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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
03 August 2017
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA

 
1 - L’UNIONE SARDA di giovedì 3 agosto 2017 / Provincia di Cagliari (Pagina 28 - Edizione CA)
SARROCH. Dalla Regione al Comune un finanziamento extra per Perd’e Sali
Due milioni e mezzo per rifare il porto rimasto senza barche
Dalle banchine le grandi barche sono scomparse ormai da anni. E anche i pescherecci ormai si contano sulle dita di una mano. Adesso il porto della vergogna di Perd’e’ Sali potrebbe presto avere una nuova vita. Per la sistemazione del piccolo approdo di Sarroch, la Regione ha stanziato 2 milioni e 500mila euro. «Il nostro Comune ha ottenuto il finanziamento più cospicuo - spiega il sindaco, Salvatore Mattana - questo denaro verrà utilizzato per sistemare le banchine, renderle più attrezzate e proteggerle dalle mareggiate. Una parte verrà inoltre destinata allo scavo all’ingresso del porto, dove già si è lavorato nei mesi scorsi e si riprenderà dopo l’estate - per rendere più profonda l’imboccatura».
EROSIONE Ma nella marina di Sarroch potrebbe presto arrivare un altro milione dalla Regione per l’erosione della spiaggia, che da anni mette a rischio le abitazioni più vicine al mare. «Il progetto, realizzato dall’Università di Cagliari, ha già avuto il parere positivo dagli uffici regionali, ed è in cima alla lista degli interventi da finanziare - spiega Mattana - non ci resta che attendere la delibera della giunta. Con questo ulteriore milione di euro, verranno realizzati dei “moli soffolti” a forma di “t” per arrestare l’erosione delle spiagge: allo stesso tempo, impediremo che la sabbia vada a finire all’interno del porto, fermando quell’effetto “a mulinello” provocato dalle vecchie barriere posizionate in passato, che di fatto non avevano risolto il problema».
SAROMAR Fabio Sbordoni, presidente della Saromar, società che gestisce il porticciolo da oltre quindici anni, si augura che i soldi stanziati dalla Regione arrivino al più presto. «Questo ormai è un porto per gommoni - dice - , di barche non c’è quasi più traccia: attendiamo questi lavori da troppi anni ormai. Ci sono davvero tanti problemi strutturali da risolvere: su tutti, quello della sabbia, che periodicamente paralizza questo porto».
I PESCATORI Sergio Carone è uno dei pochi pescatori rimasti a Perd’e’Sali. «Ci auguriamo che facciano davvero qualcosa per questo porto: la situazione è ormai insostenibile, lavorare qui non è affatto sicuro. In porto ormai l’acqua ristagna: tra i tanti pesci morti, e le alghe in putrefazione, l’aria in questi giorni è irrespirabile».
Mariella Sulis abita nella zona, e i problemi del porto li conosce da anni. «Ben vengano questi lavori, anche se sabbiamo che il problema principale di questo approdo è dato dalla scelta sbagliata di costruirlo lì. Rimangono i problemi del nostro villaggio: aspettiamo ancora una disinfestazione da blatte e topi, e la messa in sicurezza di via Marco Polo».
Ivan Murgana
 
 

2 - L’UNIONE SARDA di giovedì 3 agosto 2017 / Provincia di Cagliari (Pagina 28 - Edizione CA)
Pula
Adesso il Crs4 scommette sui videogiochi
Diventare imprenditori in Sardegna grazie ai videogiochi. Domani, dalle ore 9,30, nell’Auditorium Giuseppe Pilia, all’interno dell’edificio 2 del Parco tecnologico della Sardegna, il gruppo di ricerca “GamIT” del Crs4 organizzerà, in collaborazione con Sardegna Ricerche, il convegno “Giocando si cresce: prospettive e opportunità offerte dall’industria dei videogame”.
L’obiettivo dell’incontro è quello di presentare i risultati della prima scuola scientifica sui videogame, in corso questi giorni al Parco tecnologico di Pula, e di fare il punto sulla situazione del settore dei videogame nell’Isola.
Durante la giornata, inoltre, verranno valutate le opportunità di crescita e di mercato dei videogiochi rapportandole alla realtà regionale. «Attualmente l’industria dei videogiochi è la più florida tra quelle dell’intrattenimento - dice Massimo Deriu, responsabile del gruppo “GamIT” del Crs4 - , le ricadute sul fronte economico, sociale e culturale sono importanti e nonostante nel nostro paese la produzione di videogiochi sia ancora bassa, l’industria sta ampliando la propria offerta anche grazie agli sviluppatori indipendenti». (i.m.)
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA

3 - LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 3 agosto 2017 / Oristano - Pagina 27
La campagna del Consorzio Universitario mette in evidenza la zona artigianale della citta sommersa
DA ORISTANO PER SVELARE NEAPOLIS
di Simonetta Selloni
ORISTANO C’è una cifra di entusiasmo e stupore quasi fanciullesco davanti alle scoperte, che, aggiunta al rigore didattico, formativo e della ricerca, ha condotto allo straordinario risultato conseguito dalla missione di archeologi sardi, tunisini e algerini in Tunisia, dove nel Golfo di Hammamet è stato possibile ricostruire interamente la parte sommersa di Neapolis d’Africa. Una missione, la nona, finanziata dal Consorzio Universitario di Oristano e condotta dalla Scuola di specializzazione in Beni archeologici - archeologia subacquea - dell’Università di Oristano, che fa capo al Dipartimento di Storia, scienze dell’uomo e della formazione dell’Università di Sassari. L’entusiasmo è quello dei direttori della missione, Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spanu del Dipartimento di Storia dell’ateneo turritano, e di Mounir Fantar, dell’Institut National du patrimoine della Tunisia: un mirabile esempio di collaborazione internazionale, con scoperte di assoluto rilievo, esposte dai protagonisti e da Marco Milanese, direttore del Dipartimento di Storia.Il terremoto. Quando, il 21 luglio del 365 dopo Cristo, un terremoto catastrofico provocò la distruzione e fece sprofondare per cinque metri sotto il livello del mare almeno venti ettari della città, Neapolis d’Africa, Coloniae Iuliae Neapolis fondata da Gulio Cesare nel 45/46 a.C., era senza dubbio il centro romano più importante del Mediterraneo per la salagione del pesce e per la produzione del garum, la salsa di pesce. Il terremoto provocò la sommersione, ma fino a 200 metri dall’attuale linea di costa le vasche sono perfettamente visibili. E attorno a loro, le testimonianze dei muri, alcuni dei quali alti fino a 5 metri, che delimitavano la rete stradale. C’è il rivestimento delle vasche secondo la tecnica dell’opus figlinum, con i residui della lavorazione delle anfore.Economia di filiera. Neapolis era persino più importante di Lixus, in Marocco: la sua zona artigianale sprofondata, è pari a un terzo della città che quindi si estendeva per 60 ettari, con le sue vasche di salagione, il suo reticolo di cardi e decumani. La griglia stradale è perfettamente sovrapponibile alla parte emersa. Testimonianze di una filiera integrata con le officine di produzione di anfore dentro il quale il pesce - sardine ma anche tonnetti - e il garum prendevano il largo, per Tarragona, Roma, la Sicilia, la Corsica, la Provenza. Anfore africane con il marchio Cin: Coloniae Iuliae Neapolis, appunto. Già negli anni ’60, precedenti missioni archeologiche avevano individuato, nella città "terrestre", almeno sei stabilimenti per la lavorazione del pesce, uno dei quali esteso almeno 1000 metri quadrati.A spasso nel tempo. Già a dicembre 2016 la precedente missione, con l’archeologo Salvatore Ganga e l’aiuto di un drone, aveva fatto individuare la prima griglia stradale con isolati le cui dimesnioni sono di 70x30,5 metri, e strade (cardi e decumani) larghe oltre 5 metri. La rielaborazione delle immagini curate dall’archeologa della Scuola Luciana Tocco, tutor dell’ultima missione (nella precedente affiancata dalla manager didattica Adriana Scarpa) ha consentito di individuare l’asse stradale perfettamente sovrapponibile alla città risparmiata dal terremoto.Il Forum. C’è, accanto alla scoperta della zona artigianale sommersa, un’altra evidenza archeologica di assoluto rilievo da attribuire alla missione degli archeologi sardi, tunisini e algerini: l’individuazione del Forum Neapolis, nella città terrestre. Un vero e proprio Foro con il tempio di Giove Capitolino, la basilica giudiziaria con il tribunale, la curia, ossia il luogo di riunione dei decurioni. Il Foro di Neapolis è il 27esimo del mondo romano, il quarto in Africa: in Italia se ne contano altri 18. A sostegno della scoperta, il rinvenimento di un frammento di lastra calcarea con iscrizione plateale in lettere in bronzo (andate perdute), probabilmente riferibile alla evergesia, la pratica con la quale un privato cittadino faceva un qualcosa di utile a beneficio della collettività. In questo caso, la pavimentazione del Foro: le lettere ne indicavano il nome, a futura memoria. Vanità senza tempo.
 
IL FUTURO
«Risultati spettacolari»
I possibili scenari turistici
ORISTANO Parla di «amicizia, cooperazione, patrimonio comune del Mediterraneo» Mounir Fantar, dell’Istitut National du Patrimoine di Tunisi, nell’illustrare i risultati di una campagna che si è sviluppata nella prima quindicina di luglio, ma che affonda radici già nel 2009 con l’intesa preliminare siglata tra l’Inpp e il professor Piero Bartoloni di Sassari. «Risultati spettacolari», è l’affermazione di Ramondo Zucca, sull’onda di un entusiasmo che prelude già all’organizzazione della decima missione, nel mese di agosto, alla quale parteciperanno anche archeosismologi e geomorfologi subacquei per indagare gli aspetti legati al terremoto che decretò l’inabissamento della zona artigianale di Neapolis. E guarda con interesse agli possibili scenari di un grande parco archeologico terrestre e subacqueo, Zucca: come non pensare alle opportunità e di un turismo culturale e di qualità, una passeggiata - e una nuotata - tra testimonianze di un Mediterraneo allora vivo e fiorente di attività economiche e commerciali. «La Scuola di specializzazione di Oristano, con il dottorato di ricerca, rappresenta la punta di diamante dell’alta formazione archeologica. La tecnologia applicata alla ricerca, con una sinergia internazionale è un aspetto molto importante che si coglie a Oristano», ha detto Marco Milanese, direttore del Dipartimento di Storia, scienze dell’Uomo e della formazione dell’Università di Sassari. Questa forte connotazione internazionale sembra essere la chiave di volta per capire l’attività dell’ateneo oristanese, che, oltre ai professori Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spano, ha coinvolto nella "missione Neapolis" Claudia Cappuccino, Anna Lucia Corona, Roberto De Addis, Sara Lai. (simonetta selloni)
 
 
 

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