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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
09 August 2016
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA

 
1 - L’UNIONE SARDA di  martedì 9 agosto 2016 / Speciale (Pagina 8 - Edizione CA)
Un bilancio a 3 anni dall’ultimo bando: oltre metà dei borsisti resta oltremare
MOLTI MASTER MA POCHI BACK
I CERVELLI SARDI NON TORNANO
Vi ricordate il master & back? Un programma ambizioso con una formula semplice e convincente: la Regione mette i soldi (europei) per «valorizzare il talento dei giovani sardi» investendo sui suoi migliori laureati perché si facciano le ossa fuori dall’Isola e, una volta tornati, possano «mettere a disposizione del territorio le competenze e le professionalità acquisite». Le intenzioni politiche erano le migliori - nate anche sull’onda dei buoni risultati ottenuti con le vecchie borse di studio – gli effetti un po’ meno. Oggi, a tre anni dall’ultimo bando, si può fare un bilancio al netto delle polemiche che non sono mancate per un decennio. E il bilancio si può riassumere così: molto master e poco back. Oltre la metà dei dottori che hanno usufruito delle borse (ne sono state assegnate 5.503) ha scelto di non tornare in Sardegna, vanificando in parte i quasi 200 milioni di euro distribuiti.
I NUMERI DEL M&B A fare il punto dettagliato sul “caso master & back” è una recente pubblicazione (“Politiche per l’alta formazione e brain drain”, Ediesse) curata da Marco Zurru, professore di Sociologia economica all’Università di Cagliari, con i ben documentati contributi di Clementina Casula e Francesca Atzeni. Grazie ai dati ottenuti dall’Agenzia regionale per il lavoro viene fuori un quadro completo. I cervelli sardi in fuga sono il 55,4% del totale dei borsisti (dei quali il 58% in altre regioni d’Italia, il 42% all’estero). Ed è stata la stessa mobilità territoriale imposta dal programma M&B a favorire l’esodo, visto che solo un terzo degli intervistati avrebbe fatto le valigie in ogni caso anche senza i soldi di mamma Regione. Ed è evidente che in pochi, senza finanziamenti pubblici, sarebbero stati in grado di sostenere le spese di un trasferimento per studio o lavoro.
LAUREATI EMIGRATI Il lato positivo è però che i “non rientrati” fanno registrare un bassissimo tasso di disoccupazione o inoccupazione e i loro posti di lavoro sono caratterizzati da un elevato livello di qualificazione e da una maggiore stabilità. Quasi la metà dei giovani emigrati può contare su un contratto a tempo determinato, per i rientrati invece ci sono circa venti punti percentuali in meno. E poi, cosa da non trascurare, chi è partito e non è tornato guadagna di più rispetto a chi è rimasto in Sardegna, oltre a esprimere un maggiore grado di soddisfazione per le condizioni lavorative.
IL “BRAIN DRAIN” Si dirà, ma il master & back non avrebbe dovuto garantire andata e ritorno dei nostri giovani? L’alta formazione ottenuta non avrebbe dovuto trasformarsi in competenze utili per lo sviluppo della nostra economia? Così era previsto, ma non è stato. Anche perché, come spiega Zurru, il debole sistema produttivo sardo non è stato capace di assorbire tutti i laureati altamente specializzati. Così si è creato un disequilibrio (in inglese si chiama mismatch ) tra domanda e offerta di lavoro, che ha portato alla fuga di cervelli, il brain drain . Questo sì, imprevisto nelle stanze di Viale Trento. Con un paradosso: è stata finanziata emigrazione qualificata. Anche se sarebbe ingeneroso lasciare nell’ombra altri aspetti positivi, come l’impegno profuso dalla Regione per ridurre il divario sociale. «Il M&B - sottolinea Zurru - ha avuto il merito di appiattire le differenti capacità di accesso dei giovani di tutte le classi sociali ai programmi di alta formazione di eccellenza, rendendo pressoché egualitarie le possibilità di realizzazione formativa e lavorativa di una parte importante dei giovani lavoratori sardi».
 LE NUOVE MISURE Perfino la sezione regionale di controllo della Corte dei conti, nell’indagine sullo stato di attuazione del programma operativo Fse (Fondo sociale europeo) 2007-2013, mette in luce le distorsioni non volute del master & back: «Non riesce a camminare con entrambe le sue gambe» e risulta «deficitario specialmente nella capacità di riportare a casa i cervelli in fuga». La Regione in effetti riconosce il «risultato meno soddisfacente dei “back”» dovuto alla «debolezza strutturale del tessuto economico sardo», con «aziende di piccole o piccolissime dimensioni» che non riescono a fare spazio a tutti i «giovani con un elevata formazione e specializzazione». Si cambia musica, quindi, e c’è un nuovo strumento che si chiama “entrepreneurship and back” e guarda ai giovani imprenditori. Anche in questo caso viene offerto a universitari e nuovi laureati un percorso di alta formazione in Italia o all’estero e un rientro che dovrebbe servire a far nascere nuove aziende, meglio se innovative. Si parte con un fondo di 7 milioni di euro, i primi bandi sono previsti per l’autunno. Sperando che questa volta il “back” possa funzionare davvero.
 Alessandro Ledda



