blu, che sono un privilegio, si tagliano anche posti di lavoro: gli autisti cosa faranno? Bisogna tagliare i privilegi e non le attività della Pa che garantiscono servizi e opportunità di lavoro».
E cosa dice sul fatto che in Italia la burocrazia è eccessiva e nel privato gli stessi risultati si ottengono con la metà del personale?
«La burocrazia in quanto tale non è determinata da un dipendente pubblico ma da chi sta nella fascia dirigenziale e dal suo rapporto con la politica. E poi va aggiunto un altro particolare: perché se ci sono i dirigenti, si chiamano tanti consulenti? È lì che si deve tagliare, mettendo anche in discussione il modello istituzionale. Infine, non si può paragonare il privato al pubblico, dove esistono maggiori esigenze di chiarezza e trasparenza».
Giuseppe Deiana
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
Stop alla compagnia rumena sotto inchiesta a Venezia e Cagliari
A rischio le polizze Asl? Interdetta la società che ha vinto gli appalti
 
Dopo le inchieste aperte dalle Procure di Venezia e Cagliari, sulla City insurance si abbatte ora la scure dell'Isvap. L'Autorità nazionale che vigila sull'operato delle compagnie assicurative ha infatti interdetto dal 2 luglio la società romena vincitrice un anno fa dei due appalti da 4 milioni di euro per la copertura dei danni da colpa medica di Asl 8 e Azienda Mista. D'ora in avanti non potrà più «assumere nuovi affari» su tutto il territorio italiano.
TIMORI ALL'ASL Il provvedimento non mette in discussione i contratti stipulati in precedenza, che restano dunque a tutti gli effetti validi, ma il fatto che l'Isvap abbia deciso di fermare la City insurance ha fatto suonare il campanello d'allarme anche a Cagliari. La compagnia romena è ancora affidabile? Ed è da considerare solvibile? Il timore insomma è che i medici dell'Asl 8 e dell'Azienda Mista si trovino assicurati da una società sull'orlo del baratro, che stando agli accertamenti è solo formalmente insediata in Romania ma in realtà ha cuore e portafoglio in Italia.
COSA DICE L'ISVAP «Dall'istruttoria svolta - si legge nel comunicato dell'Isvap - è emersa l'esistenza di un'articolazione operativa della compagnia tale da configurare una governance solo formale in Romania e una governance sostanziale della società, stabilmente insediata in Italia, ed attuata attraverso l'attività di intermediari. City Insurance ha raccolto affari, quasi esclusivamente in Italia, nel campo delle garanzie fideiussorie e, a partire dal secondo semestre 2011, anche in quello delle garanzie di responsabilità civile generale a favore di Enti pubblici territoriali e, da ultimo, anche delle Asl. Affari, questi, caratterizzati da elevati importi assicurati che, se non onorati da City Insurance, andrebbero a gravare sul bilancio dell'amministrazione pubblica». Ecco perché «tenuto conto delle ripetute richieste d'intervento nei confronti dell'Autorità di vigilanza romena (Isc)» rimaste lettera morta, l'Isvap «ha ritenuto necessaria ed indifferibile l'adozione di un intervento d'urgenza al fine d'impedire che siano compromessi gli interessi degli assicurati italiani». Motivazioni davvero poco rassicuranti.
LE DUE INCHIESTE Sugli appalti vinti a Cagliari dalla City insurance il pm Emanuele Secci ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza il reato di turbativa d'asta, delegando al Nucleo di polizia tributaria della Finanza gli accertamenti. Ma l'inchiesta più “calda” è certamente quella condotta dalla Procura di Venezia e dal Gico, che sospettano l'esistenza di legami tra la società rumena e i clan della camorra.
Massimo Ledda
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
Università
Fabio Maria Crivelli in una tesi di laurea
 
