Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
12 June 2014
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI 
a cura dell’Ufficio Stampa

 

L’UNIONE SARDA
 
1 - L’Unione Sarda / Economia (Pagina 13 - Edizione CA)

«Il Mezzogiorno alla deriva»
Golini: non si cresce con un Nord ricco e un Sud povero
LA CRISI. Il presidente dell’Istat chiede a Cagliari interventi a sostegno della ripresa
Il Mezzogiorno - Sardegna inclusa - è «un iceberg alla deriva». Colpa della recessione che si somma alla crisi demografica del Sud del Paese. Tant’è che l’Isola è la regione con la più bassa fecondità, «pari a 1,1 figlio per donna contro l’1,4 nazionale». Per non parlare della disoccupazione che galleggia «sul 20% e del tasso di povertà fermo all’11,3% contro il 5% del Centro Nord».
L’ISTAT Il presidente dell’Istat, Antonio Golini, ospite ieri a Cagliari nella facoltà di economia, ha inaugurato così la 47esima Riunione scientifica della Società italiana di statistica. Ma i toni preoccupati non nascondano le sfide. «Si può reagire, ma ci vuole un impegno politico forte e una chiarezza di vedute. In Europa», ha commentato il numero uno dell’Istat, «non possiamo avere un Nord ricco e un Sud povero. Non cresciamo da 20 anni». La Germania dell’Ovest è riuscita a integrare la Germania dell’Est in poco tempo. Certo, l’efficienza tedesca non si discute, «ma con interventi legislativi mirati, si pensi a quello sull’assicurazione obbligatoria contro l’invalidità, hanno risolto problemi enormi».
I NUMERI La Sardegna è in mezzo alle acque agitate del Sud. Anzi, per certi versi sta peggio. «L’Isola negli anni ’50 era la regione con il maggior numero di giovani, oggi la situazione è all’opposto: pochi giovani, perlopiù disoccupati e tantissimi anziani», ha sottolineato Golini. Il rapporto Istat conferma il trend, che è comunque nazionale. «La vita media in continuo aumento da un lato (76,6 anni per gli uomini e 84,4 anni per le donne) e il regime di persistente bassa fecondità dall’altro (1,42 figli per donna contro l’1,58 dell’Unione europea», si legge nel rapporto del 2014, «ci hanno fatto conquistare a più riprese il primato di paese con il più alto indice di vecchiaia del mondo». Alla fine dell’anno «i bambini iscritti all’anagrafe saranno poco meno di 515 mila, 12 mila in meno rispetto al minimo storico registrato nel 1995», scrive ancora il rapporto, che non esita a dare le colpe alle incertezze economiche delle famiglie. «Il declino», ha spiegato Golini, «sarà più marcato nel Mezzogiorno, dove tra trent’anni la proporzione di ultra sessantacinquenni per cento giovani con meno di 15 anni risulterà più che raddoppiata, passando da 123 a 278, contro la volta e mezza del Centro Nord, che passerà», ha puntualizzato Golini, «da 159 a 242».
L’EMIGRAZIONE E non è un caso che la crisi economica e demografica si sta abbattendo sull’emigrazione: nel 2012 sono stati 26 mila i giovani tra i 15 e 34 anni a partire, 10 mila in più rispetto al 2008.
Lanfranco Olivieri
  
