Press review

07 October 2017

L'Unione Sarda

1 - L’UNIONE SARDA di sabato 7 ottobre 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
BORSE DI STUDIO
È online il bando per l'erogazione di 245 borse di studio di 1500 euro ciascuna, rivolte ai laureati triennali dell'Università che si siano immatricolati nell'anno accademico 2017/18 per la prima volta in uno dei corsi di laurea magistrale.

 

2 - L’UNIONE SARDA di sabato 7 ottobre 2017 / Provincia di Cagliari (Pagina 29 - Edizione CA)
CAPOTERRA. Progetto del Cacip da 12 milioni presentato in Consiglio
Rifiuti, stop ai miasmi
Nuova stazione di compostaggio a Macchiareddu

Dalla frazione organica dei rifiuti verrà prodotto biometano ed energia elettrica, e i cittadini non dovranno più sopportare i miasmi provenienti dalla stazione di compostaggio di Macchiareddu. Ieri mattina, durante un Consiglio comunale straordinario, è stato presentato il progetto innovativo che manderà in pensione l'attuale sistema di smaltimento.
I PARTNER Il progetto, portato avanti dal Cacip con il contributo di 12 milioni di euro provenienti dalla Regione, e sviluppato dal Politecnico di Milano e dall'Università di Trento, nelle prossime settimane verrà presentato agli uffici della Città metropolitana per avviare la fase della richiesta delle autorizzazioni. La speranza è che il lavori possano cominciare già dalla prossima estate, per poi terminare nel giro di un anno.
L'OPERA L'ingegner Daniele Ceccotti, uno dei progettisti dell'impianto, ha spiegato come funzionerà la nuova stazione di compostaggio. «L'intero processo di maturazione sarà anaerobico e avverrà in ambiente chiusi ermeticamente, quindi non ci saranno più miasmi, l'umido verrà sottoposto a una prima fase di sanificazione a 55 gradi, che permetterà di eliminare tutti gli stafilococchi, dopo venticinque giorni subirà un altro trattamento a 70 gradi, per altre tre settimane. Questo procedimento darà la possibilità di produrre compost di alta qualità e, allo stesso tempo biogas, che verrà utilizzato per muovere una turbina capace di alimentare il medesimo impianto di compostaggio. In un secondo momento si produrrà anche biometano mediante processo di upgrading, con l'obiettivo di utilizzarlo come combustibile per i mezzi pubblici. Il biometano ottenibile permetterebbe di coprire circa il 50 per cento dei chilometri attualmente percorsi dai mezzi pubblici dell'hinterland cagliaritano».
IL CONSORZIO Il presidente del Cacip, Salvatore Mattana, sciorina i dati del progetto. «L'impianto potrà trattare sino a 70mila tonnellate di rifiuto organico all'anno, producendo 15mila tonnellate di compost, e riuscirà a garantire biometano a sufficienza per alimentare il 50 per cento di una flotta di autobus urbani. Il sistema di trattamento della frazione umida attuale è ormai superato e crea disagi a causa del cattivo odore, ma presto i rifiuti diventeranno una risorsa». Soddisfatto il sindaco, Francesco Dessì. «Avevamo pensato ad altre soluzioni per limitare le emissioni provenienti dalla stazione di compostaggio, come la realizzazione di una copertura, ma non erano risolutive. Finalmente i cittadini non dovranno più sopportare il cattivo odore».
Ivan Murgana

 

La Nuova Sardegna

 
3 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 7 ottobre 2017 / Primo piano - Pagina 3
Pigliaru presenta il piano di razionalizzazione: ne restano appena 18
Tagliate 73 partecipate
il risparmio è di 9,5 milioni

