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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
20 February 2015
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
   

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 febbraio 2015 / Cronaca di Cagliari (Pagina 14 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ. La docente di Diritto amministrativo in corsa per diventare rettore
«DARÒ PASSIONE ALL'ATENEO»
I progetti di Paola Piras: ci rivolgeremo ai nativi digitali
 
In campo per la corsa al rettorato c'è anche Paola Piras, docente di Diritto amministrativo, ex preside di Scienze politiche ed ex vicesindaco di Cagliari. Si propone con «entusiasmo, passione e voglia di cambiare».
 Cosa l'ha spinta a candidarsi?
 «Tutto è iniziato con le sollecitazioni dei colleghi. Ha di sicuro influito la consapevolezza del dovere di restituire all'Università almeno parte di quello che nel tempo ho ricevuto».
 Qual è il suo programma?
 «Un Ateneo con un forte progetto culturale, capace di rivolgersi ai nativi digitali, di confrontarsi con gli standard di ricerca internazionale, di diventare punto di riferimento per il territorio, per la sanità, le imprese, gli ordini professionali e le amministrazioni. Un Ateneo che, vero laboratorio di idee, valorizza e motiva le persone e sa trasmettere curiosità intellettuale e passione per la ricerca».
Le cose più urgenti da fare?
 «Riorganizzare l'amministrazione semplificando e informatizzando i procedimenti, eliminando duplicazioni e passaggi inutili, trasformando alcuni adempimenti burocratici in progetti per migliorare i servizi o crearne nuovi. È la precondizione per una didattica e una ricerca di qualità. Ma non basta».
 Che cosa servirebbe?
 «Dobbiamo lavorare meglio e di più con le scuole per favorire una transizione senza traumi e arginare la dispersione degli studenti; riorganizzare la didattica per favorire la regolarità dei percorsi mantenendo alto il livello di qualità. Anzi, elevandolo. Non sarà semplice. Il futuro rettore, chiunque sia, avrà vita dura».
 L'Università è a misura di studente?
 «In parte. Occorrono strategie per migliorare la qualità della vita degli studenti. Soluzioni per la residenzialità e, soprattutto, per restituire all'Università il ruolo di sede d'eccellenza della conoscenza e della cultura. Vorrei lo diventasse. Per farlo dobbiamo mettere gli studenti al centro delle nostre politiche, trasmettere senso di appartenenza e comunicare passione».
 Servono fondi per molte emergenze. Come reperirli?
 «Innanzitutto con la linea di rigore e responsabilità finora seguita e con l'attenzione verso gli indicatori utili alla premialità. In aggiunta con un elevato livello di qualità della ricerca, in particolare con la partecipazione ai bandi europei e con la terza missione sulla quale abbiamo investito troppo poco mentre dobbiamo svolgere un ruolo trainante per la Sardegna».
Come giudica il corpo docente delle varie facoltà?
 «L'Ateneo ha nelle risorse umane la sua vera forza. I docenti cagliaritani si mostrano perfettamente adeguati a sostenere la crescita dell'Ateneo, che non ha alcunché da invidiare rispetto ad altre sedi più famose. Vantiamo punte di eccellenza in molte aree e tanti giovani competenti che si avviano con coraggio al mestiere più bello del mondo».
E l'operato del rettore uscente Giovanni Melis?
 «Ha risanato il bilancio consentendoci di bandire i concorsi utili a sostenere l'offerta formativa minata dalle regole sul turn over. Ha incrementato le borse di studio per gli studenti e le premialità per quelli più meritevoli. Di certo non ha lavorato con una congiuntura favorevole».
 Quanto può dare la politica per migliorare la qualità dell'insegnamento?
 «La politica dell'Ateneo deve essere fatta dall'Ateneo, libero dall'influenza di altre istituzioni. La politica ha il dovere di capire e apprezzare il valore della cultura, dunque dell'Università, e sostenerne le azioni».
 Se diventasse rettore, che linea terrebbe con la Regione?
 «Rapporti intensi, propositivi e continui, nel rispetto dell'indipendenza delle due istituzioni. La Regione e il Comune devono essere i nostri interlocutori privilegiati: se crediamo nella cultura e nel suo grande valore, anche economico, dobbiamo dialogare con entrambi e condividere strategie e azioni».
 Lorenzo Piras
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
2 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 febbraio 2015 / Cronaca di Cagliari (Pagina 14 - Edizione CA)
È stata vicesindaco nella Giunta Zedda
Ex assessore e vicesindaco nella Giunta Zedda, Paola Piras è docente ordinario di Diritto amministrativo all'Università. Al voto per il primo turno lunedì 9 marzo e di venerdì 20 per il secondo (in caso di ballottaggio si tornerà alle urne il 25 marzo) si presenta con un curriculum di grande profilo. Avvocato, è stata preside di Scienze politiche (portandola alla certificazione di qualità, prima e unica all'epoca in Italia) e segretario nazionale della Conferenza dei presidi di Scienze politiche, coordinatore del corso di laurea in Scienze dell'amministrazione, coordinatore del dottorato in Diritto dell'attività amministrativa informatizzata e della comunicazione pubblica. È stata prorettore alla didattica da marzo 2014 a gennaio 2015. Consigliere di amministrazione della Banca di Sassari. Ha insegnato alla Trentino School of Management, nelle Università di Ferrara, Pisa, alla Sapienza di Roma, alla Bocconi di Milano. Ha collaborato all'elaborazione di numerose leggi della Regione. (lo. pi.)
 
