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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 January 2017
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RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA

 
1 - L’UNIONE SARDA di lunedì 16 gennaio 2017 / Cronaca di Cagliari (Pagina 13 - Edizione CA)
L'ex preside della facoltà di Medicina è stato stroncato a 82 anni da un tumore
UNIVERSITÀ IN LUTTO: È MORTO ANGELO BALESTRIERI
Ha lavorato fino a quando la malattia non gli ha tolto la forza costringendolo a ritirarsi nella sua casa di Poggio dei Pini dove è morto ieri all'età di 82 anni. L'Università d Cagliari piange Angelo Balestrieri, storico preside della Facoltà di Medicina che ha guidato per 21 anni.
AL LAVORO Il suo ultimo impegno per l'Ateneo, nel settembre scorso, è stato quello di organizzare un convegno sulla geriatria insieme agli allievi di un tempo. Il professore, come lo chiamavano tutti, era arrivato in Sardegna dalla provincia campana nel 1974, giovanissimo ordinario della facoltà dove ha trascorso tutta la vita. Tra quelle aule il seme di una vicenda giudiziaria che lo travolse nel 2001. Per sei anni fu presidente della Conferenza nazionale dei presidi di medicina che lasciò nel 1999. Nel frattempo, fu anche direttore di Dipartimento e di otto scuole specialistiche della facoltà.
UNA VERA ISTITUZIONE L'impegno nell'insegnamento non gli impedì di conseguire numerose specializzazioni, tra le altre, quella in malattie infettive ed endocrinologia. Nel campo della ricerca aveva stretto una collaborazione anche con una clinica in Somalia.
Uomo brillante e sempre pronto a scherzare, Angelo Balestrieri aveva scelto la Sardegna come sua nuova casa. A Cagliari aveva conosciuto quella che sarebbe diventata sua moglie, e qui ha costruito una famiglia e avuto tre figlie, due delle quali hanno seguito le sue orme nel campo della medicina. Attento all'alimentazione, i suoi collaboratori di un tempo ricordano ancora che amava pranzare solo con del riso bianco o del pesce bollito.
LA PRIVACY La notizia della sua morte, ieri sera, ha colto di sorpresa anche molti dei suoi amici storici. Da sempre molto riservato, il professore ha vissuto gli ultimi giorni nella casa di Poggio dei Pini circondato dall'amore dei suoi cari. ( m. c. )



2 - L’UNIONE SARDA di lunedì 16 gennaio 2017 / Cultura (Pagina 27 - Edizione CA)
Ieri a Settimo San Pietro
IL MONDO DELLA CULTURA SALUTA GIULIO ANGIONI
E Mereu promette un film da “Assandira”
Una corona di rose rosse e gigli bianchi, i gonfaloni dei comuni di Guasila e Settimo San Pietro e tanti tra familiari, amici e colleghi stretti in un dolore composto. Così si presentava ieri pomeriggio la camera ardente allestita nell'aula consiliare del municipio di Settimo San Pietro per l'ultimo saluto all'antropologo, scrittore e poeta Giulio Angioni, morto lo scorso 12 gennaio a 77 anni per un male che lo ha consumato in poche settimane.
Introdotto dalle note della tromba di Francesco Bachis e Riccardo Pittau, il rito civile ha visto prendere la parola la moglie di Giulio Angioni, Marinella, che ha ringraziato anche a nome del figlio Marco «la comunità natale di Guasila e quella adottiva di Settimo San Pietro, i colleghi da tutto il mondo, gli amici di una vita e quelli conosciuti sui social network: l'affetto di tutti ha confortato Giulio fino agli ultimi istanti». Commossa, la sorella Graziella ha parlato di «un uomo buono come il pane», di poche parole e amante delle cose semplici.
L'università di Cagliari, dove lo studioso insegnava dal 1971, è stata rappresentata dalla medievista Rossana Martorelli e dai colleghi antropologi Felice Tiragallo e Benedetto Caltagirone, che hanno ricordato «l'attenzione gramsciana di Giulio Angioni per le condizioni di vita, le diseguaglianze, il saper dire e il saper fare dell'uomo nella società». Occhi lucidi in fondo alla sala per Renato Soru, mentre l'editor del Maestrale, Giancarlo Porcu, ha rivelato che «era intenzione di Angioni quella di impegnarsi nel prossimo futuro ancora più a fondo nella narrativa e nella poesia». Il regista Salvatore Mereu ha promesso che «il film tratto dal romanzo “Assandira” vedrà presto la luce».
Al termine, i presenti hanno accompagnato il feretro fino al cimitero.
Fabio Marcello
 
