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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
04 February 2017
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA

 
1 - L’UNIONE SARDA di sabato 4 febbraio 2017 / Cronaca di Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
Università
IMMIGRAZIONE Un premio agli studenti cagliaritani
La campagna social sul tema dell’immigrazione e sul contrasto dell’estremismo, ideata da un gruppo di studenti dell’Università cagliaritana, si è classificata al terzo posto del Facebook digital global challenge. Il premio è stato consegnato l’altra sera a Washington agli autori di #ReAct: è la campagna che si è classificata dietro quelle dei vincitori libanesi e dei vicecampioni belgi.
Gli studenti cagliaritani premiati negli Stati Uniti sono Alessia Dessalvi, Giulia Tumatis, Giulia Marogna, Luciana Ganga ed Ema Kulova. Della squadra fanno parte anche Claudio Pitzalis, Jacopo Lussu, Pier Andrea Cao, Lucia Corrias e Alessio Zuddas.
Da ieri le prime tre squadre classificate partecipano a un programma di visite al Dipartimento di Stato americano e visiteranno diverse istituzioni a Washington, New York e San Francisco, oltre che la sede di Facebook.
 

2 - L’UNIONE SARDA di sabato 4 febbraio 2017 / Cronaca di Cagliari (Pagina 16 - Edizione CA)
POLICLINICO. Il provvedimento riguarda il personale universitario
Revocate le indennità: scontro sindacato-Azienda
Sui soldi per la produttività dei lavoratori è scontro tra sindacato e Azienda ospedaliero-universitaria (Aou). «È stato revocato il pagamento dell’indennità mensile al personale universitario in assistenza. Una scelta immotivata che mette in gravissime difficoltà molte famiglie», sbotta Arturo Maullu, segretario del sindacato Cisal Università. Lo sciopero è all’orizzonte. «Stiamo semplicemente applicando la legge», replica Giorgio Sorrentino, direttore generale dell’Azienda. «La produttività dei dipendenti universitari sarà pagata a fine anno. Non si può saldare in anticipo qualcosa che non si è maturato».
Non solo. Sempre nell’Aou tutti i dipendenti, ospedalieri e universitari, non hanno ricevuto, in busta paga, le indennità mensili di novembre e dicembre per straordinario, reperibilità e guardie. Il malumore c’è ma sull’argomento non ci sono posizioni ufficiali perché è in corso una trattativa con i vertici aziendali.
L’AFFONDO La posizione del sindacato Csa della Cisal Università è messa in chiaro in un documento inviato alla prefetta, al direttore generale dell’Aou e alla rettrice dell’Università. «L’indennità mensile», fa sapere Maullu, «equivale, per le categorie più basse, al dieci per cento dello stipendio. La revoca della mensilità è un duro colpo per chi guadagna mille euro al mese e si è visto togliere un’indennità da cento euro». Il personale chiede così di essere assegnato nuovamente all’Ateneo. Ora si attende l’incontro in Prefettura per evitare la proclamazione dello sciopero.
 LA REPLICA Il direttore generale dell’Azienda ospedaliero universitaria è stupito dalla polemica: «La produttività 2017 dei dipendenti universitari del comparto sarà pagata e non ci sarà alcuna decurtazione. Semplicemente, come prevede la legge, non si può pagare in anticipo. Verrà erogata al raggiungimento del risultato, non prima». La legge (il decreto legislativo 150/2009, articolo 18 comma 2), fa sapere Sorrentino, è chiara e «vieta la distribuzione in maniera indifferenziata o sulla base di automatismi di incentivi e premi collegati alla performance in assenza di verifiche e attestazioni sui sistemi di misurazione e valutazione». Il direttore generale aggiunge: «La retribuzione di base del personale universitario è già di per sé superiore a quella del personale del servizio sanitario nazionale».  M. V.