 

2 - L’UNIONE SARDA di  martedì 9 agosto 2016 / Provincia di Oristano (Pagina 32 - Edizione CA)
CABRAS. Campagna scavi
Tombe reali emergono da Tharros
Diverse tombe a camera di grande profondità che ricordano quelle cartaginesi destinate all’élite cittadine. É stata questa la scoperta archeologica più interessante avvenuta durante la quinta campagna di scavo nella necropoli meridionale di Tharros che si è conclusa pochi giorni fa. Un altro pezzo di storia sarda dunque che si ricompone, visto che nelle rovine antiche della gloriosa città decaduta del Sinis non erano mai rinvenute strutture simili. A scoprire queste tombe sono stati gli studenti dell’Università di Bologna, impegnati nell’area archeologica di Tharros da fine luglio e diretti da Anna Chiara Fariselli, direttore dello scavo ed esperta di Tharros, al lavoro nel Sinis per il quindicesimo anno consecutivo. In quest’ultimo progetto, oltre l’Università di Bologna, concessionaria dello scavo per conto del Ministero, ha operato anche l’ateneo di Cagliari, in collaborazione ovviamente con la Soprintedenza, con l’amministrazione comunale di Cabras e la cooperativa Penisola del Sinis che gestisce gli scavi. Anche quest’anno a Tharros era presente un’archeogenetista incaricata di prelevare i dati genetici dai resti degli scheletri ritrovati all’interno delle tombe, questo per scoprire un domani qualcosa in più sulle popolazioni che un tempo abitavano a Tharros. Questi dati, una volta elaborati dagli esperti sveleranno infatti le etnie, il sesso, l’età dei popoli defunti e persino cosa mangiavano gli antichi. ( s. p. )


 

