Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
26 February 2017
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

redazioneweb@unica.it

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’UNIONE SARDA di domenica 26 febbraio 2017 / Economia (Pagina 19 - Edizione CA) 
PROGETTO C-LAB
Del Zompo: «Creare e innovare è possibile»
Mai così tanti riflettori puntati sulle giovani menti sarde. La quarta edizione del Contamination Lab organizzato dall’Università di Cagliari ha battuto ogni record: non soltanto di pubblico (che ha riempito platea e galleria del Teatro Massimo durante la premiazione finale), ma anche di investitori e sponsor, decine quelli che si sono dimostrati pronti a scommettere sulle idee innovative in gara e a trasformarle in business.
«Il Contamination Lab cresce di anno in anno, matura idee ed esperienze - ha confermato il rettore Maria Del Zompo - fare impresa, creare e innovare è possibile e l’Università di Cagliari è il luogo ideale. Puntiamo ad esportare il C-Lab per contaminare anche altri luoghi della Sardegna». E i confini dell’Isola sembrano addirittura stretti per un evento che quest’anno è riuscito ad attirare l’attenzione anche della vice ambasciatrice degli Stati Uniti, Gloria Berbena, e dell’ambasciatore di Israele, Ofer Sachs, entrambi presenti durante la consegna dei premi. Un format di successo, quindi, che ha unito mondo accademico, imprenditoriale e sociale in un’unica fucina di idee.
«Il C-Lab siamo tutti noi, nessuno escluso - ha aggiunto Maria Chiara Di Guardo, direttore scientifico del Contamination Lab - il messaggio è basato sul trasferimento culturale del concetto di contaminazione. L’imprenditorialità e le idee sono accompagnate al meglio dalla nostra Università». (l. m.)
 
 

 
L’UNIONE SARDA

2 - L’UNIONE SARDA di domenica 26 febbraio 2017 / Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
A Cagliari la presentazione del nuovo master dello Ied dedicato al marketing digitale
I giovani imparano a vendere la Sardegna sul web

È un mercato in espansione, che può offrire opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. La sfida per ottenere un’efficace promozione turistica oggi è legata al digitale. È fondamentale saper sfruttare le potenzialità delle piattaforme, imparare a utilizzare i software, predisporre analisi strategiche che consentano di intercettare i bisogni.
Si basa anche su questi presupposti il master in Digital marketing dei servizi turistici, attivato da ottobre scorso dall’Istituto europeo di design (Ied), nella sede di Cagliari, e promosso in collaborazione con 30 aziende sarde partner e il supporto dell’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro (Aspal). I 28 giovani laureati iscritti hanno un’età media di 29 anni e una formazione universitaria varia. Ieri mattina i punti cardine del percorso di formazione sono stati illustrati in una “lezione aperta” tenuta da Armando Travaglini, docente, formatore e consulente del master .
«Oggi il mercato digitale rappresenta un quinto del mercato turistico», ha precisato Chicco Porcu, ideatore e coordinatore del master: «Cresce con tassi del 20% e vale 10 miliardi di euro a livello nazionale, mentre quello turistico l’1%. Le strutture presenti nell’Isola sono soprattutto medio-piccole e hanno necessità di competenze innovative, tecnologiche e digitali che difficilmente possono già avere al loro interno. Insomma, hanno bisogno di avere delle figure interne più strutturate».
Massimo Temussi, direttore generale Aspal, chiarisce che il master rappresenta «una politica attiva per eccellenza, perché si aumenta l’occupabilità dei giovani con un percorso di formazione di alto livello, su una professionalità richiesta dal mercato, che abbiamo rilevato anche in precedenti esperienze. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo fatto un job day , con oltre 12mila presenze, al quale hanno partecipato tante aziende importanti. Da lì è venuta fuori la progettazione di questo master, che potrà dare opportunità di occupazione ai ragazzi che lo frequenteranno».
Eleonora Bullegas
 
 

 
L’UNIONE SARDA

3 - L’UNIONE SARDA di domenica 26 febbraio 2017 / Economia (Pagina 20 - Edizione CA)
Carriere 
CRISTIANA COLLU
Una laurea in lettere a Cagliari nel ’93, poi una carriera tra i musei di mezzo mondo. Un percorso professionale che ha portato Cristiana Collu prima in Spagna per il dottorato, poi a Sydney e a Roma per la specializzazione, e in seguito al museo d’arte Man di Nuoro nel 1996: la più giovane direttrice d’Italia. Sedici anni nell’Isola prima di ottenere la guida del Mart, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Il trampolino di lancio che l’ha portata infine a ricoprire dal 2015 la carica di direttrice della Gnam, la Galleria nazionale di arte moderna di Roma. (l. m.)
 
