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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
18 July 2016
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

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L’UNIONE SARDA
1 - L’UNIONE SARDA di  lunedì 18 luglio 2016 / Agenda Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
SCUOLA-LAVORO
Si conclude stamattina alle 10, nel Padiglione B del dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica in piazza d’Armi, l’esperienza di “Alternanza scuola-lavoro” portata avanti da dieci studenti del terzo anno del liceo Euclide. L’esperienza è stata un’ottima opportunità per gli studenti per sperimentare in prima persona alcune delle attività che si svolgono nei laboratori universitari.

 

 
L’UNIONE SARDA
2 - L’UNIONE SARDA di  lunedì 18 luglio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 7 - Edizione CA)
Sardegna quarta tra le regioni. La sociologa Pruna: la crisi ha frenato il settore privato
SIAMO L’ISOLA DEGLI IMPIEGATI
Un lavoratore su cinque è dipendente pubblico: quasi record
Un quinto dei lavoratori sardi è dipendente della pubblica amministrazione. Tradotto in cifre, si tratta del 20,4 per cento della forza lavoro. Un vero e proprio esercito di discendenti di Monsù Travet, l’impiegato pubblico che si occupava di servire fedelmente il Regno sabaudo avendo in cambio solo dispiaceri e vessazioni. Un’icona in cui oggi si potrebbero riconoscere i tanti lavoratori ministeriali e regionali che costellano le province sarde: personale impiegato in un contesto dove la meritocrazia è un concetto più affermato che praticato, e il contratto è bloccato da sette anni.
 SOPRA LA MEDIA L’elevatissima percentuale di dipendenti pubblici registrata nell’Isola risulta superiore alla media nazionale e a quella europea. A metterlo nero su bianco è stata una recente indagine condotta dal Centro studi impresa lavoro, che ha rielaborato dati della Ragioneria generale dello Stato e dell’Istat.
I numeri relativi alla Sardegna sono simili a quelli delle altre Regioni a statuto speciale e dei territori a più alto tasso di disoccupazione: a guidare la classifica è infatti la Valle d’Aosta con il 22,11 per cento, seguita da Calabria e Sicilia che raggiungono rispettivamente il 21,5 e il 21,3 per cento.
Il dato sardo si colloca oltre 5 punti percentuali più in alto del valore di riferimento italiano: nel loro complesso solo il 14,4 per cento dei lavoratori del Belpaese risulta impiegato in un ente o un’agenzia riconducibile alla miriade di ramificazioni delle pubbliche amministrazioni.
ALL’ESTERO La pubblica amministrazione italiana non è però al primo posto in Europa per numero di dipendenti. I Paesi con la burocrazia più corposa sono la Francia, il Regno Unito e la Spagna. La situazione sarda supera però anche il dato francese: dove è il 20 per cento dei lavoratori ad avere giurato fedeltà alla République. Radicalmente diversa la situazione tedesca, dove solo l’11 per cento della forza lavoro si ritrova alle dipendenze di ministeri, lander e municipi.
L’ANALISI Lilli Pruna, sociologa del lavoro dell’Università di Cagliari, spiega che il dato sardo non deve spaventare: «I dipendenti pubblici svolgono un ruolo fondamentale. Li ritroviamo dentro le scuole, negli ospedali e nei musei. Paradossalmente il loro numero potrebbe essere molto più alto. Oggi sono infatti tantissimi i lavoratori che lavorano dentro una pubblica amministrazione senza esserne dipendenti. Una stortura in grado di evidenziare il fabbisogno degli enti».
L’arrancare del lavoro privato evidenzia però delle difficoltà: «La crisi ha causato una strage di dipendenti privati anche in Sardegna. Fenomeno favorito dal nanismo delle imprese. C’è poi una dinamica molto curiosa e tipica del contesto italiano. Stiamo registrando un boom del lavoro autonomo. Persone che in realtà sono costrette a operare in questo modo per rispondere ai voleri dei committenti, che possono essere anche pubbliche amministrazioni».
CIFRE ASSOLUTE Quanti sono però i dipendenti pubblici residenti in Sardegna? Secondo l’indagine il personale in ruolo presente risulta pari a 111.791 unità. Dato che, se comparato con il totale della popolazione, genera la percentuale del 6,72 per cento. Risultato che consegna il quarto posto a livello nazionale.
L’Isola è preceduta solo dal Lazio - il cui dato risulta però drogato dalla presenza delle sedi centrali della quasi totalità delle pubbliche amministrazioni - dal Friuli-Venezia Giulia, dal Trentino-Alto Adige e della Valle d’Aosta. Anche in questo caso, le Regioni a Statuto speciale confermano lo storico legame con il ceto impiegatizio pubblico. Numeri che in tanti casi sono però causati dall’assegnazione di maggiori competenze rispetto agli altri territori. E, in Sardegna, dalla presenza di servitù militari.
Le percentuali sarde devono comunque far riflettere. Rivelano infatti una fragilità del contesto economico. Il fatto che i dati relativi ai territori dove si genera la maggior parte del Prodotto interno lordo italiano siano sul lato opposto della classifica, non può essere certo casuale.
Matteo Mascia