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
3 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 febbraio 2015 / Agenda Cagliari (Pagina 20 - Edizione CA)
LIBRO SUL PARKINSON
“Benvenuto Mister Parkinson” è il libro che sarà presentato oggi alla Cittadella universitaria dall'autore, il giornalista Cesare Corda. Appuntamento alle 16 nell'Aula magna della facoltà di Medicina, a Monserrato. Seguirà un dibattito.
 
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
4 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 febbraio 2015 / Provincia di Sassari (Pagina 35 - Edizione CA)
SASSARI. A decine nel sit-in di protesta ieri mattina davanti all'Università
GLI STUDENTI DI ARCHITETTURA BUSSANO AL RETTORE
Hanno protestato in piazza Università a Sassari per i mancati fondi alla facoltà di Architettura. Ma gli studenti non hanno messo in scena una manifestazione contro l'Ateneo.
«Noi siamo qua - spiegano - per dimostrare il nostro sostegno alle cariche universitarie che si stanno occupando della nostra situazione, portando la nostra protesta in Regione».
È Cagliari il nemico in questo momento. La Regione non vuole riconoscere il Dipartimento di Architettura, Urbanistica e Design come sede distaccata e, quindi, non concede risorse.
«La legittimità del riconoscimento di Alghero come sede decentrata - continuano gli studenti - trova dimostrazione non solo nella distanza, ma anche nella scarsa efficienza dei collegamenti tra sede amministrativa e Alghero». E poi mancano i servizi basilari, sempre previsti per le comunità universitarie, come la casa dello studente o la mensa.
Altra responsabilità della Regione è quella di aver disatteso una approvazione unanime di un ordine del giorno del Consiglio regionale che conferiva ad Alghero un finanziamento di 300 mila euro. «Questo, ad oggi, non è accaduto e i fondi regionali non sono pervenuti. Architettura ad Alghero, eccellenza del territorio sardo e nazionale, si trova in una situazione di grave indigenza e precarietà economica - incalzano i ragazzi - che si rifletterà inevitabilmente sulla qualità della didattica e del funzionamento dipartimentale in genere».
Poi una proposta: perché non mettere in campo un sistema di suddivisione delle risorse tra le varie università sarde tenendo conto dei risultati raggiunti? La filosofia della premialità, insomma, teoria che l'ateneo e il dipartimento intendono portare in Regione. ( c. fi. )
 