 

 
L’UNIONE SARDA

4 - L’UNIONE SARDA di domenica 26 febbraio 2017 / Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
I nostri ragazzi e l’Italiano
GENERAZIONE WHATSAPP
Emanuele Dessì
Premessa doverosa. Anche i giornalisti sbagliano. Eccome se sbagliamo. Le strade di quotidiani e periodici, di carta e online, sono lastricate di e/orrori. Anche noi siamo figli dei nostri tempi, ma i nostri ragazzi lo sono ancora di più. È una generazione WhatsApp quella con cui deve vedersela la Buona Scuola. E a leggere i risultati, il corpo insegnante ne esce con le ossa rotte. La denuncia è arrivata persino ex cathedra, con 600 “accademici” che hanno scritto alla signora ministro dell’Istruzione per dire che all’università si arriva con carenze - grammatica, sintassi, lessico - già a mala pena tollerabili «in terza elementare». Una denuncia apparsa un po’ snob ai docenti un gradino più sotto, ma il problema c’è e, da qualunque pulpito arrivi il sermone, va dibattuto. Anche perché altri ragazzi, nel mondo, a scuola, ottengono risultati molto migliori.
Il «sentir e meditar» di Alessandro Manzoni sembra lontano anni luce, ma è sempre e giustamente al centro dei programmi ministeriali, come si usa dire in pessimo burocratese. Gli insegnanti da “attimo fuggente” sono patrimonio quasi esclusivo del cinema, ma generalizzare sarebbe peccato mortale. Certo, intervenendo su “Monitor”, giovedì su Videolina (titolo: “Dietro la lavagna”), alcuni studenti delle superiori, qua e là per la Sardegna, hanno detto anche «non veniamo corretti», «c’è attenzione al contenuto ma non alla forma». Sarà così e anche no. Certo è che molto spesso i ragazzi sono in balìa di insegnanti che, loro malgrado, stanno in cattedra dalla Befana a Carnevale. E chi il ruolo ce l’ha, può recriminare su uno stipendio che, per livello (basso), ha pochi riscontri in Europa.
Dietro i flop ci sono altisonanti riforme di questo o quel Governo. Testi carichi talvolta di nobili intenzioni, non sempre accompagnate in classe in modo adeguato, forse per mancanza più di strumenti che di volontà. Le famiglie hanno la buona abitudine di chiamarsi fuori: mamma e papà non siedono in cattedra. Giusto. Però i ragazzi sardi sono, in Italia, campioni di vela . Riflettiamo. E magari anche sul fatto che questo è il Paese dell’Accademia della Crusca, che si impegna a sdoganare petaloso. Non si può sentire. Come non si possono sentire presidenta o architetta. Punti di vista, in attesa che anche il T9 ce lo imponga.
 
 

