Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
05 June 2014

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 12 - Edizione CA)
Tuvixeddu, il conto supererà i 150 milioni
C'è tempo sino alla fine del mese per risarcire Coimpresa
 
Non ci sono solo i 125 milioni di euro pignorati da Coimpresa alla Regione in esecuzione di un lodo arbitrale. Lo stop del 2006 all'accordo di programma per l'edificazione sui colli di Tuvixeddu e Tuvumannu si porta dietro un enorme contenzioso legale dannosissimo per le casse pubbliche.
La Gecopre (oggi Safab, in liquidazione) che stava realizzando il primo lotto dell'asse viario Cadello-San Paolo, lo scorso anno ha chiesto al Comune (che ha inoltrato la richiesta di danni alla Regione) 13 milioni di euro (più spese e interessi), la Ecosabina che ha realizzato una parte del parco archeologico ne ha chiesto uno mentre i privati firmatari dell'intesa del 2000 (che possiedono circa il 6% dei 48 ettari dell'area) puntano a ottenere da sette a 18 milioni di euro.
Il conto è destinato ulteriormente a salire considerato che il danno riconosciuto dal lodo a Nuova Iniziative Coimpresa è stato fotografato dall'advisor Deloitte nell'aprile 2011. E da allora bisogna aggiungere circa duemila euro al giorno. La somma, ad oggi, fa altri 2,2 milioni di euro che aggiunti ai 77,8 già riconosciuti porta il risarcimento alla società amministrata da Giuseppe Cualbu a 80 milioni tondi.
LA STRADA-FANTASMA All'interno del progetto di riqualificazione urbana ed ambientale dei colli di Sant'Avendrace era previsto uno stanziamento di 42,5 milioni per il “passante Cadello-San Paolo”, ritenuto da chi firmò l'accordo di programma un'arteria strategica per snellire il traffico della città. Il primo tratto - Cadello-Is Maglias - era stato appaltato alla Gecopre per 7,7 milioni di euro. L'impresa aveva avviato i lavori ed aveva sventrato il colle di Tuvumannu realizzando un tunnel che corre a sette metri di profondità. Quando il 35% delle opere era stato realizzato il cantiere era stato sigillato e la società, successivamente diventata Safab, poco dopo aveva messo in moto i legali per ottenere il risarcimento dei danni.
Quell'asse viario sarebbe rimasto comunque un'incompiuta perché gli altri due lotti, quello che avrebbe dovuto attraversare il cosiddetto canyon, e quello che avrebbe dovuto successivamente collegare via Falzarego a via San Paolo portandosi via un pezzo dell'edificio che ospita il liceo Siotto, erano stati già bocciati da delibere della giunta Soru e dal Ppr.
IL PARCO MAI NATO I lavori per realizzare il parco di 23 ettari (un appalto da 4 milioni di euro) erano iniziati nel 2004 e si sarebbero dovuti concludere a fine 2006. Al momento del blocco, era stato realizzato il 65% delle opere. Constatate le difficoltà a riavviare i lavori, anche per la concomitanza di un'inchiesta penale per abuso edilizio che coinvolse alcuni dirigenti del Comune di Cagliari, Ecosabina aveva avviato la richiesta di danni quantificati allora in un milione più interessi e spese varie.
UN MESE PER PAGARE Intanto dopo il pignoramento di 125 milioni di euro, la Regione ha tempo sino al 30 giugno per versare materialmente i soldi nelle casse di Nuova Iniziative Coimpresa. Poi dovrà sperare che la Corte d'Appello di Roma, nel giudizio di merito che inizierà a ottobre 2016 e non si concluderà prima del 2017, ribalti la decisione arbitrale.
L'OSPEDALE BLOCCATO Tra risarcimenti milionari, imprese in liquidazione o fallite, affari sfumati e denaro pubblico sottratto alla collettività c'è un danno collaterale che sinora è stato sottovalutato. Il blocco dei progetti su Tuvixeddu e Tuvumannu e lo stallo della copianificazione che avrebbe dovuto stabilire che cosa fare di quell'area ha impedito l'inizio dei lavori di ristrutturazione dell'ospedale di Is Mirrionis. Così i 50 milioni stanziati, che si sarebbero dovuti spendere entro fine 2013, rischiano di andare persi.
Fabio Manca
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 12 - Edizione CA)
L'incompiuta
Viaggio nel colle paralizzato da 8 anni
 
Villa Mulas, splendido edificio in stile Liberty con un grande giardino a terrazze e un'esedra di rara bellezza, è ancora un rudere. Come Villa Laura, costruita nel 1907 sul versante di Sant'Avendrace del colle. La Regione (amministrazione Soru) la acquistò per farne la porta del parco di Tuvixeddu e oggi puttini, statue neoclassiche e fontane di marmo sono sommersi da erbacce e rovi. C'è una paralisi evidente in ogni angolo del colle di Tuvixeddu, se si eccettuano i due palazzi che si affacciano su via Is Maglias costruiti da Nuova iniziative Coimpresa, una microporzione del progetto contenuto nell'accordo di programma del 2000 e bloccato nel 2006.
