Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
30 October 2014
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

 
L’UNIONE SARDA

1 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
Ma non è un’isola per stranieri
Immigrazione più bassa del resto d’Italia: 42.159 presenze
IL DOSSIER. Gli esperti: «Extracomunitari fondamentali ma discriminati sul lavoro»

Gli stranieri ci sono e crescono negli anni, ma i numeri sono molto più bassi del resto d’Italia: la Sardegna è più terra d’emigrazione. Cioè - ha spiegato ieri Gianni Loy, docente di diritto del lavoro dell’Università di Cagliari, durante la presentazione del dossier “Immigrazione 2013” promosso da Unar e per la parte sarda dal Centro studi relazioni industriali (Csri) dell’ateneo - «il numero di chi parte in cerca di fortuna è superiore al numero di chi arriva».
Il numero degli stranieri che vive nell’Isola è irrilevante rispetto al dato nazionale: appena lo 0,9% di quanti risiedono in tutta Italia. Per giunta è grazie a loro che in Sardegna si registra un lieve aumento della popolazione.
Lo scorso anno gli immigrati che hanno scelto di vivere nell’Isola sono stati 6.549 (+18,4%). Il totale degli stranieri residenti è così salito a 42.159, pari al 2,5 per cento della popolazione sarda. Quindi, ha sottolineato Loy, «il numero degli stranieri aumenta nonostante la crisi, e ciò è dovuto più a nascite e ricongiungimenti familiari che a nuovi flussi migratori».
RIPARTIZIONE E PROVENIENZA La provincia di Cagliari ospita la fetta maggiore dei 42mila (13.880), segue Olbia-Tempio con 10.678. Poi Sassari con 7.607, Nuoro con 3.466, Oristano con 2.621, Carbonia-Iglesias con 1.776, il Medio Campidano con 1.161. Ultima l’Ogliastra dove risiedono solo 970 immigrati. Il 53,7 per cento degli immigrati presenti nell’Isola è di origine europea, il 23,4 africana, il 17,5 asiatica. Ai primi posti ci sono Romania (9.654), Marocco (3.844), Senegal (2.793), Cina (2.669), Ucraina (1.681) e Filippine (1.452). Seguono la Germania con 1.119 presenze, e la Polonia con 968.
LAVORO Crescono le imprese immigrate, arrivate nel 2013 a 9.166. Di queste, oltre il 77% è nel settore dei servizi, il 13,8% nell’industria e solo il 4,8% nell’agricoltura. Discorso a parte per le ditte straniere individuali che sono cresciute del 8,2%, costituite da venditori ambulanti.
DISCRIMINAZIONI Secondo Gianni Loy «c’è un’immigrazione anche di qualità, ma persiste una netta disparità di trattamento economico tra un lavoratore immigrato e uno sardo». Nel senso che «vengono inquadrati a un livello inferiore rispetto alle loro professionalità». Insomma: troppe discriminazioni. Uno su tutti: «Non è vero che portano via lavoro ai sardi. Inoltre con la crisi della natalità - e la Sardegna è all’ultimo posto in Italia - concorrono a colmare un deficit dannoso per l’economia. Gli studi della Ue lo dicono: senza nuovi immigrati la nostra economia soffre».
DISAGI Alla presentazione del dossier c’era anche l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Cagliari. «Qui da noi gli immigrati regolari sono il doppio rispetto alla media sarda - ha detto Luigi Minerba - il problema è che il ricorso ai servizi sociali è crescente, anche da parte dei regolari. Se si prova a fare un giro per le strade di notte a Cagliari, si scopre che 600/700 stranieri sono senza fissa dimora». Per Minerba non basta più che del problema «si occupi un ente locale come il Comune, i servizi sociali o il volontariato. Serve un concorso istituzionale che coinvolga livelli più alti, a partire dalla Regione». «Manca l’attenzione della politica - ha aggiunto il presidente della Caritas, don Marco Lai - gli immigrati che solo a Cagliari si rivolgono alla Caritas sono tremila. Eppure, al momento si preferisce non affrontare la questione immigrazione». Cosa bisogna fare? «Moltiplicare le occasioni di incontro e di reciproca conoscenza tra stranieri e italiani».
Roberto Murgia

 


