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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
22 February 2016
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

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L’UNIONE SARDA


1 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Cultura (Pagina 59 - Edizione CA)
Università Cento anni fa moriva a Cagliari lo scienziato. L'Ateneo ricorda la figura
DOMENICO LOVISATO, GEOLOGO CON LA CAMICIA ROSSA 

La sua bussola era la passione. Scientifica, per la geologia e per quello che le pietre sanno raccontare della storia delle terre e della loro evoluzione; e politica, da sempre irredentista, lui, un istriano cresciuto sotto il piede austriaco, poi garibaldina nelle cui file aveva combattuto in Trentino, fino a diventare amico del Generale. Di certo lo scienziato Domenico Lovisato ha speso la vita senza tradire mai le sue fedi. Anzi intrecciandole, quando necessario, in un'esistenza movimentata ma così ricca di esperienze di studio e di politica, da consegnarci un'eredità preziosa, poco conosciuta; costruita in anni di ricerche e lavori che lo hanno portato fino in Patagonia, nella Terra del Fuoco per approdare come professore ordinario di Mineralogia e Geologia della Facoltà di Scienze fisiche dell'Università, a Cagliari. Città nella quale era arrivato nel novembre del 1888 e dove si è spento il 23 febbraio del 1916, un anno dopo l'entrata in guerra dell'Italia. Nonostante l'età avanzata, la sua tempra di garibaldino gli aveva suggerito una lettera destinata al ministro della Guerra, nella quale lui, che si definiva avanzo di camicia rossa , si metteva a disposizione per qualunque servizio.
A questo spirito così complesso, esuberante, un po' ribelle, scientificamente moderno, instancabilmente curioso, l'Università di Cagliari, a cento anni dalla sua scomparsa, dedica un anno di studi e conferenze, da aprile a ottobre, nei luoghi significativi delle sue ricerche: La Maddalena dove il tema sarà “Un geologo garibaldino nell'arcipelago”; Sassari, dove ha insegnato, con un ideale viaggio “Dalla Nurra alla Terra del Fuoco” e infine Cagliari con la conferenza su “Lovisato: geologia, paleontologia, passione civile” (le date sono ancora da definire). “L'anno Lovisiatiano”, curato dai docenti Giancarlo Nonnoi e Gian Luigi Pillola, inizia martedì alle 11,30 con una commemorazione ufficiale dell'Università, con la partecipazione del Comune, al cimitero monumentale di Bonaria, dove lo scienziato è sepolto.
Ma come arriva in Sardegna, un'isola periferica e non solo fisicamente, uno studioso apprezzato, nato a Isola d'Istria nel 1842? « In esilio » scrive Giancarlo Nonnoi nel suo saggio dedicato allo scienziato, inserito nel volume di studi sul Risorgimento. «Dal 1869 insegnò matematica e fisica nei licei di Sondrio, Sassari, Girgenti e Catanzaro. Da Sondrio, dopo le ripetute segnalazioni delle autorità di pubblica sicurezza che lo tenevano d'occhio per la radicalità delle sue idee, nell'ottobre del 1874 viene “esiliato” in Sardegna». Ma è solo nel 1879, dopo un'altra peregrinazione, che Lovisato fa ritorno nell'Isola, questa volta all'Università di Sassari, dove impianta un gabinetto geomineralogico e dove fonda la sezione del Club alpino italiano. Ma, come detto, sono stati i suoi sentimenti garibaldini a intrecciarsi con l'amore per la scienza. Decisivo era stato l'incontro, sul campo di battaglia, con il garibaldino Torquato Taramelli, docente di geologia che lo coinvolse nella realizzazione della grande opera “La carta geologica d'Italia”; fu sempre Taramelli a caldeggiare la sua candidatura per la cattedra di Geologia a Cagliari. Dove arriva con un curriculum di tutto rispetto. Ha esplorato la Nurra, la Gallura fino alla Maddalena con ricerche sul campo che si collegano all'ambizioso progetto della “Carta geologica” del Regno, impegno attraverso la quale il docente, membro del gruppo scientifico guidato da Quintino Sella che dà vita nel 1881 alla Società Geologica Italiana, viene associato alla spedizione scientifica in Argentina. Viaggio di formazione e di aggiornamento degli scienziati e degli intellettuali di eccellenza. «Di gran lunga maggiore - scrive ancora Nonnoi - è sicuramente il peso che deve essere attribuito alla missione in Patagonia e nella Terra del Fuoco, iniziata il 17 dicembre 1881 e conclusasi con un naufragio all'imboccatura del Canale di Beagle, il 1° settembre 1882». Al di là delle risorse (modeste) e degli insuccessi, le lande deserte e inospitali del Cono Sur e del temutissimo Cabo de Hornos «erano un libro spalancato sul tempo, capace di consentire una straordinaria lettura stratigrafica, tettonica e paleontologica della storia della terra». Il prezioso materiale di quell'avventura, e non solo, è stato digitalizzato ed è a disposizione nel sito www.sardo.eu. Sarà proprio la straordinaria missione australe a dargli quei meriti scientifici che gli valgono la nomina di professore ordinario all'Università di Cagliari. Che da domani rende omaggio a uno scienziato appassionato, ribelle, moderno.
Caterina Pinna
 
