Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
06 August 2014

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

LA NUOVA SARDEGNA
1 – La Nuova Sardegna
Fatto del giorno – pagina 2
cultura dimenticata
Non ci sono più risorse
il museo Nivola chiude
di Luca Rojch
 
ORANI Esule. Ancora una volta. Come nel 1939 quando Costantino Nivola lasciò l’Europa con sua moglie di origini ebree, Ruth Guggenheim, in fuga dalle leggi razziali del fascismo, destinazione New York. Ma questa volta l’addio di Costantino Nivola all’isola potrebbe essere definitivo. Le sue opere rischiano di lasciare in modo definitivo la Sardegna. Il museo nella sua Orani potrebbe chiudere per sempre. Collassato dai costi di gestione troppo elevati, o meglio da risorse troppo scarse che arrivano dalla Regione. A dire il vero è molto più che un’ipotesi. Si chiude a settembre. La data di chiusura è già fissata. Ai primi di settembre. A dirlo è il presidente della Fondazione Nivola, Giulio Chironi. «Impossibile mantenere il museo aperto con le risorse che abbiamo – spiega –. Le principali entrate arrivano dalla Regione che in un anno ha fatto diminuire del 60 per cento il suo contributo. Siamo scesi da 250mila euro a 120mila. Non riusciamo a pagare neanche i dipendenti. Se non accade qualcosa a settembre saremo costretti a licenziare il personale e a chiudere il museo. Abbiamo fatto i conti e i costi sono superiori a quello che dà la Regione». Come la maggior parte dei musei in Italia il “Nivola” non potrebbe sopravvivere senza sovvenzioni. «La situazione è diventata drammatica – continua Chironi – . Da tempo cerchiamo sponsor privati, ma la crisi ha colpito tutti. E a dire il vero le risorse erano già finite dall’inizio di luglio. Riusciremo ad arrivare ai primi di settembre grazie a un’anticipazione dei fondi di un progetto che dobbiamo ancora realizzare. Le risorse le utilizzeremo per garantire l’apertura. Ma siamo arrivati alla fine. Senza un incremento dei fondi il museo chiuderà tra meno di un mese». Chironi non lascia troppe speranze. «Abbiamo avviato da tempo colloqui con i privati, per ora senza successo – continua –. Certo in un discorso di promozione a lungo termine potrebbe arrivare qualce sponsor. Ma con i conti attuali la Sardegna rischia di perdere per sempre il museo Nivola». Le conseguenze di questa chiusura potrebbero diventare catastrofiche per il patrimonio artistico dell’isola. Tutte le opere di Nivola rientrerebbero nella proprietà, e nelle case, di chi le possiede, la famiglia. «Le opere sono state date in comodato alla Fondazione solo nel rispetto di determinate condizioni. Su tutte quelle che venissero esposte nel museo di Orani, il paese natale di Costantino. In caso contrario le dovremo restituire ai familiari, che abitano negli Stati Uniti». Il nipote Alessandro Nivola è un attore negli States. «Per paradosso alla Regione costerebbe più rispedire le opere che riportare il finanziamento come era all'inizio – continua Chironi –. Il mio non è un attacco alla Regione, ma un grido di aiuto per non far scomparire uno dei simboli dell'identità». Orani non vuole perdere il suo simbolo. Per Nivola il suo paese era la culla e la linfa della sua arte. Là aveva imparato tra la calce e il cemento a pensare la sua arte. Là aveva il suo cuore e le sue radici. Nel 1958 quando tornò a Orani da artista affermato, per realizzare la tomba della madre e del fratello, decise di fare un regalo al suo paese e realizzò un graffito sulla facciata della chiesa di Sa Itria. Un museo simbolo. Il museo è una prosecuzione di questo legame tra l'artista e la sua terra. La maggior parte delle opere di Nivola sono esposte qua. La famiglia ha scelto Orani. Le madri mediterranee di Nivola sono diventate un simbolo. Impreziosiscono la sede del Consiglio regionale, in via Roma a Cagliari, ma la Regione sembra essersi dimenticata dell’artista più internazionale dell’isola. Risorse insufficienti. Gli stanziamenti che sono arrivati dall’assessorato per i beni culturali, non solo per i musei, sono crollati in questi anni. Sarà anche colpa dei tagli, ma le fabbriche della cultura, le uniche reali alternative alla monocoltura del turismo del mare, sembrano destinate a morire per stenti. Dai 29 milioni del 2011 si è scesi prima ai 25 milioni del 2012, e ai 22 del 2013. Quest'anno ne sono stati stanziati 30, ma gli effetti per ora non vengono avvertiti.
 
