Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 August 2014

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cronaca Italiana (Pagina 12 - Edizione CA)
Concordia, da Cagliari le sentinelle dell'ambiente
Il monitoraggio anti inquinamento effettuato da un team di ricerca
 
C'era anche un pezzo di Sardegna sulla Concordia. Erano i ricercatori dell'università di Cagliari guidati dal professor Marco Schintu, chiamati dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) a fornire un contributo di rilievo alle operazioni di monitoraggio ambientale. Schintu, che insegna Igiene all'Università di Cagliari, dove è anche responsabile del Laboratorio di Igiene Ambientale del Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Clinica e Molecolare, ha seguito la sfortunata nave fino a Genova.
Professore com'è nata questa collaborazione scientifica?
«Da circa un decennio ci occupiamo, a livello internazionale, di monitoraggio passivo dei contaminanti nell'acqua. Questo prevede l'esposizione nell'ambiente di opportune membrane e resine che accumulano i contaminanti, i quali vengono poi misurati in laboratorio. In questo modo si abbattono i costi legati al tradizionale prelievo dei campioni, si possono misurare anche concentrazioni bassissime e si ottiene una più attendibile valutazione dell'esposizione degli organismi a sostanze pericolose.»
Cosa avete realizzato?
«Al Giglio da due anni posizioniamo i campionatori nella zona del naufragio, integrando i nostri risultati con quelli prodotti dai biologi marini di Ispra. Abbiamo già pubblicato i risultati di ricerche analoghe in alcune aree marine protette della Sardegna.»
Che tipo di misure avete effettuato e quali analisi state eseguendo?
«Misuriamo nell'acqua metalli pesanti e contaminanti organici (ad esempio idrocarburi policiclici aromatici, PCB), inclusi plastificanti, ritardanti di fiamma, residui di farmaci e più in generale interferenti endocrini. La tecnica usata per monitorare l'inquinamento marino durante il trasferimento della Concordia a Genova è fortemente innovativa ed è la prima volta in assoluto che un vasto tratto di mare viene monitorato facendo trascinare a una nave priva di motori inquinanti dei campionatori passivi. Tentativi analoghi erano stati fatti precedentemente, cinque anni fa, da una spedizione norvegese nel Pacifico (Balsa raft) e durante il dragaggio di un porto nel mare del Nord.»
Da chi è composto il vostro gruppo di ricerca?
«Questo lavoro viene portato avanti grazie all'entusiasmo e alla passione di un pugno di assegnisti di ricerca, che formano un piccolo gruppo all'avanguardia in campo internazionale nell'utilizzo di queste tecniche di analisi. Ricercatori di grande competenza che nell'attuale panorama rischiano di essere un patrimonio di competenze perso.»
Andrea Mameli
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 7 - Edizione CA)
La fuga dello Stato dalla Barbagia
IL CASO. I tagli pesanti imposti dalla spending review: sempre più uffici chiusi e accorpati
 
Il salvataggio della sede di Pratosardo della Motorizzazione civile è l'unico dietrofront nella consolidata politica dei tagli. La fuga dello Stato dalla Barbagia spopolata è un trend insistente degli ultimi anni. Il primo smottamento nel 2007: la Banca d'Italia chiude la sede di Nuoro tra proteste che non scalfiscono la decisione. La razionalizzazione che precede - solo nella successione letterale - la spending review di oggi si fa strada con l'accorpamento della direzione provinciale del Tesoro alla Ragioneria dello Stato, con quello dell'Agenzia del territorio all'Agenzia delle entrate, dell'Ispettorato del lavoro alla Direzione provinciale. I sindacati denunciano disagi per dipendenti e utenti, contraccolpi sull'economia di una città di servizi, cresciuta facendo leva proprio sul terziario. Le proteste vigorose rimbalzano dall'hinterland nel nome di una scuola da difendere a tutti i costi, anche senza i numeri imposti dai parametri ministeriali. Ma l'arretramento dello Stato non si ferma: i giudici di pace vengono spazzati via nelle sedi minori del Nuorese. Inps e Inpdap diventano una cosa sola, come succede a livello nazionale. Intanto spuntano cinque sedi della polizia - tra capoluogo e provincia - Camera di commercio e Prefettura come possibili nuove caselle del lungo elenco delle soppressioni. Idem per l'ospedale Zonchello. Quadro disastroso, complicato dalle aggravanti che fanno balzare Nuoro in vetta alle graduatorie nazionali meno felici. È la provincia dove la crisi incide in modo più pesante. Niente argina la decadenza. La scuola forestale regionale è progetto rilanciato a più riprese. Ma ancora non decolla. L'università galleggia tra fondi regionali in perenne ritardo che bastano a tamponare spese già sostenute ma impediscono qualunque programmazione. Quotidianità faticosa anche per il consorzio Satta che offre una biblioteca di prim'ordine sebbene costretta a inseguire fondi regionali trasferiti dopo eccessiva attesa. ( m. o. )
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Provincia Sulcis (Pagina 33 - Edizione CA)
Debiti lasciati da Cherchi? «Abbiamo salvato la città»
CARBONIA. L'ex assessore al Bilancio, Dessì: il sindaco non ha scuse
 