 
2 - L’Unione Sarda / Salute (Pagina 33 - Edizione CA)
FARMACI
Da Cagliari la proposta di una rete Biotecnologie, la ricerca batte la crisi
Quello delle biotecnologie è un treno da non perdere. Potrebbe portare l’Italia fuori da una crisi ormai sistemica. E potrebbe essere una delle ultime possibilità di farlo. Se la corsa mondiale verso i farmaci del futuro accelera il passo, la Sardegna e il Paese intero rischiano invece di restare indietro, zavorrati dall’eccessiva burocrazia del sistema sanitario.
Sui nuovi scenari di sviluppo delle biotecnologie applicate alla farmaceutica ha ruotato l’incontro “Biotech e farmaco: nuove possibilità di cura, un’opportunità per il Paese”, organizzato ieri, nella sala convegni del Policlinico di Monserrato, da Farmindustria con la collaborazione dell’Università di Cagliari. Politici, accademici e rappresentanti di categoria si sono così confrontati durante un dibattito, moderato dal direttore de L’Unione Sarda, Anthony Muroni.
La mattinata è entrata nel vivo con l’intervento di Eugenio Aringhieri, presidente del Gruppo Biotecnologie di Farmindustria. «La globalizzazione del pianeta ha penalizzato le produzioni a basso contenuto tecnologico. Le uniche strade che ci sono rimaste per restare competitivi sono quelle dell’innovazione. La ricerca sulle biotecnologie farmaceutiche è una di queste e dobbiamo saperla percorrere fino in fondo».
Su questi presupposti l’Isola, da deserto industriale nel quale poche imprese restano ancora in piedi, può così trasformarsi in un’oasi italiana della ricerca, forte delle cinquanta aziende operanti nel settore e di un Parco scientifico all’avanguardia come quello di Sardegna Ricerche a Pula.
«L’industria biotech in Italia produce export, attira capitali, sa integrarsi nel tessuto produttivo - ha confermato il rappresentante di Farmindustria - ma è imbrigliata in una ragnatela burocratica che ne rallenta i progressi. Lo dimostra l’iter interminabile al quale un farmaco deve essere sottoposto prima della messa in commercio. Distribuzione che arriva 536 giorni dopo la Germania e 234 rispetto alla Gran Bretagna. Un ritardo che tanti pazienti terminali non possono permettersi». I farmaci biotecnologici sono il futuro, ma anche il presente della medicina moderna e compongono il 20 per cento di quelli in commercio e il 50 di quelli in sviluppo. In molti casi rappresentano l’unica possibilità di trattamento per patologie come anemia, fibrosi cistica e alcune forme di tumore.
Dal dibattito sono emersi anche punti di contatto: tutti concordi infatti sulla mancanza di una rete che unisca politica, imprese e Università. «Le imprese che vogliono investire nella ricerca hanno bisogno di certezze», ha spiegato Gaetano Di Chiara, farmacologo e membro del comitato di gestione di Sardegna Ricerche. «Noi purtroppo non sappiamo dar loro tempi chiari per garantirci i loro cofinanziamenti». Tutta colpa dei politici quindi? Pierpaolo Vargiu, medico e presidente della commissione Affari sociali della Camera, vuole invece spartirla tra tutti gli addetti ai lavori. «Abbiamo bisogno di omogeneità legislativa», ammette. «Ma occorre anche qualcuno che ci orienti e dica alla politica verso quale direzione puntare sforzi e risorse». Serve perciò un momento di autocritica collettiva da cui far ripartire un dialogo proficuo. «La Sardegna ha un’occasione irripetibile per colmare questo silenzio tra istituzioni», ha osservato Anthony Muroni. «Il governatore Pigliaru è infatti il canale di comunicazione ideale tra Regione e Università».
Le responsabilità siano condivise da tutti, ma tutti siano pronti a dare un contributo. «Saremo in grado di diventare leader mondiali del settore - ha aggiunto Alberto Scanu, presidente di Confindustria Sardegna - soltanto se riusciremo ad andare avanti insieme verso le nuove sfide del futuro».
Luca Mascia
 

UNIONE SARDA ONLINE Giovedì 12 giugno 2014 07:30

Monserrato, Cittadella senza corrente
Continui blackout nella struttura


CRONACHE DELLA SARDEGNA - I continui guasti alla Cittadella universitaria di Monserrato mettono a rischio i costosi macchinari. Il rappresentante del Rettore ha assicurato che il problema sarà risolto entro il 2 luglio.

I continui guasti alla Cittadella universitaria di Monserrato mettono a rischio i costosi macchinari. Il rappresentante del Rettore ha assicurato che il problema sarà risolto entro il 2 luglio. Cominciano a essere tanti i blackout che colpiscono la struttura della zona universitaria di Monserrato. E così esplode la protesta dopo l’ennesimo sto alla corrente che oltre a creare tanti disagi rischia di mettere a dura prova se non addirittura danneggiare i costosi macchinari. In tanti anni nessuno è mai intervenuto per porre fine a questo problema. Intanto l’Ateno in accordo con l’Enel è riuscita a individuare il problema e attivarsi per risolverlo.