L’UNIONE SARDA

2 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 5 - Edizione CA)
CONVEGNO. L’autonomia oggi
Pigliaru e Segni, dialogo sul futuro della Sardegna

SASSARI «La vera sfida dell’autonomia è far funzionare bene le nostre istituzioni e garantirne la qualità». Lo ha detto il governatore Francesco Pigliaru ieri pomeriggio a Sassari nell’incontro organizzato dalla Fondazione Antonio Segni. Un messaggio rivolto forse al ministro Maria Elena Boschi, che di recente ha criticato l’autonomia delle regioni a Statuto speciale. Temi su cui Pigliaru è tornato più volte durante le due ore di dibattito con l’ex parlamentare Mario Segni, col giornalista del Sole 24 Ore Mariano Maugeri e col pubblico.
Per il presidente, autonomia è sinonimo di «sovranità come esercizio di responsabilità. Tra le regioni speciali, come qualità di servizi erogati ai cittadini, troviamo le migliori e le peggiori in Italia». Il nemico dello sviluppo è soprattutto il centralismo statale. Perché «significa livellare i peggiori verso l’alto ma anche i più bravi verso il basso. La soluzione? Individuare i migliori modelli per ogni regione e aiutare le altre ad adottarli». La sfida per la Sardegna, secondo Pigliaru, è «sapere che possiamo raggiungere e superare le regioni che per ora fanno meglio». E Mario Segni gli dà fiducia: «Dopo questo bellissimo incontro - ha concluso - sono molto più ottimista sul futuro della Sardegna».
Mauro Madeddu

 


L’UNIONE SARDA

3 – L’Unione Sarda
Commenti (Pagina 16 - Edizione CA)
Stanchi riti studenteschi
Un gettone per l’iPhone
Giuseppe Marci

A rendere evidente il concetto ci ha pensato la Rai, sede della Sardegna: per giorni ha comunicato che gli studenti avevano occupato la “Facoltà di Magistero”.
Ora, per precisione dovremmo dire che la Facoltà di Magistero non esiste da un quarto di secolo, più o meno. Ma forse non di errore si trattava quanto di un commento dissimulato, per distinguere i fatti dalle opinioni, come i Maestri del mestiere giornalistico insegnano.
Nel secolo scorso gli studenti occupavano la Facoltà di Magistero. Quel mondo è finito; sono mutati i tempi e le ragioni politiche; sono svanite le idealità che lo ispiravano. Nello stesso giorno in cui l’occupazione iniziava, il presidente del Consiglio ha spiegato, con efficace immagine, che molti si comportano come se volessero introdurre un gettone telefonico per far funzionare l’iPhone. Hanno la testa al passato.
Ecco, il Magistero e la sua occupazione sono un passato che ritorna. Inutilmente. Il presente è la sfida che dobbiamo affrontare: e non siamo attrezzati.
Nei giorni scorsi sono stati diffusi i dati che ci collocano ai vertici nazionali per l’evasione scolastica ed è stato spiegato che se tutte le famiglie mandassero i figli a scuola ciò avrebbe una ricaduta immediata sul Pil. Ne ha consapevolezza l’opinione pubblica? Lo sanno, gli studenti occupanti, che senza la conoscenza delle lingue non vinceranno mai un concorso europeo e sulle basi militari in Sardegna, per le quali occupano, continueranno a decidere gli altri, quelli che i concorsi li vincono e hanno la capacità di pensare al futuro? Mentre n
oi ce ne stiamo qua, chiusi nel recinto di una Facoltà che non esiste da decenni, a ripetere slogan e riti che hanno già dimostrato la loro debolezza.
Intendiamoci, non è questione che riguardi soltanto la Sardegna. L’intera Italia soffre per l’incapacità di pensare, e produrre, in termini di sviluppo: ma le zone più forti hanno risorse che consentono loro di resistere, quelle deboli no. La Sardegna è tra queste e non ha molte alternative rispetto alla formazione di giovani che, acquisite conoscenze e consapevolezze, sappiano proporsi come portatori di contenuti innovativi, nella politica e nell’economia.
Cominciamo con l’imparare i nomi e la sostanza delle cose: quella occupata si chiama facoltà di Studi Umanistici, e gli studi umanistici, la conoscenza delle lingue e della letteratura, della storia e della filosofia, sono indispensabili per comprendere il mondo e governarlo. Quindi per stabilire dove collocare le basi militari.

