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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
08 November 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’Unione Sarda di sabato 8 novembre 2014 / Agenda Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ. Facoltà di Lettere
Panoramica sulla vita degli studenti
Un cortometraggio sulla vita degli iscritti dell'Ateneo cagliaritano. Presenteranno il progetto e raccoglieranno idee e suggerimenti, oggi alle 11 nell'atrio della Facoltà di Lettere e Filosofia, gli studenti dello Sportello idonei non beneficiari, che puntano a ricostruire la vita dei pendolari, degli idonei non beneficiari di borsa e posto alloggio. Ma anche ciò che succede nelle facoltà, biblioteche, mense e case dello studente.
Una panoramica analitica dell'università cittadina, per tracciarne lo stato di salute, evidenziare il calo di iscritti e in generale le problematiche legate al diritto allo studio, di cui spesso sono privi proprio gli studenti idonei non beneficiari. Un dato su tutti: l'anno scorso, dopo l'uscita dalle graduatorie definitive, 257 di loro si sono visti costretti ad abbandonare gli studi. (cl.m.)
 
 
2 - L’Unione Sarda di sabato 8 novembre 2014 / Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
La Regione: non si scaverà. Il costituzionalista: serve un atto interpretativo
Trivelle, pericolo scongiurato? Insidie di una legge ambigua
Domanda: la legge Sblocca Italia sblocca anche le trivellazioni in Sardegna, com'era previsto nella versione originale del decreto? La risposta prevalente è no. L'assessore regionale all'Ambiente Donatella Spano , ad esempio, è certa che «in Sardegna non si trivellerà» grazie a una norma approvata in commissione Ambiente e recepita dal Governo (l'articolo 43 bis) che tutela le regioni a Statuto speciale.
Ma non tutte le interpretazioni sono univoche. Nemmeno quelle dei parlamentari che hanno votato la fiducia (l'ennesima) chiesta dal Governo sulla legge per evitare la preannunciata ondata di ostruzionismo. Per dire: Caterina Pes , deputata del Pd, ha schiacciato il pulsante verde come quasi tutti i suoi colleghi di partito e ritiene che «in linea di massima» il rischio di trivellazioni sia scongiurato «anche grazie alla nostra battaglia». Poi dice: «Speriamo di aver fugato il pericolo».
La vicina di banco Romina Mura non dice che sicuramente non si trivellerà ma che «c''è stato un significativo intervento di modifica nella commissione Ambiente che ha introdotto maggiori requisiti di tutela e garanzia ambientale, tra i quali l'obbligo di intesa con la Regione per il rilascio del titolo di attività in terraferma anche se sulle trivellazioni a mare le Regioni sono del tutto private della potestà di esprimersi».
Michele Piras ha votato no perché il suo partito, Sel, è all'opposizione ma anche perché riteneva che lo “Sblocca trivelle” sia un insulto alla specialità della Sardegna. Tanto che suggeriva alla Giunta Pigliaru un ricorso alla Consulta, come ha fatto il Consiglio regionale campano. Ma anche lui vacilla davanti a quella norma inserita in Commissione Ambiente che recita così: «Le disposizioni del presente decreto-legge sono applicabili nelle Regioni a Statuto speciale... compatibilmente con le norme dei rispettivi Statuti e delle rispettive norme di attuazione».
Una norma di salvaguardia che vale per tutta la legge. «Dunque», si chiede Piras, «tutta la legge sui mette in discussione per la Sardegna? Immagino un grande contenzioso davanti alla Corte costituzionale». Ma per Donatella Spano «la sovranità della Sardegna in materia di sottosuolo è indubbia, dunque i nostri interessi sono salvi». In realtà le certezze dell'assessore non sono granitiche. «Aspettiamo le norme attuative perché sappiamo che è sempre possibile un'interpretazione».
Andrea Deffenu, professore associato di Diritto costituzionale alla facoltà di Scienze politiche dell'Università di Cagliari, lo conferma, ma spiega: «La norma che fa riferimento alle Regioni autonome è tutto e niente perché rinvia ogni decisione a un ulteriore atto interpretativo. Tuttavia», aggiunge, «ritengo che la Regione sia tutelata perché se il Governo avesse voluto imporre immediatamente la sua volontà avrebbe chiarito che quelle che autorizzano le trivellazioni sono norme di grande riforma economica e sociale. Non essendoci questa formula, a una prima lettura mi pare che si subordini l'applicazione della norma ad un atto della Regione».
Emanuele Cani , anche lui deputato Pd, ha le idee chiare: «Posto che quando si vota la fiducia, si approva un provvedimento non emendabile, io non sono contrario alle trivelle. Penso che sia opportuno andare a vedere che cosa c'è nel sottosuolo e poi decidere che cosa farne. Ma è chiaro che tutto questo deve essere fatto nel pieno rispetto dell'ambiente». Il fatto è che le due cose non sono compatibili. O si tutela l'ambiente o si trivella. Esattamente ciò che pensa Emanuela Corda , che come tutti i deputati e senatori del Movimento cinquestelle ha votato contro lo Sblocca Italia: «L'aggressione del territorio non si scongiura né con le chiacchiere né con la scarsa chiarezza che, anzi, favorisce interessi torbidi», chiarisce. «Questa legge dà ampio mandato di fare ciò che vuole a chi avrà le autorizzazioni a trivellare. Noi dovremmo valorizzare le nostre risorse turistiche e ambientali non regalare il territorio agli speculatori e dovremmo difendere la nostra autonomia».
Francesco Sanna invita ad evitare due opposti estremismi. «Quello di chi di fronte a qualsiasi interesse economico sarebbe disponibile a vandalizzare paesaggio ed ambiente, e quello di chi propone un rifiuto ideologico delle attività industriali con il pretesto della tutela ambientale. Nel merito», aggiunge l'avvocato sulcitano del Pd, «ricordo che la legislazione italiana in materia di ambiente e attività produttive è tra le più rigide d'Europa, e quindi del mondo. E anche nelle conferenze di servizio guidate dalla amministrazione dello Stato, e nelle quali le Regioni saranno comunque chiamate dire la loro, sempre quelle disposizioni si dovranno applicare».
Sul concetto degli estremismi concorda Pierpaolo Vargiu (Scelta civica - Riformatori): «Ho votato sì allo Sblocca Italia con la certezza che la norma di salvaguardia per le Regioni a Statuto speciale inserita nell'emendamento approvato in commissione Ambiente e fatto proprio dal Governo scongiuri ogni scippo alla Sardegna in questa materia. Detto questo, resta il tema di come procurarci l'energia. In questi anni», aggiunge, «ho sentito solo no: al galsi, al fotovoltaico, al rigassificatore, all'eolico e alle trivelle e non ricordo un comitato del sì. Ecco, vorrei che ci pronunciassimo sull'energia altrimenti proseguiremo verso la decrescita felice».
Caterina Pes ha una preoccupazione: «In fondo sono convinta che la norma di salvaguardia protegga la Sardegna dalle trivelle. Il pericolo però è un altro: la specialità, che ora ci salva, domani potrebbe non esserci più».
Questo è il quadro della situazione. Tutto chiaro? No, appunto. Allora è meglio vigilare con attenzione, in attesa dell'ennesima circolare interpretativa.
Michela Murgia , fiera e attiva oppositrice delle perforazioni in territori felici, è certa che si trivellerà. E in un tweet posta i nomi dei deputati che hanno votato sì. Senza aggiungere alcun commento.
Fabio Manca
 