 

3 - L’UNIONE SARDA di sabato 4 febbraio 2017 / Cronaca di Cagliari (Pagina 16 - Edizione CA)
Università
Graduatoria in Medicina: una proroga
Una proroga sulla graduatoria nazionale legata all’ammissione ai corsi di laurea di Medicina e Chirurgia-Odontoiatria e Protesi dentaria a ciclo unico e accesso programmato per l’anno accademico 2016/2017. La richiesta di protrarre la graduatoria è stata presentata dopo lo “scorrimento” del 23 gennaio dallo psicologo e psicoterapeuta, Stefano Casula. «Lo scorrimento ha determinato una notevole riduzione del numero degli assegnati e dei prenotati per cause esterne che hanno condizionato il regolare svolgersi delle procedure, seppur condividendo la decisione assunta dal Miur di procedere alla conferma automatica di interesse in relazione alla grave situazione in cui versavano le popolazioni del centro-nord meritevoli di tutta la nostra solidarietà e vicinanza».
Per Scano, «lo scorrimento del 12 dicembre configurava una grave anomalia dal momento che perlomeno un candidato, sicuramente già immatricolato, risultava, invece, riportato nella graduatoria nazionale nello stato di “prenotato” impedendo in tal modo il regolare scorrimento delle posizioni successivo.
 

4 - L’UNIONE SARDA di sabato 4 febbraio 2017 / Cronaca Cronaca di Cagliari (Pagina 20 - Edizione CA)
Il ricordo di un ex allievo: «Gioia e diritti sono una conquista»
Alziator, premio dedicato a Nereide Rudas
Questa sera alle 18 al Teatro delle saline è in programma la decima edizione del premio letterario Francesco Alziator, organizzato dalla fondazione diretta da Maurizio Porcelli. La serata è dedicata a Nereide Rudas, morta di recente, a 91 anni. Uno dei suoi allievi ricorda così la grande psichiatra.
 
Figlia del ’900 Nereide colse come pochissimi di questa contraddizione le speranze e i rischi, le opportunità costruttive e distruttive. E ci ha indicato la chiave di lettura e di azioni fondamentale per capire il mondo e viverci con dignità e rispetto. Questa chiave è l’arricchimento psicologico, spirituale e dei modelli mentali umani in un cammino che parte dalla dipendenza biopsichica totale nella quale senza scelta nasciamo, fino alla capacità creativa dei significati e simboli dell’esistenza. Cioè il percorso poietico e poetico della vita: Diabolo - Metabolo - Simbolo.
Nereide ci indica altresì gli strumenti per conseguire ciò: la conoscenza, “conoscere è co-nascere” mi diceva sempre nell’incanto di Bosa, la curiosità, lo studio multiforme e la riflessione critica, l’arricchimento dei linguaggi, l’umiltà dell’ascolto e il proporsi all’altro con disincantata bellezza. La gioia e i diritti sono una conquista e non un dono: sono cioè “cultura”; e il dovere di essere migliori è il fondamento della matura identità, della onestà personale, collettiva e istituzionale. Straordinaria etimologa, fotografa, storica e geografa e poetessa dell’anima con una cultura umanistico-scientifico la più elevata, insegnò che la scuola di formazione deve essere ambiziosa e paziente per noi allievi della vita comune e professionale: (come si può essere psichiatri senza queste basi?) se vogliamo esserne protagonisti e non già servi sciocchi. Sono gli eterni lumi: umanità, cultura, scienza, libertà, responsabilità conquistate nel nostro cammino: il dono più alto e la riforma fondante per la civiltà personale e del Paese anche all’alba del XXI secolo. In tal senso per chi sa ascoltare Nereide ella ci dona molto di più di quanto le abbiamo dato noi allievi. Affetto grato e perenne mia maestra per la persona che mi hai insegnato ad essere.