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
5 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 febbraio 2015 / Spettacoli e Società (Pagina 42 - Edizione CA)
TEATRO Quando la guerra si combatteva a casa nostra
Cagliari 1943: la guerra dentro casa. Domani, alle 21, alla Vetreria di Pirri, un video-archivio, un documentario e uno spettacolo teatrale per non dimenticare. Il Cada Die Teatro, infatti, presenta alcuni estratti video del documentario sulla memoria della seconda guerra mondiale, prodotto dalla Rai, dal titolo “Quando scappavamo col cappotto sul pigiama”.
La ricerca, finalizzata alla creazione di un video archivio dei testimoni dei bombardamenti aerei americani, nasce alcuni anni fa dalla collaborazione fra l'attore Pierpaolo Piludu, l'Università degli Studi di Cagliari e l'Istituto Superiore Regionale Etnografico. Un lavoro lungo e impegnativo in cui sono state collezionate oltre cento interviste a “bambini e ragazzi del '43”.
Nella serata, alla proiezioni farà seguito la rappresentazione dello spettacolo “Cagliari 1943: La guerra dentro casa”: in scena un gruppo di venti allievi della scuola di arti sceniche La Vetreria che indossano nuovamente i pantaloni corti e le divise da Piccole Italiane per rivivere tra i banchi di scuola le giornate cagliaritane degli anni '40, la paura, la fame e l'incosciente spensieratezza, prima della distruzione della città.
 
 
 
 

 
L’UNIONE SARDA
 
6 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 febbraio 2015 / Economia (Pagina 38 - Edizione CA)
IL RAPPORTO CNA. In Sardegna sono 99 le aziende innovative, il 3,1% del totale nazionale
Cagliari piace alle nuove imprese
La provincia del capoluogo al 10° posto in Italia per le start-up
Sognano di creare una loro impresa e, tra mille difficoltà, sopravvivono alla crisi, cercando di investire per conquistare spazi anche nei mercati esteri. Delle 3.208 start-up innovative rilevate alla fine del gennaio scorso a livello nazionale, 99 sono localizzate in Sardegna (pari al 3,1% del totale italiano). A far la parte del leone è l'area di Cagliari che, con 72 aziende, si è piazzata decima nella top ten delle province italiane. In testa alla classifica, con 470 aziende, c'è Milano. Seguono Roma (270), Torino (174), Trento (96), Napoli (96), Bologna (92), Modena (85), Firenze (79) e, infine, Padova (72).
La fotografia emerge in uno studio della Cna regionale, dove sono stati analizzati i dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio e un'indagine di Unioncamere e ministero del Lavoro, nell'ambito del Sistema informativo Excelsior.
«Le start-up», precisano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna, «sono un importante elemento di innovazione e hanno un significativo potenziale occupazionale. Per essere pienamente sfruttato questo potenziale ha bisogno di un accesso più diretto ed efficace alle leve finanziarie (pubbliche e private) necessarie per consentire il salto di qualità e la loro stabilizzazione sul mercato».
 Secondo i vertici dell'associazione, per incoraggiare gli imprenditori ad avviare le aziende è necessario rendere più semplici le procedure amministrative, ridurre il carico fiscale e favorire l'accesso al credito. «Vanno in questa direzione», spiegano Piras e Porcu, «la cancellazione dell'Irap per 5 anni e l'accordo Regione-Sfirs-Banco di Sardegna rivolto anche alle start-up e finalizzato al sostegno delle attività innovative con l'assistenza del Fondo regionale di garanzia, che prevede la concessione di un'anticipazione da parte del Banco di Sardegna fino all'80% dell'incentivo pubblico stanziato da Sardegna Ricerche per una somma massima di 50mila euro».
I maggiori problemi per l'avvio di queste imprese innovative sono legati soprattutto all'accesso al credito e a procedure amministrative lente e complicate. Per avviare una start-up di questo tipo non occorrono grandi capitali. La maggior parte di queste aziende - che opera soprattutto nei settori dei servizi (per il circa il 78%), dell'industria (18%) e del commercio (4%) - è partita con un finanziamento di circa 50mila euro. Lo scorso anno, ad esempio, il 40% delle start-up italiane ha fatturato 25mila euro, il 15% 26-50mila euro e un ulteriore 25% tra i 51 e i 250mila euro.
Tra le imprese tecnologiche impegnate nel comparto manifatturiero, secondo quanto riporta lo studio della Cna, «la prevalenza va all'Ict, mentre, nonostante gli incentivi governativi, non decollano l'energia (12%) e il sociale (3%). Sono attive principalmente sul mercato internazionale (un terzo del totale nel caso delle start up manifatturiere) e il 34% su tutto il territorio nazionale».
Per proseguire la loro attività, la maggior parte delle imprese punta sui propri capitali, ma anche su finanziamenti pubblici e prestiti bancari mentre, una minoranza, si affida al sistema del crowdfounding.
 Eleonora Bullegas
 