 
3 - L’Unione Sarda di sabato 8 novembre 2014 / Agenda Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
A proposito del colle San Michele
Su L'Unione Sarda ho letto con una certa apprensione la lettera di Pierpaolo Sotgiu “Il degrado del colle di San Michele”. Mi soffermo brevemente su quanto appreso e torno indietro nel tempo. Anni 70-80 e oltre, è in piena funzione e frequentatissima la scuola media di via Meilogu, poi denominata Ciusa: gli insegnanti e gli alunni di quegli anni si battono per la salvaguardia del colle, un polmone verde in un quartiere affollato che viene coinvolto e partecipa attivamente. Gli alunni di alcune classi, in particolare i corsi B ed E, censiscono tutte le piante del colle, Nicola Dessì col suo gruppo conta tutti i pini. Sul colle viene rimarcata la presenza, forse unica stazione in Italia, di una pianta, la Satureja thymbra i cui semi, vitalissimi, molto tempo dopo saranno prelevati e fatti germinare presso i laboratori dell'Università di Cagliari e del giardino botanico di Valencia. Si instaurano mostre dove vengono messe in evidenza anche le zone di Tuvixeddu, seguono dibattiti, e conferenze. In quegli anni sorse il Comitato per la salvaguardia del “Colle San Michele” con a vessillo la scritta “Giù le mani dal Colle San Michele” cui aderirono Italia nostra, Ist. Naz. di urbanistica, Parrocchia M. Kolbe, le circoscrizioni e i circoli di quartiere, il Gruppo speleoarcheologico Spano, sindacati, federazioni e consigli di fabbrica. Mi auguro che quanto fatto in seguito: restauro del castello, allestimento di varie strutture, riassetto del verde e creazione di un parco urbano, non venga dimenticato o trascurato e che l'attuale chiusura sia dovuta solo a lavori di ripristino.
Maria Pia Grasso
 