 
3 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 35 - Edizione CA)
Ripetute interruzioni di corrente dovute a una cabina interna
BLACKOUT ALLA CITTADELLA: apparecchiature a rischio
Il buio sulla Cittadella. Sono davvero troppi i black out che si ripetono da tempo nella zona universitaria di Monserrato, così tanti da diventare insopportabili e far scoppiare la protesta. L’ultimo, in ordine di tempo, l’altra mattina. L’ennesimo avvenuto in questi anni e senza che nessuno sia mai intervenuto per mettere fine ai disagi e alle ricorrenti interruzioni dell’erogazione della corrente elettrica. Un blocco che rischia di creare gravi danni alle apparecchiature e alla stessa ricerca universitaria e, inevitabilmente, di «provocare la frustrazione di chi cerca di fare al meglio il proprio mestiere». È per questo che in queste ore la polemica è uscita dai confini della Cittadella per approdare sui tavoli del Rettore.
LA POLEMICA «Nonostante i ripetuti appelli per i canali ufficiali - è scritto in un documento - da anni la situazione rimane questa: non è possibile sapere se, una volta cominciata un’esperienza, si possa arrivare alla fine. Non esistono linee di corrente protetta, non esiste nessun sistema di protezione contro le interruzioni di corrente, esiste solo la certezza che la corrente prima o poi mancherà di nuovo, facendo dei su e giù molto efficaci per distruggere la strumentazione».
IN OSPEDALE Dice il manager dell’azienda mista, Ennio Filigheddu: «È un problema, questo dei black out, che subiamo anche noi. Naturalmente al Policlinico nel momento esatto in cui salta la corrente subentra il sostitutivo, ma è impensabile che si debba convivere col disservizio».
I RISCHI Sta di fatto che l’ateneo, da anni - è scritto sul documento spedito al Rettore - «non è ancora riuscito a garantire la costanza dell’erogazione della corrente. Il rischio è che prima o poi possano subire danni ingenti, per migliaia di euro, le sofisticate strumentazioni scientifiche per le quali non sembra esserci alcuna protezione», si legge nella lettera.
L’ATENEO Intanto l’Ateneo, in accordo con l’Enel, comunica di conoscere nel dettaglio ogni episodio di disfunzione verificatosi negli ultimi anni e anche grazie a questo fatto ha potuto «individuare al proprio interno l’anello debole del sistema, che coincide con una delle nostre cabine interne di distribuzione e con quella denominata “2° lotto”», ha spiegato il professor Alberto Anedda, delegato del Rettore. Per questo dal 30 giugno al 2 luglio si interverrà sulla cabina per eliminare gli inconvenienti.
A.Pi.
 
 
 
4 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 7 - Edizione CA)
STUDENTI, sì di Firino al reddito unico
Reddito unico studentesco, edilizia per gli universitari e per i fratelli più piccoli delle superiori e dimensionamento. Sono stati i temi chiave dell’incontro tra l’assessore regionale alla Cultura Claudia Firino con gli studenti cagliaritani e fuori sede, ieri pomeriggio a Cagliari.
«Una scuola o un’università - ha esordito l’esponente della Giunta Pigliaru - deve concedere pari opportunità. Questa è la base. Quella del reddito unico sarebbe una svolta. Si possono riservare delle risorse stabili, ma è importante che si possa dare continuità a questo tipo di interventi. Per questo si può pensare a un programma di sette anni sorretto da risorse comunitarie e da altre forme di sussidio. Mettere insieme questi elementi, compreso il trasporto, è fondamentale». Quanto all’edilizia scolastica, la Firino ha sottolineato che i fondi, 30 milioni, sono stati «riprogrammati con due criteri: messa a norma del sistema elettrico, delle barriere architettoniche, del problema amianto e riqualificazione delle strutture.
 