 
L’UNIONE SARDA

5 - L’UNIONE SARDA di domenica 26 febbraio 2017 / Cultura (Pagina 54 - Edizione CA)
Archeologia Il professore emerito, 93 anni, racconta
Monte d’Accoddi, la grande eredità di Ercole Contu 
Sono trascorsi 65 anni dalla scoperta del santuario di Monte d’Accoddi, enigma irrisolto della preistoria sarda. Ercole Contu, 93 anni, è l’archeologo che indagò il cumulo sotto cui era sepolta la struttura, monumento senza uguali datato tra 3950 e 2700 a.C. Devoto soltanto alla religione della scienza, ricorda lo straordinario ritrovamento, ma non se ne fa vanto. «Che merito ho avuto? Qualcuno, prima o poi, ci si sarebbe imbattuto. Gli studi non sono strumento per affermare se stessi, ma per interpretare la realtà».
Così, nell’elegante salotto della sua casa sassarese, specchio della personalità e delle passioni di chi la abita, il professore emerito di Antichità sarde improvvisa una lectio magistralis in cui inanella storie della terra, rigorosi principi di metodo e perle di filosofia elaborate alla scuola dello scetticismo.
Monte d’Accoddi, nella sua carriera, è stato quindi un accidente, un frutto del caso.
«Mi trovavo a Bologna, città nella quale mi ero trasferito dacché, laureato in Archeologia a Cagliari (nel 1958 mi sarei specializzato alla Scuola italiana di Atene), avevo iniziato a lavorare nella Soprintendenza, dov’ero retribuito semplicemente come operaio salariato. Oggi ci si lamenta perché in Sardegna ci sono pochi archeologi. Quando Antonio Segni, futuro presidente della Repubblica, allora ministro dell’Istruzione, volle si scavasse il tumulo che riteneva etrusco, posto su un terreno della sua famiglia tra Sassari e Porto Torres, in Soprintendenza eravamo io, Giovanni Lilliu e il Soprintendente classicista Gennaro Pesce. Risposi alla chiamata malvolentieri, certo di dover scavare un nuraghe in pessimo stato di conservazione tra i 270 della Nurra».
Si sbagliò invece.
«Aprii una trincea a sud-est, dove in genere è l’ingresso dei nuraghi. Invano: trovai di fronte a me due muri convergenti. Feci qualche saggio anche sopra, senza risultato. Solo parecchi anni dopo il professor Santo Tinè, che aveva continuato il mio lavoro, scoprì, entro quella più grande, una costruzione sempre tronco piramidale, ma più piccola e antica».
Quale interpretazione si diede al monumento?
«Non capivo. Anche Lilliu allargava la braccia e altrettanto facevano altri colleghi non sardi. Paolino Mingazzini fu il primo, tra i professori che consultai, a darmi un suggerimento. Mi invitò a leggere, nel libro dell’Esodo, le prescrizioni che Jhavé impose a Mosé quando volle gli erigesse un altare: “Non lo costruirai di pietre tagliate perché diverrebbe impuro, non vi salirai per gradini affinché non si scopra la tua nudità”. Approfondendo la ricerca, mi accorsi anche che il monumento richiamava le ziqqurat mesopotamiche. Ma quando le cose semplici si somigliano, non vuol dire dipendano le une dalle altre. E neanche post hoc deve significare propter hoc . Altrimenti potremmo istituire relazioni impossibili tra Monte d’Accoddi e le piramidi Maya o costruire una scala di ascendenze che non può tendere all’infinito».
Il criterio della ricerca dei modelli è quindi fuorviante.
«Perché non ritenere che una civiltà di un’isola del Mediterraneo sia stata capace di concepire progetti funzionali ai propri bisogni? Il filosofo greco Protagora diceva che l’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono. L’uomo può quindi fare cose simili senza che nessuno glielo dica, ma solo per rispondere a necessità materiali o spirituali».
Allora dovremmo accettare che Monte d’Accoddi sia nato qua.
«È una cosa così semplice concepire un quadrato che si restringe verso l’alto. Le comunità che realizzarono il progetto ritenevano forse che solo in un monumento che si elevava dalla terra al cielo si poteva combinare la ierogamia, il matrimonio sacro tra Cielo e Terra. Si tratta di spiegazioni prescientifiche della natura: la pioggia bagna e feconda la terra, così come il seme dell’uomo feconda il grembo della donna. Ma, infine, sono uno che si pone problemi. Non è detto li risolva. Il mio metodo può distruggere sia me che gli altri»
Cioè?
«Tanti prima maturano senza fondamento un’idea del passato e poi, attorno a quel convincimento, costruiscono la spiegazione. Quando venne a Sassari il rabbino capo di Roma Elio Toaff, un frate fantasioso provò a spiegargli Monte d’Accoddi. “Per favore padre stia zitto”, gli disse, “mi lasci in silenzio davanti a un monumento dei miei antenati”. Anche lui aveva creduto alla suggestione dettata dalle mie prime interpretazioni. I versi di una poesia spagnola ben riflettono gli errori prodotti dal pregiudizio: “En este mundo traidor, nada es verdad ni mentira, todo es según el color del cristal con que se mira”».
La conoscenza può essere quindi perseguita solo infrangendo le lenti deformanti che spesso condizionano la ricerca archeologica. In questo modo, per dire, la successiva Civiltà nuragica sarà emancipata dal complesso di dipendenza dai modelli greci e concepita come laboratorio autonomo e ben più antico di architettura e arte. Si potrà accogliere, limitandosi all’analisi dei materiali, la tesi che i sardi del II millennio a.C. percorressero i mari per commerciare il vino (Contu sta per dare alle stampe con Delfino un volume sull’argomento). Si potrà valutare la possibilità che, agli albori della storia, un artista locale fosse in grado di realizzare, senza attendere modelli altrui e imprimendo sulla pietra iconografie già tradotte sul legno e sul bronzo, i giganti di Mont’e Prama. 
Manuela Arca
 