 
 
 
L’UNIONE SARDA
 
7 - L’UNIONE SARDA di venerdì 20 febbraio 2015 / Borsa (Pagina 39 - Edizione CA)
Quando le tecnologie verdi
sono nemiche dell'Isola
Tecnologie verdi potenzialmente nemiche dell'ambiente. Un paradosso che in Sardegna si traduce in centinaia di ettari sottratti all'agricoltura dagli impianti voluti dalle multinazionali dell'energia rinnovabile. Milioni di kilowatt prodotti da installazioni eoliche, fotovoltaiche, di smaltimento biomasse e termosolari, forniti però a una regione che non ne ha bisogno perché autosufficiente dal punto di vista energetico. Una questione controversa, anche per gli esperti che a volte non riescono ad accordarsi, sulla quale ieri pomeriggio la Presidenza regionale e la Delegazione di Cagliari del Fai hanno voluto aggiungere un tassello con il convegno organizzato nella sede della Fondazione Banco di Sardegna intitolato “La buona terra. Fonti energetiche e impatto su suolo e ambiente in Sardegna”. Tre tavole rotonde incentrate su: Pianificazione Produzione Consumo di Energia in Sardegna; Energie rinnovabili e impatto sull'ambiente in Sardegna; il destino della terra in Sardegna.
«Assistiamo a un saccheggio del suolo regionale da parte di colossi dell'energia senza concrete contropartite economiche e prospettive di benessere», ha denunciato la presidentessa regionale del Fai Maria Antonietta Mongiu. «Anzi, il rapporto tra costi e benefici degli investimenti non premia i sardi, privati di ampie porzioni di territorio a vocazione agricola e costretti a pagare l'energia senza sconti né agevolazioni».
Il timore è che ci sia un proliferare di cattedrali nel deserto. Impianti sconfinati costruiti senza limitazioni su terreni fertili o serre produttive. Un torto per il quale, secondo l'associazione ambientalista, non esisterebbe un'adeguata tutela legislativa. «L'assenza di un Piano energetico regionale lascia spazio a numerosi tentativi di speculazione e allo sfruttamento di terreni considerati a torto, marginali e poco redditizi», spiega ancora Mongiu, «senza conoscere, tramite adeguati e credibili studi, l'impatto che tali iniziative certamente avranno sui suoli della Sardegna».
In arrivo c'è una vera rivoluzione industriale per le campagne della Sardegna. Giuseppe Pulina, agronomo dell'Università di Sassari, ha cercato di demolirne alcuni pilastri importanti. Primo fra tutti il business delle serre fotovoltaiche «improduttive - secondo l'accademico - perché tappezzate di pannelli e quindi incapaci di favorire le reazioni fotosintetiche alla base della crescita vegetale». L'abc dell'agronomia che evidentemente a qualcuno di più influente è invece sfuggito.
Ma al centro di polemiche ci sono anche i progetti previsti nel Sulcis per la piantumazione di canne infestanti utili alla produzione di biocarburanti e la coltivazione del cardo, nel Nordovest dell'Isola, in territori irrigui considerati invece non essenziali. «La scelta del mais sarebbe invece più opportuna - osserva ancora Pulina -, ottimo sia come carburante che come mangime per animali, nel caso si volesse ritornare a riutilizzare in tempi brevi i terreni anche per l'allevamento».
Sul Medio Campidano aleggia invece lo spettro del solare termodinamico, una tecnologia di produzione energetica innovativa e promettente, sviluppata dal premio Nobel Carlo Rubbia proprio nei laboratori del CRS4 di Pula, ma dai devastanti impatti ambientali. Rosanna Foddi dei Comitati Terre per l'Agricoltura illustra il progetto voluto da una multinazionale spagnola per la costrizione di due centrali a Villasor (270 ettari) e Gonnosfanadiga (230). «Un'opera ritenuta strategica», conferma la Foddi, «che porterà probabilmente all'esproprio il 45% dei terreni necessari per i quali non si è raggiunto un accordo economico. Cinquecento ettari di verdi campagne sulle quali le ruspe dovranno fare tabula rasa per preparare il terreno necessario ai filari di specchi solari». Un prezzo forse troppo alto da pagare per avere in cambio le 22 assunzioni promesse dall'azienda spagnola.
Pietro Ciarlo, Costituzionalista Università di Cagliari, nella tavola rotonda conclusiva ha voluto lanciare una riflessione più generale, soffermandosi sui repentini cambiamenti del panorama energetico italiano. «Nel quale, mentre chiudono decine di centrali termoelettriche, si sceglie di investire su fonti più pulite e redditizie, spogliando, per esempio, i colli dei Castelli romani delle loro celebri viti, riproponendo così il significato di terra marginale, poco vantaggiosa per gli agricoltori convinti a cedere le terre a cifre inarrivabili per il mercato agricolo».
 Luca Mascia
 
