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28 March 2017
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RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA di martedì 28 marzo 2017 / Cultura (Pagina 40 - Edizione CA)

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’UNIONE SARDA di martedì 28 marzo 2017 / Cultura (Pagina 40 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ
Eric Kandel Nobel per la Medicina
MA NOI SIAMO TUTTO CIÒ CHE RICORDIAMO
Per aver contraddetto il monito di Cartesio è diventato the big sinner, il grande peccatore. Affettuoso nickname scelto per lui dal neuroscienziato Gianluigi Gessa. Ma Eric Kandel, ebreo viennese fuggito con la famiglia in America, premio Nobel per le neuroscienze della Medicina nel 2000 per aver scoperto «come fanno i neuroni a parlarsi», non solo l’ha cercata l’anima nelle bestie (ovvero il sistema di funzionamento del cervello), ma l’ha trovata in una lumachina, l’Aplysia californica. Elevando poi questo piccolo cuore di neuroni, (appena ventimila) a modello del processo della memoria, «non dissimile da quello del cervello di Marcel Proust quando rammenta le madeleines o da quello di Leopardi quando pensa alla sua Silvia», ha spiegato ancora Gessa nella sua calda introduzione alla lectio magistralis che il Nobel ha tenuto ieri mattina in Rettorato.
Docente di biofisica e biochimica alla Columbia University di New York dal 1974, ha regalato agli studiosi e ai tanti giovani presenti, le sue riflessioni su “Reductionism in Art and Brain Science. Un ponte tra due culture”, una ricerca che unisce mondo dell’arte, psichiatria, neuroscienza, diventata un celebre saggio dal titolo “L’età dell’inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni”. E questo grazie a un bel caso, ricordato dal Rettore dell’Università Maria Del Zompo: due studiosi del Dipartimento di Neuroscienze di Cagliari, Walter Fratta e Paola Fadda collaborano con il professor Kandel e con sua moglie Denise Bystryn, anche lei neuroscienziata e docente, a uno studio sulle dipendenze da droghe e alcol. Su questo tema si è svolta una conferenza nel pomeriggio alla Cittadella universitaria.
Professore, lei ha esplorato i sentieri e i segreti della memoria, indagando i meccanismi biochimici che portano alla sua formazione dentro le cellule nervose. Come possiamo definire la memoria?
 «Passiamo la vita ad apprendere e immagazzinare informazioni, fino a essere in gran parte quello che ci ricordiamo. Lo facciamo con consapevolezza quando andiamo a scuola, impariamo una poesia o le tabelline, ma la gran parte del processo è inconsapevole. La cosa incredibile è che il nostro cervello cambia le sue cellule alla luce di ciò che si è detto».
Noi siamo quello che abbiamo pensato e imparato a ricordare. Ma questo meccanismo qualche volta si inceppa.
 «Molte volte. È un processo imperfetto nel quale possono esserci dei problemi che non ci permettono di immagazzinare tutto. Mi ricordo bene che sono nato a Vienna, che sono andato con la mia famiglia in America, ho abitato a Brooklyn e da 61 anni sono sposato con una donna meravigliosa».
 E sua moglie Denise con un uomo meraviglioso...
 «Di questo non posso garantire»
 Perdere la memoria è il processo che più ci spaventa. Ci fa sentire fragili e non parlo di malattie come l’Alzheimer o la demenza. Ma quel lento inesorabile oblio...
 «Non ci sono rimedi soprattutto se non si tratta di malattie. Per tenere viva la memoria bisogna esercitarla, agganciarla a ricordi che siano importanti. Una cosa molto utile per preservarla è la ripetizione. Sì, proprio quel vecchio esercizio della scuola che ci faceva imparare le poesie a memoria».
Il professor Kandel si ferma un istante e inizia a declamare versi in inglese, battendo il tempo sul tavolo, con la cantilena dei bambini a scuola. È una poesia di Schiller, l’Orologio, che lui sa in tedesco e in inglese. Poi riprende. «Volevo studiare storia e sviluppare questa passione, ma mi sono fidanzato con la figlia di un famoso psicanalista Ernst Kris e le donne, si sa, sono pericolose. Se davvero vuoi indagare la natura umana, mi ha suggerito il professore, devi studiare medicina e psicanalisi, però mi sono appassionato alle neuroscienze e da quel momento il cervello è diventato il mio campo assoluto. Nel ’56 ho conosciuto la donna che ho sposato e sostenuto in questa ricerca. Le ho detto: io studio e non ho soldi. Come si fa? Mi ha risposto: non ti preoccupare di questo».
 Professore lei ha scritto il saggio “L’età dell’inconscio”. I protagonisti sono Freud, lo scrittore Schnitzler. Gli artisti Klimt, Kokoschka, Schiele. Qual è il legame tra queste figure?
 «Mi interessava capire quello che ci succede quando osserviamo un’immagine. Prendiamo ad esempio questo quadro che raffigura un gentiluomo, Ognuno di noi crea la sua immagine di questo dipinto. E se questo è un processo lineare nell’arte figurativa, immaginiamoci che cosa accade in un’opera d’arte astratta».
Riduzionismo. Con la moderna neuroscienza si è arrivati a un ponte tra la cultura scientifica e quella umanistica. L’esempio più celebre è la lumaca.
 «C’è una relazione stretta tra materia scientifica e umanistiche. Arte e musica sono esempi perfetti per capire la risposta delle persone davanti all’arte. Questo non significa che l’arte non abbia da sola diritto di cittadinanza».
 Raccontando delle radici ebree, di Vienna, si è domandato come hanno potuto persone che ascoltavano Haydn, Mozart e Beethoven precipitare il giorno dopo nella barbarie. Che risposta si è dato?
 «La risposta è che c’è in tutti la capacità di essere cattivi. Ma la presenza di Dio rende la democrazia desiderabile, la presenza del maligno rende la democrazia necessaria».
Il professor Kandel, un quasi ottantantottenne ironico, pochi capelli candidi, il sorriso sempre sulle labbra e l’immancabile farfalla intorno al collo, domanda che gli si chieda, da ultimo, perché a Cagliari ci sono tante chiese...Ecco la risposta.
«È una magnifica città, spettacolare. Le persone accoglienti. Qui siamo più vicini a Dio. È questa la risposta segreta».
 Caterina Pinna
 