 
4 - L’Unione Sarda di sabato 8 novembre 2014 / Borsa (Pagina 13 - Edizione CA)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. Quasi colmato il fabbisogno straordinario per il pregresso
Debiti, lo Stato paga davvero
Mancano solo 5 miliardi per soddisfare i crediti patologici
Il problema dei debiti della pubblica amministrazione si avvia finalmente a soluzione. Il governo ha erogato ad oggi oltre 40 miliardi di euro (di cui più di 32 già pagati ai creditori), una cifra che esaurisce quasi del tutto le esigenze delle amministrazioni pubbliche per sanare i debiti pregressi accumulati negli anni e definiti per questo «patologici».
Secondo i calcoli del Mef, per completare l'operazione restano da elargire infatti solo altri 5 miliardi, tali da «esaurire il fabbisogno straordinario» di ministeri ed enti locali e da consentire di chiudere «definitivamente il problema» nel giro delle prossime settimane.
Con gli ultimi dati sui pagamenti il Tesoro ha fornito anche nuovi chiarimenti sull'ammontare complessivo dei debiti. Secondo Via XX Settembre infatti, le stime che Bankitalia rende note in occasione della Relazione annuale «vengono erroneamente utilizzate per indicare il debito scaduto e non oggetto di contenzioso». Tanto che la stessa Banca d'Italia ha chiarito, nel Bollettino Economico di aprile 2014, che il debito «certo, scaduto ed esigibile» delle amministrazioni pubbliche rappresenta poco più della metà delle stime del debito complessivo. Quindi poco più della metà di 91 miliardi a fine 2012 e poco più della metà di 75 miliardi a fine 2013.
L'andamento dell'accumulo di debito mostra un forte aumento nel triennio 2009-2011, con una stabilizzazione poi nel 2012 ed una crescente difficoltà dello Stato però a far fronte ai propri impegni commerciali.
L'inversione di tendenza si è registrata a fine 2013, grazie ai provvedimenti presi e messi in campo dal governo Letta prima e da quello Renzi poi, anche su pressione dell'Unione europea.
La vera sfida per il Governo è dunque ora quella di ottenere una riduzione generalizzata dei tempi medi di pagamento a 30 giorni, conducendo i casi patologici a una dimensione marginale da risolvere caso per caso. Per questo si punta molto sulla fatturazione elettronica, obbligatoria nei confronti delle amministrazioni centrali dello Stato da giugno di quest'anno e obbligatoria per tutti gli altri enti da marzo prossimo. Grazie alla fatturazione elettronica l'amministrazione centrale dello Stato potrà monitorare l'evoluzione del debito di tutte le amministrazioni centrali e locali, con la facoltà di intervenire nei casi patologici.
Mila Onder