 

3 - L’UNIONE SARDA di lunedì 16 gennaio 2017 / Provincia Medio Camp (Pagina 20 - Edizione CA)
Villacidro
Consulta giovanile

Muove i suoi primi passi la consulta giovanile di Villacidro, istituita ufficialmente lo scorso dicembre. Ne fanno parte un gruppo di giovani dai 15 ai 30 anni pronti ad offrire il proprio contributo di idee per migliorare la qualità della vita in paese e portare a conoscenza degli amministratori le loroesigenze.
Non solo progetti e spunti da sottoporre all'attenzione di chi governa, quindi, ma anche osservazioni e critiche per far sentire la loro voce e partecipare così attivamente alla vita pubblica. Prima di tutto però hanno eletto il direttivo. I rappresentanti sono tutti studenti che frequentato le scuole superiori e l'università: Simone Porta 24 anni (Scienze Politiche), Silvia Anedda 19 anni (Liceo Pedagogico), Ester Corda 24 anni (Scienze Politiche), Fabio Massimo Piras 24 anni ( Giurisprudenza) e Andrea Anedda 25 anni ( Scienze Politiche). (s.p.)
 
 

4 - L’UNIONE SARDA di lunedì 16 gennaio 2017 / Provincia Sulcis (Pagina 21 - Edizione CA)
GONNESA. Il programma da avviare nella miniera di Seruci
Progetto Aria, 4 milioni in arrivo

I primi finanziamenti sono garantiti, ora per il progetto “Aria” mancano solo gli accordi esecutivi. Il Cipe (Comitato interministeriale programmazione economica) ha attribuito 4 milioni all'Istituto nazionale di fisica nucleare affinché porti avanti il programma “Aria e la ricerca della materia oscura”, presentato circa un anno fa in dettaglio nella Grande miniera di Serbariu e destinato a essere realizzato tramite la Carbosulcis nelle miniere di Seruci, con la collaborazione della Princeton University (Usa) e della Regione. Si tratta di una sperimentazione (con una macchina calata per 350 metri sulla verticale di un pozzo) per l'estrazione di argon, isotopi non radioattivi e altri gas rari da utilizzare nella ricerca della materia oscura e sui neutrini nel laboratorio del Gran Sasso.
Implicazioni pure sulla medicina radiologica. «Il progetto - sottolinea il deputato del Pd Francesco Sanna, autore di un'interrogazione al Governo - è inserito fra quelli finanziabili dal Fondo integrativo di ricerca e peraltro in questi giorni al Cern di Ginevra sono in fase di prova i moduli metallici che comporranno la macchina». Ciò non basta: «Occorre - aggiunge Sanna - che gli enti interessati al progetto lo ritengano prioritario e sottoscrivano gli accordi». È il motivo dell'interrogazione al ministro per la Ricerca, Valeria Fedeli». ( a. s. )
 
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA


5 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 16 gennaio 2017 / Prima pagina
Folla commossa al funerale dello scrittore. Politica regionale assente
L’ADDIO A GIULIO ANGIONI
Una folla commossa ieri a Settimo San Pietro per l’addio a Giulio Angioni, l’antropologo e scrittore scomparso nei giorni scorsi. Un funerale laico per ricordare «la voce più pura dell’isola». Inspiegabilmente assente la politica regionale, presente solo l’ex governatore Renato Soru. ALLE PAGINE 20 E 21

