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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
08 March 2017
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA

1 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 8 marzo 2017 / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
La giornata della donna
LA PARITÀ INTERROTTA

Daniela Pinna
Otto marzo, festa della donna. Anna Bassu, ingegnera di Oliena, a 27 anni è responsabile della centrale idroelettrica del Coghinas. È la prima in Italia. Sono passati 65 anni da quando Fulvia Riccardino, cagliaritana, fu la prima sarda (la seconda fra le italiane) a laurearsi in Ingegneria Mineraria. Cento anni separano altre due tappe importanti del cammino di parità. Era il 1915 quando la botanica Eva Mameli, cagliaritana, ottenne la libera docenza in un ateneo italiano. Un secolo dopo Maria del Zompo, farmacologa, diventa la prima rettrice dell'Università di Cagliari.
Donne che fanno notizia. Purtroppo. Perché sono eccezioni. È sembrato, negli anni Settanta, che si sgretolassero le barriere di genere. Oggi, nonostante i progressi, le donne in Sardegna studiano più degli uomini (11 su cento sono diplomate o laureate, fra gli uomini solo 8), con voti migliori; ma lavorano meno e guadagnano meno dei colleghi maschi. Certo, ci sono le magistrate, le giornaliste, le imprenditrici e le dirigenti (spesso nelle aziende di famiglia). Poche. E in politica? Molte sindache (lavoro duro), pochissime consigliere regionali o parlamentari. Il potere resta nelle mani degli uomini. In sintesi: metà della società è rattrappita. E questo squilibrio danneggia tutti.
Le donne hanno smesso di osare. Non cercano neppure un'occupazione; tasso di partecipazione al mercato del lavoro nel 2011: 40.7 per cento, venti punti meno dei maschi. Giovani o mature, devono porsi obiettivi terra-terra. Come sopravvivere.
Oggi, otto marzo, le donne celebrano e protestano. A Cagliari marciano. Per reclamare il diritto a non essere ammazzate dal marito o dal padre. Come Federica Madau, accoltellata a Iglesias dal suo ex. Federica, che sarà sepolta con l'abito nuziale di sua madre. E nessuno che fiati. Perché nell'immaginario radicato non c'è giorno più bello, per le donne, che il giorno delle nozze. Anche quando si sono rivelate un inferno. Buon otto marzo, c'è una lunga strada da fare.
 
 


2 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 8 marzo 2017 / Economia (Pagina 12 - Edizione CA)
Trivani e quadrivani hanno più mercato, per trovare l'abitazione giusta serve un mese
Cagliari, la casa torna di moda: crescita record dei canoni d'affitto

Sorpresa: Cagliari è la seconda città in Italia (dopo Trieste, +10,3%) per maggiore aumento dei prezzi degli affitti degli appartamenti. Più 8,6% nel 2016, rispetto all'anno precedente, rivela il rapporto del network specializzato “Solo Affitti” sulle locazioni 2016, elaborato in collaborazione con Nomisma. Se il dato medio nazionale parla di stabilità dei canoni (-0,2%), guardando il mercato delle locazioni il capoluogo isolano corre a un'altra velocità. A spingere la ripresa dei prezzi sono la crescita degli affitti transitori (quelli fino a 18 mesi) e la scelta di puntare su quadrivani e trivani, circostanza questa che svela una tendenza importante per la Sardegna.
LE PREFERENZE Nell'Isola, infatti, sempre più famiglie decidono di prendere in affitto un appartamento come abitazione principale (4 su 10). A conferma di questo, c'è il fatto che chi va in affitto tende a rimanere molto tempo nello stesso appartamento (36 mesi contro i 26,2 della media nazionale). Accanto a questo, c'è inoltre da registrare il fatto che rispetto al 2015 è triplicata la quota di inquilini che sceglie l'affitto per motivi di lavoro: 35% nel 2016 contro il 10% del 2015 (mentre a livello nazionale scelgono di andare in affitto per motivi di lavoro il 27% delle persone)
Nonostante l'aumento dei prezzi registrato a Cagliari nel 2016 sia tra i più alti in Italia, a livello assoluto nel capoluogo l'affitto medio supera di poco i 500 euro mensili (503), mentre la media nazionale è di 515 euro. Milano, dove il canone medio è di 931 euro, è la città più cara d'Italia e precede Roma, seconda, con 823 euro mensili. Terza invece è Firenze con 661 euro.
IL BOOM DEGLI AFFITTI Nel 2016 i sardi hanno cercato casa in affitto sempre di più con l'esigenza di farne la propria abitazione principale: uno dei riflessi del precariato che, soprattutto in passato, ha impedito a molti ragazzi di fare affidamento sul supporto delle banche che difficilmente hanno concesso mutui a chi fosse sprovvisto di un contratto stabile. A conferma di questo c'è inoltre il fatto che Cagliari è uno dei capoluoghi di regione dove ci sono più gruppi di due o più persone che condividono lo stesso appartamento (25%, contro una media nazionale del 13%). Il capoluogo isolano è secondo solo a Venezia (30%), ma si piazza davanti a centri universitari come Bologna (22%), Milano (20,8%) e Trento (20%).
TEMPI RISTRETTI A Cagliari, infine, si riesce a trovare una casa in affitto in neanche un mese di tempo. Nel resto d'Italia i tempi raddoppiano, fino a 2,2 mesi. La ricerca di un appartamento in affitto è rapida anche a Trento (1,4) e Firenze (1,5), mentre è più lenta a Napoli (3,4 mesi), Trieste (3 mesi), Perugia, Potenza e Genova (2,8).
Mauro Madeddu
 
