Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
08 June 2014
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari (Pagina 39 - Edizione CA)
LA CITTÀ DIMENTICATA. Da barriera contro gli assalti nemici del XVI secolo a polo culturale
IL BASTIONE INGOIATO DALLA STORIA
La sede dell’Ateneo costruita nel Settecento sopra il Balice
Trovarlo non è facile. Nascosto alla vista dei passanti, il bastione del Balice sembra un fantasma ingoiato della storia, un luogo immaginario incastonato oltre piazza Yenne e via Manno. Chi volesse accertarne la reale esistenza deve necessariamente giungere in via Università e attraversare il palazzo dell’Ateneo. All’improvviso, lo avrà di fronte: alto, imponente, un tempo (XVI secolo) barriera contro le minacce e gli attacchi che arrivavano dal mare. Il Balice dovrebbe far parte (lo è talvolta, almeno nelle citazioni) dei percorsi turistici che comprendono le tappe classiche nel quartiere di Castello: i bastioni di Saint Remy e Santa Caterina, la chiesa della Speranza, l’antico Palazzo di città, la cattedrale, Palazzo Regio, la torre di San Pancrazio, la Cittadella dei musei, la basilica e il bastione di Santa Croce, il Ghetto, la torre dell’Elefante. Il Balice sta tra la torre dell’Elefante, il teatro civico e la Porta dei due leoni.
XVI SECOLO Fu costruito all’inizio del Cinquecento quando (fra il 1552 e il 1571) fu prevista una nuova organizzazione difensiva della città, messa in opera dell’architetto cremonese Rocco Capellino: nel Castello venne realizzato il bastione di Sant’Antonio, con una parte della muraglia del Balice. Sebbene nel profilo della città svettino su tutto e tutti le torri di San Pancrazio e dell’Elefante, gli antichi bastioni conservano fascino urbanistico e importanza simbolica.
IL RE Nel Settecento, per la riforma delle università sarde, il re Carlo Emanuele III immaginò un polo culturale (con al centro una nuova sede dell’Ateneo cagliaritano) e affidò la progettazione all’ingegnere militare Saverio Belgrano di Famolasco. Nell’area soprastante il bastione del Balice furono progettati il palazzo universitario, il seminario tridentino e un teatro. Il progetto originario rimase però monco: vennero realizzati solo i primi due edifici. La sede universitaria fu inaugurata nel 1770, il seminario fu concluso otto anni dopo e poi ceduto (nel 1955) all’Università.
LE DEMOLIZIONI Persa l’antica funzione difensiva, nella metà dell’Ottocento le cinte bastionate, in linea con l’aria di rinnovamento che interessò buona parte delle grandi città europee, furono minacciate di distruzione. A Cagliari si cominciò con la demolizione (1856) della Porta Stampace, poi si proseguì nel quartiere di Marina. Più complicato intervenire nel Castello. Più che a demolire si pensò a trasformare: i bastioni diventarono belvedere.
LA COMMISSIONE Del Balice e della stabilità del bastione si sono interessati di recente Comune e ambientalisti. Mentre la commissione Urbanistica ha dato il via libera alla approvazione definitiva della variante al Piano particolareggiato di sistemazione degli spazi verdi circostanti il quartiere Castello (delibera poi approvata dal Consiglio), gli ambientalisti hanno protestato. «La proposta progettuale», ha chiarito Andrea Scano, presidente della commissione Urbanistica, «porterà a una riqualificazione degli spazi di via Cammino Nuovo, attualmente adibiti ad area di sosta, in un parco pedonale attrezzato che favorirà nuove relazioni con lo spazio circostante ed in particolare il collegamento con il quartiere di Castello». Stretto il rapporto con l’Università, perché «al nuovo parco possa essere collegato anche il bastione del Balice, attualmente utilizzato come parcheggio per i dipendenti dell’ateneo, aprendolo alla collettività». Ad allarmare gli ambientalisti e molti residenti di Stampace e Castello (“a rischio la stabilità delle mura”) è il Sistema coordinato di parcheggi di scambio di via Cammino Nuovo, che consiste nella realizzazione di un ampio parcheggio interrato, articolato su tre livelli, con accesso dalla via Santa Margherita e che contribuirà alla pedonalizzazione del quartiere di Castello.
Pietro Picciau
 
 
 
2 - L’Unione Sarda / Economia (Pagina 17 - Edizione CA)
PROGETTO OPTIMED
La scommessa sui trasporti marittimi

I traffici marittimi mediterranei sono un’occasione di crescita e sviluppo. È questo il motivo principale per cui Porto Torres e la Sardegna sono al centro del “progetto Optimed”. La sfida, biennale e con un budget di due miliardi, vede in prima fila l’Università di Cagliari e gli specialisti dei trasporti guidati dal pro rettore Paolo Fadda.
Domani alle 9, la sala congressi dell’Hotel Regina Margherita a Cagliari ospita la conferenza sul tema “Crescita dei trasporti marittimi merci tra l’Europa e le regioni del Medio-Oriente: una sfida per Sardegna, Catalunya e Libano”.
Ai lavori parteciperanno il presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru, Enrico Puia (ministero Trasporti), Emanuele Grimaldi (presidente Confitarma), Gianfranco Fancello (Cirem) e Carlo Guglielmi (Autorità portuale del Nord Sardegna). ( r.ec. )