 
 
2 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Cronaca di Cagliari (Pagina 26 - Edizione CA)
Tuvixeddu
Il sospetto Ufo sopra il cielo della necropoli? Un dirigibile radiocomandato

Era un piccolo dirigibile radiocomandato, utilizzato per le rilevazioni aerofotogrammetiche, l'oggetto volante “non identificato” che un gran numero di cagliaritani ha segnalato giovedì pomeriggio sospeso sopra la necropoli punica di Tuvixeddu. È stato ripreso dai telefonini e le immagini sono finite sui social. Si tratterebbe di un nuovo rilevamento dell'area archeologica commissionato da un gruppo di ricerca universitario a una società specializzata. (fr. pi.)
 
 
 
3 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Cronaca di Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
L'INTERVISTA. Psichiatra di fama internazionale ha pronto un libro sulla città «Non basta essere la prima» Nereide Rudas e la parità uomo-donna che non c'è
Maria Francesca Chiappe
Ha girato il mondo con Cagliari nel cuore mentre Macomer, dove si era trasferita a quattro anni, orfana di padre, l'ha «rifiutata». Eppure nella «grande villa con giardino dell' altra Nereide », la nonna materna, ha imparato la libertà: «Ho avuto un'educazione moderna da una coppia dell'800» originaria di Israele, «un posto dove non sono mai stata». Ed è l'unico rimpianto, superati i 90, che traspare dal racconto di Nereide Rudas. Ancora e sempre un passo avanti, si tratti di iscriversi a Medicina a 17 anni («eravamo 3 donne e 97 uomini»), sposarsi a 19, affrontare l'università con un bimbo piccolo e una vedovanza precoce, fondare a Milano l'istituto di psichiatria forense, conquistare la medaglia d'oro dell'Accademia forense americana o dirigere, prima donna in Europa, un istituto di psichiatria.
«A differenza delle altre specializzazioni la psichiatria permette una visione più ampia, ha forti agganci al sociale, al culturale, allo storico, guarda all'uomo completo anche se sofferente». Perché nessuno è sano o malato: «È una questione di equilibrio, c'è sempre una parte di disturbo, di tristezza, di sofferenza. La malattia è una lente d'ingrandimento».
Ha lavorato in un mondo maschile Nereide Rudas «e noi donne eravamo viste con una certa diffidenza ma non ho mai avuto grandi problemi, a parte singoli episodi di intolleranza. Ogni forma di pregiudizio mi irrita e non vi ho mai dato grande importanza: camminavo sulle mie gambe molto velocemente».
Nella casa inondata dal sole di un inverno mai arrivato studia il fenomeno che chiama muliericidio: il sostantivo femmina nel vocabolario comune ha un'accezione negativa. Dunque, femminicidio non le piace. Il suo ultimo libro (a breve in uscita) tratta degli omicidi delle donne in Sardegna a partire dal 1600. E lei, affascinante e corteggiata ma scarsamente interessata alla bellezza («anche se mi accorgevo di essere circondata da un certo alone di ammirazione») non crede nell'amore che non sia quello dantesco che move il sole e l'altre stelle. «Credo pochissimo nell'amore di coppia, attualmente instabile e volubile: il muliericidio è la spia di una violenza che si è introdotta nella famiglia». Eppure, l'ultimo capitolo si intitola Il mondo parlerà con voce di donna: «Sì, perché le donne nel '900 si sono affacciate nel mondo del lavoro e hanno conquistato posizioni anche prestigiose ma la condizione di parità non è ancora raggiunta, soprattutto perché non è stato elaborato un linguaggio simbolico. Parliamo una lingua maschile, siamo all'interno di un mondo androcentrico». Non è mai stata femminista, «anche se il movimento è stato molto importante», ma ha fatto parte dell'Udi con Miriam Mafai e Nilde Iotti. «Secondo me non è stata raggiunta la parità, perfino la maternità è stata simbolizzata in termini maschili». Su ciò che ancora devono fare le donne ha le idee chiare: «Parlare con voce di donna, altro che quote rosa, sono un pannicello caldo. Le donne devono fare il lavoro che gli uomini hanno fatto nei millenni, in modo accelerato. La strada è lunga però l'avvenire già incalza».
Nereide Rudas ha riempito la sua vita di quello che ha voluto, «con costi altissimi in termini di rinunce». Però gli occhi si illuminano e il sorriso si allarga quando ricorda di aver avuto tanti allievi all'università da dover organizzare i turni per le lezioni. Ora è tempo di volgere lo sguardo sulla città: «Cagliari è sede di una grande università, delle Istituzioni, di importanti archivi, ha un giornale tra i più completi. Gli stessi intellettuali che hanno studiato la Sardegna dell'interno si sono formati attraverso espressioni urbane. Cagliari deve riassumere sempre più una direzione culturale. È sottovalutata, altro che Matera, scelta come capitale europea della cultura, non si può neanche fare un raffronto: qui ci sono un anfiteatro romano, una basilica paleocristiana, un castello medievale, un cimitero punico; è una città panoramica con bellezze naturali, i colli si affacciano sul mare di un golfo tra i più belli del Mediterraneo, senza dimenticare i sotterranei ancora poco conosciuti». Parole che tradiscono il nuovo progetto di Nereide Rudas: un libro sulla sua città.
 