 Gianni Mastrangeli
 

5 - L’UNIONE SARDA di sabato 4 febbraio 2017 / Cronaca Regionale (Pagina 7 - Edizione CA)
L’assessore Arru: «Giusta prevenzione». I contrari: «No alle imposizioni»
Vaccini, l’obbligo è vicino
Meningite, piano della Regione per scuole e asili
Non saranno solo gratis. I nuovi vaccini inseriti nei Lea - livelli essenziali di assistenza - dal ministero della Salute poche settimane fa potrebbero diventare obbligatori. O meglio: i sieri contro meningococco B, rotavirus e varicella, insieme a tutti gli altri già presenti nel piano nazionale delle vaccinazioni, saranno il lasciapassare per accedere ad alcuni servizi fondamentali, come ad esempio l’asilo o la scuola materna. È questo il progetto che vede d’accordo sia l’assessore alla Sanità che ampi fronti del Consiglio regionale, e che potrebbe trasformarsi in realtà molto presto.
Il progetto di legge è già pronto. E di obbligatorietà si è parlato da poco anche nel corso dell’ultima conferenza Stato-Regioni: «Io sono d’accordo», dice subito l’assessore alla Sanità Luigi Arru, «è giusto che per frequentare gli asili sia necessario essere vaccinati. Purtroppo la copertura per alcuni tipi di immunizzazione è in calo in tutta Italia e la Sardegna non fa eccezione. È un trend che preoccupa».
IL CALO DELLE VACCINAZIONI L’allarme riguarda soprattutto morbillo, parotite e rosolia. Gli immunizzati secondo le ultime rilevazioni del Ministero sono scesi fino all’87 per cento, ben lontani dalla soglia di sicurezza - quella che assicura l’effetto gregge, cioè la protezione estesa anche a chi non può vaccinarsi - del 95 per cento.
I motivi del calo? «Non si ha più una corretta percezione del rischio delle malattie, perché molte non sono più diffuse: dunque si ha più paura delle vaccinazioni. Eppure le immunizzazioni hanno un rapporto costi-utilità incredibile. Il morbillo, ad esempio, può portare a importanti complicanze di natura neurologica, mentre gli inconvenienti legati al vaccino sono di entità minore», spiega l’assessore alla Sanità.
 IL FRONTE DEL NO A contribuire all’abbassamento dei livelli di copertura può aver influito anche il fronte, sempre più numeroso, contrario alle vaccinazioni. C’è chi agita i collegamenti - mai provati e sempre rifiutati da buona parte della comunità scientifica - tra alcuni sieri e l’autismo, e chi invece ne fa una questione di libertà.
«Un obbligo di vaccinazione sarebbe contro la convenzione di Oviedo, che vieta l’imposizione di trattamenti sanitari», avverte Franco Anedda, dentista e obiettore, fondatore di un gruppo su Facebook (I vaccini fanno male?) che vede tra gli iscritti anche professori universitari e medici. Il suo è un ragionamento scientifico: «Facciamo l’esempio del meningococco. Le meningiti batteriche sono molto rare e la maggior parte è causata dallo pneumococco. Ecco perché non c’è nessuna esigenza di fare vaccinazioni di massa. Oltrettutto i vaccini hanno un limite temporale. Durano poco. Questo vuol dire che gran parte della popolazione non è coperta, eppure non ci sono epidemie in corso».
Il partito dei contrari chiede semmai altri interventi: l’istituzione di un registro delle vaccinazioni (ora non esiste) e la raccolta di dati da mettere nelle mani delle università, per dimostrare l’efficacia reale dei sieri.
 IL PROGETTO DI LEGGE Intanto, nei giorni in cui la meningite continua a far paura anche in Sardegna, in Consiglio regionale approda un disegno di legge che riprende - e per certi versi supera - una norma introdotta di recente in Emilia Romagna: per iscrivere i bambini all’asilo bisognerà dimostrare anche portare i certificati che attestano le vaccinazioni.
«Non si può imporre un trattamento sanitario per legge regionale, ma l’immunizzazione da alcune malattie può diventare un requisito indispensabile per frequentare grandi comunità o accedere a servizi, come quelli degli asili», spiega Roberto Deriu (Pd), primo firmatario di una proposta - scritta insieme a Francesco Agus, Sel - che ha l’obiettivo di rialzare le percentuali di copertura.