LA NUOVA SARDEGNA
5 - La Nuova Sardegna di sabato 8 novembre 2014 / Attualità - Pagina 9
I lavoratori protestano contro il blocco dei salari. Madia: «Li ascolterò. Nessun posto sarà a rischio»
In piazza gli statali: «Pronti allo sciopero»
ROMA In 50 mila sfileranno per le vie del centro della capitale contro quello che considerano l'ultimo smacco: l'ulteriore, il sesto, anno di blocco salariale. A manifestare stavolta non sono le tute blu ma i travet, per una protesta che, non era mai accaduto prima d'ora, vedrà insieme non solo la Cgil, la Cisl e la Uil, ma anche tutte le categorie del pubblico impiego, dalla scuola alla sanità, dai ministeri agli enti locali. Tutti già pronti, fanno sapere i sindacati, a incrociare le braccia per il primo sciopero dopo quasi dieci anni. «I lavoratori pubblici non ne possono più di governi che si accaniscono contro di loro», spiegano gli statali della Cgil. Anche la Cisl Fp rompe gli indugi: «Tutti unitariamente continueremo la mobilitazione fino allo sciopero». La Uil detta i tempi, sottolineando che dalle parole si passerà ai fatti «prima» della «ratifica» della manovra. Quindi se scioperò sarà probabilmente cadrà già a dicembre. «Troppi slogan e pochi fatti», lamenta il segretario generale della Fp Cgil, Rossana Dettori, rivolgendosi al ministro della Pa, Marianna Madia. Ministro che replica: «ascolterò le loro ragioni». I sindacati lamentano oltre alle perdite in busta paga, stimate in 5 mila euro annui a testa, anche un taglio netto del personale, sceso di quasi, sottolineano, mezzo milione in dieci anni. Un'emorragia che per il responsabile della Cisl Fp, Giovanni Faverin, non sì è ancora fermata: altri 58 mila posti andranno in fumo entro il 2018, per i paletti imposti al turnover. Cifre che per tutte le rappresentanze del pubblico impiego, ben 12 sigle sul piede di guerra, impongono una risposta. La mobilitazione di oggi è il primo passo, spiegano. Si parte da pizza della Repubblica alle 12:30 per arrivare a piazza del Popolo intorno alle 14:30. Il comizio finale è affidato ai vertici delle confederazioni: Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Sul corteo vigileranno oltre 500 agenti, ma al momento non sarebbero state disposte misure particolari. Faremo sentire le «nostre ragioni anche attraverso la lotta estrema», annuncia il segretario generale della Uil Fpl, Giovanni Torluccio. I sindacati sembrano pronti a una battaglia senza quartiere, oltrepassando le forme tradizionali di protesta. La Cgil, ad esempio, invita i supplenti delle scuole superiori che «non vengono pagati» dallo Stato a «mandare le loro bollette direttamente al presidente del consiglio, così le pagherà lui». Le preoccupazioni più forti sono concentrate sui precari della Pa (120 mila escluso il settore dell'istruzione). E si teme anche per i dipendenti delle Province, che seppure a tempo indeterminato, si troveranno ad affrontare una riforma che porta al superamento di quel livello di governo. Ma Madia rassicura: «Il posto verrà garantito a tutti» anche attraverso il ricorso alla mobilità: «un grande processo» di cui «nessuno deve avere paura».


6 - La Nuova Sardegna di sabato 8 novembre 2014 / Lettere e commenti - Pagina 17
IDENTITÀ
Chi insegna nelle scuole dell’isola deve conoscere il sardo
Dell’intervento di Diego Corraine condivido quasi tutte le considerazioni: la lingua è il fattore principale di ogni etnia; la Regione Sarda non si è impegnata per far applicare una legge regionale e una statale, già promulgate, in difesa del sardo e delle lingue di minoranza; una politica in difesa della lingua sarda, mandata avanti con impegno avrebbe pure ricadute di carattere occupazionale per i giovani sardi. La conseguenza è che continuiamo ad assistere alla dissardizzazione linguistica dei Sardi, effettuato dalla scuola, dai mass media, dallo sport. Eppure ci sarebbe un mezzo facile ed efficace, che, adottato, consentirebbe non solo la salvaguardia del sardo, ma pure il suo recupero nella scuola, nella politica e nella cultura. Si tratterebbe di fare entrare nello Statuto della Regione Sarda, un solo nuovo articolo, in analogia con quanto avviene in Val d'Aosta e in Alto Adige: nessuno può operare nella scuola e negli uffici pubblici se non conosce la lingua francese e quella tedesca. Ebbene, se noi sardi vogliamo salvaguardare la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra etnia, dovremmo pretendere l'inserimento nello Statuto Sardo di questo nuovo unico articolo: "In Sardegna nessuno può insegnare nelle scuole se non conosce e adopera la lingua sarda. Ogni insegnante ha l'obbligo di conoscere in maniera passiva e attiva una delle varietà della lingua sarda e conoscere in maniera passiva almeno un'altra varietà. Nell'elenco delle varietà dialettali da adoperare nelle scuole sono da includere, con uguali diritti e dignità, pure quelle di ulteriore minoranza: gallurese, sassarese, algherese e tabarchina. L'uso della lingua sarda e/o delle varietà alloglotte, assieme a quello della lingua italiana, deve avere pure un carattere strumentale, cioè deve valere pure nell'insegnamento delle altre discipline". Prevedo un'obiezione: quale sarebbe la lingua sarda da adoperare nelle scuole? Per me la risposta è facile: la lingua sarda ha due varietà fondamentali, il logudorese e il campidanese, entrambe ormai formalizzate, intercomprensibili per tutti i sardi, entrambe ormai in possesso di un buon patrimonio di letteratura in poesia e in prosa. A tal proposito si deve sapere che ormai abbiamo sia nella varietà logudorese sia in quella campidanese, componimenti poetici di elevato valore, spesso molto superiore a quello del "T'amo o pio bove" e alla tiritera di "Davanti San Guido". Però io escludo decisamente che come lingua sarda sia considerata quella che è stata inventata e denominata la "limba comuna": secondo me - che sono il linguista che ha scritto più di tutti sul sardo - questa è un "grosso pasticcio messo su da pasticcioni", che la Regione ha avuto la sventatezza di adottare ufficialmente, mentre, esclusi gli inventori, nessun altro sardo la adopera e nessun altro sardo la vuole. Un'ultima considerazione, ma non la meno importante: nell'insegnamento e nell'uso del sardo nelle scuole si dovrebbero distinguere bene due momenti, l'"orale" e lo "scritto": rispetto all'orale nelle scuole si dovrebbe adoperare il "suddialetto locale", anche quello del più piccolo villaggio: a Cagliari si dovrebbe adoperare su casteddaju, a Villaputzu su sarrabbesu, a Lanusei su lanuseinu, a Nùoro su nugoresu, a Ozieri su ottieresu ecc. Con tale procedimento si otterrebbe il grande risultato di coinvolgere nell'operazione di recupero della lingua sarda pure la generazione dei vecchi, i quali sarebbero assai contenti di insegnare ai nipotini il suddialetto del loro sito natale. Invece nel momento dello scritto gli insegnanti dovrebbero richiedere dagli alunni l'uso del logudorese comune nel Capo di Sopra e del campidanese comune nel Capo di Sotto. Nelle zone alloglotte, Carloforte, Alghero, Sassari, Castelsardo, Gallura si dovrebbero ovviamente insegnare le rispettive parlate.
 