Tutto è sospeso in questo fazzoletto di 60 ettari di città dal potenziale immenso dove l'impresa avrebbe dovuto investire 150 milioni di euro. All'inizio di via Is Maglias, di fronte alla facoltà di ingegneria, sotto il costone dei punici, la recinzione copre la parte del cantiere dove l'università avrebbe dovuto costruire le facoltà di Lingue e Letterature Straniere, Scienze della Formazione e Ingegneria. Cinquecento metri più avanti un'idea di rotatoria mostra le prime ferite del colle. Al centro, al posto della vegetazione lussureggiante che dovrebbe ornarla, ci sono due grandi tubi circondati da cespugli e alberelli spontanei. A sinistra l'edificio del cantiere con un cartello, “ufficio vendite” guarda il canyon dove sarebbe dovuta passare la strada che non si farà mai, quella che avrebbe dovuto collegare via Cadello a via San Paolo e il cui passaggio avrebbe dovuto sacrificare un pezzo del liceo Siotto. Una strada che, secondo i progettisti, avrebbe dovuto risolvere parte dei problemi di traffico della città. Su un lato della strada svetta la torre della calce, ricordo dell'attività della cementeria. Sarebbe dovuta diventare il simbolo della transizione dal passato al futuro. Non lo sarà mai. (f. ma.)
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 12 - Edizione CA)
I tagli dell'Arpas: 12 giovani licenziati ma indispensabili
IL CASO. L'Agenzia per l'ambiente non ha rinnovato i contratti delle figure specializzate
 
Dodici giovani laureati sono stati mandati a casa dall'Arpas a gennaio scorso, senza essere riassunti. Ragazzi con specializzazione post laurea e professionalità qualificata ora disoccupati e senza prospettive, perché nonostante esista la legge statale per stabilizzarli (147 del dicembre 2013) l'Arpas non li ha reintegrati in organico. Eppure l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ha bisogno di queste 12 figure professionali altamente specializzate in biologia e materie dell'ambiente. Sono «essenziali e insostituibili» e «non si dispone in organico di figure professionali quantitativamente e qualitativamente idonee per le mansioni specifiche di valutazione e monitoraggio ambientale», ha dichiarato l'ente che ha carenza di personale del 40%: mancano 225 unità, mentre 347 sono in servizio in pianta stabile.
Dopo un percorso accademico eccellente maturato fuori dalla Sardegna i dodici laureati sono stati assunti nell'Agenzia regionale per l'ambiente a luglio 2010 mediante selezione pubblica: 24 mesi di contratto a tempo determinato, poi altri 12 mesi e quindi ulteriori 6: tre anni e mezzo in cui i precari hanno svolto una miriade di mansioni, coprendo le carenze di organico dell'Agenzia. A marzo scorso i laureati hanno presentato richiesta di stabilizzazione sulla base della legge nazionale che «permette alle regioni di stabilizzare il personale precario che ha svolto attività con un contratto a tempo determinato per 36 mesi», spiegano Roberto, Gianluca, Cristiana e Giovanna. Dunque requisiti a posto per una assunzione a tempo indeterminato, ma non sufficienti per l'Arpas che intanto, fino a dicembre 2014, «ha stanziato qualche centinaio di migliaia di euro per affidare a soggetti economici pubblici e privati alcune delle attività di monitoraggio ambientale per le quali siamo stati assunti nel 2010», precisano gli ex dipendenti. Una beffa perché «l'Arpas va a spendere ingenti risorse per l'esternalizzazione delle attività di monitoraggio piuttosto che potenziare il proprio organico con la reintegra delle nostre competenze professionali».
Sulla vicenda è stata presentata un'interrogazione in consiglio regionale, che non ha avuto ancora risposta, come la richiesta degli ex dipendenti di incontrare l'amministrazione regionale per «un confronto che possa garantire la prosecuzione dei nostri contratti di lavoro con la speranza di una immissione in ruolo». I precari frattanto si sono rivolti a un legale per dirimere la controversia.
Joseph Pintus
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Economia (Pagina 17 - Edizione CA)
«Lavoro? Prima i giovani»
L'assessore Mura: fondi comunitari e autoimpiego
L'INTERVISTA. Oggi l'incontro con i sindacati per gli ammortizzatori sociali
 
«Non abbiamo bacchette magiche, ma la volontà di risolvere i problemi». Virginia Mura, assessore regionale del Lavoro, guarda con ansia ai dati sulla disoccupazione. E in effetti, con un tasso passato al 19,5% nel primo trimestre del 2014 dal 18,5% di un anno prima, c'è da stare poco tranquilli. Le imprese e i sindacati, dal canto loro, sono in fibrillazione e chiedono interventi urgenti. Non solo riforme che daranno i frutti nel medio lungo termine. Ma misure tampone.