3 - L’UNIONE SARDA di  martedì 9 agosto 2016 / Cultura (Pagina 42 - Edizione CA)
IL SAGGIO
Lo studio, coordinato dal docente Marco Pitzalis, fotografa la scuola isolana
Sardegna, avamposto dell’alfabetizzazione digitale
Secondo lo psicologo Paolo Crepet, a dispetto del gran parlare di didattica digitale che da qualche anno pervade ogni discorso sull’insegnamento, una scuola avanzata «dovrebbe essere totalmente digital free». Per intenderci, le lavagne interattive multimediali (LIM), installate in ogni scuola di ogni ordine e grado della penisola e dell’Isola, i computer, i tablet e naturalmente gli smartphone dovrebbero essere interdetti dalle aule scolastiche, e insegnanti e alunni riscoprire il piacere della parola e della manualità. Come spesso accade, specialmente a proposito di scuola, si è appena compiuto un cambiamento che già ci si chiede non sia il caso di tornare indietro.
Effettivamente, a distanza di qualche anno dalla digitalizzazione della scuola, vien da chiedersi in che maniera la presenza delle LIM, l’uso del computer e dei tablet in aula abbia modificato il modo di insegnare e di imparare e, prima ancora, quale sia l’impiego effettivo di queste tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) da parte della comunità scolastica. Una ricerca in tal senso, “Innovare a scuola”, che vaglia e documenta in maniera ampia il caso sardo (ma i suoi esiti hanno un valore generale e non limitato alla Sardegna), è appena uscita in libreria a cura di Marco Pitzalis, Mariano Porcu, Antonietta De Feo, Francesca Giambona.
È vero che il libro pubblicato da Il Mulino (pagine 194 euro, 17 euro), non esprime giudizi di valore, tuttavia dà un’idea precisa della realtà scolastica e spazza via alcuni pregiudizi. Per esempio, la ricerca rileva che gli insegnanti non resistono al cambiamento, anzi sono disponibili a integrare le risorse digitali nella loro didattica, e la Sardegna in particolare, anche grazie a una decennale sperimentazione, è tra le regioni italiane più avanzate rispetto all’alfabetizzazione digitale. Nell’Isola, tra il 2010 e il 2015, in seguito al progetto Scuola digitale “Semid@s”, le lavagne interattive multimediali sono state installate in ogni aula mentre i docenti hanno seguito corsi di formazione. Prima ancora altri progetti, come M@rte e Digiscuola, avevano preparato una buona parte degli insegnanti all’innovazione digitale. Anche se, avverte il professor Pitzalis dell’Università di Cagliari, coordinatore della ricerca, ragionare di efficacia delle tecnologie in termini generali è «un esercizio ingenuo»: «La scuola è un universo plurale, differenziato e stratificato sia sul piano delle culture professionali degli insegnanti che sotto il profilo delle qualità scolastiche e sociali degli alunni».
Uno degli esiti più interessanti della ricerca sociologica durata tre anni riguarda l’uso delle TIC. Se tutti gli studenti, o quasi, possiedono un computer, non tutti lo usano in maniera utile per imparare. Svolgere una ricerca in rete per la scuola o vagabondare da un sito all’altro per intrattenersi sono competenze molto diverse, che dipendono dalla preparazione dello studente, dall’educazione e dalla capacità formativa della scuola. A questo proposito la stessa definizione di nativi digitali, riferita alle nuove generazioni, è fuorviante, secondo il sociologo Pitzalis. Molti di loro “fanno un uso ludico” delle risorse digitali e invece, ignorano, o non padroneggiano, software indispensabili per studiare come i programmi di scrittura, di calcolo e presentazione. Non basta avere le risorse digitali, ancora una volta, il compito della scuola è lo stesso: formare teste ben fatte, capaci di usare con consapevolezza i nuovi strumenti.
 Franca Rita Porcu


4 - L’UNIONE SARDA di  martedì 9 agosto 2016 / Speciale (Pagina 10 - Edizione CA)
Luca Pani, cagliaritano, a soli 55 anni è diventato il direttore dell’Agenzia del farmaco
Lo scienziato del buonumore che vigila sulle pillole italiane
A soli 55 anni Luca Pani è uno dei più grandi farmacologi al mondo: medico, psichiatra, scienziato, ha intrapreso studi di biologia molecolare che l’hanno condotto da ormai cinque anni a essere il direttore dell’Agenzia italiana del farmaco, cioè quell’ente che regola l’attività legata all’introduzione di medicine nel nostro sistema sanitario nazionale. In altri termini nessuna farmacia può vendere una pastiglia se sotto non c’è il nullaosta del professor Pani. Docente all’università di Georgetown a Washington, di Miami in Florida, dirigente di ricerca al Cnr, presidente dell’istituto di neuroscienze, è considerato tra i maggiori esperti dei disturbi dell’umore, dell’ansia e della depressione.
Come si fa a raggiungere risultati così importanti?
 «Io parlerei più di assunzione di responsabilità. Ogni giorno mi trovo davanti a una montagna di problemi interdisciplinari che non riguardano solo la scienza medica o farmacologia in sé ma che spaziano dal diritto, all’economia, al sistema sociale nel suo complesso. E così, da psichiatra, mi sono abituato ad aprire contemporaneamente più finestre nel mio cervello cercando di collegarle tra loro l’una con l’altra».
 Come è arrivato a dirigere l’Aifa?
 «In un paese dove i cervelli fuggono io sono uno tra i pochi casi di rientro. Facevo ricerca negli Stati Uniti dove avevo trasferito anche la famiglia ormai da molti anni quando, nel 2011 il ministro della salute Fazio mi chiamò per questo ruolo. La stessa fiducia mi è stata poi confermata da ministri di tutti i colori politici. E questo è per me motivo di orgoglio perché è stata premiata la mia lealtà alla scienza».
Posso fare una domanda allo psichiatra? Perché si diventa matti?
 «È tutto legato al problema dell’evoluzione umana. Siamo programmati per fare un certo percorso ma poi la regola della vita spesso ci travolge imponendoci diverse velocità. Per cui riuscire ad adattarsi al cambiamento può talvolta creare degli scompensi che possiamo definire come errori di programmazione da parte di un Dio che talvolta è distratto».