 


L’UNIONE SARDA

 
2 - L’UNIONE SARDA di martedì 28 marzo 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
PREMIO PER L’ATENEO
Oggi alle 9 nel Rettorato la Sgs Italia consegnerà alla rettrice Del Zompo la certificazione di qualità per studenti con disabilità
 
 


L’UNIONE SARDA

 
3 - L’UNIONE SARDA di martedì 28 marzo 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
MATERNITÀ E CRISTIANESIMO
Oggi alle 16, nell’aula Capitini della facoltà di Studi umanistici a Sa Duchessa, seminario conclusivo del IX Corso di educazione alla solidarietà internazionale, organizzato da Sucania con la Fondazione di Sardegna, l’Università e la fondazione Anna Ruggiu onlus. Il tema è “La maternità nel Cristianesimo”. Parlano le teologhe Marinella Perroni ed Elizabeth Green.
 
 


L’UNIONE SARDA

 
4 - L’UNIONE SARDA di martedì 28 marzo 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
L’ATLANTE DELL’INFANZIA
Giovedì alle 18, alla Mediateca del Mediterraneo in via Mameli, si presenta il libro “Atlante dell’infanzia (a rischio) 2016”. Saranno presenti il curatore Giulio Cederna e Francesca Cadeddu, officer di Sardegna Save the children. Coordinerà Ester Cois, sociologa dell’Università di Cagliari.
 
 