Avere molti addetti non aumenta automaticamente la soddisfazione degli utenti
MA LA QUALITÀ DEI SERVIZI LASCIA ANCORA A DESIDERARE
Nella pubblica amministrazione la grandezza della pianta organica non va di pari passo con l’efficienza e l’efficacia della sua azione. Anzi, l’ipertrofia è spesso causa di un difetto di organizzazione nonostante il numero di addetti. Lungaggini e istruttorie infinite che piazzano la Sardegna all’ottavo posto su base nazionale per qualità dei servizi erogati. A stilare la classifica è stato l’istituto Demoskopika, che ha intervistato nelle scorse settimane i cittadini residenti nelle varie zone del Paese.
Il podio è affollato da tre regioni a Statuto speciale. Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia non hanno rivali nel garantire il soddisfacimento della comunità amministrata. L’Isola, nonostante le prerogative costituzionali e le competenze in tantissime materie come l’organizzazione del pubblico impiego regionale e i rapporti tra gli enti locali, si deve accontentare di un posto a metà della classifica: risultato che la pone comunque leggermente al di sopra della media nazionale.
Gli autori della ricerca mettono in diretta correlazione lo svolgimento di attività di formazione e il miglioramento dell’azione amministrativa. Il dato sardo sembra però in grado di smentire, almeno in parte, questa conclusione. Gli investimenti di Regione, Province e Comuni pongono infatti l’Isola al quarto posto a livello nazionale: con una spesa pro capite di 440 euro e un dato complessivo pari a 7,9 milioni di euro.
A precedere la Sardegna sono le altre regioni speciali: il Trentino-Alto Adige con 461 euro pro capite (9,4 milioni), il Friuli-Venezia Giulia con 523 euro pro capite (8 milioni) e la Valle d’Aosta con 704 euro di spesa per ciascun dipendente (3,2 milioni).
Il contesto e i giudizi degli utenti potrebbero sicuramente essere migliorati attraverso un maggior coordinamento tra gli enti locali. Per aspirare all’eccellenza sarebbe opportuno imitare quanto fatto a Bolzano, Trieste o Aosta. (mat. ma.)

 
 
L’UNIONE SARDA
3 - L’UNIONE SARDA di  lunedì 18 luglio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)
Anci pronta a rilanciare il Tavolo sulla desertificazione demografica
COMUNI IN ESTINZIONE A CACCIA DELL’ANTIDOTO
Semestene sarà, o meglio potrebbe essere, la prima. Poi Padria, Giave, Montresta, Armungia. Sono i centri che secondo le proiezioni dello studio “Comuni in estinzione” - messo a punto dall’Università di Cagliari su incarico del Centro regionale di programmazione - si spopoleranno definitivamente entro il 2044 in assenza di inversioni di tendenza e, soprattutto, di politiche che le determinino o le incoraggino.
Sono alcuni dei dati ai quali una settimana fa L’Unione Sarda ha dedicato un primo focus, per fare il punto sul fenomeno dello spopolamento che colpisce sempre più severamente i centri delle zone interne. Un tema che allarma in particolare l’Anci, l’associazione dei Comuni, che nei prossimi giorni rilancerà il Tavolo sullo spopolamento che vede i sindaci confrontarsi con sindacati, imprenditori, università e associazioni di categoria per cercare antidoti allo svuotamento dell’interno.
Non è solo il calo demografico a determinare la tendenza, ma anche e soprattutto il taglio di molti servizi essenziali per le comunità e la difficoltà a mettere in campo politiche per l’occupazione che inducano le generazioni più giovani a radicarsi nei centri di provenienza, senza spostarsi sulle zone costiere o negli agglomerati urbani maggiori: Cagliari e la sua area vasta, Sassari, Olbia. Che le misure più efficaci siano quelle legate al rilancio delle filiere agroalimentari o una “industrializzazione immateriale” che scommette sulla nascita e lo sviluppo diffuso di start-up e altre imprese legate alla economia digitale, si tratta comunque di strategie da adottare in tempi brevi. Secondo lo studio regionale, a fronte di 148 Comuni dalla salute demografica buona o discreta, sono 214 quelli in condizioni precarie o gravi, con altri 15 la cui situazione è definita “gravissima”.
 