 


L’UNIONE SARDA

4 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 18 - Edizione CA)
Tagli alle spese e meno errori grazie al computer dei farmaci
SANITÀ. Sistema informatizzato in funzione negli ospedali dell’azienda mista

In ospedale, un medico si avvicina al letto del paziente, lo visita e gli prescrive un farmaco digitando sul tablet: un istante dopo il clic, la Farmacia dell’ospedale sa quale medicinale dovrà essere somministrato, a chi, in quali dosi, con quale frequenza. Da quel momento tutto il percorso del farmaco (dal prelievo dagli armadi informatizzati al trasferimento nei carrelli che gli infermieri spingeranno nei reparti, alla somministrazione al paziente, identificato a prova d’errore grazie a un braccialetto con codice a barre) viene seguito passo passo da un sistema computerizzato.
È il sistema con cui verranno distribuiti i farmaci in tutti i reparti del Policlinico e del San Giovanni di Dio. Dopo tre anni di sperimentazioni in due reparti, l’azienda ospedaliero-universitaria calcola che, applicando la nuova procedura si ridurranno gli errori di somministrazione del 65 per cento, i consumi di farmaci del 15 e le scorte di magazzino (altra voce particolarmente gravosa nel bilancio) del 50.
CORTE DEI CONTI Se ne è parlato in una singolare conferenza stampa/assemblea ieri mattina al Policlinico di Monserrato. Da un lato, i direttori generale Ennio Filigheddu e sanitario Piero Tamponi, la responsabile della Farmacia Wanda Lai e quello del servizio informatico Andrea Casanova. Tra il pubblico, in prima fila, anche tre magistrati della Corte dei conti: i vertici aziendali spiegano che la sperimentazione prese il via anche su stimolo dei giudici contabili un cui rapporto, nel 2011, sottolineava la necessità di rendere “tracciabile” il percorso dei farmaci.
APPALTO Tecnologia e formazione sono messe a disposizione da un’associazione temporanea d’imprese (Rti Sol spa/Ingegneria biomedica Santa Lucia) che si è aggiudicata un appalto triennale da 1,8 milioni. Costi che dovrebbero essere più che ammortizzati nel giro di un solo anno: dal primo gennaio al 30 settembre scorsi l’azienda mista, ha sottolineato Tamponi, ha speso per farmaci 18 milioni 762 mila euro (di cui 3 anticipati per conto della Regione). Solo il risparmio sui consumi varrebbe 3 milioni l’anno. In più bisogna mettere in conto i risparmi sugli interessi passivi che deriveranno dal dimezzamento delle scorte.
PERSONALE La sfida non è tanto tecnologica quanto culturale: per medici e infermieri si tratta di sposare un cambiamento radicale nel lavoro quotidiano. Wanda Lai ha ringraziato il personale dei due reparti che hanno partecipato alla sperimentazione: Medicina 1 e Chirurgia. A breve, ha fatto sapere Filigheddu, si comincerà a coinvolgere gli altri reparti, cominciando con la formazione. Si partirà dal blocco Q.
Marco Noce

 


LA NUOVA SARDEGNA 

5 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 4
Pigliaru: «Il piano Matrìca andrà avanti senza intoppi»
Il presidente della Regione, ospite della Fondazione Segni, rassicura i sindacati
Il 2015 anno dell’agricoltura: «Il mondo vuole cibo di qualità, c’è la fila di investitori»
di Giovanni Bua