di Umberto Aime
CAGLIARIA colpi di machete, altrimenti sarebbe stato impossibile aver ragione della foresta di società partecipate e controllate. Disboscare, non c'era altro verbo (e azione) possibile per la Regione. Doveva fare per forza così se davvero vuole liberarsi del macigno di grandi e piccole sigle ormai inutili, o contenitori vuoti da chissà quando tempo con dentro solo solitari liquidatori, oppure consorzi che semmai (per essere bravi) avevano un senso anni fa, ma nel frattempo sono diventati spazzatura. Ma anche liberarsi di società sul viale del tramonto da decenni e ora arrivate finalmente al capolinea, o anche di ridicole quote azionarie sparse un po' dappertutto. Tutto questo pazzo mondo ha un costo pazzesco: 10 milioni. Saranno risparmiati, con un piano straordinario che, alla fine del 2018, confinerà le controllate in appena mezzo foglio protocollo.Il taglio. Da 91 partecipazioni dirette e indirette, la Regione scenderà a 18 e lo farà in 16 mesi, con una riduzione drastica dell'80 per cento. «Era indispensabile farlo - ha detto il governatore Francesco Pigliaru - Non era più possibile gettar via soldi su soldi». Cominciata tre anni fa, la «bonifica completa» era stata sollecitata più volte e anche di recente, a settembre, dalla Corte dei conti. «Non è stato facile neanche ricostruire la mappa di quello che avevamo», ha sottolineato Alessandro De Martini, direttore generale della presidenza, che ha guidato il team di disboscatori. In diversi casi, i «cacciatori di partecipate» hanno dovuto aprire armadi, frugare negli archivi, perché - è stato detto - di «alcune società avevamo perso le tracce». Alla fine c'è stato il setaccio decisivo attraverso le maglie strette di quelle che sono state o saranno cessioni, liquidazioni e fusioni.Quello che resterà. Poco o nulla, o meglio lo stretto necessario - è scritto nella delibera di giunta - per «la produzione di beni e servizi strettamente necessari alle finalità istituzionali». Addio, al resto. Sotto il controllo diretto della Regione rimarranno solo 10 società su 25: due resteranno così come sono, la Sotacarbo, ricerche energetiche nel Sulcis, e l'Arst, è l'azienda regionale trasporti. Non saranno ritoccate neanche le quote attuali nelle società di gestione degli aeroporti di Olbia, Geasar, Alghero, Sogeaal, e Cagliari, Sogaer. Sei sigle saranno invece sottoposte a una riduzione veloce dei costi fissi e sono: Sardegna,it, che da mesi non paga più l'affitto a un imprenditore cagliaritano, perché ha di nuovo gli uffici in un palazzo pubblico, Sfirs, è la finanziaria della Regione, Igea, si occupa delle ex miniere, Insar, rimessa in ordine dopo le polemiche sulle troppe consulenze esterne, Abbanoa e infine Carbosulcis, che comunque presto chiuderà come deciso insieme all'Unione Europea secondo il piano di dismissione delle centrali a carbone. Delle 66 società controllate finora da enti o agenzie sopravviveranno solo in otto: Porto Conte, Pula servizi, Crs4 e Distretto aerospaziale, che rimarranno sotto l'ombrello di Sardegna ricerche, Centralabs, utilizzata dall'Arst per studiare con l'Università di Cagliari i flussi pendolari, il Centro ricerche Ccba sulle diversità bioanimali dell'Agenzia agricola Agris, e le quote che ha la Sfirs nelle società aeroportuali di Alghero e Cagliari. Tutte le altre azioni saranno cedute ai partner privati, o liquidate, si spera in tempi brevi, oppure incorporate.Il risparmio. Prima di tutto a pagare pegno non sarà neanche un lavoratore: erano a rischio quelli del consorzio Bic m a sono passati nell'organico della Sfirs. Il taglio totale sarà di 9,5 milioni l'anno fra gettoni di presenza in meno, destinati ai vari consigli d'amministrazione, bollette e affitti. Non è finita. Atri tre milioni la Regione li dovrebbe incassare dalla vendita del 49 per cento delle azioni di Janna, società mista che gestisce pacchetti di fibre ottiche sulla rotta Sardegna-Italia. Ma andranno bene anche 9 e poco più: è buono tutto nelle stagioni di magra.


4 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 7 ottobre 2017 / Economia - Pagina 16
L'assessore Argiolas: grazie all'innovazione l'isola è più accessibile
SINNOVA, TURISMO E CULTURA SPOSANO LA TECNOLOGIA
Oggi al salone si parlerà della scuola del futuro