 
L’UNIONE SARDA
4 - L’UNIONE SARDA di  lunedì 18 luglio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 4 - Edizione CA)
Il sociologo del territorio Benedetto Meloni interviene su “Agriregionieuropa”
Non solo spopolamento
SOTTRAZIONE
Escluse le coste, le aree fertili e i centri urbani, quel che resta diviene la “periferia”
“EFFETTO CIAMBELLA” La definizione del sociologo Gianfranco Bottazzi fotografa un’isola che vede la popolazione addensarsi sulle coste creando il vuoto al centro, che offre sempre meno in termini di servizi e occupazione
LE ZONE INTERNE POSSIBILI
Natura e cultura contro la marginalizzazione dei paesi
 Sullo spopolamento delle aree interne - al centro dello studio “Comuni in estinzione” e dell’approfondimento dell’Unione Sarda dell’11 luglio - pubblichiamo “Aree interne”, primo paragrafo di “Aree Interne, multifunzionalità e rapporto con la città” scritto dal sociologo dell’ambiente e del territorio Benedetto Meloni per il nuovo numero di “Agriregionieuropa”.
Le aree interne sono state attraversate lungo il secolo XX, soprattutto nella sua seconda parte, da un vero e proprio processo di marginalizzazione (noto per la Sardegna come effetto ciambella - Bottazzi, 2014) che ha generato calo delle attività e dell’occupazione, contrazione della produttività e rarefazione sociale, abbandono della terra, venir meno della tutela del suolo, la modificazione del paesaggio. A una prima lettura del fenomeno, le aree territoriali si definiscono per differenza (fisica, culturale, strutturale), cosicché le aree interne sono tutto ciò che resta una volta tolte le aree costiere, le pianure fertili, le città. Si è andata affermando, così, una rappresentazione unitaria in negativo. Ed è in tal senso che vengono definite come “periferiche”, in quanto soggette a un rapporto negativo centro-periferia che riguarda l’accesso ai servizi e ad altre opportunità come lavoro, interazione sociale, cultura (Dematteis, 2012).
Una più attenta lettura mostra come le aree interne sono aree rurali differenziate. La campagna interna non si è convertita in modo unilineare in un’area marginale generalizzata, ma si rivela un universo variegato, con “diverse tipologie di ruralità” (Bertolini, 2012), dotato di capitale territoriale specifico, suscettibile di possibili diversi indirizzi di sviluppo. Ciò per esempio emerge se si focalizzano differenze e specificità delle regioni storiche collocate nelle aree interne. Muta il giudizio di valore e se ne delineano, dunque, i punti di forza: sono aree meno soggette a pressioni antropiche, con potenzialità di sviluppo energetiche, idriche, turistiche, che offrono risorse ecosistemiche, ambientali, paesaggistiche, culturali, che in molti casi sono massime in periferia e minime negli agglomerati centrali (Dematteis, 2012).
Ed è in quest’ottica che è stato definito il Progetto aree interne coordinato da Fabrizio Barca: Le Aree Interne rappresentano una parte ampia del paese - circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della popolazione - assai diversificata al proprio interno, distante da grandi centri di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di sviluppo instabili ma tuttavia dotata di risorse che mancano alle aree centrali, rugosa, con problemi demografici ma anche fortemente policentrica e con forte potenziale di attrazione […] E richiede attenzione al fatto che da queste aree vengono beni necessari per tutti noi: acqua, aria buona, cibo, paesaggi, cultura (Barca 2013).
Cultura, paesaggi, qualità ambientale, produzioni identitarie specifiche: beni offerti a tutta la società
Il reinsediamento dev’essere sostenuto con politiche mirate, non attraverso la mitologia del borgo 
Le Aree interne vanno pensate e progettate, quindi, da un lato come destinatarie di beni collettivi e servizi e, dall’altro come aree capaci di produrre e offrire beni collettivi (Oecd, 2001), che rispondono a bisogni espressi da tutta la società, e che si concretizzano quali servizi in grado di rafforzare i nuovi legami tra le aree interne e le città. Grazie anche al carattere policentrico, sono in grado di offrire una diversità di qualche tipo, produzioni specifiche, identitarie, di qualità, quindi di rispondere alla forte domanda di specificità (Barca, 2013) - teoria dei consumi di Lancaster - che emerge dal cambiamento dei modelli e delle pratiche di consumo. Si tratta di luoghi che cominciano a esercitare un potere attrattivo, che porta con se la nascita di un nuovo fenomeno: le aree interne si aprono e accolgono “nuove popolazioni”, non assimilabili al turismo estivo, balneare, montano stagionale, non soggette quindi alla tradizionale stagionalità. Sono persone alla ricerca di legami comunitari (e altro), cittadini temporanei, residenti part-time o “definitivi” (Cersosimo, 2013), montanari per scelta (Dematteis, 2012), rural users (Meloni 2006). Un’indagine sui “nuovi montanari” (Pascolini, 2008; Euromontana, 2010; Dematteis, 2011; Corrado, 2013) ha, per esempio, mostrato che negli ultimi decenni si è avviata, in Europa come in Italia, una ripresa demografica in aree montane che nei decenni precedenti avevano subito un forte spopolamento. Un processo di reinsediamento certamente ancora limitato nei numeri, ma non per questo di ridotto interesse: nei 1742 Comuni alpini italiani (compresi quelli solo parzialmente montani, posti sul confine tra montagna e pianura), tra i censimenti del 2001 e del 2011 la popolazione residente è cresciuta di 212 656 unità su un totale odierno di 4,3 milioni. Senza ricadere nella mitologia che avvolge le narrazioni per cui “Il borgo non è più soltanto luogo fisico, ma anche luogo della mente” (Censis, 2003) e i borghi come “luoghi vocazionali” (Barbera, 2014), il fenomeno potrebbe intendersi quale possibile risposta (pur parziale e non sufficiente) al problema dello spopolamento, soprattutto se incentivato attraverso policy specifiche.
Benedetto Meloni
 