L’UNIONE SARDA

 
5 - L’UNIONE SARDA di martedì 28 marzo 2017 / Cronaca Regionale (Pagina 6 - Edizione CA)
Al via il Girepam
Aree marine, strategia  comune con la Francia
Al via Girepam (gestione integrata delle reti ecologiche attraverso i parchi e le aree marine), progetto cofinanziato dal programma Italia-Francia Marittimo 2014-2020, che vede capofila la Sardegna e le regioni di Corsica, Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Toscana e Liguria con il coinvolgimento di numerosi parchi e aree marine protette. L’avvio del progetto sarà ospitato domani e giovedì sull’isola francese di Porquerolles, nel Parco nazionale di Port-Cros, nella Francia Meridionale.
Si tratta di un progetto da quasi 6 milioni di euro. «Il nostro scopo è adottare una strategia transfrontaliera condivisa di gestione integrata delle reti ecologiche marine e costiere, ideata e attuata dalle Regioni in rete con parchi e aree marine protette», spiega l’assessore all’Ambiente Donatella Spano.
Tutti i partner coinvolti hanno accettato la sfida di migliorare la gestione delle aree marine e costiere. «Avere una visione d’insieme dei territori ci permette di contribuire a tutelare l’ambiente, conservare il patrimonio di capitale naturale e assicurare i servizi ecosistemici, cioè i vantaggi per la produttività di una risorsa naturale e di protezione ambientale», conclude Spano.
 
 


L’UNIONE SARDA

 
6 - L’UNIONE SARDA di martedì 28 marzo 2017 / Cronaca di Oristano (Pagina 29 - Edizione CA)
SANTA GIUSTA. Studio accademico sulle morie di pesci
Lo stagno all’esame dell’Università
L’obiettivo è solo uno: evitare che lo stagno di Santa Giusta si trasformi ancora una volta in una distesa di pesci morti. Tra non molto la laguna sarà sotto la lente di ingrandimento da parte degli studenti della facoltà di Scienze biologiche dell’Università di Sassari.
Tutto questo grazie a due borse di studio che la Regione mette a disposizione per studiare lo specchio d’acqua, dove negli ultimi anni si sono verificate diverse morie a causa del cambiamento improvviso della salinità e dell’inquinamento che arriva dal vicino porto industriale di Oristano.
Due giovani per 18 mesi studieranno le condizioni dello stagno, per poi annunciare come sarà possibile risolvere determinate problematiche per tutelare l’intero comparto di pesca. Il progetto si chiama “Santa Giusta - Indagine nello stagno inerente la parte trofica e di identificazione delle criticità che possono portare alle crisi distrofiche”. Obiettivo: «formulare indicazioni per una gestione e pianificazione di interventi strutturali atti a mitigare il fenomeno di crisi distrofiche, attraverso l’interpretazione dei risultati derivanti da un monitoraggio dettagliato del contesto, dei parametri ambientali e delle specie ittiche oggetto di pesca». L’importo della borsa di studio è di 1800 euro al mese. «Per noi è una gran bella notizia - ha detto Tonino Muroni, presidente del Consorzio che gestisce la laguna - studi di questo tipo sono molto utili. Grazie allo stagno vivono più di 50 famiglie».
Sara Pinna
 

 
 