SASSARI Il piano Matrìca sulla chimica verde a Porto Torres andrà avanti. Parola di Francesco Pigliaru, che racconta di un recentissimo dialogo con Catia Bastioli, l’ad della joint venture tra Versalis, Novamont ed Eni, dalla quale ha ricevuto importanti rassicurazioni. «Mi risulta – ha spiegato il governatore – che la sperimentazione sul cardo sia andata benissimo. E che non ci sia nessuno stop all’orizzonte per il progetto. Qualche ridimensionamento di quello che gli stava intorno magari, la centrale a Biomasse. Ma che non intacca la possibilità di creare posti di lavoro, e soprattutto un circolo virtuoso nel territorio legato alla chimica verde ma anche al biologico». Una gioia a metà, che da una parte rassicura i sindacati sul fatto che l’Eni non smobiliterà, ma conferma anche che (come ormai noto da settimane) della centrale inizialmente prevista non ci sarà traccia. «Chiariamoci bene – ha spiegato Pigliaru – a Porto Torres c’erano 12mila impiegati diretti, 18mila totali. Dimentichiamoci quei numeri. Quel modello di sviluppo, quel mondo, è finito. Matrìca è una tessera di un puzzle. Impiegherà qualche centinaio di persone. Il punto è costruire tutto il puzzle. E ripensare il nostro futuro». È carico come una molla il professore sassarese, tornato a casa per la prima volta dalla sua elezione. Ospite dalla fondazione Segni, con Mariotto a far gli onori di casa nella sede della Camera di Commercio, e il giornalista del Sole Mariano Maugeri a cercare di arginare le sue risposte. «Sono sette mesi chiuso in un ufficio a lavorare – spiega a una platea a cui spesso ammicca, ricambiato – e la cosa tremenda che invece che per il bene dei cittadini sto lavorando per tenere in piedi i disastri che ho trovato. I carrozzoni mal pensati peggio gestiti, che se crollassero farebbero però troppi danni. Abbiamo passato mesi a metter pezze invece che a correre e a sognare. Ora è il momento di mettere il naso fuori, sentire critiche e idee, spiegare. E iniziare a farlo a Sassari è importante per me». E poi via alla girandola di temi, toccati inevitabilmente (e con palese sofferenza) per sommi capi. Con una parola d’ordine che si ripete, facendo capire che sarà slogan portante del prossimo futuro: «Il 2015 sarà l’anno dell’agricoltura – spiega Pigliaru – perché il mondo vuole cibo di qualità, i cinesi hanno iniziato a bere latte. E io ho la fila di investitori esteri che vogliono terra, produzione sicura, contratti». A bloccarli il solito nemico: «Un macchina regionale imballata. Il nostro obiettivo è rimetterla in moto. Perché la Regione non deve creare occupazione diretta, ma deve creare le condizioni per competere». Quindi stop alle politiche passive sull’agricoltura e l’agroalimentare, che «invitano a non fare». E massima concentrazione della enorme mole di fondi europei da spendere (oltre 400 milioni nel 2015) su pochi temi ben precisi, ben controllabili. «Dobbiamo valorizzare quello che abbiamo – ha spiegato il governatore rispondendo alle tante domane della platea – qui c’è l’Asinara, ma c’è anche la Nurra incolta. Altrove ci sono i giganti di Mont’e Prama o la nidificazione dei fenicotteri rosa. Abbiamo tanta qualità, ma energie sminuzzate in miriadi di microprogetti, microterreni, microcomuni. È arrivato il momento di mettere ordine. E iniziare a dimostrare che possiamo fare le cose per bene. Domando il mostro della burocrazia regionale e dei piccoli interessi locali. E, insieme, iniziando a riprendere in mano il futuro della nostra isola».

 

LA NUOVA SARDEGNA

6 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 9
La Sardegna resta una terra di emigranti
Il numero di chi parte in cerca di lavoro supera quello di chi sbarca. Gli immigrati residenti sono 42mila (novemila i romeni)
di Felice Testa