 
7 - La Nuova Sardegna di sabato 8 novembre 2014 / Sassari Pagina 30
Porto Torres, idea originale del Liceo che crea un nuovo servizio per il territorio
Corsi per guide, operatori turistici e commercianti: sfida alla crisi che blocca tutto
DAL CENTRO LINGUISTICO LE RISORSE PER GLI STUDENTI
di Gianni Bazzoni
PORTO TORRES La scuola che si apre al territorio e mette a disposizione locali, attrezzature, conoscenze e personale. E lo fa in uno dei momenti più difficili per una città, come Porto Torres, che paga il durissimo prezzo della crisi a seguito del crollo della grande industria e, quindi, della scelta di una monocultura che ha annullato ogni possibile alternativa. L’idea coraggiosa arriva dal Liceo scientifico e linguistico (inglobato per via delle ultime riforme nell’Istituto di istruzione superiore Mario Paglietti) che ha deciso di creare il Centro linguistico turritano. Il progetto è già stato approvato dal collegio docenti e ha ottenuto il patrocinio del Comune che lo ufficializzerà con una delibera lunedì. La novità è rappresentata dal fatto che il Centro linguistico - oltre a essere una opportunità straordinaria per il territorio - darà un impulso importante alle speranze e alle aspettative degli studenti: i proventi infatti verranno ridistribuiti ai ragazzi per contribuire al pagamento delle tasse per le certificazioni, per gli stages all’estero e per tutte le iniziative legate all’apprendimento e al perfezionamento delle lingue straniere. Non ci sono precedenti in altre scuole superiori sarde, a Sassari l’unico Centro linguistico è quello dell’Università. L’iniziativa è emersa in maniera naturale, grazie agli stimoli del Centro risorse del Liceo e alle esperienze positive maturate finora, come per esempio Sardegna Speaks English che - solo al Liceo - aveva richiesto ben otto corsi. «Certo quelli erano gratuiti – afferma la professoressa Marcella Fiori, la docente di inglese che ha promosso l’idea – ma il Centro linguistico turritano avrà costi bassissimi: pensiamo a 250 euro per 40 ore di corso, quindi 6,25 euro a lezione. E sarà una scuola al servizio del Liceo e del territorio, capace di fornire corsi di lingue per gli operatori turistici, i commercianti, le guide del museo, gli operatori del Parco dell’Asinara, i dipendenti di Enti pubblici ma anche di aziende private». La sfida è stata colta dall’assessore Alessandra Peloso (deleghe Cultura e sviluppo turistico) che ha sostenuto e incoraggiato il progetto. «Lo presenteremo lunedì mattina al Liceo – afferma – e crediamo molto nell’utilità dell’iniziativa, perché può aggiungere qualità in un settore (quello della conoscenza delle lingue) che è strategico e fondamentale per lo sviluppo». Si comincia subito con un corso di cinese, il simbolo del Centro linguistico turritano è la chiesetta di Balai stilizzata. Si parte da lì, con una idea forte, basata sulla prospettiva di riconversione delle risorse umane, per puntare sullo sviluppo delle potenzialità ambientali e culturali e dare risposte concrete a un territorio che vuole riscoprire una vocazione turistica rimasta a lungo sommersa.


 

QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa MIUR

 

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