Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
12 January 2015

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Provincia di Cagliari (Pagina 15 - Edizione CA)
ORTACESUS. Dieci i corsi di laurea
Prime prove d’esame nell’ateneo via web
 
Gli esami non finiscono mai, almeno in Trexenta. Si sono tenuti nei giorni scorsi i primi esami del corso di laurea di Giurisprudenza promossi dall’Università telematica Pegaso che, in accordo con l’amministrazione comunale di Ortacesus, ha aperto una sede universitaria per la formazione a distanza.
Quindici studenti, dopo aver seguito le lezioni davanti al computer, hanno sostenuto l’esame nel centro congressi del Comune. Gli altri corsi attivati sono ingegneria civile, scienze turistiche, scienze dell’educazione e formazione, economia aziendale, scienze motorie, management dello sport e delle attività motorie, scienze economiche e pedagogia. Si è tenuto anche un master in criminologia rivolto ai laureati in scienze dell’amministrazione.
La Pegaso si è convinta a investire a Ortacesus per la sua centralità dopo una lungo corteggiamento da parte degli amministratori comunali. «Abbiamo incassato alcune ingenerose critiche iniziali e adesso ci godiamo il successo della nostra iniziativa, sto maturando l’idea di iscrivermi io stesso così i miei detrattori prima o poi la smetteranno di dire che non ho titolo di studio», ironizza il sindaco Fabrizio Mereu.
L’università telematica di Ortacesus, che presto attiverà anche il corso in medicina, arricchisce i servizi e le strutture per l’istruzione a disposizione dei cittadini dell’Unione dei Comuni della Trexenta. (sev. sir.)
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 10 - Edizione CA)
Aggrediti supporter del Cesena
Ultras rossoblù armati di bastoni contro i tifosi romagnoli 
PIAZZA DEL CARMINE. Il raid poco prima della partita tra i tavolini all’aperto di un bar
 
Bottiglie, bastoni, un fumogeno. E l’aggressione. Nel nome di una passione estrema, di un tifo che non ammette rivali. Conosce solo nemici. I supporter del Cesena in trasferta per assistere all’incontro al Sant’Elia, avevano sciarpe e colori della loro squadra del cuore. Troppo per gli ultras cagliaritani. Una provocazione inammissibile.
IL RAID È per questo che ieri, nella tarda mattina, due ore prima del fischio d’inizio della partita, piazza del Carmine, che fino a quel momento aveva ospitato il mercatino domenicale dell’antiquariato, curiosi e tranquillità, è stata teatro di uno scontro violentissimo tra tifoserie. I venticinque supporter della squadra romagnola (tra cui alcune donne) che in quel momento erano seduti ai tavolini all’aperto del bar “Punto Cagliari” - secondo la prima ricostruzione fatta dalla Questura - sono stati presi di mira dagli ultras cagliaritani. Sono volate sedie. Bottiglie. E sono comparsi rudimentali mazze ricavate da tronchi di legno.
LE BOTTE Un tifoso del Cesena è rimasto ferito, fortunatamente in modo non grave. Una vera e propria aggressione rinvigorita dai cori partigiani davanti agli occhi spaventati degli altri clienti, delle persone presenti tra le bancarelle. L’arrivo delle pattuglie della polizia, della Digos ha messo fine alla rissa. Mentre i rossoblù , la maggior parte dei quali con i volti coperti da sciarpe - come ha appurato più tardi la Polizia - se la sono data a gambe abbandonando in piazza del Carmine per disperdersi nelle strade della Marina e di Stampace. Durissima la reazione del questore Filippo Dispenza, intervenuto direttamente in piazza per rendersi conto di persona del grave episodio. «Abbiamo registrazioni video dell’aggressione, non daremo tregua ai violenti. Li puniremo».
LE RICHIESTE Per alcuni minuti il centralino della Polizia ha trillato insistentemente. Sono state numerose le persone che hanno tempestato di richieste d’intervento la Questura. «Ho sentito il baccano e mi sono affacciato. Sono stati momenti di estrema violenza, ho urlato, ho telefonato al 113 e sono sceso. I cagliaritani erano spariti, c’erano soltanto i ragazzi del cesena, qualcuno con qualche segno delle botte. Un’aggressione vergognosa contro persone inermi che stavano mangiando un panino prima della partita. Mi spiace anche per i proprietari del bar dove spesso mi fermo a bere un caffè e che ben conosco», racconta il costituzionalista ed ex preside della Facoltà di Giurisprudenza, Pietro Ciarlo.
Andrea Piras
 

 
LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 8
Il docente Giacomo Oggiano: «La nostra terra non ha i requisiti previsti
Al di là delle posizioni ideologiche, ecco punto per punto le controindicazioni»
Il geologo: «Non è adatta, perciò l’isola sarà esclusa»
di Pier Giorgio Pinna
 