 
 
5 - L’Unione Sarda / Cronaca di Nuoro (Pagina 50 - Edizione CA)
UNIVERSITÀ DI NUORO
Sindaco e studenti
Ieri il sindaco di Nuoro Alessandro Bianchi ha incontrato studenti e docenti dell’università e i lavoratori di Ecotopia. Il primo cittadino ha riferito del colloquio avuto con il presidente della Regione Pigliaru «al quale - ha detto - ho rappresentato la situazione di estrema difficoltà della coop e quella altrettanto seria degli studenti. Ho chiesto un impegno particolare. I rappresentanti del territorio aprano un tavolo per definire un nuovo progetto a cui dare certezze e garanzie».
 
 
 
 
6 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 37 - Edizione CA)
LA CITTÀ E I BAMBINI
Oggi alle 17,30 l’Hostel Marina ospita il dibattito “Cagliari, Città e i bambini”, con il sociologo dell’infanzia del Cnr, Maurizio Murino, la sociologa dell’Università di Cagliari, Aide Esu, e urbaniste dell’Ateneo di Sassari.



 
 
 


LA NUOVA SARDEGNA 
 
1 - La Nuova Sardegna / Prima pagina
Più rapida che in altre regioni l’emancipazione femminile

UN’ISOLA CON LE CULLE VUOTE
Ultimi dati Istat: in 60 anni la Sardegna è passata da regione più feconda d’Italia, a regione meno prolifica d’Europa. Nel 1952 la media per le donne sarde era di 3,8 figli, nel 2012 si è ridotta a 1,1 con un età media per il primo parto di 32,3 anni: la più alta in Italia. L’emancipazione femminile è più rapida che in altre regioni. TESTA A PAGINA 6


La Nuova Sardegna / Sardegna - Pagina 6


I DATI ISTAT » CULLEVUOTE
Nel 1952 la Sardegna era la regione in Italia in cui nascevano più bambini
SEMPRE MENO FIGLI L’ISOLA ULTIMA IN EUROPA
In 60 anni è finita in coda alla classifica. Crescono solo gli anziani
di Felice Testa
CAGLIARI In sessant’anni la Sardegna è passata da regione più feconda d’Italia, a regione meno prolifica d’Europa. Nel 1952 la media per le donne sarde era di 3,8 figli, nel 2012 si è ridotta a 1,1 con un età media per il primo parto di 32,3 anni: la più alta in Italia. La Sardegna è anche la regione italiana che registra il calo maggiore nel numero di coppie con figli. Una transizione demografica che comporta rilevanti conseguenze di carattere economico e sociale. Non ultima, una modifica della struttura familiare che prelude alla scomparsa di una categoria nata, con esiti non sempre felici, nella notte dell’umanità da Hevel e Qayin, meglio noti come Caino e Abele. La Sardegna, già regione con uno dei più alti indici di vecchiaia del mondo, se la tendenza dovesse continuare, rischierebbe di diventare anche un’isola senza più fratelli. Di crisi demografica e crisi economica nel Mezzogiorno d’Italia ha parlato il presidente dell’Istat, Antonio Golini, al 47° congresso nazionale della Società italiana di statistica che si tiene in questi giorni all’università di Cagliari. Il quadro disegnato dal presidente dell’Istat, illustra un’emergenza non solo sarda bensì nazionale e che riguarda in particolare il Mezzogiorno, una volta riserva demografica della nazione, ora nella condizione di non poter garantire più il ricambio generazionale, fissato a due figli per coppia. «Incredibile Sardegna – definisce l’isola, Antonio Golini – da regione più giovane a regione più vecchia nell’arco di una generazione e mezza». Un processo che, per il presidente dell’Istat, affonda le radici nelle trasformazioni culturali che riguardano il mondo femminile. «In Sardegna, lo dico come un fatto positivo – sottolinea – l’emancipazione femminile è stata più rapida che in altre regioni, con un allontanamento più veloce dalle regole della vecchia società patriarcale. Dal 1970 al 2007 le statistiche ci parlano di un’area di fecondità perduta che io chiamerei l’area della libertà delle donne, dovuta a un maggior accesso all’istruzione, al mondo del lavoro, alla possibilità di scelta coniugale e riproduttiva. Del resto abbiamo assistito a un cambiamento di mentalità in tutta Europa per quanto riguarda la struttura della famiglia. Oggi una famiglia con un figlio è considerata normale, una con quattro, stravagante. In inglese le famiglie senza prole vengono chiamate non solo “childless family”, famiglia senza figli, che non ha potuto avere figli, ma anche “childfree family”, famiglia libera da figli, coppie fertili che decidono di non procreare». Alla crisi demografica del Mezzogiorno si accompagna la crisi economica, quella che divide, nella cartina d’Italia mostrata da Golini, il paese in due zone colorate, il Sud rosso, con un tasso di occupazione al 40%, che sale al 61% tra i laureati, contro il Nord, verde, che sale al 90% tra coloro che hanno un titolo di istruzione universitaria e con un dato sulla povertà e sulle famiglie in difficoltà del 5,7%, la metà del Sud che tocca la percentuale dell’11%.La Sardegna è colorata in rosso. A pieno titolo in quell’area che Golini definisce «un’iceberg alla deriva dal continente, un’enorme massa di ghiaccio che naviga nel Mediterraneo staccata dall’Europa, nelle stesse condizioni in cui si trovava la Germania Est prima della riunificazione. L’enorme sforzo della Germania Ovest permise l’uscita dalla crisi. Per il Mezzogiorno d’Italia, Sardegna compresa, occorre lo stesso enorme sforzo di tutti».
 