 
 


LA NUOVA SARDEGNA 
 
8 – LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 19 febbraio 2015 / Lettere e commenti - Pagina 15
DIRITTO ALLO STUDIO
Una eventuale fusione degli atenei di Sassari e Cagliari andrebbe evidentemente a tutto svantaggio di quello turritano. Se ne occupi la politica
Di Antonietta Mazzette
Da alcune settimane si è ricominciato a dibattere sulla cosiddetta Università della Sardegna, discettando su dove collocare il Consiglio di amministrazione: Oristano, Nuoro, chissà! Non è ben chiaro se il cuore della proposta sia quello di una fusione dei due atenei sardi o se, più limitatamente, sia quello di una federazione governata da un unico organo collegiale. Comunque, un unico consiglio di amministrazione significa che, giacché l'università di Sassari è più piccola di quella di Cagliari, si ritroverebbe ad essere, per così dire, "un azionista di minoranza", con meno peso economico e meno rappresentanza politico-culturale. Considerato che le previsioni sul futuro delle università non inducono ad essere ottimisti, scarsi finanziamenti e costante riduzione dei docenti si potrebbero tradurre in scelte quali, ad esempio, accorpamento dei corsi nel caso in cui ci siano duplicati. Ossia quasi tutti, esclusi quelli di Agraria e Veterinaria e forse Medicina. Le raccomandazioni di andare verso federazioni o fusioni erano contenute nella Legge Gelmini, ma non è un caso che il sistema universitario italiano le abbia largamente ignorate. Non mi risulta che in Lombardia, Toscana, Emilia Romagna etc. qualcuno si sia appassionato a questo tema, per cui il nostro è un dibattito tutto locale. Ma non sottovaluto le argomentazioni che stanno alla base degli interventi di alcuni studiosi cagliaritani ed entro nel merito. I due atenei sardi si collocano stabilmente nelle graduatorie in una condizione mediana; quello di Sassari si ritrova spesso ai vertici delle graduatorie delle università medie. Con tutta la diffidenza che si deve avere verso dette graduatorie, ciò dimostra che il sistema universitario sardo è sano e forma laureati di media e buona qualità, con alcune eccellenze. Si pensi ai diversi casi di successo di cui scrive Giacomo Mameli. Naturalmente, i problemi delle due università sono destinati a crescere, tanto per il costante assottigliamento dei fondi e l'assenza di turn over, quanto per la debolezza strutturale del sistema economico sardo. Debolezza che incide negativamente su alcuni indicatori e dunque sulla dotazione dei finanziamenti ministeriali, quali tasse non elevate, scarsa occupazione dei laureati, poca attrattività di studenti provenienti dal di là del mare. Se questa sommaria descrizione dello stato delle cose ha un fondamento, la proposta di Università della Sardegna esige almeno due domande: quali vantaggi e quali costi comporta? Tra i primi certamente vanno asseverati risparmio (compreso quello riguardante il capitale umano), efficienza e maggiore razionalizzazione dell'offerta formativa. Per ciò che riguarda i costi, invece, è necessario chiedersi se questa "nuova" università avrà o no un incremento di iscritti, se potrà essere di maggiore qualità, di quale natura saranno gli effetti sul territorio, a partire da Sassari, giacché, probabilmente l'ateneo di Sassari subirebbe i maggiori sacrifici. Ho molti dubbi che ci sarebbero incrementi di iscritti. Com'è noto, i giovani del Nord Sardegna se scelgono di non studiare a Sassari non vanno a Cagliari, bensì fuori dall'Isola (Pisa, Perugia, Pavia, Torino). Mentre i giovani che rischiano di non poter studiare a Sassari andrebbero a infoltire le fila di coloro che non studiano e non lavorano. Sulla qualità non saprei se un'unica struttura universitaria possa essere un migliore laboratorio di idee oppure no. Mentre gli effetti sulla città di Sassari sarebbero devastanti. La sua storica università, dopo l'Azienda sanitaria, è la più grande azienda del Nord Sardegna e una sua riduzione costituirebbe un evidente danno economico per il territorio. A tutto ciò aggiungo che la proposta di Università della Sardegna è un elemento di un puzzle più grande che va in una sola direzione: concentrare peso politico, risorse materiali e culturali verso l'area metropolitana di Cagliari. Si pensi alle politiche più recenti riguardanti gli assetti istituzionali, la mobilità, i porti. Ciò che però stupisce è il fatto che le classi dirigenti della vasta area territoriale del Nord-Sardegna sia silente, come se ciò di cui si sta discutendo fuori dai loro confini siano di scarso interesse.
 