L’UNIONE SARDA

 
7 - L’UNIONE SARDA di martedì 28 marzo 2017 / Cronaca di Cagliari (Pagina 15 - Edizione CA)
VIA TRENTINO. Nella camera all’11° piano della Casa dello studente c’era una ragazza
RAZZO SFONDA UNA FINESTRA
Il lancio durante una partita di calcio della Coppa Rettore
Doveva essere un normale pomeriggio di studio. Si è trasformato in un momento di terrore per una studentessa fuorisede. Perché non capita certo tutti i giorni che dalla finestra entri un razzo, provocando anche un boato spaventoso, soprattutto se la finestra è all’undicesimo piano della Casa dello studente di via Trentino. Fortunatamente, l’unica conseguenza è stata la paura vissuta dalla giovane che non ha riportato alcuna conseguenza.
 LA PARTITA Erano circa le 15.30 e nel campo di Sa Duchessa, proprio ai piedi della Casa dello studente, si stava giocando un incontro valido per la Coppa Rettore, quello tra i Califfi e gli Uovi sodi (due squadre cagliaritane). Un incontro particolarmente sentito dalle due squadre: con una vittoria gli Uovi sodi si sarebbero portati al comando del girone C. Ma che ci fosse qualcosa che non andava lo si era intuito qualche minuto prima della partita: a presidiare l’impianto c’erano due auto della Digos. Perché, raccontano i testimoni, tra i tifosi al seguito di una delle squadre c’erano, probabilmente, ultras del Cagliari. Un gruppo tenuto d’occhio dalle forze dell’ordine, soprattutto in questi giorni alla luce dei disordini di Sassari.
 IL PRIMO RAZZO Subito è saltato fuori tutto “l’armamentario” del tifo ultrà, a cominciare dai fumogeni. Ma un tifoso un po’ più esagitato degli altri ha deciso di lanciare verso il cielo un razzo. Ancora da capire se fosse uno di quelli utilizzati per le segnalazioni navali o, invece, un razzo militare destinato a illuminare luoghi particolarmente bui. Il primo razzo è volato verso il cielo ed è ricaduto a terra senza provocare alcun problema. È sembrato talmente innocuo che nessuno dei presenti si è preoccupato più di tanto. E il “tifoso artificiere” ha deciso di far partire un altro ordigno.
IL BERSAGLIO Il secondo razzo, però, ha preso una traiettoria assolutamente imprevedibile. Anziché dirigersi verso il cielo ha indirizzato la sua corsa verso la Casa dello studente. E ha centrato la finestra di una stanza all’undicesimo piano, esplodendo con un fragoroso boato. Proprio la camera nella quale stava studiando la studentessa universitaria, totalmente ignara del fatto che qualche decina di metri più in basso era in corso una partita di Coppa Rettore. L’ordigno, non poteva essere altrimenti, ha spaventato la ragazza che, ancora scioccata, è corsa a chiedere aiuto.
LA POLIZIA Nel frattempo, qualche inquilino della Casa dello studente ha chiamato il 113. Sul posto è arrivata nel giro di pochi minuti la Polizia. Gli agenti si sono preoccupati, in primo luogo, di valutare le condizioni della studentessa. Accertato che era soltanto spaventata, sono scesi verso il campo di Sa Duchessa per ricostruire l’accaduto. Sono bastati pochi minuti per verificare che il razzo era partito dagli spalti dell’impianto universitario in cui normalmente gioca le sue partite il Cus Cagliari. Nessun attentato, nessuna volontà di far male. Ma, certamente, tantissimo incoscienza da parte di qualche scatenato tifoso.
 LE FORZE DELL’ORDINE In tempi di paura generalizzata (e all’indomani degli scontri di Sassari), gli agenti di polizia hanno deciso di vederci chiaro. E hanno effettuato un controllo particolarmente accurato: hanno passato al setaccio gli spalti e anche l’improvvisato bar allestito nella zona da alcuni studenti universitari. Poi, tornati in questura, hanno preparato un minuzioso verbale che potrebbe essere girato alla Procura della Repubblica.
 IL TORNEO L’episodio ha finito con il condizionare fortemente la partita che, secondo quanto racconta il sito della Coppa Rettore, si è conclusa sullo zero a zero, un risultato deludente per gli Uovi Sodi che, nelle prime due giornate del torneo, avevano collezionato altrettante vittorie (e ora si ritrovano a condividere il primo posto con Mr Brown e Malos a Ghirare 2002). Non è certo la prima volta che lo storico torneo universitario accende gli animi dei giocatori e dei loro tifosi: in passato si sono registrati spesso scontri, soprattutto quando le squadre degli studenti cagliaritani affrontano quelle dei fuorisede. Ma mai prima d’ora erano saltati fuori i razzi. ( mar. co. )
 
 
 