 
 
2 - La Nuova Sardegna / Sardegna - Pagina 6
Università, incontro tra Firino e studenti
CAGLIARI Il reddito unico studentesco? Sarebbe una svolta, ma è meglio evitare le formule a effetto. E invece garantire agli universitari tutto quello che serve per esercitare il diritto allo studio. È stata la prima risposta che Claudia Firino, assessore regionale alla Cultura, ha dato ai ragazzi dell’Uds (Unione degli studenti) e di altre associazioni che chiedevano rassicurazioni sul loro futuro. «Si possono riservare risorse stabili – ha spiegato Firino – ma è importante che si possa dare continuità a questo tipo di interventi. Per questo si può pensare a un programma di 7 anni sorretto da risorse comunitarie e altre forme di sussidio». Garanzie poi sull’edilizia scolastica. «Abbiamo riprogrammato i fondi con due criteri dettati dal buon senso: da una parte la messa a norma di sistema elettrico, barriere architettoniche, problema amianto. Dall’altra la riqualificazione delle strutture. Tutto sostenuto da un’idea progettuale». Borse di studio e posti nelle strutture residenziali? «Quando c’è scarsità di risorse, c’è bisogno di scelte coraggiose. Vogliamo ampliare la platea dei beneficiari avendo cura che le borse di studio vadano a chi ne ha bisogno. Non ho paura di effettuare anche controlli per garantire il diritto». (s.a.)
 
 
 