3 - L’Unione Sarda / Economia (Pagina 17 - Edizione CA)
Domani a Cagliari
MORATTI PARLA DI ENERGIA AGLI STUDENTI

Come usare nel modo migliore l’energia per creare nuova impresa. Saranno Gian Marco Moratti, presidente del Gruppo Saras, e Alberto Scanu, presidente di Confindustria Sardegna e di Sardinia Green Island, gli ospiti del prossimo appuntamento con gli “Incontri del lunedì”, l’iniziativa promossa dall’Università di Cagliari e dall’associazione degli industriali che in questi mesi ha cercato di stimolare il dialogo tra imprese, studenti e ricercatori per costruire le basi di un nuovo modello di sviluppo.
Moratti e Scanu spiegheranno come “Fare impresa nel comparto energia” (questo il titolo del seminario) e al termine dei loro interventi (in programma domani nell’aula magna della facoltà di Ingegneria, in piazza d’Armi a Cagliari, con inizio alle 16.30) risponderanno alle domande degli studenti. (r.ec.)


4 - L’Unione Sarda / Economia (Pagina 17 - Edizione CA)
INVESTIMENTI E IMPRESE. Tre modi per risparmiare con l’aiuto dell’innovazione
UN GEMELLAGGIO TRA LE UNIVERSITÀ DI CAGLIARI E DI ERBIL NEL KURDISTAN
L’innovazione e le competenze professionali migliorano il ciclo produttivo e rafforzano l’utile d’impresa. L’azienda del futuro, quindi, non può prescindere dalla ricerca di nuove soluzioni per competere sul mercato. Tanto più in questa fase di crisi.
IL CONVEGNO L’associazione degli ingegneri chimici di Cagliari ha ribadito l’importanza dell’innovazione e delle competenze professionali in un convegno organizzato nell’aula magna della facoltà di ingegneria, a cui ha partecipato una delegazione dell’Università di Erbil in Kurdistan. Le imprese italiane (e in particolare quelle sarde) nel settore oil&gas e della raffinazione sono molto apprezzate in quell’area.
LA RAFFINERIA L’affidabilità nella raffinazione come chiave del successo è stato il tema del primo intervento del convegno, affidato all’ingegnere minerario Alessandro Zucca, rappresentante della Sarlux. «Bastano piccoli cambiamenti, innovazioni, per far risparmiare a un’azienda milioni di euro. In Sarlux, per esempio, abbiamo introdotto il laser scanner che ci aiutato molto nelle manutenzione ciclica della raffineria. Ma anche l’introduzione di nuovi ponteggi, in sostituzione dei classici montanti costruiti con il tubo giunto, ha contribuito a ottimizzare i tempi dei lavori e a ridurre la rischiosità delle operazioni».
LA CHIMICA VERDE Poi è stata la volta di Piergiorgio Sedda, ingegnere chimico, che ha affrontato il tema del piano industriale Matrica, esempio a Porto Torres di riconversione industriale da complesso petrolchimico ad agglomerato industriale integrato di chimica verde. «Dagli oli vegetali si possono estrarre prodotti chimici», ha spiegato Sedda «con l’evidente vantaggio in termini di sostenibilità ambientale».
GLI INVESTIMENTI Nella prima fase dell’intervento, Matrica, nata dall’unione di Versalis e Novamont, ha messo in pista 180 milioni di euro con l’impegno di 130 lavoratori. «A ottobre partirà il primo impianto, dei due previsti», ha aggiunto Sedda. «Nel processo chimico, la natura di biodegradabilità dei prodotti utilizzati, in questo caso i cardi, rappresenta un’innovazione nel campo della petrolchimica».
L’EDILIZIA Ma l’innovazione non è solo affare della chimica. L’ingegnere civile Sergio Lai ha spiegato come l’energia possa essere sfruttata nell’edilizia, creando vantaggi economici non indifferenti e a impatto zero. «Possiamo sfruttare il sole, il vento, ma anche la morfologia del terreno per costruire case che rispettino l’ambiente e che offrano condizioni di vita ottimali. L’inclinazione dei vetri e più in generale la progettazione dello stabile permettono di avere ambienti riscaldati in inverno e freschi d’estate. Sono interventi a volte semplici che sicuramente fanno risparmiare». (lan. ol.)
 