SASSARI «È molto probabile che non saranno le pregiudiziali ideologiche né la resistenza o le pressioni dell’opinione pubblica a far scartare l’isola come deposito nucleare». Secondo Giacomo Oggiano, professore all’università di Sassari nel dipartimento di Scienze della natura e del territorio, «la Sardegna non dovrebbe essere scelta semplicemente perché non è idonea». Docente attento all’ambiente, negli ultimi tempi ha polemizzato con diversi movimenti ecologisti e con la Coldiretti di Arborea per le sue posizioni in favore delle ricerche geotermiche e del metano. E oggi spiega che per lui "non adatta" significa priva delle caratteristiche per ospitare senza rischi i residui radioattivi a intensità medio bassa. Un discorso soltanto tecnico, slegato da qualsiasi considerazione di tipo ideologico. Ma su che cosa fonda le sue convinzioni? «Spesso, e a volte in maniera non del tutto esatta, si parla della Sardegna come di una terra dove non ci sono terremoti. Su questa base, già in passato, da qualche parte si continua ritenere che l’isola possa così essere considerata la candidata ideale a ospitare centrali atomiche o depositi di scorie nucleari. Ma non è cosi». Per quale ragione? «Non basta la bassa sismicità per farne la regione ottimale sotto questi profili. Come si evince dall’elenco delle 15 condizioni che rendono un territorio non idoneo per lo stoccaggio di questo genere di scorie, si prevedono altri requisiti che la Sardegna certamente non possiede». Quali, esattamente? «Si parla di pendenze inferiori al 10%: in pratica solo zone pianeggianti. E queste aree sono poche in Sardegna, a esclusione di Nurra e Campidano. Le altre piccole pianure sono costiere. Per giunta soggette a esondazioni: perciò escluse già in partenza». Allora perché non potrebbe venire presa in considerazione la Nurra? «Gran parte della Nurra, quella pianeggiante, si estende su calcari. Quindi è interessata da fenomeni carsici, altra condizione che esclude l’insediamento. Inoltre ospita un aeroporto, lo scalo di Fertilia: altro motivo per il quale è fuori dal protocollo e dai canoni individuati per lo stoccaggio. Infine ha nel proprio sottosuolo diverse falde acquifere. Tutti aspetti inconciliabili con l’obiettivo della Sogin, la Società pubblica per il nucleare». E il Campidano? «Non va bene perché è l’area più densamente popolata dell’Isola. Ricca di falde acquifere, che spesso in autunno sono anche affioranti, e di depositi alluvionali recenti». In via astratta ci sono altre località che potrebbero essere valutate? «Restano gli altopiani al di sotto dei 700 metri. Tra questi, i tacchi. Ma sono da escludere perché a loro volta interessati da fenomeni carsici. Ci sarebbe parte dell’altopiano di Quirra: tuttaviaper la presenza del poligono è già escluso a priori». Perché? In fin dei conti si è invece parlato sempre di stoccare scorie radioattive in aree militari per consentirne la vigilanza costante? «Ma è proprio il protocollo che esclude invece in partenza parchi, riserve naturali, e zone militari». Insomma, qualsiasi punto dell’isola secondo lei non andrebbe bene sotto il profilo tecnico-scientifico? «In realtà, dopo quanto ho appena detto, non resta molto. E, soprattutto, non ci sono zone prive di circolazione idrica sotterranea. Chi ha visto aree desertiche in Sardegna deve aver sognato. Chi ha pensato alle miniere, non sa che le grandi miniere abbandonate sono tutte allagate. E in ogni caso nessuno ha mai parlato di deposito sotterraneo». Che cosa intende? «Voglio dire che un deposito di quel tipo è stato ipotizzato a suo tempo solo nelle formazioni saline di Scanzano, in Basilicata. Ma per scorie nucleari ad alta intensità, non per queste a cui si fa riferimento adesso. Quell’ipotesi comunque si scontrò con l’ovvia opposizione del 100% della popolazione». E quindi lei che cosa suggerisce? «Fra due mesi si saprà il nome del sito individuato. Si può aspettare. E, nell’eventualità che l’isola sia comunque inserita nella lista delle aree potenzialmente idonee, dimostrare che la Sardegna non può ospitare un deposito di quel tipo: perché ha "già dato", ma soprattutto perché non è idonea». Allude a recenti posizioni politiche su questo stessa tema? «Niente riesce a coagulare consenso come la paura del nucleare. Lo aveva capito bene il governo Craxi che indisse un referendum per la denuclearizzazione del Paese poco dopo l’incidente di Cernobyl. Anche qui da noi la giunta Cappellacci fece qualcosa di simile un paio di mesi dopo l’incidente di Fukushima. Ma non occorreva certo un sondaggio dall’esito scontato per sapere che nessuno vuole il nucleare sotto casa: in ogni angolo dell’Italia dei localismi i no sarebbero stati il 100%». Eppure la preoccupazione è un sentimento condivisibile di fronte a certi allarmi: non crede? «I timori sono più che giustificati, se si considerano Fukushima, Cernobyl e la follie belliche di Hiroshima e Nagasaki. Io però sollevo un altro interrogativo: a che servono queste battaglie dall’esito più che scontato?». E allora qual è il punto? «Mi appare comprensibile che chi vive di battaglie identitario-ambientaliste abbia bisogno di argomenti su cui mobilitare consenso. Magari corroborate dal giusto senso di ostilità nei confronti di possibili scelte che, come ad esempio per le servitù militari, ci hanno sempre penalizzato. Meno comprensibile è che si fascino la testa prima di vedersela rotta politici che dovrebbero avere pratica istituzionale per aver gestito in passato il potere a livello regionale». A chi fa riferimento? «Mi sembra che la gara a chi è più contrario sia po’ da parte di tutti. Mi hanno colpito le affermazioni di Mauro Pili quando sostiene che i criteri sono stati tagliati sulla Sardegna. Ma anche la dichiarazione di Ugo Cappellacci sullo "Stato che deve tenersi le sue porcherie"». Perché? «Ho letto sia i criteri di esclusione che quelli di approfondimento redatti dai geologi e dai pianificatori dell’Ispra e non mi sembra onesto dire che avessero in mente l’isola. Ad esempio non è vero che vengano esclusi i siti vicini ad autostrade per penalizzare la Sardegna che non ne ha: in realtà si parla di strade extraurbane principali. Vengono eliminati anche i siti prossimi a dighe: e l’isola con le sue 60 dighe è decisamente avvantaggiata nei criteri di esclusione». E dunque? «Le “porcherie dello Stato italiano", poi, sono scorie a bassa e media intensità, che in parte derivano da attività diagnostiche e terapeutiche prodotte in tutti gli ospedali, anche quelli sardi. Il deposito per le scorie ad alta attività, che in questo momento sono in Francia, è di là da venire. E ogni modo questa attenzione alla salute non è molto credibile da parte di chi in passato ha avuto ruoli di responsabilità durante scempi ambientali come, ad esempio, a Furtei» . Rilievi pesanti, i suoi, professor Oggiano. «Beh, coerenza vorrebbe che la stessa indignazione fosse esibita contro il rischio di cementificazione delle coste». Quindi, tornando alle scorie, quali sono le sue conclusioni? «Sul fatto che il deposito di superficie sia individuabile in Sardegna sono molti di più i dubbi delle certezze esibite da alcuni. Sarebbe interessante sapere quali sono le fonti sicure: forse i servizi segreti?». In definitiva, che cosa si sente di aggiungere? «Può darsi che nella cartografia in questi gionni trasferita dalla Sogin all’Ispra figurino nostre località. Ma è ragionevole pensare che, con questa crisi, ci siano aree del continente che in base ai 15 criteri di esclusione previsti, sono molto più idonee della Sardegna. E che, forse, hanno già contrattato l’investimento da 1,5 miliardi legato alla realizzazione del deposito».
 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Sassari – pagina 21
Il Centro di studi e ricerche parlamentari
Alessandro Tedde, un sassarese al Seminario Tosi
 