 
 
4 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Cultura (Pagina 59 - Edizione CA)
AGENDA. Sala Settecentesca
LE ANTROPOLOGIE DI GIULIO ANGIONI
Domani alle 17 nella Sala Settecentescadella Biblioteca Universitaria di Cagliari verrà presentato il volume “Cose da prendere sul serio. Le antropologie di Giulio Angioni”, edito da il Maestrale e curato da Francesco Bachis e Antonio Maria Pusceddu. L’iniziativa è organizzata dal Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell’Università di Cagliari con la collaborazione della Biblioteca Universitaria e della libreria Mieleamaro. Fabio Geda e Marco Magnone, autori di “Berlin. I fuochi di Tegel” (Mondadori) sono gli ospiti dell’anteprima del festival letterario diffuso Éntula, organizzato dall’associazione Lìberos. Comincia domani da Cagliari il tour che vedrà gli scrittori impegnati alle 8.30 all’Exma nell’incontro con gli studenti (anteprima del festival Tuttestorie) e martedì alle 8.45 a Carbonia con gli alunni delle scuole Satta e Pascoli. Sempre a Carbonia ma alle 18, Geda e Magnone saranno nella Grande Miniera di Serbariu, con Fabrizio Lo Bianco. Mercoledì ancora a Cagliari, alle 18, ospiti della libreria Mieleamaro (via Manno) dove dialogheranno con Gianfranco Liori. (gr. pi.)
 
 
 
5 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Cronaca di Cagliari (Pagina 24 - Edizione CA)
M5S
Petizione per il taglio delle tasse universitarie

Niente di nuovo sul fronte del Movimento 5 stelle. Lo staff dei pentastellati non ha ancora deciso se e chi dei due Meetup cagliaritani potrà utilizzare il simbolo nella corsa per le elezioni di giugno. E se Casaleggio prende tempo, gli attivisti non stanno certo con le mani in mano. In particolare il Meetup 31, che ha la base in via Palestrina 64, ha elaborato un fitto calendario di incontri con i cittadini su diversi tavoli tematici.
Così dopo l'incontro di venerdì sul tema del microcredito per le imprese. Sabato 27, dalle 10 alle 13, nel mercato di Sant'Elia, è in programma il programma il primo di una lunga serie di banchetti. Incontri che proseguiranno il 28 febbraio (alle 10 alle 13 al Parco di Terramaini); a marzo il 5 in piazza Yenne, il 6 al Lazzaretto di Sant'Elia, il 12 a Marina Piccola e via S'Arriu, il 19 in piazza Repubblica, il 20 in viale Trento, il 25 in via Italia a Pirri e il 26 al mercato di via Quirra. Il 29 febbraio, dalle 9, in viale Sant'Ignazio, raccolta firme per il taglio delle tasse universitarie.
 
 
 
6 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Cronaca Regionale (Pagg. 14/15 - Edizione CA)
UMBERTO ECO Un collage delle sue riflessioni estrapolate dalle ultime interviste
Affabulatore profondo, studioso enciclopedico

 
IL RICORDO. Gianfranco Cabiddu allora studente al Dams
«E il prof suonava il flauto dolce»
Era un virtuoso del flauto dolce, il sopranino di legno con il quale suonava musica barocca, rinascimentale. Bellissima. Una passione che Umberto Eco condivideva con quelli come lui che a Bologna erano “fuori sede”. Ci ritrovavamo infatti in pizzerie e osterie del centro, dove gravitava in mondo universitario. E per me, che all'epoca studiavo musicologia e il mio strumento era il flauto, quelle serate sono state un'esperienza preziosa. Parlare attraverso la musica è importante». Il curioso e affettuoso ricordo è del regista Gianfranco Cabiddu che nel 1975 lascia la Sardegna per raggiungere Bologna e frequentare la facoltà più moderna, nuova, quella della Disciplina delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, il Dams. «Abbiamo avuto la ventura di essere tra le prime matricole di una facoltà dove si sperimentava una nuova forma di insegnamento: 10-12 alunni per classe e un rapporto con i maestri “socratico”. All'epoca capivamo poco del valore e della fortuna di quell'esperienza».
Ed è in questa semplicità di legami, di scambio di idee coi docenti, che alla sera nascevano cenacoli aperti per appassionati di musica. «Eco era un affabulatore straordinario ed era soprattutto un portatore di grandissime novità culturali e di metodo, cifra che poi l'Università ha perso». Eco sarà accanto agli studenti nel 1977, anno simbolo della protesta. Poi inizia un'altra storia.