Chissà se l'uomo al timone dell'Unione Sarda per 25 anni l'avrebbe mai immaginata una tesi di laurea su di lui. Si intitola “Tra giornalismo e teatro - l'operato di Fabio Maria Crivelli”, un lavoro certosino che sua nipote Roberta, 21 anni, ha brillantemente concluso sabato scorso alla facoltà di Lettere (corso in Comunicazione pubblica della cultura e delle arti) di Ferrara.
Nel titolo, l'essenza della sua ricerca: un viaggio fra gli scritti - talvolta inediti - del nonno alla scoperta delle sue più grandi passioni, l'informazione e il teatro. «Due mondi solo apparentemente lontani - ha commentato sua nipote - poiché entrambi si basano sull'osservazione dei fatti, la rielaborazione e la loro presentazione». Un insegnamento che, sebbene a posteriori, il nonno le ha trasmesso. Dopo la laurea? «Vorrei specializzarmi sul teatro, a Madrid». Senza, tuttavia, abbandonare i recenti studi: glielo chiede il suo relatore e ne ha bisogno, forse, quella fetta di sardi ignara del Crivelli drammaturgo. (mi.se.)
 

LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Ed_Cagliari
INDIPENDENZA, SOGNO ORMAI IMPOSSIBILE
di PAOLO FOIS
 
Il vivace dibattito che da alcuni giorni si sviluppa sulla stampa intorno all'indipendenza della Sardegna si differenzia nettamente rispetto a quelli che nel passato sono stati dedicati a questo tema. Mentre in precedenza, infatti, l'Europa risultava il "convitato di pietra" di cui nessuno parlava, questa volta tutti gli intervenuti hanno ritenuto - e giustamente - di dover tenere ampiamente conto della realtà europea. Per alcuni, non avrebbe senso continuare a coltivare una prospettiva indipendentista, quando il quadro europeo appare caratterizzato da ulteriori, significativi trasferimenti di poteri sovrani dagli Stati nazionali all'Unione europea; per altri, l'accento andrebbe posto non su rinunce imposte da qualcuno "più uguale degli altri" alla maggioranza degli altri Stati, ma da un reale negoziato fra tutti i paesi membri, in cui dette cessioni possano essere opportunamente concordate. Se da un lato simili aperture alla realtà europea sono senz'altro da condividere, non si può, d'altro lato, fare a meno di evidenziare come generici riferimenti all'"Europa" manchino di quella precisione che un discorso sull'indipendenza necessariamente richiede. Quando si parla dei poteri di controllo da parte delle istituzioni europee sulla politica economica e finanziaria degli Stati, quando si evoca la prospettiva di ulteriori cessioni di sovranità da questi ultimi all'Europa, non si può certo sorvolare sul fatto che questa Europa non è più, se ben si osserva, l'intera Unione europea, ma l'"Eurozona" dei 17 Stati che hanno adottato l'euro come moneta unica..Un'Eurozona che, nel corso di questi ultimi mesi, è andata assumendo una fisionomia sempre più marcata, con regole che vincolano unicamente i paesi dell'euro e persino con organismi propri (l'Eurogruppo e le riunioni del Consiglio europeo limitate ai 17). Né si può mancare di sottolineare che le cessioni di ulteriori poteri sovrani, di cui tanto si parla, riguardano essenzialmente gli Stati della zona euro, che sarebbero sottoposti a controlli sempre più penetranti da parte delle istituzioni dell'Unione. Se, quindi, è con riferimento ai caratteri dell'Eurozona, e non già a quelli della più ampia Unione europea, che va valutata la ventilata ipotesi di un'indipendenza della Sardegna mediata dalla successiva adesione all'Unione, le difficoltà da superare perché l' operazione vada a buon fine appaiono pressoché insormontabili. I negoziati per l'adesione dovrebbero infatti estendersi alle condizioni particolarmente gravose che la partecipazione all'Unione monetaria comporta, fermo restando che, nell'eventualità di un accordo al riguardo, queste condizioni dovrebbero comunque essere rigorosamente rispettate.. Senza contare, infine, la totale assenza di precedenti adesioni caratterizzate dalla domanda di un nuovo Stato membro di essere immediatamente ammesso a far parte dell'Eurozona. Il fatto che la presenza della Sardegna in Europa debba essere vista con riferimento all'Eurozona solleva in ogni caso una questione che non può assolutamente essere ignorata. Il trasferimento di ulteriori poteri dagli Stati alle istituzioni dell'Unione coinvolgerebbe infatti, e in misura notevole, il sistema delle autonomie proprio di questi Stati, con conseguenze che potrebbero addirittura mettere in crisi il corretto funzionamento dell'intero sistema. Indipendenza o meno, una simile progressiva perdita di poteri non è certo una prospettiva esaltante per una Regione a statuto speciale come la Sardegna, impegnata ad ottenere,con un nuovo Statuto, poteri nuovi e specialmente garantiti. Una riflessione su questo punto, da parte dei favorevoli e dei contrari all'indipendenza, sarebbe oggi vivamente auspicabile.
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 27 - Ed_Cagliari
Economia e arte, nuove sorelle
Diciotto allievi hanno concluso un master unico in Italia per “professionisti della cultura”
UNIVERSITÀ»L’ATENEO BARBARICINO
di Francesco Pirisi
 