di Stefano Ambu
CAGLIARICina lontana. Ma molto più vicina di quanto si possa immaginare. Gli scenari futuri disegnano un ponte che va dall'estremo oriente al centro del Mediterraneo. Huawei ha aperto la strada. Ma altri colossi potrebbero seguire l'esempio. Il quadro è stato illustrato ieri mattina da Plinio Innocenti, professore ordinario di Scienze e tecnologia di materiali all'Università di Sassari e addetto scientifico dell'ambasciata italiana di Pechino, nel corso della seconda giornata di Sinnova, la quinta edizione del salone dell'innovazione alla Manifattura tabacchi di Cagliari. Vantaggi per tutti. Per la Sardegna gli obiettivi possono essere riassunti in quattro punti: attrazione di investimenti (soprattutto sul green field, ovvero partendo anche da zero), formazione (l'Università di Sassari ha già ospitato 300 medici cinesi per aggiornamento post universitario), sviluppo delle start up, crescita di centri di ricerca e laboratori. Ma si è parlato anche di turismo, sempre in chiave innovazione, con una tavola rotonda. «La Sardegna ha una storia di innovazione tecnologica molto forte, oggi non c'è turismo senza innovazione digitale - ha sottolineato l'assessora al Turismo Barbara Argiolas -. La tecnologia fa parte del viaggio, dalle app alla fruizione dei siti culturali. La tecnologia oggi consente a tutti di vivere il mondo e la Sardegna oggi in termini di accessibilità è sostenibilità vuole fare da apripista». Tante le proposte illustrate nei box degli espositori. Con lo smartphone che diventa sempre più centrale nella richiesta e nel l'erogazione dei servizi. Altro tema caldo: le energie. In campo altre idee. Ad esempio le case che non solo consumano energia, ma la producono. Anche per caricare auto o bici elettrica. Si può fare. L'idea arriva dall'azienda Ucnet che ha ideato la Catena (da) Alimentare, una rete intelligente per la gestione efficiente dell'energia in ambito residenziale. Le città del futuro, vivibili, sicure, inclusive, sostenibili e intelligenti: è l'obiettivo del progetto portato avanti attraverso il Joint Innovation Center promosso dalla Regione Sardegna, CRS4 e Huawei. «La tecnologia e la ricerca scientifica - ha detto Annalisa Bonfiglio, presidente del CRS4 e moderatrice dell'incontro - sono utili alla vita dei cittadini e il nostro progetto punta a sviluppare e creare competenze e formare persone che siano in grado di risolvere i problemi delle città del futuro». Oggi si cambia argomento: al centro- è la novità di questa edizione- la scuola. Naturalmente in versione tecnologica.


5 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 7 ottobre 2017 / Atlanti - Pagina 2
Archeologi e studiosi alle prese con le origini dei pirati che terrorizzavano il Mediterraneo
La Sardegna come la Tortuga. Gli Shardana erano nuragici?