 
L’UNIONE SARDA
5 - L’UNIONE SARDA di  lunedì 18 luglio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)
L’antropologo Angioni: le città-emporio e il riscatto dei piccoli centri
«Davvero si sta meglio a Milano che a Gavoi?»
Viste dall’antropologo, spopolamento del centro e corsa ai grandi agglomerati urbani non rappresentano una questione d’attualità, ma il ribaltamento di un paradigma secolare.
Giulio Angioni ai primi di luglio era Gavoi, dove è intervenuto al festival letterario L’Isola delle Storie, e ora considera: «Ad analizzare gli ultimi cinquant’anni, in Sardegna c’è un riversarsi della popolazione sulla costa con il nascere di nuovi insediamenti, e a questo si accompagna un allontanamento dalle montagne e dalle colline. Cioè l’opposto di quella che possiamo ricostruire come tendenza degli ultimi mille anni, con l’allontanarsi dalla coste rese insicure dalle incursioni barbaresche e dalla malaria. Ecco, quelle coste che per mille anni si sono spopolate ora si scoprono luogo di insediamento privilegiato».
Una cosa «grave da vedere», tanto per il desertificarsi dei centri montani e collinari quanto per il crearsi inedito - almeno per la Sardegna - di tre grandi conurbazioni, con una popolazione che nel complesso si sposta più che calare, se non per gli effetti di una natalità che si abbassa ovunque.
Eppure «non tutto è negativo», o quantomeno esiste un modo più incoraggiante di leggere le prospettive. «Certo, se la detanalità durerà a lungo i luoghi non potranno che svuotarsi. E però oggi i nostri paesi - e questo credo si possa dire e ripeterlo - non sono ormai meno vivibili delle coste o delle conurbazioni. Anzi per diversi aspetti ci si sta meglio, penso alla qualità dell’aria e a tanti altri aspetti della natura meno inquinata, mentre sotto altri punti di vista fra la vita di città e quella di paese in Sardegna non ci sono più differenze. Forse che in città la vita è più comoda? O è più facile procurarsi le derrate che in paese? Un tempo la città era l’emporio a cui il paese si rivolgeva, oggi gli empori sono ovunque, i grandi magazzini sono accessibili da qualunque paese. E non solo insisterei sulla fine delle differenze sostanziali fra i due modi di vivere, ma anzi vorrei sottolineare che il vivere in campagna è privo dei guai del vivere in città in termini di solitudine, ad esempio, o di abbandono degli anziani… Nei paesi sopravvivono cose importanti, elementi di umanità, quella solidarietà collettiva, di famiglia, di vicinato, che pure i modi del vivere moderno tendono a intaccare. In conclusione a Lodine o a Semestene si vive meglio che a Milano. E non solo d’estate, quando cominciano ad affacciarsi i turisti più intelligenti che non vanno solo in Costa Smeralda. D’altra parte il festival di Gavoi è un momento di ritrovo nazionale, per certi versi internazionale, e se gli organizzatori hanno scelto questo centro non è un caso: di sicuro non è un luogo di turismo sole-mare».
E non è certo “sole-mare” la formula che attira visitatori (o per dirla modernamente, “abitanti temporanei”) sui Tacchi d’Ogliastra, dove ai primi di agosto i nomi più noti del teatro (quest’anno Marco Paolini e Toni Servillo, per dirne due) si danno appuntamento al Festival dei Tacchi. Visto da Giancarlo Biffi, che con gli altri complici del Cada Die Teatro organizza l’appuntamento, lo spopolamento è un serpente che si azzanna sempre più ferocemente la coda: «Ci sono problemi economici che si cerca di risolvere accentrando servizi e popolazione. Ma così disarmi il territorio, e nel tempo lungo significa che dovrai affrontare più spese: non controlli i fiumi, gli argini e la montagna, e questo lo paghi».
E non parliamo di un fenomeno irreversibile, di una tendenza fatale senza autori né responsabili: «Tagliare tribunali, uffici postali e ospedali è una scelta politica. Allora io chiedo: creare grandi centri urbani è una scelta saggia o forse è meglio pensare una politica dei tanti centri dove tutti hanno le stesse occasioni? Oggi un ragazzino di Osini ha le stesse opportunità di uno di Cagliari? Di certo il luogo in cui vive dovrebbe aiutarlo, dargli opportunità, non togliergliele. Una donna non deve rischiare di morire di parto perché l’ospedale è a 80 chilometri da casa... In definitiva, disarmare i territori non è inevitabile: è criminale. Chi ha girato e ha visto Città del Messico e Nairobi davvero può volere questo? O non è più saggio puntare sul multicentrismo e sulla competizione nella bellezza?».
Celestino Tabasso