I SOCIAL MEDIA Diritto di parola a legioni di imbecilli
«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo uno o due bicchieri di vino rosso, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli imbecilli». Un attacco durissimo ai social (che ora gli rendono omaggio) pronunciato in occasione della laurea honoris causa in Comunicazione e cultura dei media dell'Università di Torino. «La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità». Dopo l'attacco, l'invito ai giornali «a filtrare con un'equipe di specialisti le informazioni di Internet».

PER GLI STUDENTI Come si scrive una tesi di laurea
È il suo saggio di comunicazione per gli studenti, la Bibbia dei laureandi. Pubblicato nel 1971 da Bompiani “Come fare una tesi di laurea” è un capolavoro di stile, un libro autobiografico, una guida per il futuro. È l'autore stesso a dirlo: «Non bisogna dimenticare che l'esperienza di ricerca imposta da una tesi serve sempre per la nostra vita». Ecco spiegato che cos'è, e a che cosa serve. A cominciare dalla scelta dell'argomento, per proseguire con la ricerca del materiale, il piano di lavoro, la schedatura, la stesura, la rilettura conclusiva. Rivolgendosi agli studenti, Eco dà suggerimenti preziosi, li invita a non farsi sfruttare dal relatore, ma a sfruttarlo al meglio, chiedendogli informazioni sulla reperibilità di fonti, su costruzione del pensiero, bibliografia. Da leggere a “prescindere”.
 
 
 
7 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 13 - Edizione CA)
Sì alla “causa” per suor Teresa
Tutti i nuovi incarichi per i vescovi sardi

Dieci novità, tre conferme e un sì alla causa di beatificazione di suor Teresa Tambelli, figura storica di Cagliari, scomparsa 52 anni fa, che col campanello passava per le viuzze a chiamare i ragazzi per nome, perché andassero al catechismo e a messa a Sant'Eulalia. La Conferenza episcopale sarda, riunita a Oristano, ha riformulato il coordinamento pastorale regionale e assegnato le nuove deleghe.
Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente della Conferenza, curerà l'Osservatorio giuridico e “Sovvenire”. L'arcivescovo di Sassari, monsignor Paolo Atzei, andrà alle Comunicazioni sociali e Turismo; a Sebastiano Sanguinetti, vescovo di Tempio, la guida dei Beni culturali. Giovanni Paolo Zedda (Iglesias) avrà la delega del servizio della Carità, pastorale della salute, pastorale sociale e del lavoro, progetto “Policoro”; Antonello Mura (Lanusei) curerà la Cultura, scuola e università; monsignor Roberto Carboni, l'Evangelizzazione dei popoli; Mosè Marcia, la Pastorale della Famiglia; Corrado Melis, vescovo di Ozieri, la Pastorale giovanile; Mauro Maria Morfino (Alghero-Bosa) il Clero e la cita consacrata; Ignazio Sanna (Oristano) la Dottrina della fede.
Confermati don Tonino Carta, consigliere spirituale regionale, Sergio Zuddas, presidente Sardegna sud Unitalsi, e Roberto Manca, presidente Sardegna nord Unitalsi. Don Enrico Perlato, infine, è l'incaricato regionale del servizio di Pastorale giovanile. (ma. mad.)
 
 
 
8 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Cronaca Regionale (Pagina 11 - Edizione CA)
L'esperto: nessuna politica per la famiglia, giovani coppie penalizzate
Madri sempre più “anziane”, nell'Isola record delle over 40