di Paolo Curreli
Sono stati partecipi di una mutazione che ha cambiato per sempre gli equilibri e le potenze dell'Età del bronzo. Gli Shardana, principali combattenti della grande alleanza dei Popoli del mare, hanno fatto tremare i Faraoni e tutte le civiltà del Mediterraneo. Ma "il popolo che nessuno è riuscito a sconfiggere" come li descrisse Ramses II, sono stati ancora protagonisti, migliaia di anni dopo, di aspre contese nella torrida estate sarda. Il campo di battaglia non è stato "il grande verde" (definizione degli egizi del Mare nord occidentale da cui provenivano i pirati Shardana) ma i giornali, le sale conferenze e il burrascoso oceano del web.La contesa sulla provenienza degli Shardana è sempre stata attiva, quella più accademica da oltre due secoli a partire da Francois Champollion il traduttore della Stele di Rosetta (disputa accessibile perlopiù agli addetti ai lavori) e quella di appassionati dilettanti e "ricercatori indipendenti" come Leonardo Melis, che ha dedicato a questo popolo diversi libri con un taglio più avventuroso e divulgativo. Ma se si vuole trovare la pietra miliare a cui riferirsi, in questa ultima stagione di dibattiti, la si può sicuramente individuare nel ponderoso volume di Giovanni Ugas, "Shardana e Sardegna. I Popoli del mare, gli alleati del Nordafrica e la fine dei grandi regni". XV-XII secolo a.C." (edizioni della Torre). Un imponente studio che arriva a una precisa conclusione: «Gli Shardana e le antiche popolazioni che costruirono i nuraghi sono lo stesso popolo». Conferma di una tesi che arriva dopo decenni di studi da una delle figure più stimate e credibili dell'archeologia sarda. L'archeologo ha presentato il suo volume in numerosi incontri pubblici, affrontato il dibattito con altri studiosi e con il pubblico, chiarendo quali sono le prove che sostengono la sua teoria. Eccone alcune: «I bronzetti e le armi ritrovate in Sardegna descrivono un popolo specializzato nel combattimento ed esperto di navigazione. Portano l'argento di cui l'isola è ricca e i lapislazzuli. Pietra preziosa che commerciano i cretesi che navigano con i nuragici, ma probabilmente si fa riferimento a un minerale azzurro diffuso in Sardegna, la calamina. La spada, lo scudo tondo ed altri elementi dell'abbigliamento militare. L'itinerario descritto nella stele di Tuthmosis III posiziona le isole al centro del Grande verde a Nord-Ovest. Fondamentale il rapporto continuo dei sardi, visto la prossimità geografica, con la Tunisia. L'azione dei Popoli del mare si svolge durante il massimo sviluppo della civiltà nuragica». Il 23 giugno a Olbia l'incontro "Sulle tracce degli Shardana" da voce a un'altra visione e spariglia di nuovo le carte. Organizzatore l'archeologo Rubens D'Oriano che continua la sua battaglia contro la "fantarcheologia": «Per il mondo dei dilettanti di un'archeologia fai da te gli Shardana sono senza dubbio i nuragici in una dimensione di dominatori mitizzata, fino al ridicolo. È ora di sentire un vero esperto». Relatore dell'incontro è infatti Il massimoesperto degli Shardana d'Egitto Giacomo Cavillier. «Per capire le fonti egizie bisogna capirne la mentalità - sostiene Cavillier -. Se citano un popolo è per impadronirsi della sua essenza. La stele di Tuthmosis III non è un documento razionale o una carta geografica come l'intendiamo noi. Bisogna prestare cura all'interpretazione. Sicuramente questi popoli per raggiungere l'Egitto hanno seguito un andamento orario nel Mediterraneo, provenivano da ovest, ma a occidente dell'Egitto ci sono tante civiltà. Per esempio perfino nella lontana Danimarca sono state trovate sepolture con elmi cornuti e spade lunghe». La conclusione dello studioso lascia aperte tutte le soluzioni. «Non sappiamo da dove provenissero, ne che fine abbiano fatto. Sono un popolo mediterraneo e potrebbero anche essere sardi, ma fino adesso abbiamo poche tracce per formulare un'ipotesi più attendibile». Stessa tesi di Alfonso Stiglitz archeologo che ha animato un altro incontro a Cagliari con Cavillier. «In realtà non possiamo dire se gli Shardana fossero o non fossero i nuragici. A Ugarit lo stesso termine non indica un'etnia ma bensì una funzione - precisa Stieglitz -. Un po' come dire i "militari". Anche gli oggetti che vengono citati non rappresentano una prova incontrovertibile, la spada lunga è una soluzione efficace che viene adottata da tanti popoli, così come l'elmo cornuto è stato ritrovato un po' dappertutto. La fortezza di El-Ahawat in Israele, che per Ugas e altri è un avamposto egizio difeso dagli Shardana-nuragici, a una più attenta analisi è risultato, quasi sicuramente, essere un sito fortificato cananeo». Per l'archeologo vale la definizione "itineranti del naufragio del millennio" di Lilliu che non ebbe modo di approfondire lo studio dei "popoli del mare". «Non un'etnia definita, quindi - per Stiglitz - ma gruppi di uomini uniti dalla pratica del commercio, della guerra e della pirateria». A riaccendere il partito dei Shardana-nuragici sono le dichiarazioni di Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, che tiene il 29 giugno a Sassari una conferenza nell'aula magna dell'università dal titolo: "I Popoli del mare nelle fonti egizie", organizzata dalla Società Archeologica Sassarese, il MiBact, l'università di Sassari e lo stesso Museo Egizio: «Gli egittologi adesso propongono due teorie alternative - spiega lo studioso -: la prima penso sia un'interpretazione piuttosto forzata: che vi siano dei movimenti, da oriente a occidente, che portano delle popolazione dell'Egeo orientale a spostarsi, a passare dall'Egitto, e poi a insediarsi in Sicilia e in Sardegna; e questo quindi sarebbe un insediamento posteriore alla battaglia (la battaglia è quella del 1177 a.C in cui Ramses III sconfisse gli Shardana) cosa che invece l'iscrizione di Ramses III ci fa assolutamente rigettare. Per due motivi: uno, perché ci dice "coloro nelle loro isole avevano fatto una confederazione"; in secondo luogo Ramses III è davvero chiarissimo in quello che succede: non vi è un insediamento posteriore, cioè loro arrivano in Egitto e in Egitto vengono annientati e vengono ridotti a schiavi: Quindi abbiamo un movimento che probabilmente va da Occidente verso Oriente» Il dibattito resta aperto sulla saggia soluzione proposta da Alfonso Stiglitz: «Le risposte vanno cercate sul campo, luogo per luogo analizzando ogni reperto per se. Il mondo dei nuragici rimane una delle civiltà più affascinanti dell'umanità, e questo anche se si dovesse scoprire che Shardana e Sardegna non hanno niente a che fare».
 