 
 
LA NUOVA SARDEGNA 
9 – LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 19 febbraio 2015 / Sassari - Pagina 27
Manifestazione con striscioni e cartelli in rettorato per chiedere un emendamento alla Finanziaria
IL GRIDO DEGLI STUDENTI: SALVATE ARCHITETTURA
di Antonio Meloni
SASSARI Che per l’università questo sarebbe stato un anno difficile si era intuito, ma che le proteste cominciassero a poche settimane dall’inaugurazione dell’anno accademico nessuno se lo aspettava. Nel giorno in cui in consiglio regionale si discute la Finanziaria, gli studenti di Architettura hanno invaso il Rettorato con manifesti e striscioni per chiedere il sostegno delle istituzioni in una battaglia che si annuncia dura e difficile. Il dipartimento di Alghero, infatti, rivendica con forza lo status di sede decentrata che la Regione, stando alla protesta degli studenti, avrebbe messo in discussione già nel 2008 in base a una legge dello stato. Tutto è filato liscio fino all’anno scorso, ma da quest’anno le cose rischiano di mettersi male «a meno che –spiega Antonio Columbano, rappresentante degli studenti – la Regione non preveda un emendamento alla Finanziaria». In base al riconoscimento di sede decentrata, di anno in anno il dipartimento algherese usufruiva di finanziamenti specifici dalla Regione: «E questo – prosegue Columbano – ci consentiva di avere tutti i servizi su cui contano normalmente gli studenti della sede centrale, non parliamo solo della mensa che veniva garantita grazie a una convenzione esterna, ma pensiamo soprattutto alla didattica di qualità sulla quale, in mancanza di fondi previsti per le sedi decentrate, ci saranno ricadute pesanti». Ma non è tutto, il rischio paventato ieri dagli studenti – durante la manifestazione che si è svolta nella sede della segreteria centrale, in piazza Università – è di una progressiva paralisi della facoltà tenuto conto del fatto che i primi a farne le spese, a carattere immediato, saranno proprio gli assistenti alla didattica. «Senza contare – dice ancora Columbano – che i contratti del personale amministrativo sono in scadenza». Non solo, sarebbero a rischio anche le nuove immatricolazioni per l’anno accademico 2015-2016. Insomma, lo scenario disegnato ieri concede davvero poco spazio all’ottimismo a meno che, e questa è la richiesta degli studenti, non venga individuata a breve una fonte di finanziamento da destinare alla facoltà algherese. E’ appena il caso di ricordare che il dipartimento di architettura è struttura d’eccellenza e a dirlo sono le classifiche nazionali che vedono la facoltà di Alghero ai primi posti. Quattrocentocinquanta studenti da tutta la Sardegna, diversi provenienti da oltre Tirreno e numerosi anche dall’estero, la facoltà vanta due lauree triennali, scienza dell’architettura e del progetto, e urbanistica; una laurea magistrale internazionale in pianificazione e politiche per la città, l’ambiente e il paesaggio, con una scuola di dottorato in architettura e ambiente che completa il quadro di una facoltà considerata uno dei fiori all’occhiello dell’ateneo turritano. Perciò la decisione della Regione sorprende ancora di più e gli studenti non lo mandano certo a dire: «Ci aspettiamo – prosegue infatti lo studente Davide Casu – che la Regione individui quanto prima i fondi e ci rivolgiamo direttamente al presidente Pigliaru che conosce perfettamente il mondo accademico perché sostenga la nostra facoltà». A fine mattinata, gli studenti hanno diffuso un comunicato stringato per spiegare il senso della protesta: «La legittimità del riconoscimento di sede decentrata – scrivono – trova dimostrazione non solo nella distanza, ma anche nella scarsa efficienza dei collegamenti tra la sede amministrativa e Alghero. A rimarcare le problematicità è la quasi totale assenza dei servizi basilari, sempre previsti per le comunità universitarie. Architettura, eccellenza del territorio sardo e nazionale – concludono gli studenti – si trova in una situazione di grave indigenza e precarietà economica, che si rifletterà inevitabilmente sulla qualità della didattica e sul funzionamento del dipartimento».