Negli anni Settanta una “primipara attempata” era una ventottenne che partoriva il primo figlio. Oggi, la stessa brutta definizione da cartella clinica riguarda le quarantenni o giù di lì. Guardatevi intorno: quante ragazze giovani vedete in giro con passeggino e sporte? Pochissime, perché in Sardegna le donne non solo fanno in media un solo bambino a testa, ma lo fanno sempre più in là con l'età, la media è di 32,3, ma addirittura undici neonati su 100 (è record italiano, e il Paese ha il primato mondiale insieme alla Svizzera) hanno una mamma over 40. Nel resto d'Europa, stanno intorno ai 30.
Secondo l'Istat su poco meno di 11mila 500 sardi venuti al mondo nel 2014, ben 1217 sono di madri tra i 40 e i 44 anni, 3532 tra i 35 e i 39, 3546 tra i 30 e i 34, 872 tra i 20 e i 24, 29 sono figli di minorenni e 77 di signore sopra i 45. Le percentuali sono aumentate progressivamente.
«La posticipazione delle nascite ha contribuito al forte abbassamento della natalità, dalla seconda metà degli anni Settanta alla prima metà degli anni Novanta», rilevano i ricercatori dell'Istat. «Successivamente si è registrato un parziale recupero delle nascite precedentemente rinviate in particolare da parte delle baby boomers , che si è tradotto in un progressivo aumento delle nascite da madri con più di 35 anni».
«Ovviamente più sale l'età più aumentano i rischi», sottolinea Roberto Pili, medico e responsabile dell'Osservatorio mondiale sulla longevità, «e quindi le strutture sanitarie sono maggiormente impegnate e la società deve sostenere i costi». Per contro - sostiene uno studio dello University College di Londra - i figli delle mamme “anziane” sono più sani, imparano a parlare più velocemente e a esprimere meglio emozioni e sentimenti.
Tra le motivazioni, quella principale riguarda il lavoro, l'incertezza economica delle giovani coppie, e poi c'è il welfare che fa acqua da tutte le parti. È la crisi che non fa retromarcia: così come per le imprese la mancanza di aspettative per il futuro fa da freno agli investimenti, così le difficoltà (soprattutto lavorative e abitative) che incontrano le giovani coppie rallenta i progetti di diventare genitori. Molti Comuni, soprattutto piccoli e dell'interno (Sadali e Ollolai, ad esempio) cercano di “rimediare” con il bonus bebé, misura utile e molto apprezzata, ma ovviamente insufficiente. «Manca la promozione alla genitorialità», prosegue Pili, «da un lato c'è una forte disoccupazione o la precarietà, dall'altro scarsità di servizi pubblici, quindi poco costosi, per l'infanzia, di aiuto alle mamme che lavorano, perfino gli spazi urbani, parchi e piazze, non sono attrezzati per il gioco». Insomma, società e istituzioni non contribuiscono a invertire la rotta, «le politiche per la famiglia sono pressoché inesistenti», avverte Fabio Meloni, presidente regionale delle Acli. (cr. co.)
 
 
 
9 - L’UNIONE SARDA di domenica 21 febbraio 2016 / Spettacoli e Società (Pagina 60 - Edizione CA)
Web serie prodotta dalla Regione e realizzata da Karel
La punk Sybille scopre il mondo agropastorale
È on line “Lost in Sardinia” di Davide e Luca Melis: come i giovani sardi possono ritornare alla terra
Scordatevi l'immagine patinata del solito mulino bianco. I nuovi contadini hanno volto e mani di Sybille, giovane ragazza dai capelli biondo-platino con punte di viola, ricoperta di tatuaggi e piercing, che studia all'università e canta in un gruppo punk. È lei la protagonista di Lost in Sardinia la web serie prodotta dalla Regione (assessorato all'Agricoltura) e realizzata da Davide e Luca Melis di Karel produzioni, che mostra «un punto di vista non convenzionale sulla Sardegna», spiega Davide Melis, regista.
Il sogno di Sybille è lo stesso che accomuna molti giovani di oggi che vogliono lasciare la Sardegna per andare a cercare fortuna altrove. Lei sceglie Londra e presenta un progetto di marketing innovativo per ottenere una borsa di studio, ma il professore dell'università le spiega che, invece, dovrà lavorare a un progetto di sviluppo in campo rurale. Parte, così, per un viaggio tra le campagne dell'Isola: qui incontrerà il produttore di mirto, il pastore che alleva solo pecore nere, due fratelli, uno avvocato, l'altro ingegnere, che a Berchidda hanno scelto di cambiare vita per riappropriarsi delle loro origini e dedicarsi al Vermentino di Gallura, l'uomo che, vicino a Fonni, ha scelto di recuperare “vecchie” coltivazioni e offrire alle persone con difficoltà l'opportunità di amare la terra. Puntata dopo puntata (sono 25, ma c'è anche un cortometraggio di 10 minuti, disponibili su Facebook, Youtube, Vimeo e su lostinsardinia.tv), attraverso gli occhi di Sybille si scopre in Sardegna un mondo agro-pastorale diverso da quello che “tradizionalmente” viene raccontato, specchio di una realtà che ha subito trasformazioni sul piano culturale, economico e industriale. L'agricoltore sardo oggi è giovane e laureato, coniuga tradizione e innovazione, spesso ha un'esperienza all'estero. «Tutto nasce da un rifiuto», quel rifiuto che ha dirottato Sybille da Londra alle campagne dell'Isola, spiega Davide Melis. «Grazie a quel rifiuto, infatti, scopriamo un'Isola dove le produzioni agricole non sono qualcosa che appartiene al passato ma una realtà completamente nuova che coinvolge tanti giovani».
La storia si sviluppa all'interno di una struttura narrativa che è semplice finzione. «L'obiettivo era quello di restituire un'immagine del mondo agricolo e pastorale isolano che fosse la più aderente possibile alla realtà», spiega Davide Melis, «per questa ragione durante la serie ci sono lunghi tratti di documentario». Per legare il tutto, però, occorreva una storia che Davide e Luca Melis hanno saputo raccontare perfettamente: Sybille, infatti, quasi ci prende per mano e ci conduce, senza pregiudizi e diffidenza, alla scoperta di un mondo nuovo. Il linguaggio, alla fine, è quello del cinema, ed è perfetta la scelta stilistica di girare con la camera a mano. «Non c'è un'inquadratura fissa», spiega Davide Melis, «volevamo utilizzare uno strumento unico che potesse raccontare al meglio una realtà unica e particolare come quella agropastorale sarda». Obiettivo raggiunto: sul web, infatti, Lost in Sardinia è un successo.
Mauro Madeddu
 