 


3 - L’UNIONE SARDA di mercoledì 8 marzo 2017 / Agenda Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
Ricordare Pinuccio Sciola
Domani alle 17, nella biblioteca universitaria, conferenza per ricordare lo scultore Pinuccio Sciola
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA
 

 

4 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 8 marzo 2017 / Prima pagina
LA GRANDE LEZIONE DI ADELASIA
di Eugenia Tognotti
In questo 8 marzo 2017 di niente-mimose o quasi, sicuramente il più combattivo, il meno rituale e simbolico degli ultimi decenni, ricco di Eventi con la e maiuscola, a cominciare dal grande sciopero internazionale delle donne - non sembra incongruo e fuori luogo volgersi indietro. E richiamare il lungo, difficile e contrastato cammino delle donne verso la parità in tutti gli ambiti. Ma anche la tenacia, la risolutezza, la passione che tante hanno messo in campo per abbattere la formidabile barriera di ostacoli. CONTINUA A PAGINA 18

Lettere e commenti - Pagina 18 SEGUE DALLA PRIMA
LA LEZIONE DI ADELASIA COCCO, PRIMA “MEDICHESSA” SASSARESE
In questo 8 marzo senza mimose, ma forse più combattivo, prendiamo ad esempio la tenacia e la risolutezza di una donna che ha abbattuto le barriere
In questo 8 marzo 2017 di niente-mimose o quasi, sicuramente il più combattivo, il meno rituale e simbolico degli ultimi decenni, ricco di Eventi con la e maiuscola, a cominciare dal grande sciopero internazionale delle donne - non sembra incongruo e fuori luogo volgersi indietro. E richiamare il lungo, difficile e contrastato cammino delle donne verso la parità in tutti gli ambiti. Ma anche la tenacia, la risolutezza, la passione che tante hanno messo in campo per abbattere la formidabile barriera di ostacoli, pregiudizi, resistenze culturali. E vale la pena farlo, ripercorrendo una storia di vita, a suo modo straordinaria: quella della 'medichessa' sassarese, Adelasia Cocco, che attraversa quasi tutto il Novecento delle grandi conquiste, a partire dal diritto di voto: prima laureata in Medicina all'Università di Sassari (1913), primo medico condotto in Italia (1914), ufficiale sanitario a Nuoro (1928), direttore dell'Istituto provinciale di igiene e profilassi (1935), un lavoro nel quale apporta le conoscenze acquisite nei corsi di aggiornamento sulla rabbia, sulla malaria, sugli enterobatteri patogeni. Un percorso biografico eccezionale, il suo, per una donna sarda del suo tempo - era nata nel 1885. Cresciuta in un Paese in cui persino il suffragio femminile appariva alla classe politica un salto nel buio. Per non parlare del fatto che le donne - il cui destino sociale era quello del matrimonio e della maternità - potessero diventare medichesse o avvocatesse o peggio, giudici. Decisa a diventare medico, in un Paese come l'Italia, che contava ai primi del Novecento un pugno di laureate in Medicina (tra cui Anna Kuliscioff e Maria Montessori) si iscrive, nel 1907, alla prestigiosa facoltà di Medicina dell'Università di Pisa, unica donna. Trasferitasi a Sassari nel 1910, prosegue gli studi all'Istituto di Patologia e clinica dell'Ateneo sassarese, diretto da un illustre clinico Luigi Zoja, che sarà primo Direttore della Clinica Medica dell'Università di Milano. Si laurea con una tesi su un tema allora attualissimo: "Potere autolitico del siero di sangue come contributo alle reazioni immunitarie": la Nuova Sardegna dà risalto alla notizia della laurea, scrivendo che era "la prima donna sarda ad addottorarsi nell'arte di Ippocrate" (era in realtà la seconda, la prima si era laureata a Cagliari). Nei primi anni della vita professionale, a Nuoro - dove aveva seguito il marito veterinario - la giovane dottoressa, che deve conciliare famiglia e lavoro, si scontra con l'ostracismo della corporazione medica maschile, con la diffidenza di una parte dell'opinione pubblica e con la resistenza delle autorità locali. Ma, coraggio e determinazione l'aiutano a superare perfino un ostacolo posto dalle norme, che al tempo assegnavano ai comuni la scelta del medico condotto. Il prefetto di Nuoro - che, nel 1914, aveva esitato a lungo prima di firmare il decreto di nomina di una donna medico che non arrivava a trent'anni - è costretto a cedere. Lentamente, nel vecchio rione di Seuna conquista la fiducia della gente. Incurante dei rischi, accetta di prendere in cura anche i malati di Lollove, quando il medico Andrea Romagna è ucciso in un agguato. A cavallo, scortata da un assessore comunale, attraversa regioni deserte e pericolosi guadi per prestare assistenza. Guardandosi indietro, a metà degli anni Cinquanta, la dottoressa Cocco Floris - medico curante di Attilio Deffenu e amica personale del pittore Antonio Ballero e Sebastiano Satta - ricorderà la sua straordinaria esperienza in Barbagia, ma anche le difficoltà. “Non è stato facile, dirà, a metà degli anni '50, in un'intervista, essere accettata dalla società. C'erano troppi tabù da abbattere, ho dovuto lottare contro tutti, in un ambiente ostile che voleva il sesso debole relegato tra i fornelli di casa”. Ne sapeva qualcosa anche Grazia Deledda che, come racconta in Cosima, dovette subire l'irrisione e l'incomprensione dell'ambiente nuorese. Vite come quella di Adelasia Cocco, di donne che hanno lottato, che non si sono arrese, che hanno affermato i loro diritti, non appartengono soltanto al passato e ci ricordano da dove si è partiti e cosa resta ancora da fare per un cambiamento culturale profondo che possa garantire uguali opportunità e parità di condizioni tra uomini e donne.
 