Pagina 20 - Cultura e spettacoli
Una folla commossa, inspiegabilmente assente la politica regionale
L’ADDIO A GIULIO ANGIONI, LA VOCE PIÙ PURA DELL’ISOLA
di Giacomo Mameli
SETTIMO SAN PIETRO Non ci sono «i fiori antichi di Marietta nell’aiola della palma». Ma tanti cuscini con rose rosse, gigli e gerbere bianche. Circondato da questi colori Giulio Angioni è stato sepolto davanti a un campo di grano, nel cimitero Is Argiddas, le argille, terreno fertile per cereali tra «i deserti di silenzio». Temperatura quasi polare, i monti di Serpeddì e Burcei bianchi di neve. Sotto il camposanto, c’è un torrente con i lucci argentati. Davanti al loculo dove il professore riposa dal pomeriggio di ieri si vedono colline verdi come quelle di Fraus. Campidano e Trexenta pari sono, Sardegna agricola, amata e studiata da uno dei pochi nomi eccellenti della cultura sarda contemporanea. Con le fasce tricolori, nella sala del Consiglio comunale con due gonfaloni e tante bandiere, è stato salutato dagli amministratori del paese dove ha vissuto per quarant’anni e di quello dove era nato, rione contadino di Funtana idda. Tanta gente per un funerale laico, docenti universitari, la preside della facoltà di studi umanistici Rossana Martorelli, nessuna autorità della giunta e del Consiglio regionale, solo l’ex presidente della Regione Renato Soru. I familiari in prima fila, la moglie Marinella, il figlio, i fratelli. Né De Profundis, né Requiem aeternam. Non sono state sciolte neanche le campane della chiesa gotica di San Pietro. L’antropologo, lo scrittore, il poeta, il sardo che amava la Sardegna, è stato salutato dalle note delle trombe di Riccardo Pittau e Francesco Bachis, quest’ultimo uno degli allievi che apprezzava. Hanno proposto «Mutetu de tristura», un sonetto scandito da una dolce tristezza, tratto da Folk Songs di Luciano Berio, antologia di undici canti popolari dei Cinque Continenti dove la terra dei nuraghi è presente assieme a «I wonder as I wander» degli Stati Uniti e «Loosing yelav» dell'Armenia. Cinque minuti di musica mesta, quella che tocca il cuore, ispirata dai versi del «Passero solitario» di Giacomo Leopardi e le rime baciate del ritornello sardo «Tristu passirillanti». Angioni –16 maggio 1998 – lo aveva commentato a Perdasdefogu, sotto l’albero della vita della chiesa preromanica di San Sebastiano, in occasione dei duecento anni della nascita del poeta davanti al sindaco di Recanati Roberto Ottaviani, a Giovanni Lilliu, Giovanna Cerina e Antonio Romagnino. Il canto del passero della torre antica è diventato concerto in un palazzo moderno, ad apprezzarlo più di tutti è stato il figlio di Giulio, Marco, musicista, titolare dell’agenzia Dis Sound & Image, studio in Danimarca, nell’isola di Morsoe, Nykoebing. Con lui la moglie Lena, fotografa: «Queste note sembravano studiate per papà, erano molto amate da lui e, da oggi, anche da tutti noi». Il feretro è al centro della sala consiliare. Sullo sfondo un grande olio del paese, sembrerebbe Guasila, ma troneggia un campanile molto diverso da quello della Chiesa dell’Assunta. Cuscini di fiori, quelli della famiglia, delle nipotine, gli antropologi, gli amici della Cernita Teatro, gli amici e le amiche del “Manifesto sardo”. In fascia tricolore il sindaco di Guasila Paola Casula, Settimo è rappresentato dal vicesindaco Antonello Cuncu (il sindaco assente per il contemporaneo funerale della mamma). C’è Nino Pala, di Luras: «Gli avevo battuto la tesi di laurea con la Olivetti 32». Parla la sorella Graziella, gli dice: «Eri buono come il pane»; parla un nipote, Felice Tiragallo è portavoce degli antropologi e ne sottolinea «l'ostinazione, il lavoro interpretato come leva per la trasformazione del mondo, l’importanza che dava alla parola, al linguaggio». I fratelli ascoltano in silenzio, statue di dignità. Davanti al feretro si alternano la Martorelli e un altro docente, Benedetto Caltagirone, che rievoca un seminario ad Aix en Provence sull’antropologia mediterranea per concludere: «Ci mancherà soprattutto il suo pensiero». Da Nuoro invia un messaggio la scrittrice Bastiana Madau: «Le opere di Angioni erano illuminate dalla riflessione morale e civile, mai prescrittive, ideologiche o moralistiche». Il suo amico-fratello Salvatore Atzori racconta dei libri a cui Angioni stava lavorando, del primo viaggio per il liceo dai Giuseppini di Asti «imbarcati il 6 ottobre del 1951 sulla nave Città di Trapani». Si scopre un Giulio Angioni che «suonava Trallallera con la fisarmonica e mai abbiamo saputo come se la fosse procurata» e di un «rivoluzionario Giulio» che, dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dei carri armati sovietici «vuol andare a dare una mano ai ribelli che sognavano la libertà». Dal palazzo comunale al cimitero. Silenzio, lacrime e sorrisi. Una sua alunna sussurra: «A Giulio era cara la vita».
 