3 - La Nuova Sardegna / Nuoro - Pagina 20
UNIVERSITÀ, PROSEGUE LA LOTTA DEGLI STUDENTI
Striscioni e volantinaggio davanti al Comune. E il sindaco ha incontrato i manifestanti
di Valeria Gianoglio
NUORO Tenaci, anche a costo di sfidare il caldo asfissiante di questi giorni, e decisi a non mollare, anche ieri, per tutto il giorno, gli studenti universitari nuoresi hanno proseguito la loro battaglia per salvare l’ateneo nuorese e il suo futuro. Insieme a loro, anche i dipendenti della cooperativa Ecotopia che nei giorni scorsi hanno sollevato il caso dei fondi arretrati che la Regione non ha ancora versato nelle casse del Consorzio universitario. Un ritardo che da ormai sette mesi sta mettendo in croce le famiglie dei 33 lavoratori della coop che non vedono più il loro stipendio, e l’intera università che dipende da quei lavoratori per i servizi tecnici e amministrativi. Ma nelle ultime 48 ore, in realtà, la vera battaglia non è più solo quella per ottenere i finanziamenti mancanti, ma soprattutto quella per capire se la politica regionale e locale crede ancora nell’ateneo barbaricino e vuole investirci qualcosa. E sempre ieri gli studenti, ieri, hanno incontrato il sindaco di Nuoro, Sandro Bianchi. E lui ha raccontato loro del colloquio che aveva appena avuto con il presidente della Regione, Francesco Pigliaru. «Ho chiesto al presidente – ha spiegato Bianchi – un impegno particolare nel risolvere il problema, pur sapendo delle difficoltà legate al patto di stabilità. Siamo solidali con gli studenti e lavoriamo per sbloccare al più presto il pregresso. Questo è il momento di risolvere il problema delle risorse non erogate nel 2012 e nel 2013 ma subito dopo le istituzioni, le Università, la Regione, i rappresentanti del territorio aprano un tavolo per definire un nuovo progetto a cui dare certezze e garanzie». Come avevano segnalato i dipendenti della coop Ecotopia e gli studenti, i problemi in campo, insomma, sono tanti e vanno ben al di là dei fondi arretrati. Anche l’associazione “Nuoro-Atene sarda”, in queste ore è intervenuta sulla questione. «Nel ricordare ai cittadini e alle istituzioni locali che la città di Nuoro ha espresso propri rappresentanti in seno al Consiglio e alla Giunta Regionale, invitiamo gli stessi, fra questi l’ex presidente della Provincia di Nuoro e tutti gli altri consiglieri eletti nel centrosinistra, ad attivarsi per la risoluzione, nel più breve tempo possibile, del caso. A nulla varrebbero, difatti, le sole manifestazioni di solidarietà e vicinanza di quei rappresentanti che hanno sempre gridato contro la “Regione matrigna” quando il governo regionale era di centrodestra, proprio ora che si è avvicendato quello guidato dalla coalizione di centrosinistra, nella quale militano e con la quale ricoprono ruolo di governo dell’isola». Anche per la segreteria politica “La città in Comune”, nella vicenda università gli amministratori sono stati «assenti, incapaci, superficiali, da anni consentono il commissariamento di una realtà culturale importante e dinamica». Anche la sezione nuorese “Paschedda Zau” di A Manca pro s’indipendentzia, ricorda che «l’attuale giunta regionale aveva fatto della difesa al diritto allo studio uno dei suoi cavalli di battaglia nella campagna elettorale per le regionali. Riteniamo che la situazione attuale faccia parte di un progetto, neanche tanto occulto, che mira a impoverire le zone interne della Sardegna».
 
 

4 - La Nuova Sardegna / Oristano Pagina 20
CURIA
Una borsa di studio della Caritas
La Caritas Diocesana Arborense promuove un Bando riservato ai maturandi nell’anno scolastico 2013/14. Verranno attribuite 13 borse di studio nella forma di Prestito d’onore del valore di400euro ciascuna ed è rivolto agli studenti degli istituti superiori, residenti nel territorio della Diocesi di Oristano, che conseguiranno la maturità nel mesedi luglio 2014 e che intendono iscriversi all’Università. L’erogazione della borsa di studio è  subordinata alla sottoscrizione da parte dello studente dell’impegno a svolgere attività di volontariato presso la sede della Caritas Diocesana per un totale di almeno cinquanta ore, distribuite in unarco di tempo stabilito secondo accordi tra le parti coinvolte. Per contattare la Caritas - Via Cagliari 179, Oristano, tel.0783 70641 - dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12 o tramite e-mail oristanocaritas@alice.it
 
 
 

5 - La Nuova Sardegna / Cultura e spettacoli - Pagina 33
Il saggio “Storie di questo mondo” di Francesco Bachis e Antonio Maria Pusceddu
UNA VITA IN TRANSITO, IN FUGA DA GUERRA E FAME
 