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA

8 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 28 marzo 2017 / Cultura e spettacoli - Pagina 35
Lezione all’Università di Cagliari dello scienziato americano Eric Kandel, studioso del cervello umano
«Una lumaca mi indicò la strada per il Nobel»
di Sabrina Zedda
CAGLIARI A metà degli anni Sessanta, a metterlo sulla giusta strada negli studi che più di trent’anni dopo gli sarebbero valsi il Nobel per la medicina, fu una lumaca. La Aplysia della California, un mollusco i cui neuroni sono simili a quelli dell’uomo, e che tra loro comunicano con le stesse modalità di quelli del cervello umano, gli fece scoprire come si formano i ricordi. Per lui, Eric Kandel, natali a Vienna nel 1929, fu non solo il momento della soddifazione, ma anche quello del sospetto. «Lo chiamarono The big sinner, il grande peccatore - ricorda il neurofarmacologo Gian Luigi Gessa-, perché in quel modo disobbedì all’anatema di Cartesio secondo cui “Non c’è peccato più grande di quello commesso da chi si allontana dalla retta via pensando che l’anima delle bestie sia consimile alla nostra”». Tra i maggiori neuroscienziati del ventesimo secolo, e l’unico negli Usa ad aver vinto il Nobel per la medicina, Eric Kandel dal 1974 insegna biofisica e biochimica alla Columbia University. Ieri è stato ospite dell’Università di Cagliari per un doppio appuntamento: la mattina, in Rettorato, la lectio magistralis dal titolo “Il riduzionismo nell’arte e nelle neuroscienze”, la sera, nella Cittadella di Monserrato, una conferenza congiunta con Denise Kandel, docente alla Columbia University, oltre che sua moglie, sull’uso delle droghe. E’ merito di Kandel se sappiamo che il nostro cervello serve non solo per farci vedere o camminare, ma anche per farci emozionare. Su quest’ultimo punto, dice Kandel, lavorano gli artisti: «Loro, come gli scienziati, usano il riduzionismo per raggiungere gli obiettivi». Significa che un sistema complesso può essere compreso partendo da un sistema più semplice: proprio come lui ha usato una lumaca per capire il funzionamento del cervello umano, chi dipinge un quadro, sebbene l’opera possa essere semplice, può far scaturire nella mente dell’osservatore emozioni e sentimenti infiniti. Molti passi avanti sono stati fatti dagli studi negli anni. «Eppure, a oggi del cervello conosciamo forse il 20 per cento. Malattie come la depressione o la schizofrenia sono ancora da indagare». Dalla medicina alla società attuale, Kandel parla anche dell’eccessivo bombardamento di informazioni: «Negli ultimi vent’annni la comunicazione è completamente cambiata. Oggi siamo sottoposti a un flusso continuo ed è preoccupante». Amante dell’arte («Sono sessant’anni che con mia moglie collezioniamo capolavori da tutto il mondo come quelli di Munch, Klimt o Kokoscha»), Kandel ha ereditato il gusto dalla sua Vienna, città che lui, ebreo, dovette abbandonare durante il Nazismo: «Perché una società capace di produrre cultura e bellezza può essere anche essere così barbara? Fu questa domanda a spingermi a studiare la mente umana. Mi risposi che il maligno esiste nella società, e che ciò che rende l’uomo buono o meno buono è l’esistenza della democrazia. Che, come suggerì Reinhold Niebuhr, è auspicabile laddove ci sia la presenza di Dio e del bene. Assolutamente necessaria quando c’è la presenza del male». E l’Europa di oggi, come sta secondo Kandel? «La situazione è tragica. Ma non posso essere io a dare risposte a questi problemi. Preferisco continuare a occuparmi di lumache».
 
 