Pagina 20 - Cultura e spettacoli
Dallo scrittore Nello Rubattu un ricordo del narratore, dello studioso e dell’uomo
«Di Sassari amava ironia e vitalità»
di NELLO RUBATTU Con Giulio Angioni ci conoscevamo da molto tempo: io lo chiamavo «professor bronzetto», lui non faceva altro che prendermi in giro (ma non diceva proprio così, usava espressioni più popolari) e ghignava per i miei modi di dire non proprio in linea con il manuale del bon ton. Per lui la mia città, Sassari, aveva un linguaggio «liberatorio», per molti versi fantasioso. Una volta mi disse che noi per lui eravamo i napoletani della Sardegna: barrosetti e generosi allo stesso tempo. Lui era invece proprio il contrario: era uno che si incazzava a freddo, uno tagliente e abituato a parlare solo se aveva qualcosa da dire. Riflessivo, viene da dire. Che sapeva tenere le distanze con chi gli stava sulle scatole. Ma non pensatelo triste. Non lo era. Quando leggeva i personaggi dei miei racconti mi ascoltava interessato. Gli piacevano le descrizioni carnali, i toni sguaiati. Ma dei miei racconti sapeva distinguere la commedia dalla tragedia e sapeva che le due cose spesso viaggiano insieme. Odiava quelli che io per lui chiamavo «i falsi professori», riferendomi ad un verso di una canzone di Fabrizio De André. Gli dava fastidio sentire certi personaggi parlare di industria, quando sapeva che sui riti della «laurera» non ne capivano una mazza. Come gli davano fastidio quelli che parlavano di lingua sarda e ne parlavano in italiano. Questi salotti alla madama Doré, fatti di campanilismi e di cattive letture etnografiche non lo attraevano. La lingua è il prodotto di un mondo di esseri viventi non certo un relitto per musei polverosi e senza anima. «Le lingue muoiono come tutti noi, piuttosto non bisogna dimenticare che dove ne muore una ne nasce un’altra». Non so quante volte me l'avrà detto. Se fosse ancora fra di noi, me l’aveva promesso, oggi sarebbe il direttore scientifico del museo che stiamo mettendo in piedi ad Asuni: il «Museo e il centro di documentazione sulle culture migranti». A lui piaceva lo scopo, la pensavamo esattamente allo stesso modo: le culture sono un viaggio infinito di differenze fra popoli organizzati, un lungo incontro fra «altri», buono o cattivo che sia, ma un incontro. Le migrazioni non dividono mai. Uniscono. Detto così sa di retorico. Ma solo se detto da altri. Perché di Giulio Angioni tutto si può dire ma non che fosse un vecchio trombone. Era venuto la prima volta ad Asuni nel 2004, ha dormito come tutti noi a casa di una famiglia del paese e con me in quell’occasione, era estate, ha messo in piedi un recital a due voci: io facevo quello che raccontava la carne, lui quello che ricordava al pubblico che ci ascoltava che sarebbe stata ora di dire cose serie e le diceva lui. La gente ci seguì per oltre due ore di battutacce. Oltre quelli venuti da fuori, tutti gli asunesi ci ascoltarono ridendo e riflettendo su quello che diceva il «professore». Un termine che gli asunesi nei suoi confronti usavano con molto rispetto. Io lo prendevo in giro e dicevo che l’arcano di quella corrispondenza umana risiedeva in un fatto di comune problema d’altezza. Con il sottoscritto e il mio metro e ottanta non poteva di certo coincidere: «C'è nebbia in Campidano? Tu da così in alto lo dovresti sapere», mi sottolineava interrogandomi. Solo che quel rispetto degli abitanti di Asuni in quei due giorni se l’era guadagnato guardando la gente negli occhi e facendo capire molto bene che il fatto di essere come loro a lui non risultava di certo una vergogna. Lo so anche questa è una descrizione un po’ retorica, però io questo ho visto. Non so se con lui mi vedrò in un altra vita, ho forti dubbi. Se dovesse capitare devo però dire che mi farebbe piacere. A si biri, Giu’
 