L'accusa, trapelata dagli uffici dell'esecutivo Casti, è rimbalzata anche tra i banchi del Consiglio: i gravi problemi di cassa di oggi sarebbero l'eredità (in debiti) lasciata dal governo di Tore Cherchi. Per l'ex assessore al Bilancio (2001-2009) Antonello Dessì è come una dichiarazione armata e dunque nessuna esitazione nel ricordare fatti e soldi piovuti sulla città. «Anche perché molti esponenti dell'esecutivo di oggi, già amministratori allora, evidentemente hanno la memoria corta». E tanto per non dimenticare, Dessì apre un dibattito nella sua pagina Facebook dove ricorda la storia di una città a pezzi, non da rattoppare ma, proprio, «da ricostruire». Poi la stoccata al team Casti: «Non serve tirare fuori scuse. I tagli sui trasferimenti e il patto di stabilità sono seri problemi, ma va rilanciata l'azione amministrativa per il bene della città».
IL FATTO Dessì traccia la situazione disastrosa nei primi anni del 2000 («Piazza Roma contava 10 diverse tipologie di pavimentazione; le piazze Rinascita, 1° Maggio e quella che è oggi piazzetta Berlinguer erano indecorosamente dissestate»). Oltre a strutture, infrastrutture, verde pubblico ed edifici che cadevano a pezzi, l'ex assessore ricorda l'incubo rete idrica. «Nel 2001 il Comune spendeva l'ira di Dio per il noleggio di autocisterne che portassero l'acqua a casa di migliaia di famiglie». La vecchia rete era un colabrodo: perdeva il 70% della risorsa idrica. Tre falle al giorno, 1.200 interventi di manutenzione all'anno. Illuminazione pubblica? «Su circa 5.000 pali della luce, oltre 2.000 andavano sostituiti e gli altri 3.000 erano fuori norma e pericolosi. Un altro migliaio doveva essere installato ex novo».
LA STIMA Dai docenti della facoltà di Urbanistica e Architettura dell'Università di Cagliari a cui era stata chiesta una stima, «venne comunicato che per una “ricostruzione” di tutte le componenti compromesse della città, sarebbero occorsi non meno di 400 milioni di euro». L'amministrazione comunale poteva contare su circa 4 milioni di euro all'anno.
I BANDI La salvezza arrivò dal bilancio dell'Unione europea 2000-2007 che aveva definito un Programma di sostegno privilegiato all'ammodernamento urbanistico e funzionale delle città. «I bandi erano concorrenziali. Cioè, non era detto che partecipare sarebbe stata garanzia di successo. Occorrevano progettualità di alto profilo e una partecipazione tramite co-finanziamento del Comune, minimo del 10 per cento sul costo delle opere». Sarebbe stato preferibile non cogliere quelle opportunità? «Saremmo ancora con le autobotti». La parola (e i fatti) alla Giunta.
Roberto Ripa
 

LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 6
L’assessore Claudia Firino: «Nuova legge sulla scuola»
Annunciato un disegno di riassetto complessivo del sistema entro fine anno
Il dirigente dell’Ufficio regionale Feliziani: «Ma molti guai si potevano evitare»
 
SASSARI «Il nostro obiettivo è presentare entro l'anno un disegno di legge sul sistema scolastico regionale». L'assessore è pronta a intervenire dopo che il Tar ha bocciato il riassetto del settore programmato a suo tempo dalla giunta guidata da Ugo Cappellacci. Claudia Firino vuole evitare che insegnanti e studenti paghino un prezzo troppo elevato per una serie d’inadempienze e inconvenienti che non dipendono da loro. Meglio ancora: pensa che così sarà possibile impedire in futuro che sulla didattica ricadano le conseguenze di questioni burocratiche nate nelle procedure d'applicazione di alcune norme definibili a rischio. le ultime decisioni. Il Tribunale amministrativo ha infatti cassato, con sentenze distinte ma dalle identiche motivazioni giuridiche, l'istituzione del liceo sportivo al Canopoleno di Sassari e di due istituti "comprensivi" a Villacidro. Le decisioni, per ora limitate, potrebbero avere effetti più generali. Sul banco degli imputati, l'amministrazione di centrodestra. È uscita di scena in febbraio, ma poco prima ha dato il via al piano per il "dimensionamento scolastico" oggi contestatissimo. Ossia a quel riordino di classi, corsi e istituti che proprio adesso rischia di venire cassato del tutto sulla base di altri possibili ricorsi al Tar. Realtà difficile da gestire. Ma che nelle prossime settimane l'esecutivo di centrosinistra intende affrontare di petto. Attese e casi aperti. Una situazione di potenziale pericolo che comunque il reggente dell'Ufficio regionale aveva previsto già nello scorso gennaio. «Allora - ricorda Francesco Feliziani - avevo segnalato che 44 istituti con meno di 600 alunni rischiavano di ritrovarsi senza preside e responsabili amministrativi». «Le Province e gli altri Enti locali sono stati costretti a una rincorsa folle contro il tempo per dare i loro pareri, ma era impensabile che dopo mesi passati a elaborare le linee guida da parte della Regione venisse loro lasciato così poco tempo per un operazione tanto complessa. E oggi i risultati sono sotto gli occhi di tutti». «Quella delibera si è trascinata dietro gli stessi errori che io avevo denunciato di persona in ogni sede _ incalza il dirigente _ A mio avviso, nei due casi specifici affrontati dal Tar, si può parlare di vizi formali. Ma l'esito sarà comunque negativo, a meno che la nuova giunta regionale non faccia qualche provvedimento a sanatoria che consenta di superare questi aspetti procedurali prima dell'inizio dell'anno scolastico». Ipotesi e conseguenze. «Dalle sentenze del Tar deriverà che a Sassari i 30 ragazzi iscritti al liceo sportivo dovranno cercarsi un'altra scuola o iscriversi a un corso normale: a subentrare non sarà certo Porto Torres, che aveva presentato il ricorso, dato che i giudici si sono limitati ad annullare la procedura per il Canopoleno - spiega in conclusione Feliziani - A Villacidro invece bisognerà rivedere completamente l'assegnazione di studenti e prof, visto che tutti i movimenti e i trasferimenti erano stati predisposti in relazione alla nascita della direzione didattica Dessì e della media Loru-Satta». I progetti. «Le sentenze del Tar - afferma ancora l'assessore alla Pubblica istruzione - fanno rilevare difetti procedurali nell'operato della precedente giunta. Ma testimoniano soprattutto la fragilità e l'instabilità del sistema attuale. I dati nazionali e internazionali rendono evidente la necessità di intervenire al più presto con una proposta educativa d'alto livello. Di fatto, la mancanza di una normativa regionale limita l'esercizio dell'autonomia che ci è riconosciuta. E le spiacevoli vicende intorno al dimensionamento scolastico ne sono una prova evidente». La svolta finale. «Perciò - sostiene Claudia Firino - stiamo lavorando a questa nuova proposta di legge: intendiamo condividerla con tutti interessati, dai quali ci aspettiamo le sollecitazioni e le proposte più ampie. Così, già da settembre, contiamo di attivare momenti di confronto, sulla base di una bozza aperta». Il fine dichiarato? La creazione di assetti "rispondenti alle esigenze educative e formative della Sardegna di oggi e di domani". «Abbiamo in mente un sistema che rispetti ed esalti le nostre peculiarità geografiche, antropiche, di mobilità - conclude l'assessore - E esercitare appieno l'autonomia legislativa e puntare sulle nuove generazioni è un impegno non più rimandabile. Anzi è ormai indispensabile per far fronte agli effetti della crisi che attraversiamo». (pgp)
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 7
Tra Sorso e Sassari batterio in uno scheletro di 7 secoli fa
Grazie alla genetica ricostruiti spaccati di vita quotidiana
Con la «Spoon River» di Geridu si riapre un archivio biologico
di Pier Giorgio Pinna
 
