Teatro Massimo, dal 24 al 27 marzo. Ingresso gratuito per gli studenti universitari
24 March 2012

IN COLLABORAZIONE CON L’UNIVERSITA’ DI CAGLIARI
Nella Sala Grande del Teatro Massimo di Cagliari, dal 24 al 27 marzo 2012
conferenza stampa del 14 marzo 2012
I docenti universitari Roberta De Monticelli (San Raffaele, Milano) e Pier Luigi Lecis (Ateneo di Cagliari) presentano quattro giorni di incontri e dialoghi con filosofi di successo internazionale quali Remo Bodei, Gustavo Zagrebelsky, Sergio Givone, Vito Mancuso e Margherita Pieracci Harwell. Al termine di ogni giornata andrà in scena lo spettacolo I fratelli Karamazov, tratto dall’omonimo romanzo di F. Dostoevskij. 
 
Per gli studenti universitari il Festival è gratuitoI gruppi scolastici e i presidenti dei corsi di laurea possono prenotare i posti via email a ufficio.scuola@teatrostabiledellasardegna.it (tel. 070.677.8128 - cell 345/7757826 - email
). Biglietti e abbonamenti: € 3 ingresso al singolo dialogo - € 12 abbonamento intero (7 dialoghi) - € 10 ridotto per abbonati Ce.D.A.C. - GRATUITO per abbonati all’intera stagione e al secondo sestetto del Teatro Stabile della Sardegna, per universitari, per scuole secondarie di 2° grado (richiesta prenotazione all’Ufficio Scuola).  
 

 
locandina

 

La vecchia Cagliari non è solo città “spoglia, fiera e remota”, ammucchiata verso l’alto, come apparve a Lawrence, mezzo roccia e mezzo case di roccia, come scrisse Vittorini, né solo luce e colori del mediterraneo, o intreccio di sentimento religioso, folklore e flussi turistici; ha volti diversi, come tutte le città antiche.

Tra i suoi molti profili possiamo sicuramente riconoscere anche una moderna, per quanto difficile, sofferta vicenda e memoria teatrale; e, perché no, una costante presenza degli studi filosofici, se è vero che l’Universitas Studiorum Caralitana, istituita con decreto regio (1604) e bolla papale (1607), comprendeva, sin dalle origini, un collegio di Filosofia ed arti, con 12 docenti, accanto agli altri tre di Teologia, Leggi, Medicina.

C’è una curiosa coincidenza da cui forse possiamo trarre buoni auspici, di antica convergenza tra università e teatro. Vale la pena di ricordare che il primo teatro cittadino moderno ebbe sede nel palazzo del’Università. Era una piccola sala al primo piano dell’edificio, con una trentina di palchi, il precursore dello storico teatro Regio (detto Lasplassas, dal barone Francesco Zapata, che lo fece costruire), sorto negli anni Sessanta del Settecento, attivo nei generi opera, ballo, commedia, e divenuto poi Teatro civico (nel 1831). Il contesto era naturalmente molto diverso dal nostro. La disposizione dei posti rifletteva allora la struttura di una società rigidamente divisa in classi e corporazioni. Oggi il teatro è fruibile senza barriere nettamente prefissate e si rivolge, nonostante i tempi difficili, ad un pubblico certo più ampio ed eterogeneo nei gusti e nelle esigenze; in questo quadro si presenta un’occasione di contatto più concreto e produttivo per la cooperazione tra istituzioni universitarie e istituzioni teatrali.
 
Il Festival cagliaritano di Filosofia nasce da un’idea del Direttore artistico del Teatro Stabile della Sardegna e dall’iniziativa di Roberta De Monticelli - formatasi alla scuola del grande filosofo analitico recentemente scomparso, Michael Dummett -, filosofa di fama internazionale, per molti anni docente all’Università di Ginevra ed ora docente nella Facoltà di Filosofia dell’Università milanese di San Raffaele. Un esperimento, se si vuole, una scommessa che tenta di intercettare una diffusa domanda di cultura e di riflessione pubblica sulle grandi questioni della vita individuale e collettiva, nei territori della morale, della politica, della religione, tutti segnati dai difficili rapporti tra scienza e valori. Questioni che ovviamente non toccano solo intellettuali o uomini di scienza e tanto meno possono essere delegate solo alla competenza degli specialisti. Il programma si muove su una linea di frontiera, affiancando i linguaggi dell’arte, della parola letteraria, della rappresentazione scenica e quelli di una riflessione filosofica ed intellettuale intesa nella sua accezione più ampia, di discorso argomentativo su temi di interesse pubblico e civile, in un confronto aperto, in uno spazio che non è solo quello degli ‘addetti ai lavori’, ma quello di quanti hanno il gusto della discussione libera e spregiudicata. Il Festival si rivolge prima di tutto ai giovani, agli studenti, ma punta ad ampliare i confini della discussione e coinvolgere cerchie sociali e aspettative diverse, di un pubblico interessato ai delicati rapporti tra valori, esperienze, istituzioni religiose, etiche, politiche, che agitano il nostro scenario sociale e culturale.