NUORO Diciotto allievi hanno concluso a fine giugno il master Deca, in Diritto ed economia per la cultura e l’arte. L’esame finale nella sede del consorzio universitario, davanti alla commissione presieduta da Domenico D’Orsogna, ordinario di Diritto amministrativo a Sassari. Il corso di alta formazione era all’esordio ed è stato il primo, e unico, in Italia. Venti gli iscritti, provenienti da varie zone della Sardegna; hanno seguito un anno di lezioni, una parte delle quali frontali; nell’ultimo periodo ci sono stati i laboratori e tre mesi di tirocinio, alcuni svolti nei musei di Nuoro e Orani, nella biblioteca Satta e nel comune di Dorgali. La conclusione del lavoro è stata anche l’occasione per la dirigenza dell’università per presentare l’Osservatorio, nato in città, e diretto proprio da D’Orsogna. «Un organismo che opererà attraverso un comitato scientifico, con il compito della ricerca nel campo del diritto e l’economia legati all’arte», ha spiegato il docente. Il commissario del Consorzio, Caterina Loi, ha ricordato anche la radice dell’organismo, contenuta in quella convenzione di 16 anni fa, stipulata con l’università di Sassari, per disciplinare le attività accademiche nella sede distaccata di Nuoro. Il master è l’ultimo nato, nella primavera dell’anno passato; e già si pensa alla seconda edizione, il cui bando è previsto per il mese di settembre. L’obiettivo è di formare professionisti che operino nelle gestioni nel campo dell’arte e della cultura, conoscendone le leggi e anche tutte le opportunità economiche: direttori di musei, biblioteche, ma anche ideatori di festival e rassegne. «Sinora in questo senso si è un po’ improvvisato; le nuove professionalità promettono di inserire nel mercato operatori con adeguate competenze, consapevoli del ruolo e della responsabilità», ha sottolineato la docente Fabiana Massa. I laureati (in Giurisprudenza, Lettere, Scienze Politiche), ora perfezionati nel corso di via Salaris, hanno compreso il senso e l’obiettivo; le loro tesi hanno variato dai distretti culturali, studiati da Gabriele Manca, poliziotto nella vita di tutti i giorni, all’esame di un distretto specifico, quello del Sulcis, dove si è soffermata la nuorese Ilaria Delogu; altro argomento trattato gli eventi culturali: dall’ideazione per concludere con la comunicazione delle manifestazioni. Lavori che avranno un impiego dentro lo stesso master; lo ha rimarcato lo stesso D’Orsogna; il collegamento sarà rappresentato dal Decalab, il braccio operativo del consorzio. «La struttura e pronta a partire e potrà contare sulle conoscenze e le professionalità acquisite da chi ha frequentato l’anno d formazione; e questo anche attraverso lo sviluppo dei progetti che sono stati fatti durante l’anno». Il collegamento più importante sarà quello con il territorio, nei suoi settori dell’arte e della cultura in genere, dove ci potrà essere la ricaduta della didattica. Tanto più che già dalla prima edizione il master ha potuto contare sull’illustrazione di esperienze estere, come ha sottolineato Teresa Carballeira Rivera, docente di Santiago di Compostela, e tra gli insegnanti del Deca; presente durante la discussione delle tesi – insieme al nuorese Giovanni Maria Uda – proprio per essere testimone «della grande illusione», che ha vissuto il suo primo atto, tra gli applausi ai licenziati del master barbaricino.

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