SORSO Dal cimitero del villaggio medievale di Geridu riaffiorano spaccati di vita perduta. La scoperta della brucellosi in uno scheletro trovato nel borgo, abbandonato dagli abitanti già prima del ’500, fa emergere elementi per ricostruire esistenze quotidiane in tempi lontani. E lo studio sul Dna del batterio di questa malattia rinvenuto qui, sulla vecchia strada fra Sorso e Sassari, fa aprire l’archivio biologico su un mondo scomparso. Di fatto, è una grande botola sul passato: attraverso, si possono osservare nitide le immagini dei nostri progenitori. Case arredate con pochi mobili, galline e capre all’interno, vicino ai depositi degli attrezzi agricoli. La chiesa di Sant’Andrea e il camposanto a poca distanza. Botteghe di vinaioli, gli zilleri di quegli anni. E addirittura le tracce scolpite sulla pietra del filetto, un antico tipo di dama. Le malattie. «Ma persino dalle infezioni possiamo capire come si svolgevano le giornate dei nostri antenati», commenta Marco Milanese, docente dell’università turritana, responsabile scientifico dell’indagine. Un’inchiesta che l’archeologo ha condotto col biomedico sassarese Pasquale Bandiera, in collaborazione con gli atenei di Pisa e Torino, oltre che un laboratorio britannico per le mappature genetiche. «Il batterio identificato nei resti di un uomo di una sessantina d’anni, piuttosto longevo per quei tempi, era sepolto da 7 secoli sotto le rovine del villaggio e ora ci sta facendo fare passi avanti nelle ricostruzioni della vita quotidiana», spiega Milanese. Lo studio. Il microrganismo appartiene a una proto-specie della Brucella melitensis. È responsabile dell’infezione del bestiame. In rari casi può colpire l'uomo dando febbre, dolori articolari, affaticamento. «Il suo Dna – prosegue il professore – è stato identificato con una tecnica sperimentale di analisi, chiamata Shotgun Metamegenomics, dai ricercatori britannici della Warwick Medical School di Coventry». E nei giorni scorsi l’esito del lavoro è stato pubblicato su mBio, rivista della società Usa di microbiologia», chiarisce ancora il docente, ricordando che al batterio è stato dato il nome di Geridu 1. Corsi e ricorsi. Insomma, come nella celebre raccolta di versi del poeta americano Edgar Lee Masters, questa Spoon River prende spunto dalle memorie. Ma qui a parlare non sono lapidi sulle tombe: a Geridu né iscrizioni né epigrafi. A gettare nuova luce sul passato è invece questo report scientifico. «Grazie agli scavi, alle rielaborazioni e ai frammenti di Dna oggi possiamo raccogliere tante storie su questo paese abbandonato e su altri della stessa epoca», afferma l’archeologo. Le prospettive. Organizzate a schiera sul pendio fronte mare, a Geridu di notte le abitazioni erano illuminate solo dal fuoco acceso all'interno. Del tutto essenziale l'arredamento: uno o più sgabelli, una cassapanca, pochi altri mobili. In un angolo, la dispensa, segnalata dai resti di brocche. A pochi passi, la cucina, con parecchi arnesi e utensili. Decisivi, sempre per rievocare usi e costumi, si sono poi rivelati ulteriori ritrovamenti. Come le armi per la caccia. E, ancora, le finiture di cavalli impiegati per difendersi e combattere. Se diversi secoli fa il paesaggio circostante appariva più boscoso, percorso da ruscelli e fiumi, animato anche da cervi e daini, un altro elemento di rilievo è rappresentato dalle tracce che hanno permesso di capire come Geridu intrattenesse fittissime relazioni commerciali. Quelle stesse che, con i pastori, hanno portato le capre sino nel cuore del piccolo centro, facendone un possibile veicolo per la trasmissione della brucellosi attraverso il latte non bollito. Trovati decine di scheletri. «Certo le sepolture di quel periodo sono meno ricche che in altre civiltà, ma al di là degli oggetti ritrovati nelle fosse - come monete, anelli e altri piccoli monili - dal cimitero sulla collina scaturiscono altri aspetti utili per la nostra indagine, a cominciare proprio dai resti genetici», osserva ancora Marco Milanese. Altrove, ma nella stessa area, sono stati salvati dall'abbandono residui di ceramiche da mensa valenzane e barcellonesi, anfore catalane, pezzi di giare islamiche, scodelle di maiolica liguri. E testimonianze dei rapporti intessuti da Geridu con famiglie signorili, come i Malaspina. L’addio. Numerose le cause dell'abbandono del villaggio, che al suo apice contava più di duemila abitanti: la forte pressione fiscale degli Aragonesi, il progressivo impoverimento della comunità, le pestilenze (nel 1362 un'epidemia dimezzò la popolazione), le continue guerriglie con Sassari, gli Arborea, i Doria. «E di sicuro non ha avuto alcuna parte nella decadenza la brucellosi», ribadisce l’archeologo. Il ritorno. «Oggi molto di questo passato comune ad altri centri sardi scomparsi rivive già a Biddas nel palazzo baronale di Sorso, allestimento per il quale nel 2013 abbiamo ottenuto il primo premio come miglior museo italiano del Medioevo», ricorda Milanese. Secondo il quale i prossimi scavi dovrebbero consentire altre messe a fuoco: «In ogni caso, con queste indagini multi-disciplinari tra loro in sinergia, l’archeologia amplia il proprio àmbito e allarga gli orizzonti di tutti».
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 7
Brucellosi dal latte di capra crudo
Il docente di Veterinaria Pittau spiega come nei secoli si è sviluppata l’infezione
 