 
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LA NUOVA SARDEGNA
 
 
5 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 21 febbraio 2016 / Economia - Pagina 16
Yenetics si aggiudica la terza edizione del concorso dell’ateneo cagliaritano
UNIVERSITÀ, ECCO LE MIGLIORI START UP
CAGLIARI Un test non invasivo utile per scovare le cento malattie genetiche più diffuse al mondo. È questa l’idea vincente della terza edizione del CLab-Unica. I ragazzi di Yenetics, mix di intuito, innovazione e tecnologia, fanno centro per qualità e scientificità. Ma la gara è stata serrata. Proprio come raccontato dai video griffati Fabio Aru, testimonial del Comunication Lab dell’università di Cagliari. La lotta tra le otto start up finaliste ha visto Bxtar e BautifulBox raggiungere Yenetics sul podio. I primi tre classificati portano a casa un premio di 15mila euro ciascuno offerto dall’Agenzia regionale Sardegna Ricerche per realizzare la propria start up e altri mille euro da Confindustria Sardegna Giovani, per consulenza giuridica e amministrativa. Il trio può usufruire dello spazio di Talent Garden (Milano) per il 2016. Inoltre, primo e secondo possono trascorrere due mesi di incubazione a The Net Value. BautifulBox ha per sei mesi spazio all’Open Campus Tiscali. E non solo. Sardegna ricerche ha dato altri 15mila euro a Yenetics e Bxtar. Yenetics ottiene da Hub/Spoke quattro mesi nello spazio di coworking dell’azienda in via Roma a Cagliari e 5mila euro di servizi. E se Yenetics nuota tra 15 competitor qualificati nel mercato dei test prenatali che cresce del 19.8 per cento annuo, Bxtar propone un sistema integrato di luce posteriore smart per sicurezza e stile del ciclista urbano, mentre BautifulBox risolve il problema dei padroni che devono lasciare il cane in casa da solo. La console sfrutta l’olfatto dell’animale, lo intrattiene con giochi, ha la webcam e si programma da smartphone. Guizzi vincenti. Con gli applausi del rettore Maria Del Zompo, del presidente Francesco Pigliaru e del sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. (m.f.)
 
 
 