L’UNIONE SARDA
6 - L’UNIONE SARDA di  lunedì 18 luglio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 10 - Edizione CA)
Sondaggio su 1.750 studenti: l’87% esprime totale disinteresse per le attività di Bruxelles
PER I GIOVANI SARDI L’UE NON ESISTE
Quasi nessuno conosce i parlamentari e le istituzioni d’Europa
L’87 per cento dei giovani sardi non conosce gli europarlamentari isolani. Nonostante la storica tripletta che nel 2014 ha fatto volare a Bruxelles Renato Soru, Salvatore Cicu e Giulia Moi, uno studio rivela che la stragrande maggioranza dei ragazzi tra i 16 e i 30 anni non ne ha la minima idea.
 DISTACCO La statistica, curata dall’associazione cagliaritana Tdm2000, ha fatto compilare questionari a 1.750 ragazzi iscritti al liceo classico Siotto e all’istituto professionale Sandro Pertini di Cagliari, all’Università del capoluogo e altri non studenti che hanno partecipato a incontri e seminari. Dai risultati emerge una pessima conoscenza dell’Ue e delle sue istituzioni, ma anche un distacco dai punti di contatto tra l’Isola e il cuore dell’Europa. «Eravamo pronti al peggio, ma siamo rimasti sorpresi dal livello delle risposte di chi ha compilato i nostri questionari», spiega Marina Patteri, che per la Tdm2000 ha curato la ricerca tra i ragazzi sardi: «Passi per i più giovani, ma non è confortante vedere iscritti in Scienze politiche che vanno in crisi se gli chiedi chi è a capo del Parlamento europeo o il nome di almeno tre gruppi politici».
La composizione dei gruppi al Parlamento europeo è uno degli aspetti meno noti al cittadino medio, ma da questa ricerca è emerso che l’ignoranza è molto più profonda: i giovani non sanno indicare neanche il partito italiano di cui fanno parte i tre eurodeputati sardi.
Il campione completo dello studio riguarda 5.000 ragazzi (compresi i 1.750 sardi) tra i 16 e 30 anni che vivono anche in Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta e Puglia. Agli intervistati è stato chiesto se conoscevano gli europarlamentari sardi Salvatore Cicu, Renato Soru, Giulia Moi, il piemontese Daniele Viotti o la maltese Roberta Metsola: il 95 per cento li ignora e tra i pochi che hanno risposto solo in 12 hanno detto di conoscere Soru, in 6 Cicu e in 4 la Moi.
 MALE AL CLASSICO Anche tra i sardi più giovani non sono mancate le sorprese. Il confronto tra le scuole viene vinto dall’istituto professionale, dove nel fallimento totale qualcuno si salva: perché lì si studia Diritto, materia che al classico non è contemplata. «Da questi aspetti - aggiunge Marina Patteri - si nota che, per quanto possano avere colpe i ragazzi, non si tratta di un problema individuale. Tutto nasce dai grandi limiti del sistema educativo. La maggior parte di loro è andata in crisi quando si è trovata di fronte il questionario in inglese: siamo dovuti intervenire successivamente con una traduzione in italiano. Serve un intervento delle istituzioni: bisogna puntare sull’educazione civica e alla cittadinanza europea».
In Italia ha destato scalpore la vittoria del leave al referendum sulla Brexit. Si è poi notato che gli inglesi non erano adeguatamente informati sul loro reale ruolo nell’Ue e che i giovani avrebbero invece votato a favore dei rapporti con l’Unione europea. Dalla ricerca della Tdm2000 emerge che i sardi non sono informati e non si informano: eppure più di altri potrebbero avere a cuore un rapporto solido con Bruxelles e potrebbero sfruttare la presenza di ben tre isolani eletti al Parlamento europeo.
 REAZIONI Salvatore Cicu vede da vicino questa distanza tra il popolo e le istituzioni dell’Ue. «C’è una grande assenza della cultura e del funzionamento del sistema europeo, non solo tra i giovani - spiega l’esponente del Ppe - ma anche tra dirigenti d’azienda e amministratori locali: è evidente l’incapacità di utilizzare fondi europei diretti o da programmazione regionale, tra bandi sbagliati o in ritardo».
L’ex sottosegretario del governo Berlusconi sta provando ad accorciare le distanze col progetto LabEuropa: «Vogliamo dare un preciso orientamento sulle opportunità per le imprese», spiega Cicu, «spesso ci sono validi progetti che si perdono per strada, ma prima bisogna capire cosa e in che modo finanzia l’Europa, per poi inserirsi in quello spazio seguendo le regole esistenti».
Marcello Zasso
 