Pagina 21 - Cultura e spettacoli
I ricordi della moglie Marinella, un amore sbocciato nella facoltà di Lettere
Al figlio Marco il dono di un libro per i nipotini che il padre stava aspettando
Il cerchio degli affetti più cari nel piccolo cimitero di paese
di Alessandra Sallemi
◗ SETTIMO SAN PIETRO Giulio Angioni riposerà davanti a un prato verde con un muro che copre ogni traccia di modernità, come i tralicci dell’alta tensione, e lascia libera la volta del cielo, ieri tersa e a tratti spettacolare sul cimitero di Settimo San Pietro spazzato dal vento gelido. Lo scrittore era di Guasila, ma viveva qui dal 1978 quando scelse di trasferirsi assieme alla moglie Marinella e al figlio Marco, che allora aveva poco più di cinque anni. Non fu l’attaccamento alla terra a fargli lasciare la città (viveva a Cagliari in via Cadello), ma una cooperativa di docenti universitari, amici, cui piacque quel che stava succedendo nel piccolo centro: nell’agglomerato di case in cui Giulio Angioni e altri si stavano risolvendo a vivere, alcuni pittori vollero affrescare i muri esterni oppure scolpirne la pietra in bassorilievo.
Qualcosa si vede ancora, altre pareti sono state rovinate dal tempo. Il figlio Marco, oggi musicista in Danimarca, se ne rammarica. C’erano ancora tante persone, ieri, al seppellimento in cimitero, dopo la cerimonia laica tenuta in Comune. Così una signora si è avvicinata a Marco, gli ha consegnato un libro sull’evoluzione dell’uomo spiegata ai ragazzi. Doveva regalarlo a suo padre e ora avrebbe voluto che lo tenesse lui. La signora era una collega che insegna Antropologia sociale. Un altro docente (di Storia contemporanea) raggiunge la moglie di Giulio Angioni, Marinella, l’abbraccia, le dice subito che le porterà un libro della casa editrice Ilisso che avrebbe dovuto consegnare a «Giulio». Parlano di un progetto che la signora Marinella, già docente di Linguistica romanza e poi di rumeno, coltiva da un po’ di tempo e condivideva col marito. Riguarda alcune isole minori, anche l’Asinara, sulla quale «Giulio» aveva da raccontare. Lei e Giulio si erano conosciuti in un corridoio, all’università, Marinella (per un attimo sorride) arrivava da Bucarest città natale e dei suoi studi in Lingue.
Ieri c’era una fila per salutarla: con qualcuno ha ricordato l’ultimo viaggio, in Danimarca, l’estate scorsa, a trovare il figlio, sia lei che il marito avevano preso una brutta influenza, erano andati dal medico, lui tossiva spesso. Il figlio e i fratelli del marito poi si radunano attorno alla bara, depongono una rosa, due, e si raccolgono nel silenzio per un istante. I saluti degli amici continuano, madre e figlio non si sottraggono, Marco dice alla madre che l’estate prossima vuol tornare, stare un bel po’, vedere i fratelli del padre e fare qualcosa con loro. Marinella annuisce, ricorda i fratelli del marito giovani e tutti che parlavano «in quel sardo aspirato e pieno di metàtesi», lei ascoltava e imparava questo dialetto che era una lingua «Giulio mi spiegava, mi ha aperto questo mondo. I libri erano tutto, parlavamo sempre di libri, della lingua dei libri, fra di noi, nella chiacchiera di tutti i giorni». Farà ancora tante cose Marinella moglie di «Giulio», qualcuno le chiede se scriverà di loro due, con una storia personale così ricca ci sarebbe tanto da raccontare. Marinella non lo sa, anzi, non crede che lo farà. Lo scrittore era lui.
 