Un’occasione propizia in questo senso è il programma proposto quest’anno dal Teatro Stabile della Sardegna, ispirato a testi ed autori della letteratura russa che costituiscono il filo rosso della rassegna e del Festival. La legge, la libertà, il male, il conflitto radicale e irriducibile tra opposte visioni della vita, dell’uomo, della società, sono temi ben presenti nelle tradizioni filosofiche classiche e moderne. Di questo e d’altro parleranno i molti e illustri ospiti invitati (Remo Bodei, Vito Mancuso, Sergio Givone, Margherita Pieracci Harwell, Gustavo Zagrebelsky). Era del tutto naturale che l’Ateneo cagliaritano ed il Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze umane facessero la loro parte in un progetto volto a stimolare il dialogo fra strutture culturali interessate a svolgere un ruolo attivo nella vita cittadina e nel bacino culturale regionale.

Sui contenuti specifici dei diversi incontri con gli ospiti dell’iniziativa non è ora il momento di entrare nel merito, la parola è alle giornate del Festival, che hanno una loro articolazione e una struttura dialogica volta a lasciare spazio alle diverse prospettive in gioco. Vorrei invece attirare l’attenzione sui profili generali e sulle ragioni ispiratrici della manifestazione, soprattutto sul processo comunicativo e sul meccanismo di circolazione delle idee che il progetto tenta di mettere in moto.

Lo scenario civile e culturale in cui ci muoviamo è segnato da un forte divario tra aspettative e bisogni da una parte, risposte sociali e istituzionali dall’altra; esso impone, in un difficile passaggio fra tradizione e innovazione, la ricerca di nuove strategie nel costruire linguaggi e valori appropriati a nuove forme di vita. C’è un legame tra le contraddizioni che si vivono nella vita intellettuale e culturale e quelle più generali che attraversano e scuotono in forme specifiche la società, nei suoi assetti economici, politici, istituzionali. Le risorse culturali del teatro e quelle delle tradizioni filosofiche e letterarie hanno un ruolo ed una responsabilità specifici in questi contesti. La grande filosofa Hannah Arendt ha scritto che il teatro “è l’arte politica per eccellenza”, quella che traspone in forme artistiche la sfera politica della vita umana, intesa nel senso più alto, di dominio delle azioni in cui si rivela e si costituisce, attraverso processi di reciproco riconoscimento, l’identità dei singoli e delle comunità. Il teatro, scrive la Arendt, è l’unica arte “che ha come solo soggetto l’uomo nelle sue relazioni con gli altri uomini”. D’altra parte per le tradizioni filosofiche il riferimento alle lettere ed alle arti è essenziale, non meno importante del dialogo con le scienze della natura, della società e della cultura. La buona filosofia si nutre del rapporto con tutti i linguaggi specialistici; se mantiene le sue istanze di sapere atipico e critico, solo in questo confronto incessante può esercitare un ruolo costruttivo, oltre che di chiarificazione e di rigorosa analisi concettuale.

Secondo il filosofo Jürgen Habermas, nella formazione della volontà comune entro le società complesse e pluraliste dell’Occidente tardo-moderno, ha una funzione essenziale la dimensione molto flessibile ed articolata dell’opinione pubblica; essa è alimentata da una rete non istituzionale di eventi comunicativi capaci di identificare nuovi bisogni e pro-blemi su cui impegnare l’ambito delle decisioni politico-giuridiche. La sfera complessiva dell’opinione pubblica è costituita anche da un insieme di ‘pubblici’, di luoghi ed occasioni di incontro e dibattito, sensibili a interessi e bisogni non ancora riconosciuti e legittimati, capace di mettere in questione qualunque tema di interesse generale, ed anche il confine tradizionale tra pubblico e privato. Questa vasta costellazione di elementi informali della vita in comune rende anche possibile riattivare i canali comunicativi tra diverse dimensioni della vita sociale, quella tecnico-scientifica, quella etica (del diritto, della morale, della politica), quella espressiva dei linguaggi artistici; può contribuire a ricucire i rapporti tra scienza, morale e arte, tra culture di esperti ed esperienza comune delle pratiche quotidiane. Moltiplicare luoghi ed occasioni di discus-sione collettiva crea circolazione di idee, aiuta a costruire nuovi punti di vista, a formare le nuove immagini delle cose e dei rapporti interpersonali che il mutamento sociale e culturale richiede. Su questo terreno d’intervento, nel suo piccolo, il Festival può giocare la sua scommessa. Le valenze artistiche del teatro e quelle tecniche dei differenti universi di discorso coinvolti (filosofia, diritto, teologia, letteratura) cercano di trovare un punto d’incontro per contribuire alla costruzione di un nuovo mondo di vita associata.
 