 

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LA NUOVA SARDEGNA
7 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 18 luglio 2016 / Pagina 5 - Sardegna
CAGLIARI
Un risparmio da tre milioni
sulle forniture di medicinali
CAGLIARI Tre milioni e mezzo di euro di risparmio nella fornitura di specialità medicinali come farmaci preconfezionati, generici, emoderivati e disinfettanti alle aziende sanitarie locali del sud della Sardegna. L’assessorato della Sanità della Regione ha, infatti, dato il via libera all’aggiudicazione, da parte della Azienda sanitaria locale di Cagliari – capofila dell’iniziativa che poterà un grosso risparmio alla sanità sarda – della gara per la fornitura dei prodotti in più lotti e per un anno di tempo. Rispetto alla base d’asta, gli aggiudicatari hanno fatto un’offerta economica che consentirà di risparmiare più di 3milioni e mezzo di euro. Uno sconto notevole in un periodo in cui il risparmio è diventato la parola d’ordine di tanti settori, oltre a quello sanitario. La Asl numero 8 ha operato come capofila per conto della macroarea territoriale del sud Sardegna, nella quale sono comprese anche la aziende sanitarie locali di Carbonia, di Sanluri e del medio campidano oltre all’azienda ospedaliero e universitaria di Cagliari e l’azienda ospedaliera del Giuseppe Brotzu, uno dei nosocomi di Cagliari che potrà beneficiare del robusto risparmio garantito dalla gara per le forniture.
 
