L’Università degli Studi di Cagliari esprime il proprio massimo supporto alle studentesse e agli studenti iraniani che in queste settimane stanno manifestando con estremo coraggio il proprio dissenso nei confronti di un regime oppressivo e vessatorio, che tenta di spegnere attraverso pratiche violente e contrarie a ogni principio di umanità le loro aspirazioni di libertà, uguaglianza e conoscenza. Gli omicidi di Mahsa Amini, Hadith Najafi, Hananeh Kia, Ghazale Chelavi, tutte giovani donne spezzate all’esordio della loro vita per avere rivendicato il diritto di disporre del proprio corpo e di non continuare a subire la cancellazione simbolica e materiale della propria presenza nello spazio pubblico, così come gli assassinii indiscriminati e gli arresti in massa di centinaia di altre ragazze e ragazzi, non possono essere confinati nello spazio della mera informazione sulla cronaca estera, ma ci riguardano da vicino come comunità accademica. Essi chiamano in causa diretta non solo la nostra capacità di analisi critica dei fenomeni sociali globali, quale luogo di produzione ed elaborazione del sapere di respiro internazionale, ma anche e soprattutto le nostre coscienze e la nostra missione formativa, che dovrebbe essere costantemente orientata verso la difesa e la promozione dei diritti civili, senza ombre, senza distinguo, con assoluta trasparenza e chiarezza. Le energie più giovani di un intero Paese che si riversano come un flusso inarrestabile nelle piazze, che occupano le scuole e le università, che fanno avanzare sui propri corpi inermi le ragioni di una vera e propria Rivoluzione civile, riflettono i volti delle studentesse e degli studenti che ogni giorno popolano le nostre città e le nostre aule, senza dovere temere che il loro atto più ordinario e legittimo – quello di studiare e utilizzare le competenze acquisite per dare voce alle proprie istanze – si traduca in una condanna a morte sul posto, o in una detenzione feroce a tempo indeterminato. In un mondo pressoché integralmente attraversato da reti di comunicazione in tempo reale, non esiste alcun alibi che si possa accampare per non prendere posizione e rifugiarsi in una comoda e asettica neutralità. I capelli tagliati come gesto di riappropriazione di sé da parte delle donne iraniane, contro qualsiasi pretesa entità etica sclerotizzata e opprimente, si intessono giorno dopo giorno in una bandiera di liberazione che proprio dalle donne ha iniziato ad erigersi, fino a coinvolgere un intero popolo, che ne ha incarnato la causa e l’ha estesa a tutte le identità di genere, a tutte le coorti generazionali, a tutte le strutture sociali ed economiche, a tutte le agenzie di produzione culturale. Non riconoscersi in quella bandiera o addirittura fingere di non vederla sarebbe il segno di una miopia ottusa e complice, inaccettabile per un’istituzione di alta formazione che si è impegnata a perseguire come suo obiettivo primario la promozione dell’uguaglianza di genere, il rispetto delle diversità, la realizzazione di una politica di inclusione. Ancor più quando entro gli stessi perimetri accademici, in una parte del mondo che ci è resa vicinissima dalle notizie quotidiane e dagli appelli e le denunce trasmesse attraverso i canali social e le email ufficiali, migliaia di studentesse e di studenti sono intrappolati, fatti oggetto di sparatorie senza sosta, privati di ogni possibilità di difesa e protezione, come sta accadendo in queste ore nell’Università Sharif di Teheran. L’Università di Cagliari non può che esprimere la sua più viva solidarietà a queste studentesse e a questi studenti, e alle centinaia di docenti che hanno scelto di unirsi a loro, a prezzo della propria sicurezza, e ne condivide il grido: “Donne, Vita, Libertà”.