 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 8 marzo 2017 / Attualità - Pagina 8
8 MARZO >> LE BATTAGLIE
Una ricercatrice si racconta fra le gravidanze senza tutela e i contratti da “sottoinquadrata”
«LA MIA VITA DI MADRE E PRECARIA DA DECENNI»
ROMA Vent’anni di precariato sono duri per uomini e donne. Ma per le lavoratrici a termine, a volte, l’insicurezza pesa di più. Soprattutto se di mezzo ci sono due gravidanze e l’impossibilità di ricorrere alle tutele classiche della maternità dei contratti a tempo indeterminato. Valentina è una precaria del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) da due decadi. Condivide questo destino con altri 500 (circa) donne e uomini in tutta Italia. Quante forme di contratto ha sperimentato? «Moltissime. Ho iniziato con un contratto da impiegata agricola nel gennaio del 1997 all’Istituto sperimentale patologia vegetale, oggi Crea. Negli anni ho avuto rapporti di lavoro a tempo determinato, una borsa di studio in genetica agraria dell’Accademia dei Lincei, assegni di ricerca, poi contratti co.co.co. e a tempo determinato da operatrice tecnica. Io ho una laurea in biologia e una specializzazione in Applicazioni biotecnologiche. Spesso sono stata sottoinquadrata: con quei contratti da operatrice ho fatto la ricercatrice». Nota disparità di genere nel tuo lavoro? «È sempre difficile tornare ad essere competitivi nella ricerca dopo un periodo senza contratto. Ma nel caso delle gravidanze lo è ancora di più. Dopo aver portato un figlio in grembo non tutte riescono a tornare. Io ho avuto due gravidanze. Durante la prima avevo un co.co.co., che è durato meno di quanto mi avevano promesso inizialmente. Nel secondo caso non me l’hanno proprio fatto. In tutte e due le occasioni sono dovuta andare avanti con delle tutele parziali offerte dall’Inps: più o meno la metà del mio stipendio». Ora lavora? «No, sono ferma dallo scorso dicembre. Fino al 2014 ci sono stati meno problemi, lavoravo in media 10 mesi l’anno. Nel 2014 ho avuto contratti per sei mesi, nel 2015 per due e mezzo, nel 2016 per otto. Nei periodi in cui sono senza impiego mi aiutano la mia famiglia di origine e il mio ex marito. Poi mi trovo delle ripetizioni, ora ho una supplenza a scuola». Cosa vuol dire essere precarie? «Lavoriamo sotto stress perché siamo sempre ricattabili. Portiamo avanti le nostre famiglia con un impiego saltuario. Vorrei che il mio ente si accorgesse che non solo io, ma tutte le persone che hanno lavorato per tutto questo tempo sono importanti, sono una risorsa e non un peso e meriterebbero una maggiore stabilità». (and. scut.)
 
 
 

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