 
5 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 5 - Edizione CA)
LA PROPOSTA. Presentata la pubblicazione di Tore Cherchi e Aldo Berlinguer
«ZONA FRANCA INTEGRALE IRREALISTICA E COSTOSA»
La prima moderna Zona franca industriale è nata nel 1959, a Shannon, in Irlanda. Ora ne esistono circa 3.500, localizzate in 130 Paesi. In Sardegna, se ne discute da quasi settant’anni. Dal 1998 esiste una legge dello Stato ma, per ora, la Zona franca continua ad essere solo oggetto di dibattiti.
Nell’Isola, per iniziare, potrebbero essere istituite sei aree limitate territorialmente, dislocate nei porti industriali. Per fare il punto sulla situazione, Aldo Berlinguer, professore ordinario di Diritto comparato all’Università di Cagliari, e Tore Cherchi, ex senatore ed esponente del Partito Democratico, hanno pubblicato il libro “Le zone franche. Mito, preconcetti, opportunità: il caso Sardegna”. «Abbiamo evidenziato», spiega Berlinguer, «anche lo scenario globale. Le Zone franche si stanno moltiplicando pure in Europa e, dunque, non sono solo una specificità italiana». Tore Cherchi è convinto che la Zona franca possa rappresentare un valido strumento: «In molte situazioni è servito per promuovere la produzione, attraverso l’attrazione di capitali di investimento. Si deve però uscire dalla contrapposizione della Zona franca integrale, che ritengo irrealistica e costosa, per puntare su ciò che realmente si può fare». Vincenzo Di Marco, commissario dell’Autorità portuale, precisa che «esistono delle norme che individuano per Cagliari già una perimetrazione per la Zona franca doganale. Il piano operativo è stato trasmesso alla Regione da Cagliari Free zone. Gli elementi per partire ci sono tutti».
Sulla Zona franca resta attivo il centrodestra, con una mozione per impegnare il presidente Francesco Pigliaru e la Giunta ad attuare ogni iniziativa per attivare la Zona franca integrale nell’Isola. A presentarla è stato il consigliere Modesto Fenu (Zona Franca Randaccio) alla vigilia del vertice Regione-prefetto del 10 giugno.
Eleonora Bullegas
 
 
6 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 13 - Edizione CA)
BIODIVERSITÀ. L’assessore all’Agricoltura Falchi revoca il sì di Agris a Rijk Zwaan
STOP ALLA RACCOLTA DEI SEMI «Prima una legge di tutela»

I semi sardi restano in Sardegna. I ricercatori olandesi della Rijk Zwaan, colosso mondiale delle nuove verdure , non si arrampicheranno sui calcari del Golfo di Orosei a fine luglio per raccogliere, al termine della fioritura, la lattuga del Montalbo dalle foglie frastagliate e appuntite. Né coglieranno, in giro per l’isola, il finocchietto selvatico o i rustici antenati della cicoria. «La raccolta della Rijk Zwaan non si farà», dichiara l’assessore regionale all’Agricoltura Elisabetta Falchi. E il via libera concesso da Agris? «Non ci vincola, non è un contratto. La priorità, ora, è proteggere le specie endemiche della Sardegna». Fermando la raccolta. E mandando avanti di gran carriera la legge sull’agrobiodiversità. Finalmente all’esame della commissione Agricoltura dopo un’attesa che dura dal lontano 2005. «Quanto prima avremo il Registro delle varietà sarde e la certezza di poterle tutelare» assicura Elisabetta Falchi. «Allora potremo fare accordi di ricerca con le università e con chiunque sia interessato a studiare le caratteristiche delle nostre specie. Però alle nostre condizioni».
LA VITTORIA DEL COMITATO È una vittoria di non poco conto per il comitato spontaneo di cittadini, agricoltori, commercianti e associazioni che promuovono la difesa dell’agrobiodiversità. «Quei semi sono risorse preziose per sviluppare un’agricoltura migliore in Sardegna. Non possiamo consentire che ci vengano portati via», esorta Teresa Piras, 71 anni e l’energia di una ragazza, presidente del Centro di sperimentazione dell’autosviluppo rurale. Resta da vedere come la prenderà il colosso sementiero che ha base nei Paesi Bassi, 2.350 dipendenti e un catalogo di mille varietà di frutta e verdura “potenziate”. La Rijk Zwaan può allinearsi alla Regione e rinviare la raccolta, osteggiata anche dalle Università di Sassari e Cagliari. Oppure forzare la mano, approfittando del vuoto legislativo. La società presenta un profilo bio-amichevole e democratico. Sottolinea «mentalità verde», attenzione alla terra e ai dipendenti. Però è attenta anche al suo business.
LA GUERRA DELLA LATTUGA La Ballerina Rz è una lattuga tondeggiante dalla foglia larga e ondulata. Nata da ricerca genetica e ibridazione. Nei laboratori Rijk Zwaan. È il 2005 quando gli ispettori dell’azienda scoprono in un mercato della Sicilia la lattuga Criolla , che somiglia molto alla Ballerina . Un’indagine genetica conferma: il Dna è lo stesso. Denuncia, inchiesta, processo. Nel gennaio 2011, il Tribunale di Milano condanna la siciliana Agriseeds per violazione di copyright: ha cresciuto e venduto senza permesso la lattuga della Rijk Zwaan. E siccome ne ha tratto un guadagno illecito di 205.701 euro - sancisce un secondo giudizio - deve restituirli con gli interessi e le spese legali.
VUOTO NORMATIVO Rijk Zwaan ha avuto da Agris l’autorizzazione a raccogliere in luglio i semi di 37 specie caratteristiche. Per studiarli e creare in laboratorio varietà ibride «più adatte al mercato italiano» e «resistenti alle malattie». Il cavolo o la bietola marchiati RZ. «Il rischio - spiega l’antropologa Alessandra Guigoni - è che la specie rafforzata torni sul mercato sardo, mettendo fuori commercio il progenitore, che si era adattato nei secoli alla terra e al clima». Pericolo ecologico ed economico. Perché gli agricoltori sardi potrebbero essere costretti a comprare dalla Rijk Zwaan i semi degli ibridi. «Come già succede con alcune varietà di pomodoro, brevettate dalla multinazionale Syngenta». Per chi sgarra, c’è la denuncia. Mentre Rijk Zwaan (come l’azienda australiana che ha brevettato un ibrido di trifoglio a base sarda) non ha obblighi verso l’Isola, le sue piante e il suo popolo.
I RISCHI Nonostante sia prevista dalle norme europee e nazionali, non esiste una legge per proteggere il Dna delle specie sarde. «Intendiamoci, non ha senso bloccare la ricerca o l’evoluzione delle varietà alimentari», spiega l’antropologa, che ha cominciato la sua avventura sarda studiando i fagioli tradizionali. «Ma è inaccettabile che una multinazionale si appropri, brevettandolo, del patrimonio ambientale e culturale di un popolo». Le erbe (alimentari e farmaceutiche) che interessano gli olandesi non godono di alcuna protezione. «In queste condizioni non potevamo opporci alla Rijk Zwaan», ha dichiarato su L’Unione Sarda del 24 maggio il direttore uscente di Agris Martino Muntoni. Una giustificazione che non convince Luigi Lotto, agronomo, presidente (Pd) della Commissione Agricoltura del Consiglio regionale. Lotto nel 2010 ha presentato un suo progetto di legge sull’agrobiodiversità. Ignorato dal Consiglio, come il Ddl precedente della Giunta Soru. Lotto assicura che oggi maggioranza e opposizione sono d’accordo per fare arrivare al volo la norma in Consiglio. Luca Rizzuto di Sel e Gavino Sale di Irs hanno depositato una mozione urgente al Consiglio. «Non sono religioso, ma è blasfemo che si brevettino i prodotti della natura. Stiamo difendendo il concetto stesso di vita», dice Rizzuto. La mozione (che secondo il consigliere godrà di appoggio bipartisan) impegna la Giunta Pigliaru a mettere in atto «tutti gli strumenti e le azioni possibili per non fornire le semenze alla Rijk Zwaan». E a creare «entro 60 giorni» un registro delle semenze endemiche, da «brevettare e campionare».
Daniela Pinna
 
 
7 - L’Unione Sarda / Cronaca di Nuoro (Pagina 63 - Edizione CA)
NUORO. Attilio Mastino solidale con i dipendenti senza stipendio da otto mesi
IL RETTORE: «ALL’UNIVERSITÀ LAVORATORI DI SERIE B»

Entra a gamba tesa sulla crisi del Consorzio universitario nuorese, il rettore dell’Università di Sassari Attilio Mastino. Bacchettando il precedente governo regionale, e lanciando un appello all’attuale. Due giorni fa la notizia che i lavoratori di Ecotopia (che da vent’anni eroga vari servizi), da otto mesi senza stipendio, incroceranno le braccia bloccando tutte le attività.
I NODI «Problemi analoghi abbiamo affrontato a Oristano con il Consiglio di amministrazione del Consorzio uno», scrive Mastino, «per via dei mancati trasferimenti regionali 2012 e 2013, a causa del patto di stabilità. L’eredità lasciata dalla Giunta regionale precedente è drammatica e - sottolinea il rettore - non invidio il presidente Pigliaru che ha iniziato a mettere ordine in una situazione a dir poco confusa. Ma siamo sereni perché ci presenteremo in Regione con le carte in regola».
LE ECCELLENZE Nella nota Mastino snocciola le eccellenze del mondo accademico sardo, di cui, rimarca, la Regione deve tener conto. E accende i riflettori sul congresso di Entomologia che domani si terrà a Orosei dopo 40 anni, con oltre 200 relatori: «Un evento», commenta il rettore, «che testimonia le alte competenze dei nostri ricercatori del dipartimento di Agraria guidati da Pietro Luciano, presidente a Nuoro del corso di laurea in Scienze forestali e ambientali». E aggiunge: «Da una valutazione nazionale i microbiologi di Nuoro e Oristano sono ai primi posti in Italia nella ricerca enologica e agroalimentare». «Insieme a loro gli archeologi di Oristano, vincitori in massa dei concorsi di abilitazione nazionale e protagonisti della ripresa degli scavi a Monti ’e Prama con l’aiuto delle nuove tecnologie. Stesso discorso per gli economisti di Olbia e i primati raggiunti da Architettura ad Alghero. Siamo convinti che anche l’assessore Claudia Firino voglia combattere questa battaglia di civiltà».
LE BACCHETTATE «Non si comprende come in passato si siano lasciati per ultimi i Consorzi universitari nel definire le priorità dei trasferimenti», rimarca Mastino. «Mi chiedo, come mai se gli stipendi ai dipendenti regionali sono giustamente inseriti tra le spese obbligatorie di parte corrente, non si considerino allo stesso modo gli operatori dei Consorzi? Non sono lavoratori di seconda categoria che debbono giustificare la propria esistenza e per questo restare mesi senza stipendio. Ci vuole un provvedimento ad hoc».
Francesca Gungui
 
 
8 - L’Unione Sarda / Primo Piano (Pagina 3 - Edizione CA)
«VI RACCONTO LE MIE EUTANASIE»  
Giorgio Pisano
«Quante volte? Almeno un centinaio nell’arco della mia carriera».
Può essere più preciso?
«No. Per la semplice ragione che nessuno terrebbe il conto delle persone che ha aiutato a morire».
Fino a quando l’ha fatto?
«Finché ho potuto. Era questione di pietà».
Giuseppe Maria Saba, Peppinello per gli amici, irrompe nel dibattito sull’eutanasia con una confessione che lascia sbalorditi: per lucidità e coraggio. Sassarese, 87 anni, in pensione dal 1999, dopo la laurea in Medicina ha vissuto tre anni in Inghilterra grazie a una borsa di studio del British Council. Al rientro in Italia, ha esordito da primario ospedaliero per diventare poi professore ordinario della cattedra di Anestesiologia e Rianimazione: prima all’università di Cagliari e successivamente a La Sapienza di Roma. Detto in altre parole, l’autorevolezza è indiscussa. Dal salotto iperpanoramico della sua casa cagliaritana parla con la lentezza di chi deve e vuole pesare ogni parola che finirà sul giornale.
Perché ha deciso di parlare?
«Perché non ne posso più del silenzio su cose che sappiamo tutti. Parlo dei Rianimatori, s’intende. Questa ipocrisia del dire e non dire va avanti da troppo tempo».
Cattolico?
«Laico, ma ho una grande ammirazione per giganti del pensiero come il cardinale Carlo Maria Martini».
Crede nei miracoli?
«Decisamente no. Perché mi fa questa domanda?»
Perché un malato terminale potrebbe guarire all’improvviso.
«Dove e quando? In oltre mezzo secolo di carriera a me non è mai capitato. Tutti quelli che avevano imboccato l’ultimo tratto di strada sono puntualmente morti. Bisogna fare però una precisazione».
Facciamola.
«Sbagliato parlare di anestesia letale. Io la chiamo dolce morte e l’ho favorita ogni volta che mi è stato possibile. Del resto, non è la prima volta che lo dico».
In che senso?
«Nel 1982, proprio in un’intervista a un settimanale, intervista poi ripresa anche da L’Unione Sarda, ho raccontato di aver dato una mano ad andarsene a mio padre e, più tardi, anche a mia sorella. Risultato, qualcuno ha detto che in fondo ero un assassino».
E magari tra quei qualcuno c’erano pure suoi colleghi.
«Possibile. Vede, la dolce morte è una pratica consolidata in tutti gli ospedali italiani ma per ragioni di conformismo e di riservatezza non se ne parla. Gli unici che alzano la voce su questo tema sono frange d’un estremismo cattolico tanto rigido quanto confuso».
In che modo un malato terminale chiede aiuto?
«Se non può parlare prova a dirlo con gli occhi. E tra i familiari c’è sempre qualcuno che conosce molto bene le volontà del paziente, sa cosa avrebbe voluto e sperato trovandosi in quelle condizioni. Non dimenticherò mai un amico carissimo inchiodato a letto senza speranza. Soffriva da cane e ogni giorno, quando passavo a visitarlo, mi implorava: fammi morire, per favore».
Accontentato?
«Proprio in quel caso, no. Se n’è andato prima che potessi dargli una mano».
E se lei si trovasse nelle stesse condizioni?
«Sono per l’auto-eutanasia. Ho un accordo preciso con mia moglie».
Alcuni parlano di desistenza terapeutica anziché di eutanasia.
«È un patetico gioco di parole per mettersi in pace la coscienza, essere rispettosi del Codice deontologico dei medici e con l’orientamento della Chiesa».
Però è desistenza e non eutanasia.
«Stiamo parlando della stessa cosa. Il termine desistenza, cioè smetto di ventilarti meccanicamente, significa che sto comunque staccandoti la spina. Qual è la differenza?»
Il momento di intervenire.
«Rispondo con un episodio. Avevo un amico ricoverato in Clinica medica: blocco renale e convulsioni. Il collega che lo seguiva mi ha chiesto: che facciamo? Ho risposto senza un attimo d’esitazione: io gli darei un Talofen».
Cos’è il Talofen?
«È un farmaco che, ad alto dosaggio, blocca la respirazione. Tecnicamente è un ganglioplegico».
E il suo amico, che fine ha fatto?
«Credo gliel’abbiano dato, il Talofen. Il giorno dopo era in obitorio».
Davvero non ricorda quante volte ha praticato un’eutanasia?
«Nel mio lavoro ho addormentato non meno di un milione e mezzo di persone. Non so quante siano quelle con cui sono andato più in là: so solo che l’ho fatto ogni volta che era necessario».
E quand’era necessario?
«Quando un malato te lo chiede e quando tu, nella veste di medico, ti rendi conto che ha ragione. Che senso ha prolungare un’agonia, assistere allo strazio di dolori insopportabili che non porteranno mai a una guarigione?»
Ritiene d’essersi comportato in maniera moralmente corretta?
«Non ho nulla da rimproverare a me stesso, e lo dico dall’alto della mia età. La verità è che la gente non sa cosa sia il dolore vero, almeno quello più atroce. La coscienza ti impone di non stare a guardare».
Mai un ripensamento, magari d’essere stato frettoloso?
«Prima di procedere, prima cioè di donare la dolce morte ad un uomo sofferente, ho pensato e ripensato se si trattava della soluzione giusta. Quando mi sono mosso l’ho sempre fatto di fronte a situazioni che non avevano altra via d’uscita».
La prima volta?
«Credo sia stato con mio padre ma non ne ho la certezza».
L’ultima?
«Se la memoria non mi tradisce, con un giovane che ho affidato a un neurochirurgo, sicuro che non sarebbe uscito vivo dalla sala operatoria. E così è stato».
Neanche un caso di pentimento, sicuro?
«Mai. Quella di aiutare un malato a morire non è una decisione che prendi a cuor leggero. Ricordo anzi di aver suggerito ad alcuni chirurghi, in piena febbre da bisturi negli anni ’70, di non tormentare il paziente: lascialo andare in pace ...».
Legge sul fine-vita: la proposta di legge dorme in Parlamento da 300 giorni.
«Saremmo l’Italia se non fosse così? Ho un solo dubbio: mi domando come mai la polemica sull’eutanasia riesploda proprio adesso. Esiste da sempre ma solo ora riempie i giornali. Dev’esserci qualcosa sotto».
E se le chiedessero un aiuto oggi?
«Aiuto a morire? Me lo chiedono. Ma io ho chiuso bottega. C’è un momento per tutto e io non faccio eccezione».
 
 
9 - L’Unione Sarda / Provincia di Nuoro (Pagina 65 - Edizione CA)
MACOMER. Mentre l’Unione dei Comuni sta potenziando il suo Sportello Europa giovani
IL TECNICO DI BARA SI CANDIDA COME CENTRO ERASMUS

Macomer punta a rafforzare la sua funzione di polo educativo di livello regionale sfruttando le opportunità del progetto europeo Erasmus che promette di convogliare nel Marghine studenti universitari provenienti da tutta l’Europa. A proporre questa nuova scommessa nel settore della formazione è l’Istituto tecnico superiore che opera nella struttura di Bara, l’unico presente in Sardegna nella formazione post-diploma che ha promosso la sua candidatura per l’ottenimento della carta Eche (Erasmus Charter for Higher Education) che, fino al 2013, era consentita solo alle Università. «Se venisse accolta la nostra richiesta - sostiene il presidente della Fondazione Its Macomer Raffaele Franzese - già a partire dall’anno accademico 2015-2016, potremmo partecipare a tutte le attività di cooperazione europea e internazionale, consentendo ai nostri iscritti di fruire dell’esperienza Erasmus e nel contempo ospitare giovani stranieri interessati ad approfondire i loro studi nel Marghine».
Sempre nel campo delle politiche europee, nei giorni scorsi, il Consiglio comunale di Macomer ha approvato a maggioranza l’adesione al progetto dell’Unione dei comuni dello sportello Europa Giovani che sarà coordinato e gestito dal Centro servizi culturali grazie a un finanziamento di 40 mila euro. Attivo in maniera sperimentale e gratuita per circa un anno, lo sportello ha già realizzato importanti progetti di scambi culturali con diversi paesi della Comunità a cui hanno partecipato giovani dei dieci paesi del Marghine.
Dopo la sua fase sperimentale oggi che diventa un servizio strutturale dell’Unione dei comuni, lo sportello rafforzerà le sue iniziative promuovendo le attività dell’apprendimento non formale che rappresenta l’altro caposaldo dei programmi europei per le politiche giovanili. «Il servizio - sostiene il responsabile Pierpaolo Pani - perseguirà l’obiettivo di costruire e rafforzare le partnership europee con istituzioni e soggetti economici per preparare i nostri ragazzi alle sfide del futuro».
Luca Contini
 
 
    

 


LA NUOVA SARDEGNA 
 
10 - La Nuova Sardegna / Lettere e commenti - Pagina 14
DIPENDENTI SENZA STIPENDIO
Consorzi universitari, difenderli è battaglia di civiltà
di Attilio Mastino
Per i dipendenti regionali le retribuzioni sono inserite tra le spese obbligatorie: perché non è così per i dipendenti dei corsi decentrati?
Con grande preoccupazione osserviamo la crisi del Consorzio degli studi universitari nel Nuorese, con la chiusura delle sedi universitarie e la minaccia di licenziamento dei 33 dipendenti da parte della cooperativa Ecotopia. Problemi analoghi abbiamo affrontato ad Oristano col Consorzio Uno a causa del blocco dei trasferimenti regionali per il patto di stabilità, un tema sul quale l’assessorato regionale sei mesi fa era stato ruvidamente richiamato all’ordine dalla Corte dei Conti, che ha ricordato come la cultura debba essere al centro delle politiche regionali. Anche le due Università devono ricevere decine di milioni di euro, per quanto nelle ultime settimane la situazione si vada sbloccando grazie ai trasferimenti sanitari sul fondo unico. L’eredità lasciata dalla giunta regionale precedente è dunque drammatica e non invidio il presidente Pigliaru che ha iniziato a mettere ordine e a gestire una situazione a dir poco confusa. Eppure siamo sereni, perché ci presenteremo con le carte in regola al confronto in Regione sulle sedi universitarie decentrate, dimostreremo l’oculato utilizzo delle risorse e il trend positivo della produttività scientifica e didattica. Apprezziamo una politica di rigore e abbiamo ottenuto ottimi risultati sulla valutazione della ricerca enologica e agroalimentare dei microbiologi di Oristano e Nuoro; gli archeologi di Oristano e Sassari sono risultati vincitori in massa dei concorsi di abilitazione nazionale e protagonisti della ripresa degli scavi a Monti ’e Prama. Gli economisti di Olbia sono in prima linea nel rapporto con le imprese turistiche, con il nuovo Laboratorio su Turismo, Ambiente, Trasporti. Infine ad Alghero si segnalano i primati nazionali raggiunti da Architettura sul piano della didattica e della ricerca, pur in una situazione ambientale inadeguata. Continuiamo a credere alla missione delle Università a favore dello sviluppo della Sardegna, alla nascita di infrastrutture della conoscenza, all’obiettivo di radicare sul territorio la presenza di ricercatori e studenti; abbiamo procurato nuove risorse europee per progetti di ricerca e per la modernizzazione delle aziende agricole oristanesi coi Fondi Fas, per i laboratori di ricerca nelle zone interne, ossigeno per una ricerca scientifica che si fondi sulla biodiversità della nostra isola. Stiamo migliorando la produttività, legando formazione e lavoro, smaltendo progressivamente gli studenti fuori corso. Abbiamo vivissime le immagini del Maggio universitario nuorese animato dai nostri splendidi studenti di Agraria e di Giurisprudenza, dai dottorandi stranieri, dai tecnici, dagli amministrativi, dai bibliotecari, ai quali esprimo a nome dell’Ateneo la solidarietà per il fatto che non ricevono lo stipendio da mesi. Sappiamo che il presidente della Regione ha lavorato bene per affrontare i vincoli del patto di stabilità. Eppure non si comprende come in passato si siano definite priorità diverse nei trasferimenti regionali, lasciando per ultimi i Consorzi universitari. Gli stipendi ai dipendenti regionali sono giustamente inseriti tra le spese obbligatorie: perché non si considera allo stesso modo la situazione dei dipendenti dei Consorzi universitari ? Non possono essere trattati come lavoratori di seconda categoria che debbono giustificare la loro esistenza e per questo restare mesi senza stipendio. Combatteremo insieme, dalla stessa parte, con l’assessore Claudia Firino, una battaglia di civiltà, sicuri di poter rendere conto fino all’ultimo euro erogato, consapevoli della crisi della finanza pubblica e animati dalla voglia di garantire serietà e impegno. Nel momento in cui le Province si avviano malinconicamente al declino, non rinunceremo a mantenere un rapporto con territori che per crescere debbono avere più laureati provenienti da altre regioni e da altri paesi, più investimenti in conoscenza, più respiro internazionale e più innovazione. Noi crediamo in una università che si metta al servizio della Sardegna.


11 - La Nuova Sardegna / Attualità - Pagina 9
La fotografia del Censis descrive un Paese in difficoltà
SEGNATO DA CRIMINALITÀ, CORRUZIONE E INEFFICIENZA
Cattiva reputazione per l’Italia: -58% di investimenti esteri
ROMA L’Italia è sempre meno capace di attrarre capitali esteri, che dall’inizio della crisi ad oggi si sono più che dimezzati. E la causa è la cattiva reputazione accumulata negli anni per corruzione diffusa, scandali politici e lungaggini burocratiche. A denunciarlo è il Censis, nel suo Sesto Diario della transizione, che mette in luce le debolezze del nostro Paese che, pur restando la seconda potenza manifatturiera d’Europa e la quinta nel mondo, detiene solo l’1,6% dello stock mondiale di investimenti esteri, contro il 2,8% della Spagna, il 3,1% della Germania, il 4,8% della Francia, il 5,8% del Regno Unito. Negli ultimi sei anni gli investimenti diretti esteri in Italia sono crollati: nel 2013 sono stati pari a 12,4 miliardi di euro, il 58% in meno rispetto al 2007, l’anno prima dell’inizio della crisi, evidenzia il Censis . I momenti peggiori sono stati il 2008, l’anno della fuga dei capitali, in cui i disinvestimenti hanno superato i nuovi investimenti stranieri, e il 2012, l’anno della crisi del debito pubblico. La crisi ha colpito tutti i Paesi a economia avanzata, ma l’Italia si distingue per la perdita di attrattività verso i capitali stranieri: il Belpaese, infatti, osserva il Censis, «ha un deficit reputazionale accumulato negli anni a causa di corruzione diffusa, scandali politici, pervasività della criminalità organizzata, lentezza della giustizia civile, farraginosità di leggi e regolamenti, inefficienza della Pubblica amministrazione, infrastrutture carenti». Con il risultato che l’Italia si piazza al 65° posto nella graduatoria mondiale dei fattori determinanti la capacità attrattiva di capitali per un Paese (procedure, tempi e costi per avviare un’impresa, ottenere permessi di costruzione, risolvere controversie giudiziarie): per ottenere tutti i permessi, le licenze e le concessioni di costruzione, in Italia occorrono mediamente 233 giorni, 97 in Germania. In tutta l’Europa solo Grecia, Romania e Repubblica Ceca presentano condizioni per fare impresa più sfavorevoli delle nostre. Abbiamo certamente molti punti di forza. Siamo un Paese che esporta grazie alla qualità della nostra manifattura. L’Italia è a tutt’oggi l’undicesimo esportatore al mondo, con una quota del 2,7% dell’export mondiale. E siamo un Paese che (ancora) attrae persone grazie all’ambiente, al cibo e alla cultura: siamo ancora la quinta destinazione turistica al mondo (dopo Francia, Usa, Cina e Spagna) con più di 77 milioni di stranieri che varcano ogni anno le nostre frontiere (+4,1% tra 2010 e 2013). Siamo anche un Paese molto presente nel resto del mondo. Si stimano in circa 60 milioni le persone di origine italiana residenti all’estero (15 milioni solo negli Usa), sono più di 20 mila le imprese a controllo nazionale localizzate oltre confine. Sono inoltre 2.673 i ricercatori italiani attualmente operanti all’estero. E come se non bastasse, in Italia la crisi ha colpito anche il lavoro nero, che è stato messo in difficoltà dal fai da te che ha fatto diminuire l’utilizzo di imprese e lavoratori non regolari. Lo sostiene la Cgia di Mestre (associazione artigiani), secondo cui i posti di lavoro irregolari persi tra il 2007 e il 2012 ammontano a oltre 106mila unità. «La crisi ha tagliato drasticamente la disponibilità di spesa delle famiglie italiane - segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi -. Pertanto, anche per le piccole manutenzioni, per i lavori di giardinaggio o per le riparazioni domestiche non si ricorre nemmeno più al dopolavorista o all’abusivo. Questi piccoli lavori o non vengono più eseguiti, oppure si sbrigano in casa».
La Nuova Sardegna di domenica 8 giugno 2014
 
 
12 - La Nuova Sardegna / Cultura - Pagina 35
FIRINO: «La cultura è sviluppo»
LA CONOSCENZA COME RISORSA 
di Sabrina Zedda
CAGLIARI Che in Italia con la cultura ancora non si mangia è un fatto, eppure è innegabile che sia questo il settore su cui puntare per crescere. Perché gli attuali sconvolgimenti, che ci ostiniamo a chiamare crisi, stravolgeranno a tal punto gli assetti sociali ed economici da rendere il sapere sempre più importante. Si è parlato anche di questo a Leggendo Metropolitano. Merito dell’incontro “Scacco al re. Idee dal manifesto Niente cultura, niente sviluppo, promosso dal Sole 24 ore”, con il giornalista Armando Massarenti, responsabile dell’inserto culturale del Sole 24 ore, l’economista Vittorio Pelligra e gli assessori alla cultura del comune di Cagliari e della Regione, Enrica Puggioni e Claudia Firino. Il punto di partenza è il filo lasciato in sospeso due anni fa dal festival quando, a pochi mesi dalla sua pubblicazione, il Manifesto del Sole 24 ore era stato presentato per parlare appunto di cultura e sviluppo. Che cosa è successo nel frattempo? Dalla “crisi” ancora non si è usciti e anzi, avverte Massarenti, «non illudiamoci troppo quando ci parlano di “qualche segnale”: basta guardare i dati sulla disoccupazione». Eppure due o tre cose positive ci sono state, dice il giornalista. A cominciare dalle parole del ministro della Cultura Franceschini sul fatto che i Beni culturali andrebbero considerati ministeri dell’economia. «Altra cosa – aggiunge Massarenti – è stata la nomina da parte del Presidente della Repubblica di quattro senatori a vita esponenti di spicco del mondo della cultura». La scelta del maestro Claudio Abbado (poi scomparso), dell’architetto Renzo Piano, dello scienziato Carlo Rubbia e dell’accademica Elena Cattaneo da qualcuno è stata male accolta e questo, osserva Armano Massarenti, ha lasciato passare sottotraccia la portata dell’evento: è stato fatto entrare in Parlamento un quartetto «portatore della cultura dei fatti e delle competenze». Parlare di cultura senza però avere gli strumenti sarebbe vano, da qui la necessità di educare i cittadini a divenire dei consapevoli fruitori di questo prodotto. Per fare questo per Vittorio Pelligra occorre «creare condizioni di accesso alla cultura che siano precoci e uguali per tutti». Significa che occorre dare alcuni input presto, «prima dei sei anni», aggiunge Pelligra. L’assessore Claudia Firino guarda all’istruzione in modo trasversale: «Cultura e istruzione sono un valore in sé. E questo legittima il sostegno pubblico».

 

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