CAGLIARI «La Sardegna resta una terra di emigranti. Il numero di chi parte in cerca di lavoro supera quello degli immigrati che arrivano nell’isola. Gli stranieri residenti compensano appena il saldo naturale negativo, con un tasso di natalità che si attesta sul 7,2%, contro l’8% nazionale». Gianni Loy, docente di Diritto del lavoro dell’università di Cagliari, nel presentare, ieri, alla facoltà di Economia e Commercio, il dossier statistico Immigrazione 2014, dell’Unar, a cura del centro studi e ricerche Idos e del Centro studi relazioni industriali (Csri) dell’ateneo, descrive un fenomeno migratorio governato dalle dinamiche economiche, nel quale chi arriva e chi va via lo fa spinto dalle esigenze del mercato del lavoro, con la crisi che incide anche sulla condizione degli immigrati. Nel 2013 in Sardegna 1.420 lavoratori nati all’estero hanno perso il lavoro (dei quali 850 nella sola provincia di Sassari) con un calo mai registrato prima. Dal convegno, coordinato dal presidente della Fnsi Franco Siddi, emerge come, al di là delle cifre, rimangano i luoghi comuni da sfatare sugli immigrati, i pregiudizi e il percorso ancora difficile per passare dalla discriminazione ai diritti. «Non è vero che gli immigrati portano via lavoro ai sardi – dice Gianni Loy –. Concorrono a colmare un deficit dannoso per l’economia. Gli studi della Ue lo dicono chiaramente: senza nuovi immigrati la nostra economia soffre». Il numero degli stranieri residenti in Sardegna, a fine 2013, è di 42.159, con un aumento di 6.549 unità (18% in più) rispetto al 2012, con un’incidenza del 2,5% sulla popolazione complessiva dell’isola. «In Sardegna – spiega Tiziana Putzolu, dell’Idos – i residenti stranieri si sono insediati prevalentemente nelle aree costiere di Cagliari (13.880) e Olbia (10.678), mentre il Medio Campidano, con l’1,2%, è la provincia con il minor numero di immigrati in Italia. Le collettività estere più rappresentate – precisa – sono quella romena (9.654), seguita da quella ucraina (1.682), mentre i residenti africani sono, complessivamente, 8.348, con prevalenza marocchini e senegalesi e i cittadini asiatici sommano a 6.235, in maggioranza cinesi e filippini». Dei pregiudizi “di antica data”, nei confronti della comunità cinese parla Barbara Onnis, ricercatrice di Scienze Politiche, che sottolinea come l’immigrazione cinese in Sardegna venga percepita in bilico tra pericolo e opportunità. «I cinesi – dice – vengono considerati come una comunità chiusa, autoreferenziale, come concorrenza sleale nel commercio. È, invece , necessario considerare quali opportunità offre questa presenza, a partire dagli accordi economici e commerciali , allo sviluppo del turismo, allo studio della cultura e della lingua cinese, che può rappresentare una chance in più per i nostri giovani». Di passaggio dall’integrazione alla reciprocità, parla don Marco Lai, responsabile Caritas: «Occorre moltiplicare – afferma – le occasioni di incontro per la reciproca conoscenza, affrontare con più attenzione i problemi degli immigrati e estendere le politiche sociali come diritti di tutti. Bisogna affrontare l’emergenza abitativa e dare opportunità a chi esce dai centri di accoglienza. Per loro non c’è nulla, l’unica alternativa è la strada». Quello che, davvero, manca, ancora, è il “diritto di avere diritti”. «I nuovi cittadini del nostro paese – rimarca Annamaria Baldussi, docente di Storia e istituzioni dell’Asia – devono avere diritti, poichè questo è un elemento fondante dell’inclusione. L’Italia ha preso atto che è diventata una realtà multireligiosa. Si praticano, nel nostro paese, 836 religioni diverse, ma non esiste una legge sulla libertà religiosa. Quando parliamo di parità dei diritti religiosi, parliamo di questioni concrete, quotidiane, di mense scolastiche, di assistenza spirituale agli infermi negli ospedali. La tutela della parità dei diritti è la condizione per raggiungere l’obiettivo dell’inclusione, che è molto di più dell’integrazione».


LA NUOVA SARDEGNA

7 – La Nuova Sardegna
Economia – pagina 14
Ateneo Cagliari, azienda in salute
Approvato con i nuovi criteri ministeriali il bilancio del 2013

CAGLIARI La consistenza del patrimonio netto supera i 70 milioni di euro, l’ateneo non presenta alcun indebitamento da mutui, ha effettuato accantonamenti per fondi rischi e spese future per 63 milioni e accantonamenti per progetti in corso di realizzazione per 62 milioni. Il totale delle immobilizzazioni materiali e immateriali supera i 76 milioni. Sono i dati più significativi del bilancio d’ateneo per l’esercizio 2013 dell’Università di Cagliari, approvato ieri dal Consiglio di amministrazione, redatto secondo i nuovi criteri della contabilità economico-finanziaria. Dal documento contabile approvato emerge la capacità acquisita dall’ateneo cagliaritano di rispettare gli equilibri economici e finanziari richiesti dal legislatore per il recupero del turn over e il potenziamento dei corsi di laurea: l’indicatore di sostenibilità economica e finanziaria dell’Università di Cagliari è infatti positivo e migliora negli ultimi tre anni.

