a cura dell’Ufficio Stampa
1 - L’Unione Sarda / Economia (Pagina 13 - Edizione CA)
Golini: non si cresce con un Nord ricco e un Sud povero
LA CRISI. Il presidente dell’Istat chiede a Cagliari interventi a sostegno della ripresa
Il Mezzogiorno - Sardegna inclusa - è «un iceberg alla deriva». Colpa della recessione che si somma alla crisi demografica del Sud del Paese. Tant’è che l’Isola è la regione con la più bassa fecondità, «pari a 1,1 figlio per donna contro l’1,4 nazionale». Per non parlare della disoccupazione che galleggia «sul 20% e del tasso di povertà fermo all’11,3% contro il 5% del Centro Nord».
L’ISTAT Il presidente dell’Istat, Antonio Golini, ospite ieri a Cagliari nella facoltà di economia, ha inaugurato così la 47esima Riunione scientifica della Società italiana di statistica. Ma i toni preoccupati non nascondano le sfide. «Si può reagire, ma ci vuole un impegno politico forte e una chiarezza di vedute. In Europa», ha commentato il numero uno dell’Istat, «non possiamo avere un Nord ricco e un Sud povero. Non cresciamo da 20 anni». La Germania dell’Ovest è riuscita a integrare la Germania dell’Est in poco tempo. Certo, l’efficienza tedesca non si discute, «ma con interventi legislativi mirati, si pensi a quello sull’assicurazione obbligatoria contro l’invalidità, hanno risolto problemi enormi».
I NUMERI La Sardegna è in mezzo alle acque agitate del Sud. Anzi, per certi versi sta peggio. «L’Isola negli anni ’50 era la regione con il maggior numero di giovani, oggi la situazione è all’opposto: pochi giovani, perlopiù disoccupati e tantissimi anziani», ha sottolineato Golini. Il rapporto Istat conferma il trend, che è comunque nazionale. «La vita media in continuo aumento da un lato (76,6 anni per gli uomini e 84,4 anni per le donne) e il regime di persistente bassa fecondità dall’altro (1,42 figli per donna contro l’1,58 dell’Unione europea», si legge nel rapporto del 2014, «ci hanno fatto conquistare a più riprese il primato di paese con il più alto indice di vecchiaia del mondo». Alla fine dell’anno «i bambini iscritti all’anagrafe saranno poco meno di 515 mila, 12 mila in meno rispetto al minimo storico registrato nel 1995», scrive ancora il rapporto, che non esita a dare le colpe alle incertezze economiche delle famiglie. «Il declino», ha spiegato Golini, «sarà più marcato nel Mezzogiorno, dove tra trent’anni la proporzione di ultra sessantacinquenni per cento giovani con meno di 15 anni risulterà più che raddoppiata, passando da 123 a 278, contro la volta e mezza del Centro Nord, che passerà», ha puntualizzato Golini, «da 159 a 242».
L’EMIGRAZIONE E non è un caso che la crisi economica e demografica si sta abbattendo sull’emigrazione: nel 2012 sono stati 26 mila i giovani tra i 15 e 34 anni a partire, 10 mila in più rispetto al 2008.
Lanfranco Olivieri
UNIONE SARDA ONLINE Giovedì 12 giugno 2014 07:30 |
1- TURISMO. Allungare la stagione, potenziare i trasporti e ridurre i costi
SARDEGNA, UNA META A META'
L'immagine dell'Isola è ridotta alla Costa Smeralda
Sardegna, una perfetta sconosciuta. Se a dirlo è un esperto come Mario Cioffi che dirige la sezione turismo di Confindustria Sardegna meridionale e dall'hotel Cormoran di Villasimius scruta ogni nuvola che passa all'orizzonte, c'è forse da preoccuparsi. «La Sardegna non è solo la Costa Smeralda», eppure è questa l'immagine più nota all'estero.
I TRASPORTI Che si debba fare di più per fare del turismo quel volano dell'economia sarda che tutti si augurano lo dimostrano gli stessi numeri ancora molto lontani dagli exploit degli anni migliori. Come sarà l'estate 2014? Le proiezioni che arrivano da uno dei fronti più caldi, l'aeroporto di Cagliari, confermano il segno più, come già lo scorso anno: «Un lieve incremento dei turisti complessivi», spiega il presidente di Sogaer, Vincenzo Madeddu, senza troppo ottimismo. «Se nel contesto attuale manteniamo il segno positivo possiamo consolarci, in attesa di tempi migliori». Da qui a settembre le stime per l'aeroporto di Cagliari prevedono 600 nuovi transiti rispetto allo stesso periodo del 2013, con un incremento dei posti offerti (+120 mila).
GLI ALBERGHI Quanto agli albergatori a salvare la stagione saranno anche quest'anno i turisti stranieri (svizzeri, tedeschi, austriaci). Incognita sui russi, bloccati dalla crisi su Kiev. «Noi del Sud Sardegna», spiega Cioffi, «notiamo un incremento del mercato estero, mentre quello italiano è un po' fermo. Gli stranieri pianificano le vacanze anche 4-5 mesi prima, già da ottobre prenotano approfittando delle campagne pubblicitarie nei loro paesi che scadono a febbraio-marzo. I nostri connazionali invece hanno una cultura diversa e decidono all'ultimo momento». Ma a fare il pienone negli hotel, avverte il responsabile di Confindustria, saranno gli albergatori più lungimiranti. «Chi non è rimasto alla porta ad aspettare il cliente ma da 3-4 anni ha intercettato i segnali del cambiamento nell'economia e nel modo di fare vacanza, lavorerà bene», assicura Cioffi, «gli altri, privi di una visione globale, soffriranno».
L'IMMAGINE Far conoscere la Sardegna in Italia e all'estero non vuol dire solo parlare di mare e sole. La vacanza deve essere un'esperienza di vita, arricchita da tutti gli “ingredienti”. A partire dai tipici prodotti agroalimentari sardi, fondamentali per rendere più godibile il soggiorno nell'Isola. «Bisogna iniziare a comunicare e a promuovere l'immagine dell'Isola a 360 gradi», sostiene il presidente di Federalberghi Giorgio Macciocu convinto che anche la carenza di servizi sia una delle pecche del sistema. «Il turista deve uscire dai nostri hotel e trovare strutture e servizi che l'accolgano. Formare personale specializzato è un'altra sfida importante se vogliamo che il turismo decolli e rappresenti, non soltanto a parole, il volano dell'economia sarda: spesso chi ci amministra se ne dimentica e non mette in campo le risorse necessarie».
LA STAGIONE LUNGA È questa la strada da seguire per attrarre più visitatori e allungare la stagione, oltre i classici mesi estivi. Stando all'ultimo rapporto del Crenos, curato da Fabio Cerina, ricercatore di Politica economica all'Università di Cagliari, circa l'80% delle presenze si concentra tra giugno e settembre, con un picco massimo ad agosto (28%), mese da sempre preferito dagli italiani. La permanenza degli stranieri nell'Isola più fuori stagione (maggio, ottobre) favorisce, invece, il processo di “destagionalizzazione” su cui puntano tutti gli operatori.
IL PIL TURISTICO Chi arriva dall'estero, oltretutto, dà un buon contributo alla resa finale del Pil turistico isolano (che rappresenta l'8-10% della ricchezza regionale) spendendo più degli italiani, sia al giorno (94 euro contro 61) sia nel complesso della vacanza (768 euro contro 548). «In Sardegna c'è un turismo di altissimo livello, come quello di Costa Smeralda o Forte Village, e uno medio che sta aumentando anche con l'incremento di strutture come i Bed&Breakfast», spiega Cerina, «dalla nostra indagine si confermano anche i punti critici collegati alla mobilità interna, strade e ferrovie, che ci vedono agli ultimi posti». Altra nota dolente per chi viene nell'Isola: il caro-traghetti. Anche in questo caso chi si attrezza soffre meno: già da tre anni accordi tra Comuni e consorzi degli alberghi con Tirrenia («unica compagnia che ha i numeri con i suoi 44 collegamenti a settimana», dice Cioffi) garantiscono sconti di oltre il 40% sul viaggio. Uno stratagemma. Ma così la “nave” va?
Carla Raggio
Più rapida che in altre regioni l’emancipazione femminile
UN’ISOLA CON LE CULLE VUOTE
Ultimi dati Istat: in 60 anni la Sardegna è passata da regione più feconda d’Italia, a regione meno prolifica d’Europa. Nel 1952 la media per le donne sarde era di 3,8 figli, nel 2012 si è ridotta a 1,1 con un età media per il primo parto di 32,3 anni: la più alta in Italia. L’emancipazione femminile è più rapida che in altre regioni. TESTA A PAGINA 6
La Nuova Sardegna / Sardegna - Pagina 6
I DATI ISTAT » CULLEVUOTE
CAGLIARI In sessant’anni la Sardegna è passata da regione più feconda d’Italia, a regione meno prolifica d’Europa. Nel 1952 la media per le donne sarde era di 3,8 figli, nel 2012 si è ridotta a 1,1 con un età media per il primo parto di 32,3 anni: la più alta in Italia. La Sardegna è anche la regione italiana che registra il calo maggiore nel numero di coppie con figli. Una transizione demografica che comporta rilevanti conseguenze di carattere economico e sociale. Non ultima, una modifica della struttura familiare che prelude alla scomparsa di una categoria nata, con esiti non sempre felici, nella notte dell’umanità da Hevel e Qayin, meglio noti come Caino e Abele. La Sardegna, già regione con uno dei più alti indici di vecchiaia del mondo, se la tendenza dovesse continuare, rischierebbe di diventare anche un’isola senza più fratelli. Di crisi demografica e crisi economica nel Mezzogiorno d’Italia ha parlato il presidente dell’Istat, Antonio Golini, al 47° congresso nazionale della Società italiana di statistica che si tiene in questi giorni all’università di Cagliari. Il quadro disegnato dal presidente dell’Istat, illustra un’emergenza non solo sarda bensì nazionale e che riguarda in particolare il Mezzogiorno, una volta riserva demografica della nazione, ora nella condizione di non poter garantire più il ricambio generazionale, fissato a due figli per coppia. «Incredibile Sardegna – definisce l’isola, Antonio Golini – da regione più giovane a regione più vecchia nell’arco di una generazione e mezza». Un processo che, per il presidente dell’Istat, affonda le radici nelle trasformazioni culturali che riguardano il mondo femminile. «In Sardegna, lo dico come un fatto positivo – sottolinea – l’emancipazione femminile è stata più rapida che in altre regioni, con un allontanamento più veloce dalle regole della vecchia società patriarcale. Dal 1970 al 2007 le statistiche ci parlano di un’area di fecondità perduta che io chiamerei l’area della libertà delle donne, dovuta a un maggior accesso all’istruzione, al mondo del lavoro, alla possibilità di scelta coniugale e riproduttiva. Del resto abbiamo assistito a un cambiamento di mentalità in tutta Europa per quanto riguarda la struttura della famiglia. Oggi una famiglia con un figlio è considerata normale, una con quattro, stravagante. In inglese le famiglie senza prole vengono chiamate non solo “childless family”, famiglia senza figli, che non ha potuto avere figli, ma anche “childfree family”, famiglia libera da figli, coppie fertili che decidono di non procreare». Alla crisi demografica del Mezzogiorno si accompagna la crisi economica, quella che divide, nella cartina d’Italia mostrata da Golini, il paese in due zone colorate, il Sud rosso, con un tasso di occupazione al 40%, che sale al 61% tra i laureati, contro il Nord, verde, che sale al 90% tra coloro che hanno un titolo di istruzione universitaria e con un dato sulla povertà e sulle famiglie in difficoltà del 5,7%, la metà del Sud che tocca la percentuale dell’11%.La Sardegna è colorata in rosso. A pieno titolo in quell’area che Golini definisce «un’iceberg alla deriva dal continente, un’enorme massa di ghiaccio che naviga nel Mediterraneo staccata dall’Europa, nelle stesse condizioni in cui si trovava la Germania Est prima della riunificazione. L’enorme sforzo della Germania Ovest permise l’uscita dalla crisi. Per il Mezzogiorno d’Italia, Sardegna compresa, occorre lo stesso enorme sforzo di tutti».
NUORO Tenaci, anche a costo di sfidare il caldo asfissiante di questi giorni, e decisi a non mollare, anche ieri, per tutto il giorno, gli studenti universitari nuoresi hanno proseguito la loro battaglia per salvare l’ateneo nuorese e il suo futuro. Insieme a loro, anche i dipendenti della cooperativa Ecotopia che nei giorni scorsi hanno sollevato il caso dei fondi arretrati che la Regione non ha ancora versato nelle casse del Consorzio universitario. Un ritardo che da ormai sette mesi sta mettendo in croce le famiglie dei 33 lavoratori della coop che non vedono più il loro stipendio, e l’intera università che dipende da quei lavoratori per i servizi tecnici e amministrativi. Ma nelle ultime 48 ore, in realtà, la vera battaglia non è più solo quella per ottenere i finanziamenti mancanti, ma soprattutto quella per capire se la politica regionale e locale crede ancora nell’ateneo barbaricino e vuole investirci qualcosa. E sempre ieri gli studenti, ieri, hanno incontrato il sindaco di Nuoro, Sandro Bianchi. E lui ha raccontato loro del colloquio che aveva appena avuto con il presidente della Regione, Francesco Pigliaru. «Ho chiesto al presidente – ha spiegato Bianchi – un impegno particolare nel risolvere il problema, pur sapendo delle difficoltà legate al patto di stabilità. Siamo solidali con gli studenti e lavoriamo per sbloccare al più presto il pregresso. Questo è il momento di risolvere il problema delle risorse non erogate nel 2012 e nel 2013 ma subito dopo le istituzioni, le Università, la Regione, i rappresentanti del territorio aprano un tavolo per definire un nuovo progetto a cui dare certezze e garanzie». Come avevano segnalato i dipendenti della coop Ecotopia e gli studenti, i problemi in campo, insomma, sono tanti e vanno ben al di là dei fondi arretrati. Anche l’associazione “Nuoro-Atene sarda”, in queste ore è intervenuta sulla questione. «Nel ricordare ai cittadini e alle istituzioni locali che la città di Nuoro ha espresso propri rappresentanti in seno al Consiglio e alla Giunta Regionale, invitiamo gli stessi, fra questi l’ex presidente della Provincia di Nuoro e tutti gli altri consiglieri eletti nel centrosinistra, ad attivarsi per la risoluzione, nel più breve tempo possibile, del caso. A nulla varrebbero, difatti, le sole manifestazioni di solidarietà e vicinanza di quei rappresentanti che hanno sempre gridato contro la “Regione matrigna” quando il governo regionale era di centrodestra, proprio ora che si è avvicendato quello guidato dalla coalizione di centrosinistra, nella quale militano e con la quale ricoprono ruolo di governo dell’isola». Anche per la segreteria politica “La città in Comune”, nella vicenda università gli amministratori sono stati «assenti, incapaci, superficiali, da anni consentono il commissariamento di una realtà culturale importante e dinamica». Anche la sezione nuorese “Paschedda Zau” di A Manca pro s’indipendentzia, ricorda che «l’attuale giunta regionale aveva fatto della difesa al diritto allo studio uno dei suoi cavalli di battaglia nella campagna elettorale per le regionali. Riteniamo che la situazione attuale faccia parte di un progetto, neanche tanto occulto, che mira a impoverire le zone interne della Sardegna».
4 - La Nuova Sardegna / Oristano Pagina 20
La Caritas Diocesana Arborense promuove un Bando riservato ai maturandi nell’anno scolastico 2013/14. Verranno attribuite 13 borse di studio nella forma di Prestito d’onore del valore di400euro ciascuna ed è rivolto agli studenti degli istituti superiori, residenti nel territorio della Diocesi di Oristano, che conseguiranno la maturità nel mesedi luglio 2014 e che intendono iscriversi all’Università. L’erogazione della borsa di studio è subordinata alla sottoscrizione da parte dello studente dell’impegno a svolgere attività di volontariato presso la sede della Caritas Diocesana per un totale di almeno cinquanta ore, distribuite in unarco di tempo stabilito secondo accordi tra le parti coinvolte. Per contattare la Caritas - Via Cagliari 179, Oristano, tel.0783 70641 - dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12 o tramite e-mail oristanocaritas@alice.it
5 - La Nuova Sardegna / Cultura e spettacoli - Pagina 33
Il saggio “Storie di questo mondo” di Francesco Bachis e Antonio Maria Pusceddu
Non meraviglia l’attenzione crescente degli antropologi nei confronti delle migrazioni, meraviglia semmai che per molto tempo gli antropologi abbiano concesso, al riguardo, una sorta di esclusiva ai sociologici. Quasi che parlando di migrazioni e di migranti non si parlasse anche ( e forse soprattutto) di confronto culturale. Se è vero che il farsi dell’umanità può essere letto come una grande storia di migrazioni a quale disciplina se non all’antropologia può essere chiesto di applicarsi a capire cosa succede quando gruppi o individui lasciano il posto in cui hanno le radici per spendere la loro vita (o parte della loro vita ) altrove? E’ appunto dalla squillante rivendicazione di una competenza primaria dell’antropologia sul tema che nasce “Storie di questo mondo: percorsi di etnografia delle migrazioni”, un volume curato da due giovani antropologi dell’Università di Cagliari, Francesco Bachis e Antonio Maria Pusceddu. Un volume quanto mai ricco: i saggi sono numerosi e numerosi sono gli angoli visuali da cui il fenomeno è osservato. Si va dalla migrazione delle donne capoverdiane e da come esse finiscano per essere portatrici di innovazione all’interno della comunità originaria ai processi di mobilità spaziale che partono dal Marocco per arrivare alla Sardegna centrale, dai bambini cresciuti nei primi anni in Cile per poi essere adottati in Sardegna e dal loro sentirsi "altri" alle sovrapposizioni religiose tra cristiani e musulmani in Algeria e in Francia («Ho visto donne musulmane accendere candele davanti a una piccola statua mutilata della Vergine», riferisce Dionigi Albera). Un’intera sezione del volume è dedicata all’ «arrivare in Sardegna», una scelta che i curatori spiegano con l’esigenza di colmare un ritardo dovuto «a una certa tendenza dei sardi a pensare l’isola come terra di partenza piuttosto che l’approdo delle migrazioni». Tra i numerosi e interessanti saggi presenti in questa sezione spiccano quelli di Sergio Contu e Rosa Meloni. Contu illustra la quotidianità dei pastori rumeni in Sardegna, una quotidianità in cui le sole occasioni di socialità, una socialità minima per altro, si sviluppa nell’ambito stesso del rapporto d’impiego, rafforzando la loro dipendenza dal datore di lavoro. Quanto a Rosa Meloni, la sua ricerca nasce dal contatto quotidiano e prolungato nel tempo con un gruppo di badanti rumene attive a Berchidda. Il loro vivere è descritto da Rosa Meloni come «un vivere in transito», caratterizzato com’è da un pendolarismo ciclico. «La partenza, il viaggio, l’arrivo, il ritorno e l’attesa di una nuova partenza e di un nuovo ritorno diventano momenti costitutivi della loro vita. Una vita giocata tra qui e là, tra un mondo e un altro, in cui tutto si tiene». Gran parte dei saggi contenuti nel volume si applica a un’analisi minuta di situazioni specifiche. E non è certo un caso che uno dei pochi saggi dedicati a questioni di metodo, quello di Fabio Dei, finisca per avere un valore fondativo di un approccio al fenomeno migratorio che ne sottolinea l’estrema complessità, le differenze, il fatto di muoversi all’interno di un campo di forze in cui si mischiano aggressivo respingimento e accoglienza umanitaria. Per lunghi tratti il saggio di Fabio Dei si impegna in una critica della categoria di «nuda vita» come il filosofo Giorgio Agamben la applica ad alcune situazioni tra cui la segregazione temporanea dei migranti clandestini. Nei centri di identificazione e di espulsione dei migranti, Agamben vede uno spazio in cui il potere, il potere dello Stato, non ha di fronte a sé che la «pura vita» dei migranti, la vita cioè come pura essenza biologica, privata di qualsiasi diritto. Dei si impegna in una convincente disamina filosofica della categoria di «pura vita», ma è ancora più convincente la sua osservazione per cui lo stesso Stato che imprigiona i clandestini è quello che predispone vaste operazioni di salvataggio dei naufraghi dei barconi, riconoscendo loro, evidentemente, un qualche diritto come persone umane. Quanto ai campi di identificazione e respingimento, «il rapporto tra forze dell’ordine e migranti passa attraverso il filtro opaco e poroso della cultura più che attraverso la limpidezza delle norme di diritto». La qual cosa, ancora una volta , lascia ampio spazio all’analisi degli antropologi.
QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa MIUR