6 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 21 febbraio 2016 / Cultura e spettacoli - Pagina 33
LO SGUARDO DI ANGIONI SULL’ISOLA CHE CAMBIA
Tra passato e presente
ANTROPOLOGIA “Cose da prendere sul serio”: domani a Cagliari la presentazione del libro curato da Francesco Bachis e da Anna Maria Pusceddu
di GIACOMO MAMELI
Se potessero, quelli che lo conoscono meglio dal lato umano e accademico, lo farebbero santo subito. Santo laico, da sistemare nell'atrio di un ateneo o nella piazza di un paese ideale che potrebbe chiamarsi Fraus. Perché Giulio Angioni, secondo il suo collega Pietro Clemente, è «sul versante antropologico la continuità della cattedra di Alberto Mario Cirese e, sul versante demologico, di Enrica Delitala». Due nomi-mito, tanto umili nella vita quanto giganti nell'accademia, che avevano dato spessore scientifico all'Università di Cagliari, quella che aveva (e ha) aule e laboratori nel fosso di Sa Duchessa a contatto col cimitero punico monumentale di Tuvixeddu. Gabriella Da Re ne fa una sintesi giornalistica scrivendo che ad Angioni «non sembra dispiacere il ruolo di padre nobile dell’antropologia sulla Sardegna». Franco Lai cita i big man e le big woman degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso ricordando Giorgio Cardona che parlò per primo di «l'école de Cagliari» che si ispirava a Ernesto De Martino e a Clara Gallini. I quali, studiando il mondo, avevano costruito in Sardegna un laboratorio di analisi sociale di tutto rilievo. Con Angioni (dopo l'addio alla cattedra e alla stanza 48, gli viene ora dedicato un libro dal titolo “Cose da prendere sul serio”, edizioni Il Maestrale) l’antropologia a cavallo di due secoli ha avuto un faro di eccellenza rischiarando non solo la Sardegna. «Lo ha fatto – scrive Vintila Mihailescu della Scuola nazionale di studi politici e amministrativi di Bucarest – con la preoccupazione per la vera etnografia, la storia documentata con scrupolo, il vero folklore». E forse non è corretto dire che «il romanziere stava producendo l'opposto». Perché in tutte le opere di narrativa, in prosa o in versi – da “Fraus” a “Tempus”, da “Le fiamme di Toledo” a “La pelle intera”, da “Sa Laurera” a “Assandira”, da “Il sale sulla ferita” alle pagine di “A fogu aintru” fino all'ultimo “Sulla faccia della terra” - c'è un'unica cifra, con un autore preciso ed eclettico nelle vesti che di volta in volta indossa, documentato fino alla pignoleria antropologica ma anche fantasioso nel ruolo del narratore-poeta tra voli e metriche pindarico-angioiane. Perché sa leggere, si sa immedesimare nei ditirambi o nei giambi che potete avvertire nelle strade dei villaggi della Trexenta, ma anche nel lessico sentito nei viali di Berlino, o quando parla in pubblico in un cortile di basalto a Santulussurgiu o se organizza le pagine della rivista “Europaea” della “Société des Européanistes”. I testi del volume sulle “antropologie” di Giulio Angioni esaltano giustamente il percorso accademico-letterario del “professore”. Lo affermano chiaramente, nell'introduzione, Francesco Bachis e Antonio Maria Pusceddu sottolineando «la testardaggine con cui Angioni ha continuato a confrontarsi con bizzarrie e cose di poco conto della periferia». Testardaggine che contiene «un profondo insegnamento al contempo metodologico, intellettuale e civile: ovvero che anche a partire dall'ovvio e dal senso comune si possano – e si debbano – trarre elementi di analisi per comprendere, interpretare e cambiare il “mondo grande e terribile” in cui viviamo». Carlo Maxia, poi, vuol rimarcare «che l'autore non rinnega la fortunata stagione di studi di stampo marxista sul lavoro, considerato spesso come il fare per eccellenza, che ha visto anche lui come protagonista». Cosimo Zene (University of London) cita due attualissimi versi di Angioni poeta-antropologo-sociologo-politologo: «Tutto il mondo è paese, si diceva/ e adesso tutto il mondo è al tuo paese». E così «considerando questo scenario non è fuori luogo, cioè utopico, dire che anche la Sardegna e gli intellettuali sardi come Gramsci, Antonio Pigliaru, Angioni e altri, offrono un contributo notevole alla riflessione odierna su esilio, alterità e ospitalità». Certo. C’è chi fa le sue scelte ragionate. Pietro Clemente – che come Angioni ha bagnato i panni antropologici prima nel Flumendosa per poi nuotare fra Tevere e Arno – in un’isola deserta si porterebbe dietro il libro che Giulio aveva pubblicato per Edes nel 1974: “Rapporti di produzione e cultura subalterna. Contadini in Sardegna”. Filippo Zerilli e Marco Pitzalis si occupano invece di pastoralismo, neoliberismo e identità di classe in Sardegna. E i comuni mortali? Rileggiamo un dimenticato Angioni del 1995, romanzo “Se ti è cara la vita”, editore Insula: «Mi ci trovo bene coi vecchi sotto il campanile, tra morituri consapevoli che sanno darsi ai giochi più giocondi, e si accapigliano fra loro, come dagli spazi di uno stadio dove si giocano partite senza senso. Rifanno i gesti antichi, accendono fiammiferi sui conci di granito. E il sempliciotto Peppe Mazzini dice che la partenza del mondo è l'allegria». Oppure, dallo stesso libro: «Mio padre dava i nomi agli animali, nomi nuovi di zecca. Quella è comare volpe e questo più vicino è un grugnito di cinghiale. Poi ha mormorato un altro antico mottetto all’usignolo triste». Chi è costui che scrive? Uno scrittore – ha detto Gabriella Mondardini dell'università di Sassari – che scrive inventandosi un secondo mestiere? O un cronista? Un antropologo ciresiano-delitaliano-demartiniano? È un poeta leopardiano in italiano o un Remundu Piras in limba? L'autore ha una firma codificata Siae: Giulio Angioni, nato a Fraus, Sardegna, anno 1939.

Con Antonio Fanelli
incontro-dibattito all’Università
Il libro “Cose da prendere sul serio. Le antropologie di Giulio Angioni”, curato da Francesco Bachis e da Antonio Maria Pusceddu, verrà presentato lunedì 22 alle 17 a Cagliari nella Sala settecentesca di via Università. Con i due curatori (docenti rispettivamente all’Università di Cagliari e di Barcellona) e alla presenza dello stesso Angioni (al quale spetterà il compito di concludere il dibattito) ne parlerà Antonio Fanelli dell’Istituto Ernesto De Martino. Il libro (pagine 384, euro 25, edizioni Il Maestrale) contiene testi di Paola Atzeni, Paolo Bravi, Gianluigi Bravo, Benedetto Caltagirone, Giacomo Casti, Pietro Clemente, Sergio Contu, Tatiana Cossu, Gabriella Da Re, Alessandro Deiana, Giovanni Dore, Franco Lai, Cristina Lavinio, Luciano Marrocu, Carlo Maxia, Giovanni Melis, Benedetto Meloni, Marianne Mes Nil, Vintila Mihailescu, Gabriella Mondardini, Cristina Papa, Marco Pitzalis, Giancarlo Porcu, Sandra Puccini, Eugenio Testa, Felice Tiragallo, Domenico Scafoglio, Piergiorgio Solinas, Cosimo Zene e Filippo Zerilli.
 