 
 
 
 
LA NUOVA SARDEGNA 
10 – LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 19 febbraio 2015 / Economia - Pagina 14
Pubblica amministrazione: fuori chi ha età della pensione
ROMA Niente più scuse per l’uscita dalla Pubblica Amministrazione per chi ha raggiunto l’età pensionabile, anche se con eccezioni. Il ministro Marianna Madia ha firmato la circolare sulla soppressione del trattenimento in servizio e sulla nuova disciplina della risoluzione unilaterale. Intervento volto a «favorire il ricambio» generazionale. Il decreto legge Madia prevedeva dopo il 31 ottobre 2014 l’abolizione del trattenimento in servizio, che consentiva di continuare a lavorare dopo il raggiungimento dei requisiti per la messa a riposo. Ma per i magistrati il termine è stato, già nel decreto legge, esteso al 31 dicembre 2015. «Essendo già scaduto» il termine del 31 ottobre 2014, «i trattenimenti non possono proseguire. A tal fine, si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del decreto-legge) si intendono revocati ex lege». Quanto alla disciplina speciale, si precisa, «la data limite per l’efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo. Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile disporre il trattenimento, che non potrà avere durata tale da superare la predetta data». Riguardo alla scuola, il regime «ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun dipendente del comparto scuola, quindi, può trovarsi ancora in servizio in virtù del trattenimento eventualmente operato». Di pensioni ha parlato anche il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Maria Ferri: «Sui diritti acquisiti in materia previdenziale la Corte Costituzionale ha indicato una via d’uscita: bisogna legiferare in maniera equilibrata seguendo principi di equità e solidarietà», ha affermato nel corso del forum sulle libere professioni, promosso a Roma dalla Cassa Ragionieri, presieduta da Luigi Pagliuca. Il nodo resta la sostenibilità economica.