LA NUOVA SARDEGNA
2 – La Nuova Sardegna
Fatto del giorno – pagina 3
il quadro regionale dei siti e dei centri espositivi
Senza bussola e sinergie integrate si appannano le vetrine culturali
di Pier Giorgio Pinna
 
SASSARI Senza bussola e senza strategie condivise. Il sistema-musei in Sardegna è segnato da precarietà e contraddizioni. Ciclicamente scosso da passioni e velleità che in maniera altrettanto periodica si scontrano poi con ostacoli insormontabili. Attraversato, persino nelle occasioni positive, da scarsissime sinergie integrate. «Fuori mercato»: così lo definiscono non da oggi molti turisti amanti dell'isola, tanti operatori economici, parecchi tra gli stessi addetti ai lavori. Ma i criteri del marketing aziendale non sono chiaramente gli unici sui quali basarsi. Anzi, in questo caso, sarà meglio prendere in considerazione altri parametri. Indicatori differenti. Fondati su riferimenti ai valori archeologici, artistici, storici. E connessi, in senso lato, a tutti gli aspetti culturali della questione. I collegamenti. Sforzo certo necessario, eppure in qualche misura vano: cambiando prospettiva e osservando le cose dall'alto il panorama non si rivela più confortante. Il peso delle difficoltà, la carenza di fondi, i vincoli derivanti da mille lacune organizzative si fanno sentire ugualmente. Un peccato imperdonabile: perché il patrimonio che l'isola vanta è grandioso, magnifico, eccezionale. E sterminato: 225 tra sale espositive gallerie, pinacoteche, siti e complessi monumentali che abbracciano tutte le epoche, dalle testimonianze fossili sino all'arte degli ultimi decenni che ha avuto proprio in Antine Nivola uno dei suoi giganti. Gli interventi. Non è che negli ultimi tempi non sia stato rinnovato l'impegno. Anche a livello politico. Qualcuno ha pure tentato di trasformare alcuni dei musei sardi in quei luoghi che il curatore e promotore d'arte David Thorp concepiva solo come «flessibili, sinceri, democratici, multiculturali, audaci: splendidi quando sono ricchi, eroici quando non hanno danaro». Analisi e prospettive. Però la fotografia generale è rimasta piuttosto deludente, le vetrine della cultura appannate: manca una visione d'assieme che raccordi i pezzi e fornisca un affresco completo. Un quadro che può apparire forte se ci si basa solo sui numeri ma debole, e addirittura fragilissimo, se i giudizi sulle disfunzioni arrivano dalla realtà di tutti i giorni. Situazioni complesse. Nella stessa isola convivono insieme musei statali, regionali, comunali, pubblici e privati. Alcuni sono frequentatissimi, come la casa di Garibaldi a Caprera che ogni anno accoglie quasi centomila visitatori. A ogni modo, tutti questi centri ricadono evidentemente sotto la responsabilità di enti e istituzioni differenti. Molti sono diretti da associazioni o coordinati da fondazioni e proloco. Altri hanno spesso come punto di riferimento la Chiesa. Strategie disorganiche. E sarà allora quasi inutile ricordare che le varie amministrazioni agiscono in autonomia: cioè sono indipendenti le une dalle altre. Così riuscire a coordinare e a rendere sinergica quella che i professionisti chiamano la “fruizione dei beni culturali” può rivelarsi a volte molto problematico. Il che è solo un eufemismo: soprattutto quando ci si trova di fronte a macroscopiche carenze nella gestione del sistema e all’impossibile d’individuare un quadro complessivo in ogni singolo contesto territoriale. Prime contromisure. Comunque, di recente, si è fatto qualche passo avanti. L’intero patrimonio della Sardegna custodito nei musei è stato censito nel 2013 grazie alla collaborazione fra Regione, Istat e Mibac. La stessa Regione ha poi aderito al "Protocollo d’intesa per lo sviluppo del sistema informativo integrato”. Una rete che comprende anche le più importanti aree storiche, parchi archeologici, complessi monumentali. C’è dunque qualche riferimento generale in più per orientarsi e poter acquisire una raccolta organica d’informazioni e dati. Perché naturalmente - come si spiega sul sito regionale Sardegna Statistiche - l’obiettivo finale è quello di fornire «un'adeguata rappresentazione delle dimensioni e delle caratteristiche del settore comparabile a livello nazionale e internazionale». Le attese. Tanti provvedimenti concreti, insomma. E tante buone intenzioni. Che però si scontrano troppo spesso con guai quotidiani serissimi. Quelli, per esempio, che nascono da una segnaletica culturale quasi inesistente persino sulle strade principali. O dall’impossibilità di trovare tesori e vestigia del passato per la mancanza di guide e info-point nelle singole aree. E, appunto, dalla cronica mancanza di fondi. La stessa che spinge i più cinici, messi di fronte a ogni testimonianza della storia e dell’arte sarda, a darle un prezzo piuttosto che riconoscerle il suo straordinario valore.
 
LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 5
Asl, la maggioranza in ordine sparso
Tensione sulla bozza di riforma tra il Pd e il resto del centrosinistra. Pigliaru: il cambio dei manager non è una priorità
 
CAGLIARI Il numero delle Asl? Non è il primo problema «prima serve un ragionamento più ampio sui distretti territoriali». Sollevare, in piena estate, i direttori generali delle Aziende sanitarie? «Neanche questa è una priorità. Non servono riforme a pezzi. Abbiamo bisogno di un confronto più ampio e lo faremo a settembre, quando ci sarà un’accelerazione». Parole e concetti sono del presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che proprio sulla sanità finora ha avuto i maggiori impicci con la maggioranza. La settimana scorsa c’è stato l’incontro chiarificatore con il Pd, ieri è stata la volta degli altri partiti dell’alleanza. Nonostante in molti provino, ogni giorno, a spegnere uno o più focolai, la tensione continua a essere evidente. La proposta del Pd, quella su cui oggi la commissione Sanità del Consiglio dovrebbe tirare le fila, piace sempre meno agli alleati. Anche nel vertice di ieri i cespugli del centrosinistra hanno sollevato molti dubbi. A cominciare dalla nascita della dodicesima Asl, quella che dovrebbe accorpare i due distretti (Cagliari e Sassari) che ora si occupano e organizzano il 118. Al resto della coalizione, l’Areu (acronimo di Agenzia regionale per emergenze e urgenze) è vista come fumo negli occhi, mentre il Pd è impegnato a difenderla, anche se pare ormai sia stato convinto a retrocederla da azienda autonoma a dipartimento. La verità è però che il centrosinistra ha bisogno di un grimaldello, per scalzare i direttori generali delle otto Asl, dell’ospedale Brotzu e dei due policlinici universitari di Cagliari e Sassari, tutti nominati dalla giunta Cappellacci. L’idea del Partito Democratico è stata sempre quella di passare attraverso la riforma del 118, ma ieri il Centro Democratico – che da quella proposta ha ritirato la firma – si è presentato con un’alternativa interessante: «Scorporiamo dalle Asl il servizio veterinario e mettiamolo sotto la direzione dell’Istituto zooprofilattico». È un’idea, chissà se servirà a convincere il Pd. I Riformatori. Un’altra ipotesi è stata rilanciata dal gruppo dei referendari in Consiglio regionale. «Abbiamo inviato ai manager una lettera in cui chiediamo di dimettersi senza aspettare che siano sollevati dall’incarico», ha detto il coordinatore regionale Michele Cossa. Secondo Franco Meloni, responsabili del Centro studi dei Riformatori, «i due vicini alla nostra area (sono i manager del policlinico di Cagliari e dell’Asl di Carbonia) sono pronti a farlo e almeno un altro ha la stessa idea». Andar via non andrebbe considerata come una resa: «Capiamo bene – ha aggiunto Meloni – che fra l’esecutivo e i manager ci debba essere un rapporto fiduciario, è nello stato delle cose. È accaduto anche nel passaggio dalla giunta Soru a quella Cappellacci, solo che noi del centrodestra , a suo tempo, avevamo presentato una riforma seria, per la verità rimasta a metà, non il pasticcio del Pd». E proprio al Pd, ha detto il consigliere regionale Luigi Crisponi, ha lanciato questa ciambella: «Ritiri la bozza, i direttori generali si dimettono e cominciano, a quel punto, a discutere davvero di sanità e non del valzer delle poltrone». Chissà se il Pd farà l’auspicato passo indietro e vorrebbe lo stesso anche parte della maggioranza. Percentuali possibili? Oggi come oggi, vicine allo zero. La commissione. Stamattina alle 9.30 scadono i tempi per la presentazione degli emendamenti alla bozza di riforma. La minoranza ha annunciato che non saranno meno di cento, mentre una trentina dovrebbero essere depositata dalla maggioranza. All’ordine del giorno della commissione, c’è la discussione finale e poi il passaggio agli articoli. Ma potrebbe non esserci più la fretta, più volte ribadita dal Pd, delle ultime settimane. Pigliaru è stato chiaro: «Il mese giusto per parlare di sanità non è agosto ma settembre». Il che vuol dire: i manager del centrodestra passeranno bene le ferie, sempre che non siano loro (ma è difficile) a dire per primi: arrivederci e grazie. (ua)
 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 5
decreto sblocca italia
San Raffaele, il governatore: «Renzi manterrà la parola»
 