«È ora di dire che i vaccini servono per scongiurare la diffusione delle malattie. Sono uno strumento indispensabile: questo è un dato di fatto. Tutte le altre sono teorie che vanno rifiutate. Va bene decidere in libertà per la propria salute, ma questo è possibile solo fino a che non si mettono in pericolo gli altri», conclude il consigliere regionale del Pd.
La proposta prevede anche l’istituzione di una Conferenza regionale per la salute pubblica, che si riunirà ogni anno per rivedere gli orientamenti in materia, e una campagna di sensibilizzazione scientifica. I tempi di approvazione potrebbero coincidere con la somministrazione gratuita dei vaccini anti meningococco B, rotavirus e varicella, che al momento costano anche più di 80 euro. Le spese saranno azzerate solo quando si avrà la sicurezza sulla copertura finanziaria, prevista nella legge regionale di stabilità. Una data? «Spero entro l’estate», è l’auspicio dell’assessore alla Sanità Luigi Arru.
 Michele Ruffi
 

6 - L’UNIONE SARDA di sabato 4 febbraio 2017 / Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
IL RACCONTO. Matilda Murtas, 40 anni: nel 2016 ha lasciato l’Albo
«Troppi costi fissi, ho ripreso a studiare»
«Col senno di poi, credo che se avessi iniziato da subito a partecipare ai concorsi forse sarebbe stato meglio». Nove anni di iscrizione all’Albo degli avvocati, dodici sommando la pratica forense. Esame di Stato superato al primo colpo. Una vita sui libri. E poi? E poi l’abbandono della professione. Quello dell’avvocato sarà anche un mestiere affascinante e gratificante, ma da qualche anno a questa parte sembra soltanto per ricchi.
COSTI ALLE STELLE Matilda Murtas ha quarant’anni, è cagliaritana, e sino a dicembre 2015 era una dei tanti avvocati che ogni mattina solcano i corridoi del Tribunale di Cagliari. Ora è tra quelli che hanno dovuto appendere la toga al chiodo per i «costi insostenibili» legati alla professione. Una delle poche che ha accettato di parlarne, di raccontare una realtà che è sotto gli occhi di tutti, che urla tra i dati. Una situazione difficile da spiegare: «Tremila e ottocento euro per il pagamento dei contributi alla Cassa forense, da versare anche quando il fatturato è pari a zero - spiega - non me li potevo permettere. Ho dovuto abbandonare, soprattutto per i costi insostenibili. Ho chiesto la cancellazione dall’Albo degli avvocati. Una scelta sofferta che, come me, anche tanti altri colleghi hanno dovuto prendere. Loro malgrado. E adesso sono disoccupata, sto studiando per partecipare ai prossimi concorsi».
REGIME AGEVOLATO Le tariffe agevolate, l’illusione di potercela fare da soli, hanno una data di scadenza: «Durante i primi cinque anni di iscrizione alla Cassa - racconta l’avvocata - è previsto un regime agevolato. Trascorso quel periodo i costi diventano proibitivi».
Alle migliaia di euro per la Cassa si aggiungono le altre spese: la quota per l’iscrizione all’Albo, quelle per la partecipazione ai corsi di aggiornamento e quelle per lo studio legale. Il discorso vale per tutti: gli avvocati ogni mese devono fare i conti con affitto, bollette, wi-fi e quant’altro. In sostanza: «Ti rimane poco o niente».
UNA STRADA NUOVA Resta l’opportunità di ricominciare. Tentare un’altra strada: c’è chi si rimette a studiare, chi decide di dedicarsi a tempo pieno ai figli. Stare al passo costa. «Il problema più che prettamente sardo - aggiunge Murtas - credo si possa estendere a livello nazionale: in Italia il numero degli avvocati è molto alto in confronto ad altri Paesi, come ad esempio la Francia o la Germania». All’alto numero di iscritti all’Ordine professionale si deve poi aggiungere la crisi: «I clienti sono meno e chi fa causa, spesso, ha difficoltà a pagare l’avvocato».