 
 
 
LA NUOVA SARDEGNA 
11 – LA NUOVA SARDEGNA di giovedì 19 febbraio 2015 / Sardegna - Pagina 5
A Cagliari confronto promosso dal Fai sulle fonti energetiche eco-compatibili
Ecco come salvare la buona terra
di Stefano Ambu
CAGLIARI Sole, vento, canne, cardo, nucleare. E tanto altro. Ma a che prezzo? Sul ring, energia a un angolo e suolo nell'altro. Chi va al tappeto? Vero che la produzione di energia è diminuita ed è tornata quella degli anni Novanta, come ha spiegato Alfonso Damiano dell'universitá di Cagliari. Ma mercato e interessi non mollano: chiedono terreni per "piantare" kilowatt. Sono stati i temi chiave del convegno promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano) nell’auditorium della Fondazione Banco di Sardegna, intitolato "La buona terra: fonti energetiche e impatto sul suolo". Una soluzione al dilemma? Innanzitutto va detto chi deve decidere. I residenti? Una buona soluzione. Chiara Rosnati, docente d’impatto ambientale, ha scelto questa strada: «A Sassari abbiamo provato a costruire una pianificazione partendo dal basso e creato momenti di confronto pubblico. Era emerso ad esempio che una delle migliori forme di energia potesse essere la diminuzione dell'eccessivo consumo». Risparmi come migliore fonte energetica, insomma. Magari con piccoli impianti da realizzare vicino ai consumatori. Quasi un sogno. Che si scontra con una realtà sintetizzata in poche parole: «Gli incentivi economici – ha sottolineato la professoressa universitaria – alterano il sistema». Come dire: la scelta calata dall'alto supera quasi sempre quella che sale dal basso. Concetto ribadito da Angelo Aru, esperto agronomo. «Tutti i progetti – ha rimarcato – devono essere discussi pubblicamente: in Australia si fa così con un dibattito pubblico che può durare anche giorni. Bisogna organizzarsi, analizzare problemi e obiettivi. Ma sempre dobbiamo farci una domanda: abbiamo informato la popolazione? Stiamo attenti all'impatto ambientale e sociale». Il costituzionalista Pietro Ciarlo ha esteso il concetto: «Qui si parla di progetti in terre che vengono definite marginali – ha detto – chi le difende? La politica, altrimenti siamo nelle mani degli interessi. Per esempio possiamo arrivare a un punto fermo: non vogliamo il solare a terra perché consuma territorio». Toccante la testimonianza di Rosanna Foddi, Comitati terre per l’agricoltura (Gonnosfanadiga e Decimoputzu). Parole aiutate emotivamente dalle immagini che ha mostrato durante l'incontro. «Su queste terre – ha sottolineato mentre alle sue spalle scorrevano fotografie di campi verdi e imprese agricole all'avanguardia – vogliono sistemare un impianto termodinamico. Offrirà posti di lavoro? Il saldo occupazionale è negativo. Perché non ci saranno più i lavoratori delle aziende agricole. E tra i progetti c'è anche quello di espiantare degli ulivi: alberi che sono la storia di noi gonnesi». Per Giuseppe Pulina, agronomo dell’università di Sassari, non è vero che la Sardegna importa l'80% di quello che utilizza. «Consumiamo 3,4 miliardi di alimenti all'anno – ha detto – e ne produciamo 1,8 miliardi. Spesso, nelle zone interne, con un circuito breve». Ci sono stati anche interventi pro eolico. E anche pro nucleare. Per quanto riguarda il primo Marino Piga, ingegnere settore eolico Saras spa, ha illustrato l'esempio del parco di Ulassai, in Ogliastra: «La Sardegna sta bloccando l'eolico - ha sostenuto – in controtendenza con quello che succede nel resto del mondo. A Ulassai non c'è consumo di suolo, l'impianto è accettato dalla comunità. E non ci risulta che gli uccelli prendano la mira e vadano a uccidersi nelle pale». In Sardegna nessuno vuole il sito di scorie nucleari? Non è vero: per il fisico Paolo Randaccio il progetto osteggiato da ambientalisti e comitati, potrebbe essere addirittura una opportunità: «Insieme al deposito arriverebbe anche un centro di ricerca. Sapete dove è nato il primo reattore nucleare in Italia? Al Palazzo delle Scienze a Cagliari». Conclusioni di Maria Antonietta Mongiu, presidente Fai Sardegna: «Impossibile pensare che qualcosa possa venire espropriata per fare ricco qualcun altro. Non dobbiamo aggiungere all’isola la servitù dell'energia».


QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa MIUR

 

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