LA NUOVA SARDEGNA
 
9 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 28 marzo 2017 / Provincia di Nuoro - Pagina 29
Il progetto è nato nel 2008 per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali
Il sindaco: «I monumenti architettonici segno identitario della nostra comunità»
OROTELLI ADERISCE ALLA RETE
DEL ROMANICO IN SARDEGNA
di Federico Sedda
OROTELLI Il comune di Orotelli conferma l’adesione all’associazione dei Comuni che aderiscono alla rete dell’itinerario romanico in Sardegna: un progetto nato nel 2008 per la conservazione, protezione, valorizzazione e messa in rete dei beni culturali di architettura romanica. L’iniziativa va oltre i confini dell’isola perché coinvolge anche la Corsica e le province toscane di Pisa e Luca. Da qui il nome Intercost dato al progetto che significa appunto Itinerari e rete del romanico in Corsica, Sardegna e Toscana. Capofila del progetto è il comune oristanese di Santa Giusta che si avvale della collaborazione scientifica del dipartimento di Scienze archeologiche e storico-artistiche dell’università di Cagliari. Orotelli ha aderito al programma di valorizzazione dei siti e dei beni romanici fin dal primo momento inserendo nell’itinerario turistico-religioso la chiesa parrocchiale di san Giovanni Battista. Stavolta, nella delibera della giunta che conferma l’adesione al progetto, è stata inserita anche la chiesa campestre di san Pietro di Oddini. La costruzione delle due chiese, entrambe in stile romanico e conservate perfettamente, risale al XII secolo. Nello stesso periodo venne costruita la cattedrale diocesana di san Nicola a Ottana, anch’essa parte integrante del percorso romanico in Sardegna al quale aderiscono 33 comuni. Ai primi 25 che nel 2008 fondarono l’associazione se ne sono aggiunti, infatti, altri 8. Un segnale, questo, che dimostra la bontà del progetto che punta a collegare idealmente i beni culturali romanici della Sardegna, della Corsica e della Toscana per creare un unico itinerario culturale, paesaggistico e ambientale in grado di garantire una nuova offerta turistica. L’iniziativa consente anche di partecipare ai bandi europei finalizzati alla valorizzazione dei beni culturali, con particolare riferimento a quelli romanici. Secondo un censimento effettuato dagli studiosi del dipartimento dell’ateneo cagliaritano, i monumenti romanici in Sardegna sono circa 150 e rappresentano per l’isola il secondo bene culturale dopo il nuragico. Tra questi monumenti ci sono anche le chiese di san Giovanni Battista e di san Pietro di Orotelli. «I nostri beni culturali e architettonici – sottolinea il sindaco, Nannino Marteddu – rappresentano un segno identitario della nostra comunità e possono diventare fonte di sviluppo sociale ed economico. Per questo abbiamo deciso di rinnovare la convenzione intercomunale con l’associazione Comuni del romanico che proietta Orotelli in una dimensione culturale di respiro europeo». Il tutto grazie ai due gioielli di architettura romanica costruiti novecento anni fa.
 
 

LA NUOVA SARDEGNA
 
10 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 28 marzo 2017 / Sardegna - Pagina 7
SANITÀ
La Sardegna con il suo 38 per cento è lontana dagli standard internazionali
L’appello del ginecologo irlandese Robson: «È più sicuro il parto naturale»
ANCORA TROPPI CESAREI
L’ISOLA IN CODA IN EUROPA
CAGLIARI La sicurezza, prima di tutto. Poi del resto si può discutere ma sempre e comunque nel pieno rispetto di «chiare e verificate regole scientifiche». L’irlandese Michael Robson è un’autorità internazionale quando in un dibattito il confronto è sui «punti nascita». Tanto ascoltato che l’Organizzazione mondiale della sanità ha preso a modello le sue dieci regole su quando sia necessario, dal punto di vista clinico, il taglio cesareo. «Non è un problema di quanti sono gli interventi chirurgici in un anno, ma di sicurezza, dev’essere totale, per la madre e il bambino», ha detto il ginecologo del National maternity hospital di Dublino nel confrontarsi con i medici sardi. Un confronto organizzato dall’assessorato alla sanità e dalle università di Cagliari e Sassari. La necessità e mai l’abuso, è il messaggio lanciato da Robson in una regione dove nel 2015 i cesarei sono stati 4.250 su 10.684, quasi il 40 per cento. «Sono ancora troppi. Il parto naturale deve ritornare a essere la priorità», hanno detto gli esperti del ministero della salute collegati in teleconferenza da Roma Anche se in Sardegna qualcosa comincia a cambiare: l’anno scorso, la percentuale è scesa di quasi due punti e non mancano le eccellenze con standard europei, è il caso della clinica dell’ospedale universitario di Cagliari, perché «finalmente la campagna d’informazione fra i medici e le partorienti è efficace». È stata così da capillare, la campagna, da sfatare ad esempio il mito che il taglio cesareo sia più sicuro di quello naturale. È bastata una statistica sulla mortalità in un caso e nell’altro a smentire la notizia che gira ancora in molti ospedali. «Sono le statistiche – è stato detto nel convegno di Cagliari – a confermare che più alto è il numero d’interventi chirurgici, più alta è la percentuale di rischio, può arrivare fino al doppio». Perché se la sala operatoria può essere evitata «è sempre meglio quando c’è di mezzo la sicurezza», ha ribadito Robson nell’elencare i dieci casi in cui «invece il cesareo è necessario secondo definite classi di rischio». Com’è nel caso di una gravidanza inferiore alle 37 settimane, oppure di un nascituro in «posizione podalica», cioè con il sedere in basso e la testa in alto nella pancia della madre. Esclusi questi fattori e gli altri otto elencati dal ginecologo irlandese nella sua classifica, il parto naturale «è una garanzia proprio perché naturale». L’Italia è ancora lontana dai parametri europei: nei Paesi Bassi, che sono al top, la percentuale dei cesarei non supera il 12 per cento, mentre in Campania arriva addirittura al 62. «La Sardegna sta nel mezzo – ha detto l’assessore Luigi Arru – Siamo messi meglio rispetto al resto del Mezzogiorno, ma sempre distanti dalle perfomance nazionali, come il 23 per cento del Friuli». C’è una direttiva del ministero che vorrebbe questo: ridurre a due i cesarei ogni dieci parti. Di recente una rivista specializzata ha obiettato che «al massimo potranno diminuire fino al 30 per cento», ma non per questo «dev’essere interrotta la campagna di sensibilizzazione a favore del parto naturale». Ora l’obiettivo dell’assessorato è applicare le regole di Robson. «Dobbiamo aumentare al massimo la sicurezza – ha detto Arru – e ridurre al minimo i rischi». E dalle nostre parti c’è un richiamo immediato al caso di La Maddalena e alla clamorosa protesta della future mamme con le loro pance-manifesto per la chiusura del punto nascita sull’isola. La risposta da parte della Regione potrà e dovrà essere una sola: tutte le donne in attesa devono avere la certezza che il servizio di elisoccorso verso l’ospedale di Olbia, attrezzato per le emergenze, ci sarà sempre e comunque.