Pagina 21 - Cultura e spettacoli
«Ora senza il suo aiuto dobbiamofare da soli»
Le lunghe chiacchierate, le battute, gli scambi di letture: il post di Paola Soriga su Facebook
Pubblichiamo il saluto a Giulio Angioni che la scrittrice Paola Soriga ha postato sul suo profilo Facebook
* *
* DI PAOLA SORIGA
Ricordo le lunghe chiacchierate, le telefonate, i consigli, le battute, i romanzi letti in bozze, gli scambi di letture. Ricordo quando ci siamo conosciuti, grazie a mio fratello Flavio, nella trattoria di sua sorella, o era suo fratello. Sono quasi vent’anni. Ricordo i suoi racconti, le sue storie, quelle ascoltate e quelle lette, moltissimo amate. Il fatto che non sono mai riuscita a darle del tu. Di essere stata sempre stata d’accordo con lei, sulle cose del mondo di cui abbiamo parlato. Ricordo che tutte le volte che siamo incontrati c’era Francesco Bachis, anche se so che non è vero. L’intelligenza e l’ironia e la comprensione. La sua passione, uguale alla mia, per quel manoscritto di quella signora di Cuglieri, che riuscirò prima o poi a pubblicare, anche per lei. Tutto vorrei ricordare e tutto non si può ricordare, ma so che in qualche modo si conserva, si mantiene. Ciao Giulio, la saluto con moltissimi pensieri, con queste poche parole scritte da lontano, e con queste dello scrittore americano di origini nigeriane Teju Cole pubblicate da Giovanni De Mauro, quando, pochi giorni fa, è morto suo padre Tullio, che fanno al caso nostro, o al mio: «Quando muore una persona amata, un familiare, un amico o un eroe, queste perdite hanno qualcosa in comune, anche se naturalmente la loro intensità varia (non posso dire della morte di un amante, che sembra essere qualcosa di diverso ancora – ma forse perfino lì, il tratto permane). Ecco che cos’hanno in comune: c’era quest’altra persona che ci aiutava in un modo particolare, e adesso se n’è andata, e l’aiuto che ci dava se n’è andato insieme a lei. Essere in lutto è non avere più, essere privato di. Nel cordoglio, oltre al dolore puro, c’è la perdita dell’aiuto. Prima c’era una complicità, un lavoro (un lavoro emotivo, per esempio) che due individui realizzavano insieme. Adesso uno, il sopravvissuto, per quanto riluttante sia, deve farlo da solo. Ecco perché un aspetto della perdita è la sensazione di essere all’improvviso costretti a “crescere”. A delineare il lutto non è solo il vuoto scavato dalla tristezza: è sapere che quel che si faceva in due, qualunque cosa fosse, che avesse un nome o no, che fosse reciproco o no (nel caso degli eroi lo è raramente), adesso bisogna farlo da soli. Nella zona della tua complicità con la persona amata, familiare, amico o eroe, tu sei un bambino. Forse lì si è bambini insieme. La morte costringe a mettere via le cose da bambini, ed è sempre troppo presto».
 