SASSARI Un sassarese al prestigioso “Seminario di Studi e Ricerche Parlamentari” di Firenze. È il ventiseienne Alessandro Tedde, 26 anni, presidente nazionale del think tank “Sinistra 21”. Il giovane si è laureato nel 2013 con 110 e lode nell’ateneo turritano con una tesi in diritto costituzionale su “Il Principio di Sovranità popolare. Ruolo dei partiti secondo l’articolo 49 della Costituzione e nuove forme della democrazia”, relatore il professor Omar Chessa. Il Seminario è un centro per la ricerca e l’alta formazione ed è promosso dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica.Il corso è stato fondato nel 1967 da Silvano Tosi, a cui è intitolato, Paolo Barile, Alberto Predieri e da Giovanni Spadolini. Nasce dall’esigenza che le Camere si dotassero di un personale di supporto all’attività politico-parlamentare, che abbinasse ad una sicura conoscenza dei meccanismi e delle regole proprie del diritto parlamentare un’altrettanto estesa conoscenza di altre discipline. Il Seminario nell’arco di ormai trent’anni di esperienza, si è conquistato una notorietà e un prestigio crescenti a livello nazionale, come testimoniato dal numero delle domande che annualmente vengono presentate, a fronte dei pochi posti disponibili. Una notorietà ed un prestigio determinato anche dai risultati che il seminario ha prodotto: ogni sua edizione ha registrato un numero consistente di vincitori ai concorsi di Camera e Senato (dal Seminario sono usciti gli ultimi due segretari generali della Camera), così come sono numerosi gli ex alunni che sono passati nei ruoli dell’Università italiana. Moltissimi professori e collaboratori accademici, infatti, hanno mosso i loro primi passi dal seminario fiorentino. Per il sassarese Tedde un’opportunità e un riconoscimento alle proprie capacità.

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