 

LA NUOVA SARDEGNA
 
11 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 28 marzo 2017 / Attualità - Pagina 9
L’INTERVISTA
Ma per lo psichiatra Capiniello è prematuro parlare di un disturbo mentale
«Un delirante gesto altruistico»
di Sara Ficocelli
ROMA Per ore, ieri a Trento, le autorità hanno cercato il padre dei bimbi ucciso. Fino a quando il cadavere è stato ritrovato ai piedi di una scarpata: un suicidio dopo un duplice omicidio. «Pare si trattasse di una persona senza precedenti né disturbi psichici», spiega Bernardo Capiniello, presidente della Società italiana di psichiatria e direttore del dipartimento di salute mentale dell’università di Cagliari. «Il gesto sembra improvviso, inaspettato. In astratto i suicidi preceduti da omicidi vengono definiti “altruistici”, compiuti cioè dopo aver ucciso persone care, in preda a un disturbo delirante, quasi sempre legato alla depressione: un delirio di rovina economica, sociale, personale per cui il soggetto vede un futuro disperato e, altruisticamente, decide di sottrarre a questo destino ineluttabile i priori cari, per poi suicidarsi». Altra ipotesi è quella della “Sindrome di Giocasta”, riferita ai casi in cui la madre uccide i figli per vendetta nei confronti del partner. «È una situazione più frequente nel mondo femminile, in presenza di donne con alterato senso della realtà, ma si verifica anche negli uomini». Cosa spinge un genitore a uccidere un figlio per vendetta nei confronti dell’altro? «A mio avviso l’episodio altro non è che uno dei modi di espressione dell’aggressività umana, portato ai suoi estremi limiti. Spesso si ricorre al termine pazzia, ma i reati più efferati vengono quasi sempre compiuti da persone sane. Per parlare di disturbo mentale ci vogliono criteri precisi. Altrimenti dovremmo definire qualunque assassinio una follia, ma neanche il 10% dei reati contro la persona è compiuto da persone malate. Certo, possiamo estendere il concetto ad alcuni problemi della personalità gravi, ma un disturbo di questo tipo non esclude la capacità di intendere e volere». La naturale aggressività umana è spesso causa di tutto? «Se mi trovo in uno stato di grande tensione e faccio uso di sostanze come coca e alcol avrò più probabilità di compiere un omicidio. Ma certe forme raggiungono limiti estremi a prescindere: è una parte implicita nella natura umana. In teoria, qualunque persona potrebbe avere manifestazioni di questo tipo; quanto più si aggiungono elementi particolari, come appunto sostanze di abuso o particolari strutture caratteriali (antisociali, egocentriche, prive di senso morale e sensi di colpa), tanto più la probabilità aumenta».
 
 
 
 

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