SASSARi Riflettori puntati sulla brucellosi. Li accende Marco Pittau, a Veterinaria docente di Malattie infettive degli animali. «Una premessa, innanzitutto: il batterio - identificato per la prima volta da un medico inglese, Bruce, a Malta - è sempre stato diffuso nel Mediterraneo - spiega – La ragione è semplice. I popoli antichi, come i Greci, si dedicavano all’allevamento, usavano le capre come riserve alimentari tanto da lasciarne un paio di coppie perché si riproducessero in ciascuna isola dove sbarcavano, davano ai neonati il latte crudo per integrare quello delle madri in caso di bisogno». Situazione evocata nei nomi di tante isole: Capri, Capraia, Caprera. «In questo modo il batterio della brucellosi si è sviluppato e diffuso, nonostante sia meno resistente di altri, come antrace o carbonchio, che possono restare vivi nel terreno addirittura per un secolo – prosegue il professore universitario – Il laboratorio inglese interessato a Geridu ha analizzato il Dna di un batterio morto con metodiche simili a quelle usate in altri campi: indagini di polizia criminale, studio delle emigrazioni, esami sui corpi dei faraoni e così via». «In questo caso il target della ricerca era però diverso e una delle conclusioni è stata che la brucellosi era presente in Sardegna anche molti secoli fa – precisa il docente – Di questa malattia non esiste però un unico tipo. Così in indagini del genere spesso non ci si basa solo sulle analisi genetiche, ma si confrontano i risultati con le evidenze storiche e archeologiche». Come appunto è stato fatto per Geridu. (pgp)

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