 
LA FILOSOFIA
«Troppe medicine, meglio curarsi con il riposo»
La Sardegna è la regione italiana che spende maggiormente per consumo di farmaci. Tuttavia il professor Luca Pani spiega che il miglior rimedio è per quanto sia possibile il “non farmaco”.
 «Vale a dire che spesso è possibile curarsi con il semplice riposo e soprattutto grazie all’adozione di corretti stili di vita», afferma il direttore dell’Aifa. «Come prevenzione continua, quindi, seguo un’alimentazione controllata con pochissime proteine animali, cammino a passo rapido almeno mezz’ora al giorno, cerco di dormire un quantitativo di ore sufficiente per consentirmi un discreto recupero psico-fisico e combatto lo stress con la meditazione e con la scrittura. Dato che sono anche un paziente cardiopatico ovviamente assumo farmaci, in gran parte generici, ma sempre dietro le prescrizioni, che non discuto mai, dei medici. Dato che tutti i farmaci hanno comunque degli effetti sul nostro corpo, è fondamentale assumerli sempre con responsabilità e razionalità». (v.s.)
 
 
Basta una pastiglietta per curare le malattie mentali?
 «Certamente no. Il farmaco è un sussidio fondamentale ma serve poi un contesto ambientale, familiare, emotivo e anche di supporto psicoanalitico che aiutino l’essere umano a ritrovare quell’equilibrio che è stato distrutto da quell’errore di programmazione».
 Come vede la sua mente e che rapporto ha con lei?
 «Credo che questa domanda andrebbe rivolta a lei. Siamo padroni solo di quella frazione del nostro cervello che pensa in maniera “lenta” e obbedisce ai nostri comandi consapevoli. Ma sotto la punta dell’iceberg c’è il resto dei pensieri, degli stimoli, delle emozioni, dei sogni. Quella parte che agisce velocemente e per lo più in automatico è anche l’unica che possiamo “navigare” se ci lasciamo trasportare dal vento e dalle onde che in maniera semiseria abbiamo definito “psiconautiche“».
 Qui lei introduce volontariamente la sua grande passione: la letteratura.
 «Perché l’arte, la musica, la scrittura, sono i veri navigatori del cervello. Chi produce espressioni artistiche è un Cristoforo Colombo che attraversa l’universo sconosciuto del nostro sentire».
 Un tempo si diceva che si impazziva per male d’amore: vero?
 «Ogni separazione, e la fine di una storia importante lo è, può essere paragonata a una sorta di “lutto bianco”, una perdita che va elaborata con il tempo e il sostegno necessari. Se a mettere fine a una relazione è unilateralmente il partner è possibile che chi la “subisce” provi di conseguenza dei sentimenti di disistima, abbandono e perdita di sicurezza tali da causare anche stati depressivi importanti soprattutto se è predisposto. Raccomando di non sottovalutare ogni campanello d’allarme».
 Può un dispiacere causare più facilmente depressione o cancro?
«Una condizione di stress emotivo prolungata o di grande impatto può comportare stati depressivi più o meno gravi. L’emotività e le nostre reazioni sono del tutto individuali, tuttavia possono verificarsi delle condizioni oggettive, come appunto un lutto o situazioni di malessere psicologico causate ad esempio dal lavoro, che possono sfociare in depressione. Esistono un numero solido di evidenze che mettono in relazione il funzionamento del nostro sistema immunitario con lo stress e quindi con l’insorgere di malattie ma non esistono, al contrario, evidenze che mettano in relazione diretta e immediata gli stati emotivi negativi con lo sviluppo del cancro».
 Perché ci sono le nuove malattie?
«Al di là del diffondersi di nuovi virus, come ad esempio l’emergenza di Zika, ci troviamo in alcuni casi a fronteggiare il ritorno di vecchie patologie ritenute sconfitte, come il morbillo, a causa del recente e ingiustificato calo delle vaccinazioni, o di infezioni resistenti agli antibiotici per un uso improprio di questi farmaci che sta causando il preoccupante fenomeno dell’antibiotico-resistenza. Un’emergenza globale, così come quella delle demenze che, visto il progressivo invecchiamento della popolazione, sarà da qui ai prossimi 20 anni uno dei mali più diffusi della società».
 Virginia Saba