Pagina 21 - Cultura e spettacoli
Il critico Goffredo Fofi
“Tra passato e presente il cantore di un’isola nazione”
SETTIMO SAN PIETRO È stato anche un suo ex allievo, l’attore Giacomo Casti, a ricordare Giulio Angioni antropologo, scrittore e poeta. Ha rievocato uno dei riti più indagati dall'antropologia universale, quello della panificazione («Bonu che su pani/ A ogni festa il suo pane/ Il pane duro è più buono di quello molle») leggendo versi dal volume «Oremari» (Il Maestrale). Un titolo che vuol dire «nei pressi del mare» ma anche «orlo di mare», «linea di costa», che poteva essere quella di Costa Rei dove andava a trovare i nipoti e con loro giocava. Ma anche l’incanto della caletta di Mari Pintau (Mare dipinto, costa verso Villasimius), di Cal’e moru (spiaggetta dei mori) o l'ineguagliabile striscia bianca del Poetto sotto la Sella del Diavolo «reperto calcareo di Atlandide». Con le ambiguità che Angioni andava a dissotterrare come un paleontologo della letteratura, voleva poter dire anche «ora ’e mari» (l’ora turistica per andare al mare, a fare un bagno o a prendere un po’ di sole) oppure – con una accentazione diversa – «òru ’e mari» (l’oro del mare). Casti ha letto l’incipit del libro che si fissa sui fondamentali dell’universo: «Trigu acqua e sali/ terra fromentu ’e mari/ cust’est su pani nostru/ nì toscanu nì àzimu de pasca», cioè grano acqua e sale, terra lievito del mare, questo è il pane nostro pane pasquale né toscano né azimo. Poco prima di Casti, l’editore nuorese Gianfranco Porcu del Maestrale ha raccontato le ultime trattative con lo scrittore, di un «Canzoniere» che poteva diventare un «Anninnòra», di alcuni libri da ripubblicare con gli immancabili aggiornamenti. Poeta e scrittore. Lo avremo conosciuto presto anche come aiuto regista o art director per lo schermo. Lo ha fatto capire il regista Salvatore Mereu che, con Angioni, pensava a un film che si sarebbe ispirato alle pagine di «Assandìra». Mereu – citato ieri da Goffredo Fofi sulle pagine del Domenicale de Il Sole 24 Ore dove quel testo viene ritenuto «probabilmente il miglior romanzo di Angioni» – pensava e pensa ancora di «narrare un passaggio di generazioni, la modernizzazione dell'isola e lo sconvolgimento di un mondo travolto dal turismo e dal danaro». Ancora Fofi: «La chiave del lavoro di Angioni è stata l’ostinato confronto con ciò che era stato e con ciò che mutava in un’isola-nazione». (g.m.)