Tra le nuove generazioni, i nati negli anni Ottanta, l’approccio appare diverso: «Sono più consapevoli della mancanza di prospettive e decidono di partire all’estero».
DATI ALLARMANTI I quotidiani, una settimana fa, titolavano che otto uomini al mondo possiedono la stessa ricchezza di 3 miliardi e mezzo di persone. Una fotografia che ridotta (a francobollo) si può osservare ovunque: anche all’interno di una categoria professionale. Ovviamente, non mancano gli avvocati che pur di non chiudere bottega fanno i salti mortali: quelli che passano il lavoro ai colleghi più esperti in alcuni rami del diritto, quelli che per farcela non guardano mai l’orologio. Che lavorano tutto il giorno. E anche la notte.
Veronica Nedrini
 

6 - L’UNIONE SARDA di sabato 4 febbraio 2017 / Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
Negli ultimi cinque anni hanno abbandonato la professione in 300
Cara Giustizia, addio
La fuga degli avvocati
L’anno peggiore, negli ultimi cinque, è stato il 2015: elenchi alla mano, 78 avvocati hanno deciso di cancellare il proprio nome dall’ordine professionale di Cagliari. L’anno prima erano stati 55, quello precedente 70 a fronte di 69 iscrizioni. Nel 2016 i legali che hanno abbandonato la toga sono stati 54, numero che fa salire a 304 il dato complessivo riferito al periodo compreso tra il gennaio 2012 e lo scorso dicembre.
 IN CRISI L’amore per lo studio dei codici attraversa un periodo (lungo) di difficoltà, la passione che spinge i giovani a sognare un futuro nelle aule del palazzo di giustizia è in calo e anche la pazienza che serve per superare le prime difficoltà è ai minimi termini, nonostante i professionisti iscritti all’albo siano aumentati (quasi 2.700 rispetto ai 2.600 di dodici mesi prima). C’è un dato che più di altri inquadra la crisi di “vocazioni”: nel 2005 gli iscritti all’esame di Stato nel capoluogo avevano toccato quota 1.400, in questa sessione non superano i 600. Un calo drastico cui parrebbe corrispondere una consistente diminuzione di laureandi in Giurisprudenza. Una delle due categorie da sempre più gettonate (l’altra è quella dei medici) sta perdendo posizioni. Perché?
 LE CAUSE Studi troppo lunghi e poco formativi, difficoltà nel trovare clienti, scarsa forza di volontà, troppe spese da sostenere per avviare e supportare l’attività i problemi principali secondo gli addetti ai lavori. Poi c’è l’eccessiva fretta nel volersi buttare su un mercato che, è evidente a tutti, «ormai è saturo», sottolinea amaramente Rita Dedola, presidente dell’ordine provinciale, che dal suo ufficio al palazzo di giustizia ha una visione vasta ed esaustiva della situazione. Da quando l’Ordine esiste, sono andati via 795 avvocati tra pensionamenti, morti e ricerca di altre occupazioni che diano maggiore stabilità economica. «Molti hanno vinto un concorso e hanno preferito lo stipendio fisso alla aleatorietà della professione», conferma Dedola, «la maggior parte di chi va via ha trovato altro, qualcosa che dia maggiore sicurezza e indipendenza economica». Un fenomeno che coinvolge «principalmente le ragazze».
 LE SPESE Ciò che incide più di tutto sulla decisione di lasciare è l’aspetto economico. Dal 2015 è obbligatoria l’iscrizione alla cassa forense, che prevede un versamento annuale medio di 4 mila euro per ciascun iscritto: la cifra serve a coprire assistenza, pensioni, invalidità, inabilità, agevolazioni di varia natura. Poi c’è la tassa di iscrizione annuale, che oscilla tra i 180 e i 250 euro, e un ulteriore versamento calcolato in percentuale sul reddito dichiarato. In precedenza c’era la gestione obbligatoria all’Inps, ma parecchi (si sussurra tra i corridoi del Tribunale) non pagavano e l’iscrizione alla cassa era facoltativa. Così adesso molti giovani avvocati (e non solo) non riescono a coprire le spese minime (benzina, codici) e, ancor meno, i costi di gestione di un eventuale studio professionale: affitto, cancelleria, personale di segreteria, la stessa toga. «Incide il peso fiscale», sottolinea Dedola, «non si scarica nulla. Non i vestiti, non le spese per la baby sitter. Qui al palazzo di giustizia non ci sono spazi per accudire i bimbi, e infatti hanno problemi soprattutto le ragazze».