redazioneweb@unica.it
 


LA NUOVA SARDEGNA

6 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 26 febbraio 2017 / pagina 16 - Economia Sardegna
La gara dell’innovazione, il software Yaar vince la quarta edizione del Contamination Lab
START UP, TRIONFA LA “REALTÀ AUMENTATA”
di Stefano Ambu
CAGLIARI Sul palco di un importante teatro a giocarsi la vittoria in una manciata di minuti. Non era Sanremo, ma la Contamination lab, quarta edizione della gara di idee e progetti legati all’innovazione promossa dall’Università di Cagliari. Protagonisti gli studenti e i giovani neolaureati: “cervelli” che hanno messo in gioco il loro sapere sul campo al Teatro Massimo di Cagliari provando a convincere la giuria di esperti con una presentazione di 7 minuti. Software, app, prodotti che ora faranno i conti con la realtà e il mercato. Ha vinto Yaar, Una squadra di tre ragazzi più una studentessa Erasmus (Alessandro Loi, Maria Zaitzeva, Alessio Cordella e Antonio Ravenna). È un software per piccole e medie imprese che vogliono innovarsi integrando la “realtà aumentata” nei loro siti web e e-commerce. Secondo Neeot di Renato Caboni, Chiara Cocco, Nicola Aldo Cabras e Federico Corona: un software per raccolta e analisi in tempo reale di dati provenienti dai sensori disposti lungo un’area di interesse e che elabora e dà informazioni alle aziende agricole. Terza piazza per OMSy. La start up di Cecilia Murru, Enrico Medda, Daniele Marras e Marco Puddu ha ideato un’applicazione per smartphone utile per lo screening della sindrome delle apnee ostruttive del sonno (Osas). Alla serata finale anche il ministro consigliere e vice ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, Gloria Berbena, e l’ambasciatore di Israele in Italia, Ofer Sachs. Oltre a YaaR, Neeot e OMSy hanno preso parte alla finale iFeel Baby, Little Alienz, Placeat, RefoodIt. Per i primi tre anche un premio di diecimila euro ciascuno da “Sardegna Ricerche” per realizzare la propria start up. Il rettore Maria Del Zompo ha assegnato il primo premio speciale da duemila euro per l’impegno in ambito sociale a LittleAlienz. La Fluorsid del presidente del Cagliari Tommaso Giulini, con il C&O Lorenzo Di Donato ha assegnato un riconoscimento di 2500 euro a ReFoodIt e ha premiato i 23 finalisti con un abbonamento alle partite. L’ambasciata americana finanzierà invece YaaR con un viaggio in Israele. «Il Contamination Lab matura idee ed esperienze. Fare impresa, creare e innovare è possibile e l’Università di Cagliari è il luogo ideale. Puntiamo - ha detto il rettore Maria Del Zompo - ad esportare il CLab per contaminare anche altri luoghi della Sardegna».
 