 


LA NUOVA SARDEGNA

8 – La Nuova Sardegna
Sassari – pagina 20
Prove di contatto tra Ersu e Comune
Incontro informale tra il sindaco Sanna e il presidente Poggiu sul campus: serve una soluzione per non perdere 40 milioni

Servono 500 posti per coprire tutte le richieste di alloggio provenienti dagli studenti univeristari fuori sede. Quest’anno su oltre novecento domande l’Ersu ne ha potuto accogliere soltanto seicento. E con la crisi, che ha ridotto le disponibilità economiche delle famiglie, cresce la necessità di poter contare su una residenza universitaria. Attualmente i fuori sede hanno a disposizione la Casa dello studente in via Padre Manzella, residenze in via Lamarmora, in via Coppino e in via Verona, e tre appartamenti in viale Umberto, via Milano e vicolo delle Canne.SASSARI Per ora è stato quasi un incontro di cortesia quello tra il presidente dell’Ersu Gianni Poggiu e il sindaco Nicola Sanna. Ieri pomeriggio il primo approccio per l’avvio del dialogo sul campus universitario tra il primo cittadino, che da quando si è insediato non aveva ancora avuto alcun contatto con l’ente di via Coppino, e il suo rappresentante. L’incontro è durato un’ora e i due interlocutori hanno avuto modo di iniziare a confrontarsi serenamente sulla questione «residenze universitarie» che vede il sindaco determinato a portare gli studenti fuori sede nel centro storico mentre l’Ersu ha in corso l’iter del bando per acquisire da privati un’area su cui costruire un campus all’americana. Non è stato che il primo avvicinamento verso perché Sanna e Poggiu dovranno incontrarsi, e formalmente di nuovo. Del resto nel consiglio comunale di martedì scorso è stato lo stesso Sanna ad annunciare che la prossima settimana avrebbe avuto un colloquio con il presidente dell’Ersu. Al momento la situazione sul campus è in stallo. Da una parte la proposta fatta dal sindaco di fare una casa degli studenti nella caserma La Marmora ha bisogno di una serie di passaggi tecnici, prima di tutto la dismissione da parte dell’esercito. Dall’altra l’Ersu che a marzo aveva pubblicato il bando per trovare una nuova area dove realizzare il campus, dopo la bocciatura da parte del Comune del progetto di riconversione degli ex Mulini Azzena, è arrivato praticamente alla fine dell’iter. La scorsa settimana la commissione tecnica che proprio dall’Ersu era stata nominata ha assegnato già i punteggi sulle offerte tecniche presentate e ora si tratta di aprire le buste con le offerte economiche. Però il sindaco ha più volte ribadito che non avrebbe mai concesso varianti a progetti di alloggi universitarie in periferia, perchè già le giunte di cui è stato a capo Gianfranco Ganau avevano .la idea di campus diffuso nel centro cittadino e sia Ganau che Sanna, in recenti occasioni, hanno ribadito che l’Ersu non poteva dettare le scelte urbanistiche e strategiche dell’amministrazione comunale. Comunque, ora che tra Palazzo Ducale ed Ente regionale per il diritto allo studio sembra finita l’era del muro contro muro, chissà che non venga trovata finalmente una soluzione che possa accontentare tutti. Soprattutto perchè in ballo ci sono quaranta milioni di euro (venti provenienti dai fondi europei per lo sviluppo per il periodo 2007-2013, e altrettanti dalla Regione che cofinanzia il progetto) che se non si utilizzeranno andranno persi. La giunta Pigliaru è riuscita a salvare i fondi, ancora non spesi, confermando al Cipe, la valenza strategica del progetto di campus. Ma ci sono tempi da rispettare, la prima scadenza è il 31 dicembre. E nei giorni scorsi all’Ersu è arrivata una lettera da parte della direzione generale dell’assessorato all’Istruzione con la quale si fa presente che se quei tempi non saranno rispettati, i finanziamenti saranno decurtati o persi del tutto.




QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa MIUR

 

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