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 18 luglio 2016 / Pagina 17 - Ediz. Oristano
Diritti umani e tutela
Summer school oggi al via
NUORO  Tra i suoi iscritti ci sono avvocati studenti universitari, studenti Erasmus, ma anche laureati e laureandi provenienti da altre università italiane e da altri Paesi che vogliono approfondire la conoscenza su un tema strettamente attuale come quello della tutela internazionale ed europea dei diritti umani. Tutto è pronto, insomma, a Nuoro, per far partire la prima edizione della “Summer school” promossa dal polo universitario nuorese di via Salaris per iniziativa del dipartimento di Giurisprudenza di Sassari e della cattedra di Diritto dell’Unione europea. L’iniziativa è stata possibile grazie all’apporto e alla collaborazione del Consorzio per la promozione degli Studi universitari nella Sardegna centrale, del Comune di Nuoro, del Consiglio Italiano del Movimento europeo, di Europe Direct e della Camera di Commercio di Nuoro, che hanno accolto con vivo interesse la proposta della cattedra di Diritto dell’Unione europea e del Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’università di Sassari, Gian Paolo Demuro. La Summer School costituirà, dunque, un’occasione di formazione avanzata; offre, infatti, un approfondimento sull’evoluzione e il consolidamento della tutela dei Diritti umani fondamentali in Europa. Gli incontri di studio cominceranno da oggi, e mediante l’esame delle più recenti pronunce della Corte europea dei Diritti dell’uomo, grazie agli interventi dei relatori tra cui il presidente del movimento europeo Pier Virgilio Dastoli e l’avvocato Stefano Mannironi del foro di Nuoro, consentiranno di approfondire le prospettive della tutela dei diritti umani nella società contemporanea in diversi ambiti. La Summer school nuorese ha raggiunto il numero di 40 iscritti ed è stata accreditata dal consiglio dell’Ordine degli avvocati di Nuoro e consentirà ai partecipanti di acquisire 15 crediti per la formazione professionale continua. Proseguendo nella tradizione dell’università di Sassari per quello che riguarda gli studi giuridici a servizio della propria comunità di riferimento, la Summer School rappresenta il primo evento di respiro internazionale in Sardegna in materia di tutela dei diritti umani fondamentali.
 
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 - LA NUOVA SARDEGNA di lunedì 18 luglio 2016 / Pagina 14 - Ediz. nazionale
Il museo della tonnara laboratorio scientifico
STINTINO Da una struttura precaria in legno di colore blu, sul porto Mannu, a un edificio ristrutturato, rinnovato e tecnologico, sulla strada panoramica di accesso al paese. È il nuovo museo della tonnara che lo scorso venerdì si è aperto al pubblico con un incontro di carattere archeologico-scientifico. Un appuntamento organizzato dal Comune in collaborazione con il Centro studi civiltà del mare che gestirà la struttura. E l’incontro “Il museo della tonnara, un laboratorio scientifico” ha ufficialmente aperto la serie di convegni scientifici in programma per tutta l’estate. «C’è un filo che lega ciò che è stato a ciò che è oggi - ha detto l’assessore regionale dell’Industria Maria Grazia Piras -. A Stintino l’attività economica si lega alla cultura e alla storia. Quella che era un’industria manifatturiera diviene, oggi, attività culturale e turistica». «È un piacere avere al Museo della Tonnara l’autorità regionale - ha aggiunto il sindaco di Stintino Antonio Diana - perché la Regione ha contribuito alla realizzazione di questo spazio». L’incontro ha quindi dato spazio al convegno incentrato sul cammino parallelo delle tonnare siciliane e di quelle sarde, sull’analisi delle migrazioni dei tonni nell’Atlantico con l’ausilio di tecnologie satellitari e sulla ricostruzione del passato tramite gli studi sul Dna antico. A introdurre i lavori è stato il giornalista siciliano Ninni Ravazza, autore di diversi libri sulla pesca del tonno. Gabriella Gasperetti, archeologa della Soprintendenza, ha dato alcuni cenni dei ritrovamenti fatti nel mare della Sardegna e, in particolare, di quello dell’Asinara. Rodolfo Negri, biotecnologo dell’Università La Sapienza di Roma e segretario nazionale della Federazione italiana scienze della vita, ha sottolineato come gli studi sul Dna possano aiutare a capire l’evoluzione delle specie . Interventi anche di Teresa Rinaldi, biologa dell’Università La Sapienza di Roma, e di Piero Addis, biologo marino dell’Università di Cagliari.
 
 

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