 LA QUALITÀ Così molti sfruttano il gratuito patrocinio, cioè assistono persone con un reddito molto basso e che per questo hanno il diritto di essere difese gratuitamente. È lo Stato a pagare. Per molti questa strada diventa quasi una copertura sociale, una necessità per mantenersi che però rischia di innescare una corsa verso il basso nella qualità della difesa. Del resto la concorrenza è tanta, forse troppa per un mercato tanto ridotto, e la professione è radicalmente cambiata rispetto agli anni Sessanta, Settanta e Ottanta quando gli avvocati erano molti meno. Resta una certezza: «Se l’avvocato è capace, il suo telefono squilla». Se resta muto, manca qualcosa.
 Andrea Manunza


7 - L’UNIONE SARDA di sabato 4 febbraio 2017 / Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
Rita Dedola, presidente dell’Ordine: decisiva la pratica in uno studio
L’indipendenza economica? Dopo i 30 anni
È difficile «diventare economicamente indipendenti», e spesso l’obiettivo è raggiunto quando non si è più tanto giovani: «Accade sempre più in là nel tempo, si passano abbondantemente i 30 anni».
Rita Dedola è presidente dell’ordine degli avvocati di Cagliari dal 2015. Ha un’idea precisa sui problemi del corpo professionale e sulla strada che gli studenti dovrebbero seguire per farsi largo in una professione «satura» e difficile, tanto da non aver mancato di polemizzare in passato col presidente della Corte d’appello sull’utilità di affiancare i neo laureati ai giudici in Tribunale. «Un anno col magistrato e soli sei mesi di pratica forense non bastano», ha detto dodici mesi fa riferendosi alla possibilità di abbattere il periodo di praticantato con quel servizio, «servono il rapporto col cliente e la presenza nello studio legale. Certamente lo stage arricchisce, ma non è sufficiente. La pratica da avvocato si fa con gli avvocati. Altrimenti è un’altra cosa». Indicativo di un timore neanche tanto latente: che le giovani toghe non acquisiscano più gli strumenti minimi necessari per presentarsi in Tribunale e svolgere adeguatamente un compito sempre più complicato.
L’avvocatura è cambiata radicalmente negli ultimi decenni. Ci sono nuovi codici, è differente la società, sono cambiati (e aumentati) i reati. Il Legislatore sforna norme a ritmi elevati e aggiornarsi diventa più complicato, mentre i neo laureati hanno fretta di buttarsi nella mischia. «Molti lo fanno appena ottengono il titolo, invece la gavetta per sua natura è lunga. E c’è anche l’impossibilità di trovare studi legali che consentano ai ragazzi di essere ben inseriti in questo mondo». I “grandi vecchi” capaci (e con la voglia) di insegnare il mestiere come si deve sono sempre meno, e di contro anche il corso di studi non agevola: «Cinque anni, più di prima. Poi ci sono la pratica di 18 mesi e l’esame, che dura circa un anno tra scritto e orale. Se davvero si vuole fare l’avvocato, si deve mettere in conto un lungo periodo di limbo. In passato i giovani restavano più tempo dal maestro, oggi escono del tutto impreparati rispetto alla libera professione». E spesso ottengono il titolo all’estero. «Prima si evitavano le bocciature dando l’esame in altre parti d’Italia, oggi si va in Spagna e Romania. Un problema». I tanti iscritti all’ordine provinciale, 2.690, sembrano troppi in un territorio che conta un ridotto numero abitanti. «In Sardegna c’è poca gente e i clienti sono un pensiero per tutti», conferma Dedola, «chiudere ogni mese coi costi è l’angoscia di tutti, sono turbamenti connaturati alla libera professione. Ma se i ragazzi stessero più tempo in studio con i capi avrebbero più esperienza, sicurezza e qualità. Certo, c’è comunque la crisi del settore. Il mercato ormai ha pochi spazi. Per i giovani non è facile. Il punto forse è che si è troppo generalisti, formarsi costa e non si seguono specializzazioni di nicchia. C’è ancora tanto mercato per chi si occupa di diritto: reati informatici, edilizia, ambiente, alimentare». Settori in crescita. Con una necessità: «Serve qualità. Se c’è quella, il telefono dell’avvocato squilla».  An. M.