6 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 16 gennaio 2017 / Pagina 7 - Attualità
Il decreto alza i requisiti per chi mette voti su pagelle degli statali
ARRIVA L’ALBO DEGLI ESAMINATORI
ROMA In questi anni qualcosa nel sistema di valutazione adottato dalla Pubblica amministrazione (P.a.) non ha funzionato. E il governo da tempo vuole rimettere mano alla materia e vuole farlo con un nuovo pezzo della riforma della P.a., in arrivo per febbraio. Ma intanto dà una sferzata, partendo dalle cellule giudicatrici, garanti delle pagelle degli statali e a cui spetta di mettere il voto agli alti dirigenti pubblici. Il nome ufficiale è Organismi indipendenti di valutazione (Oiv). Risalgono agli anni Novanta, allora si chiamavano Nuclei di valutazione, la struttura attuale invece deriva dalla legge Brunetta. E adesso si cambia, con l’obiettivo di far funzionare davvero il sistema, puntando su autonomia e professionalità. La prima novità è la creazione di un albo nazionale di chi si candida a fare l’esaminatore, con l’amministrazione di turno obbligata a pescare dall’elenco e non più libera di prendere dove vuole. Non solo. Si moltiplicano i paletti per poter aspirare a diventare valutatore, dai divieti per chi ha ricevuto condanne o sanzioni disciplinari, ai titoli di studio necessari. A riscrivere le regole è un decreto della presidenza del consiglio dei ministri, firmato dalla titolare della P.a, Marianna Madia, e già registrato dalla Corte dei Conti. Il dipartimento della Funzione pubblica, cui spetta la tenuta dell’elenco dei Oiv, ha già provveduto a dare seguito alla nuova disciplina, aprendo una piattaforma online dedicata sul sito istituzionale del ministero. Ma cosa sono gli Organismi indipendenti di valutazione? La legge prevede che ogni amministrazione se ne munisca. E su questo punto non si cambia. I componenti vanno da uno a un massimo di tre. Le funzioni svolte sono diverse, tra le principali l’Oiv è chiamato a garantire la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, propone all’organo di indirizzo la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l’attribuzione dei premi, certifica l’assolvimento degli obblighi di trasparenza. Per farne parte, il decreto appena uscito detta precise condizioni: non avere riportato condanne penali, anche con sentenza non passata in giudicato per delitti contro la P.a; non avere a carico giudizi di responsabilità per danno erariale; essere in possesso del diploma di laurea (vecchio ordinamento o specialistica); avere maturato un’esperienza professionale di almeno 5 anni nel settore della valutazione; e, perfino, non essere stati destinatari, se dipendenti pubblici, di una sanzione superiore alla censura. L’elenco sarà diviso in tre fasce, a cui corrispondono tre diversi gradi di valutatore tarati sulla carriera.
 

7 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 16 gennaio 2017 / Pagina 13 - Sassari
Franca Faccioli all’Università per parlare di comunicazione
SASSARI Si parlerà di comunicazione istituzionale, social media e giornalismo domani alle 10 nell’aula verde del Dipartimento di Scienze politiche, scienze della comunicazione e ingegneria dell’informazione di viale Mancini, con Franca Faccioli dell’Università “La Sapienza di Roma” e Carlo Sorrentino dell’Università di Firenze, direttore della rivista “Problemi dell’informazione”. L’evento è organizzato dal PolComIng e dalla Regione in occasione del seminario “Comunicazione pubblica e istituzionale alla sfida di internet e dei social media: percorsi di ricerca e biografie comunicative”. Dopo i saluti della direttrice del dipartimento Antonietta Mazzette e di Michela Melis della Regione, nella prima parte, coordinata da Riccardo Porcu (Regione), sarà presentato il numero monografico della rivista che tratta le problematiche comuni al giornalismo e alla comunicazione pubblica. Con Carlo Sorrentino e Franca Faccioli, interverranno la curatrice del numero monografico Laura Solito (Università di Firenze) e Alessandro Lovari (Università di Sassari). Seguirà una tavola rotonda moderata con il presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Sardegna, Francesco Birocchi.
 
 

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