Come si integrano i pastori romeni in Barbagia e le badanti ucraine a Berchidda
di Luciano Marrocu
Non meraviglia l’attenzione crescente degli antropologi nei confronti delle migrazioni, meraviglia semmai che per molto tempo gli antropologi abbiano concesso, al riguardo, una sorta di esclusiva ai sociologici. Quasi che parlando di migrazioni e di migranti non si parlasse anche ( e forse soprattutto) di confronto culturale. Se è vero che il farsi dell’umanità può essere letto come una grande storia di migrazioni a quale disciplina se non all’antropologia può essere chiesto di applicarsi a capire cosa succede quando gruppi o individui lasciano il posto in cui hanno le radici per spendere la loro vita (o parte della loro vita ) altrove? E’ appunto dalla squillante rivendicazione di una competenza primaria dell’antropologia sul tema che nasce “Storie di questo mondo: percorsi di etnografia delle migrazioni”, un volume curato da due giovani antropologi dell’Università di Cagliari, Francesco Bachis e Antonio Maria Pusceddu. Un volume quanto mai ricco: i saggi sono numerosi e numerosi sono gli angoli visuali da cui il fenomeno è osservato. Si va dalla migrazione delle donne capoverdiane e da come esse finiscano per essere portatrici di innovazione all’interno della comunità originaria ai processi di mobilità spaziale che partono dal Marocco per arrivare alla Sardegna centrale, dai bambini cresciuti nei primi anni in Cile per poi essere adottati in Sardegna e dal loro sentirsi "altri" alle sovrapposizioni religiose tra cristiani e musulmani in Algeria e in Francia («Ho visto donne musulmane accendere candele davanti a una piccola statua mutilata della Vergine», riferisce Dionigi Albera). Un’intera sezione del volume è dedicata all’ «arrivare in Sardegna», una scelta che i curatori spiegano con l’esigenza di colmare un ritardo dovuto «a una certa tendenza dei sardi a pensare l’isola come terra di partenza piuttosto che l’approdo delle migrazioni». Tra i numerosi e interessanti saggi presenti in questa sezione spiccano quelli di Sergio Contu e Rosa Meloni. Contu illustra la quotidianità dei pastori rumeni in Sardegna, una quotidianità in cui le sole occasioni di socialità, una socialità minima per altro, si sviluppa nell’ambito stesso del rapporto d’impiego, rafforzando la loro dipendenza dal datore di lavoro. Quanto a Rosa Meloni, la sua ricerca nasce dal contatto quotidiano e prolungato nel tempo con un gruppo di badanti rumene attive a Berchidda. Il loro vivere è descritto da Rosa Meloni come «un vivere in transito», caratterizzato com’è da un pendolarismo ciclico. «La partenza, il viaggio, l’arrivo, il ritorno e l’attesa di una nuova partenza e di un nuovo ritorno diventano momenti costitutivi della loro vita. Una vita giocata tra qui e là, tra un mondo e un altro, in cui tutto si tiene». Gran parte dei saggi contenuti nel volume si applica a un’analisi minuta di situazioni specifiche. E non è certo un caso che uno dei pochi saggi dedicati a questioni di metodo, quello di Fabio Dei, finisca per avere un valore fondativo di un approccio al fenomeno migratorio che ne sottolinea l’estrema complessità, le differenze, il fatto di muoversi all’interno di un campo di forze in cui si mischiano aggressivo respingimento e accoglienza umanitaria. Per lunghi tratti il saggio di Fabio Dei si impegna in una critica della categoria di «nuda vita» come il filosofo Giorgio Agamben la applica ad alcune situazioni tra cui la segregazione temporanea dei migranti clandestini. Nei centri di identificazione e di espulsione dei migranti, Agamben vede uno spazio in cui il potere, il potere dello Stato, non ha di fronte a sé che la «pura vita» dei migranti, la vita cioè come pura essenza biologica, privata di qualsiasi diritto. Dei si impegna in una convincente disamina filosofica della categoria di «pura vita», ma è ancora più convincente la sua osservazione per cui lo stesso Stato che imprigiona i clandestini è quello che predispone vaste operazioni di salvataggio dei naufraghi dei barconi, riconoscendo loro, evidentemente, un qualche diritto come persone umane. Quanto ai campi di identificazione e respingimento, «il rapporto tra forze dell’ordine e migranti passa attraverso il filtro opaco e poroso della cultura più che attraverso la limpidezza delle norme di diritto». La qual cosa, ancora una volta , lascia ampio spazio all’analisi degli antropologi.


 


QUOTIDIANI NAZIONALI

Link:
rassegna stampa MIUR

 

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