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LA NUOVA SARDEGNA
 

5 - LA NUOVA SARDEGNA di martedì 9 agosto 2016 / Pagina 26 - Olbia
Nello stabile di Tilibbas l’Amp di Tavolara realizza un centro di formazione e una foresteria per studenti e ricercatori
AUGUSTO NAVONE I lavori saranno conclusi nel 2018 Puntiamo a realizzare un mini campus dedicato a chi studia l’ambiente marino
di Dario Budroni
OLBIA Sono scatoloni semivuoti che si affacciano sul mare. Strutture in buono stato, finite nel mirino di tutti, ma riempite al massimo da idee ambiziose e progetti mai partiti. Dopo anni di stallo l’ex area Sep esce dal dimenticatoio e diventa un braccio importante dell’Area marina protetta di Tavolara. In almeno uno dei grandi locali che compongono la vecchia base del Servizio escavazione porti nasceranno uno spazio didattico, un centro visita e anche una foresteria del mare. Spazi e servizi interamente dedicati a studenti, ricercatori e fruitori dell’Amp. Il progetto sarà reso possibile grazie a un importante finanziamento comunitario che l’area marina è appena riuscita a portare a casa. Adesso si procederà dunque con la fase di progettazione ed entro il 2018 l’ex area Sep, che al momento ospita solo il circolo dei canottieri, sarà trasformata in una casa a misura di studenti e ricercatori. Nuova vita. L’ex area Sep si trova in via dei Lidi, a Tilibbas, in una delle due sponde dell’insenatura del Porto Romano. Qualche anno fa era stata bonificata e messa a nuovo dall’Autorità portuale. Una operazione costata 4 milioni che, tra l’altro, aveva anche messo la parola fine all’inquinamento dell’area. Il progetto era quello di trasformare la struttura in una università dei mestieri del mare, con la collaborazione di imprese locali e altri soggetti del settore nautico, ma poi non se ne fece più nulla. Nel frattempo alcuni cittadini avevano anche proposto l’istituzione, nei locali di Tilibbas, di un istituto nautico. Ora invece qualcosa si è mosso per davvero. L’area marina protetta prende così in consegna parte dell’ex area Sep dall’Autorità portuale e con 700mila euro realizzerà il suo progetto. Polo didattico. In poche parole, all’interno dell’ex area Sep nascerà un polo didattico, strutturato anche come centro visita, dedicato alla formazione e alla promozione delle azioni di conservazione e sostenibilità ambientale. «In questo modo anche la città si riappropria dei suoi spazi e del suo mare – commenta soddisfatto Augusto Navone, il direttore dell’Area marina protetta –. Daremo vita a un centro didattico che diventerà un punto di riferimento per studenti e ricercatori. Immaginiamo un open space e sale moderne e polifuzionali. Ora partiremo con il progetto, ma entro il 2018 tutto dovrà essere terminato». Tutto si svolgerà come sempre in collaborazione con enti di ricerca, gruppi di lavoro e con le università, in particolare con il nuovo corso di laurea in Gestione dell’ambiente e del territorio, che prenderà il via a breve. Mini campus. Nell’ex area del Servizio escavazioni porti l’Area marina protetta di Tavolara realizzerà anche una foresteria del mare, con tanto di alloggi e spazi comuni. Insomma, una casa specificamente dedicata all’accoglienza dei ricercatori e degli studenti. «L’idea è quella di una sorta di mini campus – continua il direttore Augusto Navone –. Se per esempio verranno organizzate iniziative della durata di più giorni gli studiosi potranno rimanere a dormire direttamente nei nostri spazi». I lavori. L’ex area Sep è tutto sommato in buono stato. I lavori di riqualificazione sono stati terminati solo pochi anni fa e la zona risulta pulita e ben mantenuta. Però manca ancora qualcosa. Ora l’Area marina protetta di Tavolara dovrà rimboccarsi le maniche per risolvere qualche problema. «So che mancano le fogne e che c’è qualche problema con l’impianto elettrico – spiega Augusto Navone –. Comunque adesso vedremo come muoverci e come intervenire».
 

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