6 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 7 ottobre 2017 / Cultura e spettacoli – Pagina 36
Nuoro, domani all'Auditorium Lilliu la proiezione del film sperimentale sulla vita precaria dei migranti
Il "Futuro prossimo" di Mereu conclude IsReal
di Marco Vitaliì
NUOROCosa ci riserva il futuro prossimo? Quali sono le incognite lavorative, le domande esistenziali, le aspettative di vita di coloro che viaggiano alla ricerca di un nuovo destino e di nuove mete, verso un mondo feroce che ancora non capisce fino in fondo le dinamiche della nuova rivoluzione in atto? Salvatore Mereu, regista tra i più noti e stimati dell'isola, ha provato a rispondere a queste domande con la sua nuova produzione, "Futuro prossimo", che verrà proiettato domani alle 19 (ingresso gratuito) all'Auditorium Lilliu di Nuoro nella giornata di chiusura di "IsReal - Festival di Cinema del reale", alla seconda edizione. Un lavoro sperimentale, realizzato nell'ambito di un progetto di collaborazione tra il regista e l'Università di Cagliari, con studenti impegnati nelle varie mansioni della pratica cinematografica, il cortometraggio è interpretato da attori non professionisti che hanno vissuto realmente, seppur non alla lettera, le esperienze filmate, nell'idea "zavattiniana" che guardare al mondo sia sempre la via maestra per dar voce a un sentimento e raggiungere una presa di coscienza. Uno sguardo intenso e partecipe sulle giovani vite che stagnano nei centri di accoglienza e fuoriescono in città, in attesa che qualcuno scriva per loro un avvenire. Un tema ricorrente a IsReal, che oggi alle 18 presenta "Sulla stessa barca" di Stefania Muresu, documentario sui centri per i migranti che respira con i propri personaggi in un limbo dove il terrore della fuga ancora c'è e l'illusione di un futuro migliore non ha fatto i conti con la burocrazia dell'Europa in cui sognano una nuova vita. "Futuro prossimo" è ambientato nella Cagliari multietnica e poliedrica di questi ultimi anni. Durante il giorno Rachel e Mojo vagano per la città, alla ricerca di un lavoro che non si trova. Di notte trovano riparo nel casotto di uno stabilimento balneare del litorale. Una mattina Basilio, che ne è il custode, durante il suo giro di ricognizione scopre che qualcuno ha passato la notte in una delle cabine.«Con il professor Antioco Floris dell'Università di Cagliari - spiega Salvatore Mereu - abbiamo messo a punto una formula che condensa in un mese l'esperienza didattica che in una scuola come il Centro Sperimentale di Roma viene distribuita nell'arco di un anno. Siamo partiti da un soggetto - in questo caso proposto da Rossana Patricelli, che in precedenza ha partecipato al laboratorio di sceneggiatura adiacente al nostro - dopo di che la sceneggiatura è stata condotta verso una versione il più vicino possibile alla messa in scena. In seguito abbiamo cominciato a conoscere gli ambienti, gli attori. Stavolta è stato particolarmente importante conoscerli, perché si è trattato di persone che hanno vissuto davvero l'esperienza. C'è molta differenza rispetto al testo di partenza, in particolare il finale è di segno completamente opposto». A quel punto cosa è successo? «È entrata in campo - dice Mereu - una troupe molto ridotta, composta in gran parte da ragazzi del corso a esclusione del direttore della fotografia, che volevamo fosse un professionista, nella consapevolezza che si trattava di una responsabilità che non poteva essere data a un ragazzo troppo giovane, mentre tutte le altre figure sono ricoperte da studenti. Con loro siamo andati in un centro di accoglienza per immigrati e abbiamo fatto molti incontri, poi abbiamo convocato all'Università alcune madri con le rispettive figlie e sulla base delle loro testimonianze abbiamo cominciato a rivedere la sceneggiatura». Ne è venuto fuori un dato di fatto che è una rivelazione. «Se in origine - dice Mereu - la coppia principale doveva essere formata da una madre e da una figlia naturali, in quella che abbiamo portato sullo schermo le due sono diventate una famiglia di fatto pur non essendo consanguinee: ci piaceva considerare l'incognita che pesa sui loro viaggi. Ci sono bambini che perdono il genitore e si trovano "adottati" da chi era in viaggio con loro. In quel momento si forma una sorta di nuova famiglia».

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