LA NUOVA SARDEGNA

7 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 26 febbraio 2017 / Pagina 3 - Cultura e spettacoli
Antonio Marras porta in passerella una collezione dedicata a Eva Mameli, madre di Italo Calvino
Storie di Sardegna nella Fashion-week milanese
di Angiola Bellu
MILANO Ancora una volta la Fashion week milanese, l’attesissima Milano Moda Donna 2017, vede in passerella le creazioni e l’arte di Antonio Marras. Ancora una volta, Marras parte dai suoi abiti per parlare anche d’altro; per narrare una storia che inizia in Sardegna e che arriva a Cuba e nel mondo. Nel 1915 per la prima volta in Italia, una donna, Eva Mameli, nata a Sassari, diventa docente universitaria, dopo essersi laureata in matematica e in botanica. A lei Marras dedica la sua collezione, a lei si ispira per le sue ultime creazioni Autunno-Inverno’17. Incontriamo l’artista poco prima della sfilata e ci racconta subito tutto lo stress di quegli attimi che anni di professione non attenuano: «Il pre-sfilata è terribile, vorresti cambiare tutto, cancellare tutto e rifare. È un momento di paura, anche dopo decine e decine di sfilate, quando uno pensa di aver acquisito una tranquillità, una sicurezza, una calma, fatte quasi di freddezza e distacco. In realtà prevale l’ansia di dover presentare un lavoro di sei mesi in 10 minuti». La ricerca di una storia emblematica da narrare e da vestire attraverso le sue creazioni - che sfilano tra i performer del Teatrodanza di Pina Bausch - ha portato Marras tra le piante e gli erbari di Eva Mameli: «L’ispirazione è una signora che si chiamava Eva Mameli, la prima donna a laurearsi in matematica prima e poi in botanica. Si sposa quasi per procura con un altro botanico. Si ameranno alla follia, andranno a vivere a Cuba dove daranno vita ad una piantagione straordinaria e ad un bambino. Che si chiamerà Italo Calvino». Di Calvino Marras ci fa conoscere l’anima poetica e a un tempo scientifica di sua madre Eva. Accompagnati dalle performance degli attori dell’Accademia di Pina Bausch, in passerella sfilano abiti su modelle e modelli di tutte le età, comprese alcune icone del mondo della cultura italiana, come Benedetta Barzini e Cristina Morozzi. Mise con damaschi e pizzi, con incrostazioni che paiono rubate da un meraviglioso erbario. Abiti leggeri, morbidi e avvolgenti, giacche, cappotti. «Dai 18 anni in su - racconta Marras - tutti e tutte con una grande disinvoltura hanno trovato il loro posto". La foggia è molto ’over’, molto maschile: dei grandi quadri stampati ai quali si arrampicano licheni, muschi, foglie, frammenti di erbe, fiori, petali. Marras artista della dissonanza, della diversità, delle radici, fa dialogare scienza e danza, Mameli e Bausch. Mette insieme tasselli di tessuto e di Storia, elementi apparentemente in contrasto, lontani. «Eva Mameli - ci spiega Marras - ha una corrispondenza copiosissima col fratello Efisio. Ho immaginato scrivesse una lettera in cui dice al fratello: “Se non avessi fatto la botanica, se non avessi studiato le piante in questa maniera avrei voluto fare la ballerina, avrei voluto danzare”. «La sfilata diventa allora un atto performativo dove cancellare i confini tra moda e arte, tra moda e danza». Dalla lettera immaginaria all’evocazione di un’altra grande donna del Novecento, il passo quindi è breve: Pina Bausch e il suo Teatro-danza oltre i confini, guidano la visione del mondo di Marras: «Questo connubio e contrasto tra Eva Mameli e Pina Bausch mi sembrava una cosa strana; due donne che non si sono mai conosciute, che hanno mondi e modi diversi di agire, ma in qualche modo accomunate dal carattere forte dalla determinazione, mi ha spinto a cercare una danza che interrompesse il ritmo, anche dopo una scelta di stampe floreali, di visi Preraffaelliti... questo è l’erbario del mio immaginario, un meraviglioso giardino fatto dai coniugi Calvino».
 
 

redazioneweb@unica.it


RASSEGNA QUOTIDIANI NAZIONALI


Link: rassegna stampa MIUR

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie