Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
21 June 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA

 
1 - L’Unione Sarda / Commenti (Pagina 13 - Edizione CA)
Le speranze tradite di tanti giovani laureati
Sono un giovane dottore in giurisprudenza che come tanti (migliaia) ex studenti universitari hanno partecipato al bando per l’assegnazione degli assegni di merito promossi, l’anno scorso, dalla Regione Sardegna. L’altro giorno ho subito la grave delusione di vedere pubblicate le graduatorie provvisorie dei soggetti idonei scoprendo, per la prima volta dopo anni, che il numero di beneficiari era ben minore rispetto al numero di idonei. In sostanza la Regione Sardegna ha ridotto tanto i fondi destinati a tale bando da escludere un numero inverosimile di ragazzi. Comprendo che la gestione delle politiche regionali forse non è mai troppo semplice e soprattutto in un momento di forte crisi, ma la mia nota di censura si limita a far osservare l’assurdità del metodo di attribuzione di tali borse. Viene stabilito, nel bando, che in caso di insufficienza di fondi verrà data priorità alle facoltà scientifiche rispetto a quelle non scientifiche. Tale criterio venne introdotto, qualche anno fa, in virtù di una logica volta a promuovere e caldeggiare l’iscrizione dei giovani diplomati verso le facoltà scientifiche. Avrei qualche perplessità sul punto, dato che le facoltà scientifiche sono esclusivamente a numero chiuso (meccanismo volto a deflazionare l’elevato numero di richieste). Magari la ragione è stata individuata nel fatto che gli studenti delle facoltà scientifiche devono sopportare costi maggiori rispetto ad altri ragazzi? Davvero poco credibile i costi su libri, trasporti e materiali li abbiamo tutti. Cosa rimane quindi? Cosa potrebbe giustificare questa sperequazione? Sembra che le ventose per non scivolare dallo specchio siano finite. (...) Devo riconoscere di non essere stato un buon battagliero in passato. Comunque, ho già fatto il calcolo di quanto ho già perso: saltano i master che avevo in programma e piano piano salta anche la voglia di lottare finché posso per non uscire dalla mia terra per contribuire a farla crescere io con il mio titolo e le mie competenze. Passa tutto.
Lettera firmata
Questa lettera, scritta da un giovane laureato, è particolarmente significativa. Perché ci fa capire quanto poco si faccia per la cultura in Italia a dispetto dei continui proclami dei nostri governanti. Certo, c’è la crisi, non è facile trovare risorse. E tuttavia ritengo che un Paese come il nostro, che vanta un patrimonio artistico e culturale di primo livello, dovrebbe porre la ricerca e l’istruzione fra le sue priorità. Si sentono invece tanti proclami raramente seguiti dai fatti. E molti dei nostri laureati si trovano costretti a cercare lavoro all’estero.


2 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 5 - Edizione CA)
Pigliaru in attesa del piano industriale e del decreto da Roma: ottimismo in Gallura
La palla al Qatar e al Governo: gli ultimi atti per l’ex San Raffaele
La Regione è pronta ad andare avanti e attende i prossimi atti del Governo e della Qatar foundation, indispensabili per il via libera all’ex San Raffaele. Si tratta dell’acquisizione dello stabile, del piano industriale e del provvedimento del governo con la deroga al tetto di spesa sanitaria per la Sardegna. «Importanti novità da Roma, in grado di dare l’accelerata decisiva, potrebbero arrivare già in queste ore - dice il consigliere regionale Pd Giuseppe Meloni - e ci è stato garantito che appena arriveranno questi atti, anche nel fine settimana, la commissione Sanità si riunirà. Riteniamo anche che il termine del 24, se un eventuale minimo ritardo non fosse imputabile alla Regione, non sia così tassativo».
IN MISSIONE Il consigliere regionale gallurese e il vice sindaco di Olbia Carlo Careddu, suo compagno di partito, in contemporanea con la manifestazione organizzata dal Pd cittadino al museo, hanno trascorso la giornata a Cagliari (con una puntata a Sassari), tra riunioni al partito e incontri istituzionali. I due esponenti del Pd gallurese hanno incontrato il segretario del partito Silvio Lai, il presidente della commissione Sanità Raimondo Perra, l’assessore Luigi Arru e il presidente del Consiglio Gianfranco Ganau. «Crediamo che eventuali dubbi siano stati superati e siamo certi che il Pd sarà compatto intorno al presidente Pigliaru che sostiene fortemente questo progetto», ha detto Careddu che ieri, insieme a Giuseppe Meloni, alla presenza del sindaco Gianni Giovannelli, ha fatto il punto della situazione. «Se il consenso sarà ampio, il provvedimento potrebbe non passare dall’aula», ha spiegato il consigliere Pd. Il decreto del governo potrebbe quindi arrivare in queste ore, gli altri due atti spettano al Qatar. Il primo è l’acquisizione dell’edificio, inserito nella procedura fallimentare del San Raffaele, il secondo il piano industriale nel quale saranno meglio delineate, in accordo con la Regione, le specialità. Ma il punto fondamentale resta la ricerca, settore nel quale il Qatar spende sei miliardi di euro l’anno. Campi d’azione privilegiati il diabete e la talassemia. «Non sarà una minaccia, ma anzi un’opportunità per le università sarde come è del resto previsto dal protocollo d’intesa», spiega ancora Careddu: «Per noi è fondamentale che si comprenda che questa struttura è un’occasione straordinaria per tutta la Sardegna, è profondamente sbagliato farne una questione di campanili».
Sul San Raffaele-Bambin Gesù come risorsa regionale concorda - da un altro punto di vista - il Pd nuorese. «Si tratta di un investimento strategico per tutta la Sardegna», scrive il segretario Francesco Manca: «Ma proprio per questo non devono essere Nuoro e il suo territorio a pagarne il prezzo in termini di eventuali ridimensionamenti». Stamattina alle 11,30 nuova mobilitazione ad Olbia, promossa da Forza Italia nel cantiere dell’ospedale.
Caterina De Roberto
 
 
3 - L’Unione Sarda / Cultura (Pagina 16 - Edizione CA)
LINGUA SARDA Le contese sulla Lsc
Lo standard è il futuro
Senza diktat  
«Chiamiamola Laboratorio (o, meglio Fraili, in sardo); chiamiamola Accademia, chiamiamola Agenzia regionale: comunque, è indispensabile una struttura tecnico-politica al servizio di chi parla il sardo. È lì che devono essere affrontati i problemi tecnici, come le regole ortografiche». Alessandro Mongili, 54 anni, sociologo dell’Università di Padova, ha un’idea netta sulla disamistade linguistica che oppone favorevoli e contrari alla Limba sarda comuna: «Rischia di far morire un monumento culturale collettivo costruito in 1200 anni». Mongili è fra gli autori della ricerca sociolinguistica dell’Università di Cagliari che nel 2010 ha rivelato come i sardi vogliano parlare e scrivere il sardo. Anche quando lo praticano poco. Da sociologo della scienza, sa che le standardizzazioni hanno percorsi complessi. Comportano discussioni e aggiustamenti.
Chi dovrebbe dunque far parte del Laboratorio/Fraili? «I tecnici della lingua, ma non in isolamento». Gli esempi ci sono già: in Galles, in Catalogna, in Friuli, nelle Valli Ladine. «In genere queste strutture sono formate da linguisti, compresi i dialettologi. Ma potrebbero farne parte anche pedagogisti, esperti di mass-media e di informatica, sociolinguisti. Possibilmente attrezzati di Master ed esperienza maturata laddove il bilinguismo è praticato». Perché pratici sono i principali elementi di contesa. Per esempio, è possibile che a una ortografia unica corrispondano pronunce diverse? Sì, rispondono i fautori della Lsc, che invitano a scrivere abba e leggere àcua . Inutile confusione, sostengono i fautori del doppio standard. «Nessuno impedisce che a un segno corrispondano diverse pronunce, ma non si può imporlo senza discuterne. Alcune soluzioni possono essere offerte dalla flessibilità degli usi». Ma soprattutto, «non tutti i problemi di uno standard linguistico sono tecnici. Alcuni sono sociali, altri di comunicazione, altri ancora storici, e moltissimi giuridici». Servono, insomma, professionalità molto diverse per standardizzare una lingua. Ed è importante che gli arbitri siano indipendenti e in contatto con la comunità: il Laboratorio/Fraili dovrebbe essere aperto ed inclusivo. E non dimenticare che non si può congelare un idioma. «Una lingua non è solo un set di regole, ma esiste perché è in uso. Altrimenti è una chimera, una lingua morta, o una lingua immaginaria». Invece di coltivare infinite discussioni sui progetti di standard, suggerisce Mongili, bisognerebbe concentrarsi su quanto siano utili per chi li adopera. «I progettisti, anche i più geniali, dovrebbero riportare in Laboratorio il loro insieme di regole per vedere se sia possibile renderlo accettabile a chi lo rifiuta».
Il problema del sardo, osserva Mongili, non è lo standard perfetto, ma il fatto che stia scomparendo. La disamistade aumenta i rischi di estinzione. «Ci vorrebbe più responsabilità da parte di tutti. Capacità di mettere da parte le animosità personali e di riconoscere che la cosa più importante è evitare la sparizione del sardo. A costo di cedere su qualche punto». Ma che fare della Lsc? Difenderla a oltranza come fa il Comitato promosso dall’ex direttore dell’Ufìtziu Limba e Cultura, Pepe Corongiu? O buttarla a mare, come suggeriscono Oreste Pili e la sua Académia de su Sardu? «Come standard provvisorio limitato alla scrittura, è stato un ottimo passaggio». Però non è intoccabile. Da anni Mongili si affanna a ripetere che critiche e discussioni sono normali. «I problemi posti sono del tutto legittimi. Potrebbero condurre alla creazione di una vera lingua unificata in tempi rapidi, vista la ricchezza e varietà degli apporti. Sono i toni a essere spesso esagerati». C’è chi reclama una decisione dell’alto. «È illusorio pensare che si possa, a colpi di decreto, superare questa fase di flessibilità interpretativa. Ci vorrebbe una Open Conference, secondo un sistema di Call aperte e di sessioni parallele, tematiche, in cui si cerchino i punti di convergenza su tutti i punti posti dalle discussioni in atto». Nessuna conferenza o commissione ha il potere di regolare in modo coercitivo una lingua, ripete Mongili. Ma almeno potrebbe calmare gli animi. «Chi fa la differenza, alla fine, non è chi apparentemente comanda, ma chi insegna nelle scuole, chi parla il sardo con i figli, e chi lo scrive sui social network e sui media tradizionali». Riviste, blog, tg, grammatiche: la produzione è vastissima. «Ogni lavoro che si è fatto sul sardo, dall’incredibile ditzionariu.org di Mariu Puddu alle proposte di Roberto Bolognesi, sino al lavoro pioneristico e, in un certo senso storico, di Giuseppe Corongiu, dovrebbe essere riconosciuto come meritorio da tutti coloro che lavorano per il multilinguismo».
Riconoscimento reciproco è la parola d’ordine. «I litiganti dovrebbero capire che il loro ruolo di protagonista è solo apparente. Il vero protagonista è collettivo, cioè sono i Sardi che poi devono usare i progetti di standard per mandarsi sms o scrivere una poesia». E spesso non sanno nulla di politica linguistica. «La gente vorrebbe superare il blocco che le impedisce di usare il sardo, di cui ha una conoscenza passiva. Vorrebbe scriverlo e leggerlo, ma non sa come fare». Servono reti eterogenee e non fortini, insiste il sociologo, per dare ai sardi gli strumenti che salvino dall’estinzione una lingua, «che è un monumento culturale elaborato collettivamente in 1200 anni». Non sempre ne siamo consapevoli, ma non tutti i popoli hanno elaborato una lingua propria. «La politica, se per caso è interessata al bene della Sardegna (cosa su cui ho una serie di dubbi) dovrebbe occuparsene. Non per imporre soluzioni, ma per garantire il processo della standardizzazione linguistica e il lavoro di articolazione necessario per portarlo dappertutto. Senza suscitare fenomeni di rigetto».
Daniela Pinna
 
 
4 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 37 - Edizione CA)
Seconda edizione
Guida turistica alternativa

Presentata la seconda edizione della Cagliari unofficial guide al caffè letterario Babeuf, via Giardini 147. Una guida turistica alternativa che racconta il capoluogo sardo in maniera inusuale e originale: una sola versione in lingua inglese, destinata a finire tra le mani di chi visiterà la città nei prossimi mesi.
Il progetto, coordinato da un gruppo di universitari e giovani professionisti, è nato l’anno scorso grazie e a un finanziamento dell’Unione europea. Il successo è stato immediato. Non si parla solo di monumenti e musei ma di caffè, ristoranti e librerie.
Tra i piatti tradizionali non si decantano solo fregola alle arselle e spaghetti con i ricci ma viene messo in risalto il caddotzone , panino che ha un certo rilievo nell’immaginario cagliaritano. (m. mas.)
 
 


LA NUOVA SARDEGNA 
 

 
5 - La Nuova Sardegna / Lettere e commenti - Pagina 17
Tra i giovani sardi prevale la cultura dello spuntino
IL BASSO LIVELLO DI ISTRUZIONE
di Giacomo Mameli
Una svolta radicale è urgente, visto che alla Regione non governano più gli allergici alla laurea
Gli esempi da imitare ci sono: Gramsci e Lussu
Anche la Banca d’Italia, nel suo ultimo rapporto sull’economia della Sardegna, ha sottolineato che è in costante calo il numero dei diplomati che si iscrivono all’università. È un dato preoccupante sul quale la maggioranza della classe dirigente sarda non hai mai riflettuto a sufficienza. Nessuno dimentica un ex presidente della Regione (ancora attivo in Consiglio) che in televisione aveva detto sprezzante: «E che cosa ce ne facciamo di tutti questi laureati?». Ovviamente non parlava un plurimasterizzato di Oxford. Ma – tralasciando queste miserie – il tema culturale in genere non è mai stato dominante nel dibattito fra i nuraghi. Ci si appassiona più alle buche nelle strade e alle lottizzazioni lungocosta. È un male che arriva da lontano. Parlando alla Costituente nel 1947, Emilio Lussu – che conosceva bene Armungia, Cuglieri e Sorso – aveva detto che negli scaffali delle case dei sardi c’erano più bottiglie di filuferru che libri. Lussu, figlio della civiltà agropastorale, auspicava che sparisse il culto dell’alcool e subentrasse quello della cultura. Non ha avuto successo. Neanche l’appello di Antonio Gramsci («Istruitevi, istruitevi, istruitevi») ha creato i germogli di cui la Sardegna ha bisogno. Dati impietosi. Nella popolazione fino ai 65 anni l’isola continua a essere l’ultima regione in Italia nel rapporto con laureati e diplomati. Nuoro, l’Atene sarda, è l’isolano fanalino di coda. Il malumore cresce se si constata che anche in campo nazionale la quota di laureati fra i 25 e i 64 anni è più bassa della media Ue. Non solo: nella fascia d’età fra i 30 e i 34 anni (cioè quando si cerca ancora un posto di lavoro) l’Italia è all’ultimo livello fra tutti i Paesi europei, compresi quelli d’oltreDanubio. Aggiungiamoci la crescente dispersione scolastica (Sardegna al primo posto in Italia). Né dimentichiamo la folle gestione della formazione professionale sponsorizzata da miopi sigle sindacali. C’è da chiedersi come si pensa di competere nel mondo della tecnologia senza la cassetta degli attrezzi della formazione. Senza conoscere le lingue. E a poco vale rendersi conto che tra i pochi a trovare un salario, i più fortunati – anche in Sardegna – sono i laureati. Eppure la cattedra – ancora troppo tradizionale – non attrae. L’università ancora meno. I due atenei isolani – dispiace dirlo – sono il rifugio di chi non può studiare a Milano o Trento, a Bologna o a Firenze (a Siena gli universitari sardi sono 162 e apprezzano «la qualità degli insegnamenti»). Non ha certo aiutato il clima generale che negli ultimi vent’anni – dalle Alpi al Gennargentu – ha collocato sull’altare del successo veline escort e portaborse e ha relegato il merito e le competenze nel sottoscala. Ma anche l’atteggiamento sociale oggi più diffuso, dalle città al più piccolo dei villaggi, è molto poco incline all’impegno. Potrà sembrare un affronto alle libertà individuali o alla privacy, ma sta prevalendo, soprattutto fra i giovani maschi, da Sassari a Cagliari, sotto Gonare e sotto il Grighine, la cultura dello “spuntino” quotidiano diventato un rito e un mito. Il palmares degli interessi giovanili sono la “rebotta” o la “ziminata” sempre più condite con le nuove terribili droghe. Coinvolgere diciottenni o ventenni in iniziative culturali è fatica vana. A giorni il Censis terrà un convegno sul «vuoto crescente nella fiducia nella scuola». È un vuoto, è il fatuo che arriva dai valori sociali calpestati negli ultimi vent’anni. Tutto ciò dipende anche dai bassi livelli di istruzione? Sì. Una svolta radicale – visto che alla Regione non governano più gli allergici alla laurea – è urgente. I sardi da imitare ci sono: Antonio Gramsci ed Emilio Lussu.

 

 


QUOTIDIANI NAZIONALI

Link: rassegna stampa MIUR

 

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