Precari sardi fuori dai corsi per insegnanti di sostegno
SABRINA ZEDDA
CAGLIARI. Più di tre mila posti in Italia per il corso di 800 ore per insegnanti di sostegno, ma nessuno riservato alla Sardegna. E’ l’ultima tegola caduta sulla testa degli insegnanti precari che da tempo aspettano l’abilitazione: dopo aver per mesi lottato perché le università di Cagliari e Sassari istituissero corsi abilitanti, più di mille persone, alcune anche con vent’anni d’insegnamento alle spalle, ora scoprono che per loro le possibilità sono ridotte anche nel campo del sostegno. La denuncia arriva dal segretario regionale della Cgil-scuola, Peppino Loddo, che ora annuncia una nuova stagione di proteste. E’ amara la voce di Loddo, amara e a tratti persino minacciosa: a non andare giù al segretario regionale della Cgil scuola è soprattutto il comportamento delle università di Cagliari e Sassari, colpevoli, dice, di «aver violato, per avvantaggiare gli studenti delle Siss, la legge sul precariato, quella che consente a chi lo vuole di procurarsi un’abilitazione che gli dia maggiori possibilità di trovare lavoro».
In sostanza la situazione è questa: sparsi per la Sardegna ci sono ben 1.050 insegnanti precari che per contare su un futuro più certo chiedono da tempo all’università l’attivazione di corsi abilitanti che li metta in grado di scalare la graduatoria e avere così una posizione più sicura. In tutto questo tempo però l’università ha risposto picche: «Non ci sono i soldi», ha detto qualche mese fa il rettore dell’ateneo cagliaritano, Pasquale Mistretta, chiarendo comunque che a dare l’abilitazione ci devono pensare le Siss (le scuole di specializzazione volute dal ministero dell’Istruzione, che danno subito l’accesso in graduatoria) e non altri.
Una giustificazione per i sindacati impossibile da accettare: «Se la legge prevede che i precari debbano avere altre possibilità, l’università non può usare le Siss come paravento», insiste Peppino Loddo. Non è tutto: le Siss (alcuni corsi sono attivati nell’università di Cagliari, altri in quella di Sassari) non garantiscono, spiegano dalla Cgil, tutti i corsi che potrebbero interessare ai precari, e non tutti i precari potrebbero entrare nelle Siss, organizzate per accogliere un numero limitato di studenti. «Senza contare - va avanti Peppino Loddo - che per i precari con diversi anni d’insegnamento sulle spalle sarebbe umiliante ricominciare un corso universitario, fianco a fianco con giovani neolaureati».
Come se tutto questo non fosse già abbastanza, a rendere più incandescente la situazione ci ha pensato ora un decreto del ministero dell’Università, che, sulla base delle indicazioni date dai diversi atenei, ha ripartito su tutto lo Stivale 3.310 posti per il corso per insegnanti di sostegno, tagliando fuori l’isola. «Inaccettabile - attacca ancora Peppino Loddo - da noi, solo nelle scuole secondarie, di insegnanti di sostegno ne servirebbero almeno 300».
«Il nostro territorio
vive un periodo di crisi e la scelta del Cda presieduto dal rettore dell’ateneo sassarese, professor Alessandro Maida, rischia di privare i giovani universitari del diritto allo studio - considerano Angelo Benenati e Giovanni Ruiu - Osserviamo che sta sempre più diventando un privilegio per pochi frequentare l’università del capoluogo turritano. Di fronte alla scelta presa dal Cda d’ateneo di Sassari a maggioranza, ricordiamo che l’università di Cagliari ha invece applicato un relativo aumento, pari circa all’1,5 per cento. Potrebbe essere questa una più accettabile e economica soluzione.
A parere di Benenati e Ruiu, l’aumento del 10 per cento delle tasse universitarie a Sassari provocherà un notevole e preoccupante esodo di studenti della provincia di Sassari verso l’ateneo del capoluogo regionale, se non nella penisola, impoverendo ancora di più il territorio. «Il movimento universitario - precisano Benenati e Ruiu - assicura benefici economici Voler a tutti i costi imporre l’aumento delle tasse studenti senza una preventiva concertazione con la Provincia e il Comune di Sassari e con lo stesso movimento studentesco non è condivisibile. Questa manovra non cura gli interessi generali e non crea alcun giovamento sia ai programmi degli amministratori delle diverse istituzioni, compreso l’ateneo turritano, sia ai cittadini e alle famiglie».
Il gruppo sardista del consiglio provinciale ha sollecitato la presidente dell’amministrazione, Alessandra Giudici, a un confronto con il rettore Alessandro Maida per cercare di raggiungere un accordo con tutte le categorie interessate in modo da salvaguardare il diritto allo studio. Da parte del vicepresidente della Provincia, Franco Borghetto, e dell’assessore all’Istruzione, Laura Paoni, è emersa la considerazione di urgente verifica per promuovere una conferenza di servizi che possa delineare soluzioni concertate.