CAGLIARI Delle deroghe del Governo per il San Raffaele di Olbia non c’è ancora traccia nel decreto legge «Sblocca Italia». È preoccupante? Non per il presidente della Regine, Francesco Pigliaru: «C’è una lettera d’intenti – dice – e sono convinto che Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e Beatrice Lorenzin, ministro alla Salute, manterranno fede alla parola data». Eppure qualcosa sembra non funzionare in quello che doveva essere un iter accelerato. Solo la Regione, con la delibera amministrativa di fine giugno, finora ha fatto la sua parte, gli altri non ancora. Anche se la Qatar Foundation pare abbia presentato in queste ore (o dovrebbe farlo a giorni) l’offerta di acquisto della «casa bianca» costruita metà, inserita nel fallimento della Monte Tabor, la società che fu di Don Verzè poi travolta dai debiti. Chi è in difetto sembra essere proprio il Governo e questo, insieme a molti altri dubbi, ha rilevato in aula il consigliere regionale dell’Udc, Giorgio Oppi, nell’interpellanza presentata per chiedere lo stato dell’arte sul progetto San Raffaele. A rispondergli è stato l’assessore alla Sanità, Luigi Arru: «Personalmente – ha detto – non ho notizie dell’ultim’ora. So solo che la Regione ha rispettato i tempi annunciati e dato certezze all’investitore privato». Sul futuro ospedale è ritornato anche il presidente della Regione: «Noi abbiamo dimostrato serietà e grande efficienza. E comunque non sono preoccupato: le deroghe arriveranno». Deroghe necessarie perché il San Raffaele possa entrare a pieno titolo nel sistema sanitario regionale con i suoi 178 posti letto nel giugno del 2015 e 242 a regime, l’anno successivo. Con la seconda deroga, la Regione sarà autorizzata a non rispettare per i prossimi tre anni i limiti di spesa imposti alla sanità privata. Ma quelle deroghe, come detto, non ci sono ancora e l’annunciata data di apertura del nuovo San Raffaele (il 25 marzo del 2015) a questo punto potrebbe slittare. (ua)

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