 
 
 
 
6 - LA NUOVA SARDEGNA di domenica 21 febbraio 2016 / Cultura e spettacoli - Pagina 34
Urban thinkers: the city we need
Conclusi ieri ad Alghero gli incontri del campus sull’architettura del futuro
URBANISTICA Partecipare per rifare le città
Azioni condivise e coinvolgimento dei cittadini: la formula per vivere meglio
di Paolo Curreli
ALGHERO Si sono chiuse ieri ad Alghero le iniziative di “The city we need: open art”, appuntamenti per interrogarsi sulla citta che ci serve, attraverso gli “Urban thinkers campus”, contenitori di idee promossi dell'Onu sui processi di urbanizzazione globale che porteranno alla conferenza mondiale “Habitat III” a Quito in Ecuador a settembre. Quattro giorni di dibatti e incontri nella struttura di Santa Chiara della facoltà di architettura dedicati alla città che si apre all'arte, condizione necessaria per la qualità della vita. Urbanisti, architetti e artisti provenienti da tutto il mondo si sono incontrati per definire le condizioni e gli effetti che gli interventi artistici hanno (o dovrebbero avere) per migliorare la vita nelle città, interventi da raccogliere per la “Nuova agenda urbana”, documento che verrà poi sottoscritto a Quito. Quali sono state le conclusioni degli addetti ai lavori, urbanisti e amministratori? Prima di tutto che la città nuova è una visione che hanno prima gli artisti e a cui gli urbanisti si ispirano per ricreare un modello di città armonica. Uno spirito di contiguità tra arte e architettura che fa parte della storia dell’uomo. La bellezza dei luoghi invita a “vedersi” a riconoscersi nel posto in cui si vive. Il piacere estetico che deriva dalla bellezza produce un’identità: è il segno con cui una comunità si riconosce e ritrova il piacere di stare insieme, anche perché condivide la bellezza dei luoghi. La rigenerazione degli slum delle metropoli ha creato l’autostima degli abitanti che diventano fieri dei quartieri in cui vivono. «In questo senso la bruttezza pervasiva, “il non finito sardo” diventano –secondo Nanni Campus dottorando in Architettura e uno degli organizzatori –una forma di chiusura verso gli altri, una trincea respingente tra il privato dell’interno e lo spazio comune da condividere». Mentre le esperienze di arte pubblica realizzate negli ultimi anni nel territorio sono apparse negative per lo scarso grado di coinvolgimento della cittadinanza. Tra le varie proposte di intervento da sottolineare quella immaginifica che è arrivata dall’università di Belgrado di Nadia Beretic e Zoran Ducanovic. Una grande cornice sorretta da palloncini che a mezz’aria racchiuda lo splendido panorama di Capo Caccia. L’incomparabile patrimonio sardo, andrebbe sottolineato perché non ci si dimentichi mai di esserne custodi. Al di fuori delle linee di intervento che arrivano dagli studiosi e dalle organizzazioni internazionali, ci sono svariate iniziative spontanee dal basso che sono state indicate come buona pratica. Scoperto dall’urbanista Pietro Garau “Il fronte liberazione dei pizzinni pizzoni”– occupazione gioiosa degli spazi di Sassari da parte dei bambini del centro – ha vinto la biennale di urbanistica in Portogallo l’anno scorso. Garau ha anche ripreso un pensiero del sindaco Bruno: stare bene insieme è una forma d’arte e un obiettivo da raggiungere. Perché esiste una densità urbana ma anche una intensità urbana fatta di relazioni. Per la prima volta la presenza dell’arte compare in maniera così forte, e ne viene sottolineata l’importanza per tutti i cittadini, perché la creatività aiuta a vedere tutti i futuri possibili, insegna ad avere nuovi desideri al di fuori da quelli imposti dalla società dei consumi. Dagli incontri di Alghero è scaturita l’idea che la città migliore si crea sulla tolleranza, l’empatia e il riconoscimento delle differenze come ricchezza. Una ricetta che gli artisti conoscono bene. Che bisogna creare la consapevolezza dei sistemi di funzionamento della città per creare un futuro condiviso. La città di cui abbiamo bisogno deve essere creata insieme agli artisti per sfidare lo status quo, permettendo a ogni persona di realizzare la propria creatività. Aiutare la comunità creativa aiuta tutti ad avere una economia più forte. I lavori saranno pubblicati entro il 28 febbraio per arrivare alle Nazioni unite.


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