È importante stimolare i canali di comunicazione fra la grande matrice del linguaggio comune ed i linguaggi tecnici operanti, per esempio, nell’universo dell’arte, della filosofia, della teologia, del diritto. I linguaggi specialistici devono evitare il rischio di chiudersi in un orizzonte autoreferenziale; ed il linguaggio che accompagna le nostre pratiche quotidiane deve essere sottratto al pericolo di regredire e fossilizzarsi in un sistema di routines impermeabili al nuovo e chiuse al progresso scientifico e culturale. Il complesso rapporto tra una società e le forme della sua autorappresentazione culturale costituisce da sempre una fonte di frizione e dissenso. Anche sotto questo profilo, linguaggi artistici e filosofici hanno qualcosa in comune e stanno in una particolare situazione, a metà strada tra integrazione e conflitto, tra appartenenza e distanza, tra familiarità ed estraneità rispetto ai costumi e all’ordine etico della società circostante. Il filosofo Theodor Wiesengrund Adorno colse il punto in forma acuta e paradossale, parlando dell’arte come fatto sociale e tuttavia autonomo dalla società; l’arte diventa fatto sociale, si legge nella Teoria estetica, “per via della sua contrapposizione alla società”, essa si costituisce come fatto a sé stante “invece di accondiscendere a norme sociali esistenti”. Nell’arte vera vive il desiderio di produrre un mondo migliore e si esprime una capacità di immaginare, fuggire dal mondo reale, pur stando dentro la realtà; l’arte può anticipare una situazione che oltrepassa la frattura fra il singolo e gli altri, creando una memoria collettiva che non è separata dalla coscienza individuale. Linguaggi artistici e filosofici possono mettere a disposizione le loro risorse per un esercizio di libera discussione, in una pratica che risale all’antico motto di Socrate, secondo il quale la vita senza indagine non è degna d’esser vissuta. È possibile praticare la critica senza perdere il contatto con le pratiche condivise. Evidentemente siamo su un piano di discorso che riguarda modelli teorici alti; sarebbe un errore interpretarli come ricette da applicare meccanicamente a specifiche situazioni e tanto meno a singoli eventi culturali come il Festival cagliaritano. Tuttavia non sarebbe meno sbagliato considerare singoli eventi e contesti come del tutto privi di legami, del tutto sganciati da queste grandi idealità. Per questo chiamare esperti e invitarli a proporre idee e problemi nella forma della pubblica discussione ci è sembrato una buona cosa. Ci è sembrato giusto impegnarci a creare uno spazio pubblico di discussione che si affianchi ad altri, nel mosaico che costituisce la fisionomia e la tessitura culturale del nostro mondo comune. Con la speranza che questo spazio incontri la risposta del pubblico, anzitutto di quello cagliaritano, e metta in gioco le forze culturali della città in una fase difficile della sua storia.

Pier Luigi Lecis

  
Roberta DE MONTICELLI insegna Filosofia della persona all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. La persona, la sua realtà e i modi della sua conoscenza sono al centro della sua ricerca. Fra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo L’ordine del cuore. Etica e teoria del sentire (Garzanti 2008), La novità di ognuno. Persona e libertà (Garzanti 2009), La questione morale (Raffaele Cortina 2010).

 
Pier Luigi LECIS insegna Filosofia teoretica e Filosofia della conoscenza presso l’Università degli Studi di Cagliari. Si è occupato di teorie filosofiche della razionalità nel pensiero contemporaneo. Da alcuni anni si occupa di tematiche ai confini tra filosofia e scienze sociali. Fra le sue pubblicazioni, Cultura, mente, società: Habermas, Popper e le strutture dell’universo culturale (Franco Angeli 2004), I paradossi della Wertfreiheit (su Iride, dicembre 2010).

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