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA
 
 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di sabato 4 febbraio 2017 / Pagina 17 – Oristano
UNIVERSITÀ - I NUOVI SCENARI
Del Zompo rassicura sul futuro del Consorzio UnO e critica governo e normative
Il declassamento di Biotecnologie a indirizzo di laurea non porterà via studenti
CORSI A RISCHIO CHIUSURA, IL RETTORE ACCUSA IL MIUR
ORISTANO Le minacce di chiusura dei corsi universitari di Oristano non arrivano da via senatore Carboni, sede di quel che resta della Provincia, e neanche da Cagliari e dalla sua Università, ma da molto più lontano. Arrivano da Roma, sede dei ministeri del Tesoro e della Istruzione, Università e Ricerca e affondano le radici nel 2009 e nel 2010, quando i ministri Tremonti e Gelmini si inventarono la storia del Costo standard per studente. Parola del magnifico rettore dell’Università di Cagliari Maria Del Zompo, che ieri sera è intervenuta all’assemblea a Oristano organizzata all’Hospitalis Sancti Antoni dalla Federazione provinciale del Pd per fare il punto della situazione dopo le polemiche sul futuro dei corsi universitari oristanesi. Polemiche scatenate dalla diffida, poi revocata, a sgomberare i locali del Chiostro del Carmine inviata dall’amministratore straordinario della Provincia Massimo Torrente al presidente del Consorzio UnO Gian Valerio Sanna. Il complesso meccanismo di quella legge, che lega i finanziamenti statali al numero degli studenti senza tener conto della specificità della Sardegna rispetto al resto della nazione, non mette in pericolo solo i corsi universitari di Oristano ma anche quelli di Cagliari, ha spiegato la dottoressa Del Zompo. «Ma abbiamo fatto di tutto per tenere l’Università di Cagliari a Oristano, non è stato facile ma ci siamo riusciti e ne siamo orgogliosi», ha aggiunto spiegando che gli studenti oristanesi potranno continuare a laurearsi a Oristano in Servizi turistici e in Biotecnologie industriali e che il declassamento di Biotecnologie industriali da corso a semplice indirizzo di laurea non cambia nulla e anzi è la chiave di volta che consente di rendere sostenibili i costi del corso. E secondo Maria Del Zompo l’attivazione di un distinto indirizzo di Biotecnologia a Cagliari non deve preoccupare il Consorzio Uno perché sarà ben differenziato rispetto a quello di Oristano che quindi non rischierebbe di perdere iscritti a favore di Cagliari, come aveva paventato il presidente del Consorzio UnO la settimana scorsa. Prima del rettore Maria Del Zompo erano intervenuti tra gli altri i consiglieri regionali Antonio Solinas e Mario Tendas, il commissario straordinario della Provincia Massimo Torrente, i sindaci di Oristano e di Arborea Guido Tendas e Manuela Pintus, il vicesindaco di Oristano Giuseppina Uda e il deputato Caterina Pes. Dal dibattito è emersa la necessità di rivedere la natura stessa del Consorzio UnO, che potrebbe diventare una Fondazione, nella quale potrebbe entrare anche l’Università di Cagliari, che non figura nell’elenco dei soci del Consorzio UnO, e che dovrebbe coinvolgere le Unioni dei Comuni ma anche il mondo delle imprese.
 
 
 

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