LE EMERGENZE «Ce ne sono diverse da affrontare e ne parleremo oggi stesso in una riunione con Cgil, Cisl e Uil», spiega l'assessore. «Il primo nodo da sciogliere riguarda gli ammortizzatori sociali. Per ora, manca la copertura da parte dei fondi nazionali per pagare i lavoratori in cassa integrazione in deroga e quelli in mobilità. Il fabbisogno è di circa 140 milioni di euro. Ma è un problema», puntualizza Mura «che contiamo di risolvere a stretto giro di posta».
I NUMERI Quei soldi, come detto, rappresenta una stima di fabbisogno. Si tratta cioè di un dato suscettibile di variazioni. «Purtroppo», ammette l'assessore «i lavoratori in mobilità o in cassa integrazione risultano in costante aumento». Attualmente, sono 1.441 le aziende che usufruiscono della cassa integrazione in deroga e sono ben 8.047 i lavoratori coinvolti.
LA MOBILITÀ Ancora di più sono le persone in mobilità: 14.702 lavoratori. Secondo l'Istat, invece, i sardi che cercano un'occupazione hanno raggiunto quota 133 mila nel primo trimestre del 2014 contro i 127 mila del primo trimestre 2013. Gli occupati nell'Isola sono 546 mila ed erano 558 mila un anno fa. L'Italia, nel complesso, non fa eccezione. Il tasso dei senza lavoro segna il 13,6%, un valore mai registrato prima, almeno dal 1977, anno in cui sono partite le serie storiche dell'Istat. Passando dalle percentuali alle persone, si tratta di quasi 3,5 milioni di “teste” alla ricerca di un impiego. Tra loro non mancano i giovani, che anzi sono le prime vittime, con 739 mila under 25 a spasso, per un tasso di disoccupazione che, anche in questo caso, raggiunge il suo massimo storico, toccando quota 46%. Intanto, il Mezzogiorno si allontana sempre più dal resto d'Italia, tanto che nel Sud il tasso di giovani a caccia di un impiego è pari al 60,9%.
I FONDI Imprese e sindacati rincarano la dose e chiedono un piano straordinario. Ma le risorse ci sono? «Ci sono i fondi comunitari: un'arma importante in capo al mio assessorato, ad esempio l'Fse, a quello della Programmazione (Fesr) e quello dell'Agricoltura», spiega Virginia Mura. «Ora inizieremo il lavoro sulla programmazione, ascoltando anche le esigenze e le richieste delle parti sociali».
LE DIFFICOLTÀ Ma l'assessore lo ribadisce. «Nessuno ha la bacchetta magica, siamo consapevoli delle difficoltà del mondo del lavoro, e per questo abbiamo una volontà ferma di agire sia sul breve che sul lungo periodo, per esempio ristrutturando e riformando gli operatori dei Csl e dei Cesil, ma anche favorendo la crescita dei settori per noi più strategici».
I SETTORI E quali sono i comparti su cui puntare? «Sicuramente, quelli più innovativi, ma crediamo molto anche nell'agroalimentare e in quelle imprese con capacità di esportare e di internazionalizzarsi». Un occhio di riguardo è poi per i giovani. «Il tasso di disoccupazione giovanile è la vera piaga sociale», commenta l'assessore. «Buona parte dei fondi comunitari andranno a lenire questa ferita. Ma non possiamo dimenticarci di chi ha superato i trent'anni: per loro faremo piani mirati di formazione e di riqualificazione professionale».
IL LAVORO Secondo Virginia Mura, però, lo sforzo più importante è quello che punta sulla ripresa. «Se le imprese continueranno a soffrire, possiamo cambiare qualsiasi norma sul lavoro, ma l'occupazione non ripartirà. Dobbiamo abituarci a situazioni diverse, anche più precarie, almeno finché non assisteremo di nuovo a una crescita dell'economia». Per questo, conclude Mura «cercheremo di sostenere l'autoimpiego e le imprese giovanili attraverso specifici programmi di incentivazione».
Lanfranco Olivieri
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 24 - Edizione CA)
Leggendo metropolitano
Parla il genetista
Testa tonda, giochiamo a dubitare
 
Coltiviamo dubbi solo perché il nostro cervello sa giocare , ovvero fare con gratuità cose che gli altri animali non fanno: porci domande, riflettere, creare. Se siamo quello che siamo è perché possiamo giocare, e perché abbiamo una bella testa tonda. Edoardo Boncinelli è un genetista, con un cuore che batte forte per i lirici greci e un grande ottimismo nella vita.
Professore, noi siamo gli animali di una certa dimensione con la testa più tonda. Che cosa significa?
«Apparentemente non molto. In realtà tantissimo perché noi siamo tutto cervello, con una cospicua corteccia, a differenza degli altri animali nei quali il cervello occupa solo una porzione del cranio. Questo significa che la nostra testa si limita quasi esclusivamente a contenere la grossa centrale di controllo delle nostre emozioni. Quando nasciamo è tondeggiante e grande come quella di un cucciolo di scimpanzè. Ma mentre il suo cervello è quasi completamente sviluppato, in noi non è nemmeno un quarto di quello che sarà solo dopo diversi anni di vita».
È un vantaggio?
«All'inizio è uno svantaggio perché non siamo buoni a nulla. Poi diventa un vantaggio perché il nostro cervello cresce e matura a occhi aperti, orecchi aperti, in contatto con il mondo. E quello che impariamo allora resta indelebile. Il cervello degli animali invece conosce solo ciò che gli comunica il suo patrimonio genetico».
Il risultato di questa evoluzione ci dice che noi abbiamo alcune parti della corteccia libere da impegni biologici pressanti. Che cosa facciamo?
«Fino a 60 anni fa si sapeva poco e si parlava di “lobi silenti”. In realtà svolgiamo tante attività: improvvisiamo, inventiamo, creiamo e giochiamo, tutte cose non necessarie ma che fanno la differenza tra noi e gli animali. In senso lato quasi tutto quello che fa il cervello dal punto di vista biologico è un gioco, è gratuito, non ci sono obblighi. Noi siamo quello che siamo perché possiamo giocare».
Se nel nostro cervello c'è scritto tutto, dove nasce il dubbio?
«Non è vero che ci sia scritto tutto e come minimo deve essere interpretato. Il dubbio nasce dal gioco. Gli animali hanno l'istinto che noi governiamo e teniamo sotto controllo. Solo noi possiamo porci domande, quindi coltivare il dubbio».
E la coscienza?
«Prima di tutto non sappiamo se l'abbiamo solo noi. Ma la coscienza è la capacità di riflettere, calcolando, ipotizzando: è l'anticamera della memoria».
L'idea di Dio. Impossibile da dimostrare scientificamente. È un bisogno della nostra fragile libertà?
«Parliamo di Dio perché siamo orfani dell'istinto. Dobbiamo avere un'altra istanza alla quale fare riferimento, una serie di principi che lo sostituiscano».
Esperienza, conoscenza, emotività. Lasciano tracce sui geni?
«Sui geni di sicuro no. Certamente sul nostro cervello. Noi siamo la nostra esperienza, la nostra emotività. Se così non fosse dovremmo dire che chi nasce in una famiglia “sbagliata”, avrà nella sua vita tutto sbagliato. E non è così».
Uomo-donna. Le differenze genetiche sono nel nostro cervello?
«Geneticamente no. Le teorie sulle differenze sono campate in aria. Siamo uguali, ci sono differenze ormonali che acquisiamo quando siamo ancora nella pancia della mamma. Ma nulla di più».
Lei è un appassionato grecista. Ha scritto “I miei lirici greci. 365 giorni di poesie”. Ricorda quella di oggi?
«Assolutamente no, ma è estate e sarà sicuramente un qualcosa che parla d'amore. Saranno versi di Saffo, la mia preferita».
Lei ha scritto “Poema cosmogonico”.
«È un poema lungo, cospicuo, ponderoso, circa 300 pagine. Come tutti i poemi crea un mondo dove si intrecciano filosofia, scienza, sentimenti di tutti i giorni. Ci sono 100 poesie, alcune serie, altre più dolci. Io mi sono divertito molto a scriverlo».
Lei è un uomo di scienza. La formazione classica in che modo l'ha aiutata?
«Certamente sono un uomo di scienza. Ma come posso rispondere? Di certo io sono contento così e non mi cambierei».
Ci sono libri che rilegge?
«Mi è molto faticoso rileggere ma se lo faccio rileggo classici, Manzoni, Dante e Shakespeare. Con il filosofo Giulio Giorello abbiamo scritto un libro dedicato a Shakespeare, per i 450 anni dalla nascita. Io ho parlato di Amleto e lui di Cleopatra».
I versi più amati?
«Impossibile rispondere. Mi piace molto “Essere o non essere”. È un capolavoro che parla di problemi che abbiamo tutti o che abbiamo avuto tutti».
La scienza ci ha aiutato a diventare sempre più vecchi?
«Io ho 73 anni e mi sento giovanissimo. Certo, essere vecchi significa essere esposti a malattie terribili come l'Alzheimer che cancella l'identità di una persona. È un mondo diverso. La mia scelta è stata scrivere e viaggiare. Mi piace questa stagione perché sono libero da impegni ai quali non potevo derogare».
Che cosa le fa paura?
«Non è una mia emozione. Io sono un ottimista e vedo andare sempre tutto per il meglio».
La scienza in Italia. Come sta?
«La fisica bene, grazie al Cern di Ginevra. La biologia un po' meno. Vedo molti giovani andare via e questo va bene, ma non tornare indietro e questo va un po' meno bene».
Ottimista anche su questo?
«Sono ottimista per il mondo, un po' meno per l'Italia».
Caterina Pinna
 
L’UNIONE SARDA
6 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 24 - Edizione CA)
Il Nobel Robert Aumann e gli sdraiati di Michele Serra
IL PROGRAMMA DI OGGI. Dopo l'affollata anteprima di ieri sera con Liesl Jobson e Spedicati
 
Parole e musica davanti a un tramonto per raccontare il Sudafrica attraverso cento microstorie. Se ieri l'anteprima di Leggendo Metropolitano al bastione Santa Croce di Cagliari ha messo insieme la scrittrice di Cape Town Liesl Jobson e il musicista Alessandro Spedicati (a moderare è stata la giornalista Anna Folli ), oggi il festival darà il benvenuto a un altro ospite d'eccezione: il Premio Nobel per l'Economia Robert J. Aumann che salirà sul palco del Teatro Civico di Castello alle 21.
Il suo più grande contributo lo ha dato nell'ambito dei giochi ripetuti: Aumann fu il primo a definire il concetto di «equilibrio correlato» nella teoria dei giochi. Membro dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, ha lavorato al Centro per lo Studio della Razionalità nell'Università Ebraica di Gerusalemme. Stasera parlerà di “Games people play. La natura della razionalità e il grande coreografo”, incalzato dal filosofo Armando Massarenti e Vittorio Pelligra , ricercatore di Economia Politica all'Università di Cagliari.
Ma non solo, oggi la sesta edizione del Festival ha in programma altri quattro appuntamenti, a partire dalle 19, quando al bastione Santa Croce di parlerà di “Playing brain” con il fisico e genetista Edoardo Boncinelli (che con i suoi studi e le sue scoperte ha contribuito in modo decisivo alla comprensione dei meccanismi biologici dello sviluppo embrionale degli animali superiori e dell'uomo). Alle 20.30 Boncinelli lascerà spazio a Ella Berthoud e Susan Elderkin che nel 2008 hanno fondato un servizio di biblioterapia con la School of Life di Londra e da allora hanno continuato a prescrivere libri a pazienti di tutto il mondo. A dialogare con la pittrice e l'insegnante d'arte sarà il libraio itinerante Davide Ruffinengo che dopo aver chiuso la sua libreria ad Asti continua a fare il suo lavoro a domicilio. Alle 22 ci si sposterà al bastione Saint Remy dove Michele Serra sarà il protagonista dell'incontro “L'arte di stare sdraiati”. Per il giornalista e autore del libro “Gli sdraiati” le domande del collega Michele De Mieri , critico letterario e coautore del programma radiofonico Fahrenheit di Radio3. Un'ora più tardi la chiusura della serata sarà affidata al filosofo e studioso di letteratura e storia dell'arte Francesco Cataluccio. Sarà lui che, al Teatro Civico di Castello, condurrà il viaggio virtuale “Nascondino tra i musei parte I: Gli Uffizi”.
Grazia Pili
 
L’UNIONE SARDA
7 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 9 - Edizione CA)
Quirra, il superperito del gup: «Nessun disastro ambientale»
La relazione del professore Mario Mariani verrà discussa il 18 giugno in aula
 
 
Non per il gusto di semplificare una materia più che ardimentosa, ma sono poche le parole necessarie a riassumere le settantanove pagine sottoscritte dal superperito Mario Mariani in merito ai veleni di Quirra: «Non siamo in presenza di un disastro ambientale».
Lo scrive a pagina 18 della perizia depositata ieri mattina, il professore chiamato dal giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Lanusei, Nicola Clivio, ad accertare la presenza di sostanze chimiche, tossiche e radioattive e a giudicare l'operato dei ricercatori dell'Università di Siena e della Sgs che eseguirono un'indagine bio-chimica nell'area interna ed esterna al Poligono di Perdasdefogu. Esame superato per accademici e scienziati (almeno in base alle valutazioni del professore milanese) che insieme a militari e medici sono accusati dal procuratore della Repubblica Domenico Fiordalisi di aver preso parte al presunto disastro ambientale provocato dalle attività militari della base.
IL TERRITORIO Sono serviti tredici mesi, 132 campioni e centinaia di test in laboratorio per stilare la cartella sanitaria delle zone in cui venivano fatti brillare gli ordigni, quelle intorno al perimetro di filo spinato e di alcuni campi campione del comune di Perdasdefogu. L'équipe di Mario Mariani è andata alla ricerca di metalli pesanti, uranio, torio e altri elementi tossici. Sia nei terreni sia nelle acque le quantità di metalli rientrano nella norma, fatta eccezione per l'arsenico i cui valori, però, «potrebbero essere dovuti al fondo naturale o ad altra causa antropica».
TORIO E URANIO C'è un chiarimento di fondo nella stima di uranio e torio (i più pericolosi in base agli atti del pm): quella che doveva essere accertata non era la loro presenza nella forma naturale (entrambi sono disponibili su tutta la crosta terrestre), ma la loro forma artificiale, provocata cioè dall'attività dell'uomo, quella in grado di sprigionare radioattività. Il risultato di una serie infinita di calcoli è che siamo in «una condizione di totale sicurezza dal punto di vista radiologico».
ALIMENTI SICURI Nella valutazione dei prodotti enogastronomici il perito si riferisce anche agli esami eseguiti dall'Arpas nel 2011 già inoltrati alla commissione della Difesa. Citando i tecnici della Regione, si ricorda che «si ritiene improbabile un rischio cancerogeno dovuto ad un consumo anche prolungato degli alimenti analizzati». Insomma, dalla superperizia pare che l'area dentro e fuori le mura della base militare sia passata indenne, o quasi, a decenni di sperimentazioni e guerre simulate. L'unica precauzione del professore riguarda il particolato, ovvero quell'insieme di nanoparticelle sprigionate dal calore delle esplosioni, che se inalate possono avere effetti nocivi. In questo senso arriva la raccomandazione di abbatterle con qualsiasi mezzo, anche con un semplice impianto di irrigazione.
Va da se che la seconda parte del quesito posto dal gup, ovvero «potevano prevedere e usare precauzioni contro il disastro ambientale?» non trova spazio nella perizia che nega l'esistenza del disastro denunciato. Se la decisione sul rinvio a giudizio chiesto dal pm spettasse al perito, dunque, la lista degli indagati verrebbe già sfoltita parecchio.
CERVELLI A CONFRONTO L'ultima parte della relazione è interamente dedicata al giudizio di accademici e scienziati che tra il 2002 e il 2011 hanno eseguito delle indagini biologiche e chimiche per valutare lo stato dei luoghi intorno al Poligono. Il lavoro consegnato al Ministero della Difesa dagli accademici dell'Università di Siena sotto la guida del professore Riccobono è stato valutato come «un compromesso ottimale per studiare una così vasta area, rispettando tutti i vincoli della convenzione». Diversa la situazione dei chimici della Sgs, la società che nel 2011 eseguì una nuova ricerca, stavolta per l'agenzia Nato-Namsa. Il procuratore li accusa di aver mentito sapendo di mentire. Il consulente del gup, invece, spiega che «la relazione di Sgs nel complesso soddisfa quanto richiesto dal contratto d'appalto» e che i dati che secondo l'accusa erano sospetti perché numericamente identici, sono il frutto di un calcolo scientificamente esatto.
IL CASO SGS La società di certificazione ambientale con sede a Milano, ieri, è stata l'unica a muovere dei passi durante l'udienza gup che si è risolta con un rinvio al 18 giugno. Dall'inchiesta madre nata alla fine del 2011, infatti, il procuratore Fiordalisi isolò un filone tutto dedicato alla spa milanese. Nel registro degli indagati finirono sei ingegneri (tra loro anche Nobile e Fasciani, già accusati di falso ideologico in atto pubblico e ostacolo aggravato alla difesa da un disastro): l'ipotesi di reato era di turbativa d'asta, in riferimento al bando della Nato che poi la Sgs si aggiudicò portando a termine l'indagine biochimica del territorio (quella contestata da Fiordalisi). Nel marzo del 2013, lo stesso pm chiese l'archiviazione per quattro dei sei indagati e formulò per Nobile e Fasciani una nuova contestazione, identica a quella già ipotizzata nel fascicolo principale. Ieri i due procedimenti sono stati riuniti dal giudice Clivio su richiesta del difensore Giovanni Dallera.
PASCOLI LIBERI La buona notizia del giorno è tutta per quattro pastori di Perdasdefogu che lo scorso anno vennero sorpresi a pascolare le loro greggi nelle aree che dovevano essere bonificate. Vennero denunciati per pascolo abusivo e intralcio alle operazioni di caratterizzazione. Ieri il gup li ha prosciolti.
Mariella Careddu
 

 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 4
Regione, bonus da 4 milioni per i dirigenti
Assegnate anche quest’anno le retribuzioni di risultato senza alcuna verifica sul merito e sulla produttività individuale
di Mauro Lissia
 
CAGLIARI Altro che ottanta euro: i dirigenti della Regione stanno per dividersi in 150 quote rapportate al «grado» un premio complessivo di quasi quattro milioni per un anno di lavoro, un bonus sontuoso che può sfiorare i 40 mila euro da aggiungere allo stipendio mensile. C’è già la firma del direttore del servizio personale, si tratta di una somma prevista nel contratto di lavoro e dunque perfettamente legittima. Quello che stona è un aspetto, davvero fuori scala in tempi di spending review e di tendenza dichiarata alla trasparenza amministrativa: la retribuzione di risultato è un premio istituito nel 2008 da pagarsi in rapporto appunto al risultato raggiunto nel lavoro ai vari livelli dirigenziale. Allora come è possibile che tutti i dirigenti della Regione lo incassino puntualmente ormai da diversi anni, sempre la stessa cifra, calcolata in base alla funzione e non alla produttività o all’efficienza professionale? Che premio di risultato è se lo prendono tutti? I dirigenti della Regione sono davvero tutti bravissimi e bravi allo stesso modo? Il meccanismo. Ma vediamo come funziona il meccanismo di calcolo automatico, seguendo passo passo la determinazione che assegna i bonus annuali. Premesso che nel 2013 «non risultano all’ufficio sanzioni per responsabilità o disciplinari» inflitte a dirigenti, che evidentemente inciderebbero sull’ammontare del premio, viene «accertato» dall’ufficio che a ciascun dirigente dev’essere assegnata una retribuzione di risultato mensile che parte da 1454 euro per il dirigente di staff e arriva a 3094 per il direttore generale. La somma è riferita a un coefficiente che varia soltanto in rapporto alla funzione. Nessuna valutazione. Infatti nella determina non si fa alcun riferimento alla valutazione delle posizioni individuali, al contrario nel calcolo delle cifre da attribuire conta la gerarchia interna e nient’altro. Ecco quindi che un direttore generale mette in tasca un bonus di circa 35-37 mila euro lordi per dodici mesi di lavoro, mentre un direttore di servizio deve accontentarsi di 25 mila euro. A cosa serve? C’è da chiedersi a che cosa serva pagare questa sorta di cambialone finale all’intero organico dirigenziale, passando per una determinazione scontata e ripetitiva, quando basterebbe semplicemente riconoscere la stessa cifra frazionata mese per mese nella busta-paga. Lo spiega Cristina Malavasi, dirigente regionale e segretario generale della Sidirs, uno dei sindacati della categoria: «La retribuzione di risultato nasce per incentivare il raggiungimento di risultati sul piano amministrativo, sta poi alla politica usare questo strumento in modo corretto per sfruttarne la potenzialità». Colpa della politica. La risposta è chiara, la colpa è di chi non vuole assumersi la responsabilità di valutare, affrontando poi le conseguenze della valutazione: «Ogni assessorato dovrebbe stabilire gli obbiettivi da raggiungere, anzichè fare riferimento a politiche generiche - spiega ancora la sindacalista - per poi accertare se gli obbiettivi sono stati raggiunti. A quel punto i premi scatterebbero su criteri oggettivi». In realtà non esiste alcuna forma di controllo reale, così il premio viene diviso fra tutti per non scontentare nessuno: «Come sindacato abbiamo sempre suggerito di istituire una struttura di valutazione esterna agli uffici - avverte Cristina Malavasi - un organo terzo che accerti se gli obbiettivi sono stati raggiunti. A tutt’oggi non c’è, nessuno l’ha istituita. Quindi si va avanti così, nel disinteresse della politica che a sua volta va avanti senza alcuna forma di verifica su ciò che realizza o non realizza del proprio programma elettorale». Gli stipendi. Le buste-paga dei dirigenti regionali, compresa quella di risultato, nel 2011 - ultima tabella disponibile al servizio trasparenza, nel sito della Regione - andavano da 76 mila a 133 mila euro lordi all’anno. Un premio annuo, chiamato «di rendimento», esiste anche per gli altri dipendenti della Regione e viene assegnato allo stesso modo: nessuna valutazione del merito, della produttività o dell’efficienza. Come dire che un lavativo incassa a pari livello di carriera la stessa paga di uno stakanovista, senza alcun incentivo per la ricerca della qualità nel lavoro. Una forma di retribuzione orizzontale che non aiuta di certo a rendere più efficiente la macchina burocratica della Regione.
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 8
AMBIENTE E STELLETTE
Quirra, il superperito: nessun inquinamento
di Valeria Gianoglio
 
«Sulla base dei campioni di suolo e acque prelevati, non siamo in presenza di un disastro ambientale», scrive, a pagina 18 della sua corposa perizia di 79 pagine sul poligono interforze del Salto di Quirra, Mario Mariani, 54 anni, pavese, docente di ingegneria chimica, nucleare e biomedica al Politecnico di Milano. Il confronto con Porto Torres.Inoltre, precisa sul finale del suo studio il superperito nominato un anno fa dal gup Nicola Clivio – e dopo aver spiegato anche che servirebbero comunque ulteriori analisi da parte di altre figure professionali – «è possibile puntualizzare che la situazione interna nei poligoni (di Perdasdefogu e di Capo San Lorenzo, ndr) anche nelle aree a più intensa attività militare, non è paragonabile a quella esistente in siti contaminati riconosciuti nel paese come siti di interesse nazionale, quali ad esempio Porto Torres, Gela e Porto Marghera». Uranio naturale. «Non c’è evidenza che l’uranio dei campioni sia diverso dall’uranio naturale», aggiunge qualche pagina dopo. Quanto ai valori di uranio e torio dentro e fuori dal poligono di Quirra, «risultano di gran lunga inferiori ai valori» considerati limite. E questo, ribadisce a pagina 39 l’esperto, dimostra «l’assenza di un significativo rischio radiologico dentro e fuori il poligono, se non addirittura la condizione di non rilevanza radiologica». L’arsenico e le miniere. L’unico dato che esula dai limiti di legge, precisa Mariani, è quello relativo allo stagno e all’arsenico. Ma questi valori, spiega, il docente del Politecnico di Milano, «potrebbero essere con molta probabilità dovuti al fondo naturale o una causa antropica diversa da quella militare». E a questo proposito il docente universitario cita la vicinanza alla base delle miniere di Baccu Locci. Un anno di studi e prelievi. Arriva a quasi due anni esatti dalla prima udienza preliminare dell’inchiesta sui veleni di Quirra, la superperizia disposta dal gup Nicola Clivio prima di decidere se rinviare a giudizio o prosciogliere i venti indagati con l’accusa di disastro ambientale e varie omissioni nei 13.200 ettari della base militare. E a quasi due anni esatti dall’avvio dell’udienza, appone il primo parere “terzo” sull’intera vicenda, dopo anni di consulenze di parte, commissioni nominate dal ministero della Difesa, presunti conflitti di interesse che hanno sollevato, nel tempo, una vera polveriera di accuse e sospetti. La prima perizia in senso stretto, dunque, e non più uno studio di parte. Al superperito è costata un anno intero trascorso tra carte, prelievi e analisi certosine: 129 campioni prelevati dal suolo. Centodieci dei quali nel poligono, mentre 19 all’esterno. Sette campioni di acque, e sei carotaggi. Una mole di lavoro che di fatto rende quello di Perdasdefogu, il poligono più analizzato del mondo. Perché nel corso di questi cinque anni di inchiesta, al suo interno, è stato analizzato tutto: persino le api o le civette. Un anno fa, tuttavia, prima di ascoltare per l’ultima volta le parti in causa, comprese le 62 parti civili, e ritirarsi in camera di consiglio per decidere se rinviare o meno a giudizio i 20 indagati, il gup Nicola Clivio aveva deciso di sfruttare fino in fondo la sua funzione di giudice e incaricare uno specialista perché analizzasse il poligono. Così, aveva incaricato un luminare nel settore dell’ingegneria nucleare e chimica: Mario Mariani. Docente al Politecnico di Milano e un curriculum di tutto rispetto. I quesiti sollevati. Gli aveva posto diversi quesiti, il gup. A cominciare dall’eventuale danno ambientale creato dalle attività militari e dal pericolo per la salute dell’uomo e degli animali. Ma con lo stesso incarico gli aveva anche chiesto di verificare se gli studi fatti in precedenza sul poligono, e in particolare quello commissionato dal ministero della Difesa, e svolto anche, per un segmento, dall’Sgs, avessero rispettato tutti i crismi della scientificità. Ma anche su quest’ultimo punto, le considerazioni fatte dal perito promuovono tutti. Sgs compresa. «La relazione di Sgs – scrive Mariani – nel complesso soddisfa quanto richiesto dalle prescrizioni dettate dal Capitolato tecnico, descrivendo in modo adeguato lo svolgimento delle attività di campionamento e i campionamenti eseguiti». Le nanoparticelle. Solo sulle nanoparticelle, il perito si mostra più cauto. A pagina 40 del suo studio spiega infatti che «l’attività antropica di tipo militare, che ha comportato la ripetuta esplosione nel tempo di ordigni, ha certamente causato la sospensione in aria di particolato fine». Ma, precisa, «le nanoparticelle costituiscono una delle frontiere ancora poco esplorate della nano-tossicologia». Si tratta di un ambito scientifico ancora pieno di incognite. E in ogni caso, precisa che pur in assenza di certezze, sia meglio evitare «che vengano inalate accidentalmente dai lavoratori o dalle persone del pubblico». «Evitare i brillamenti. Anche per questo motivo, è meglio evitare di far brillare ordigni nella zona del poligono chiamata zona “Torri”. Perché, scrive Mariani, per la sua conformazioni litologica e geologica, quella zona ha prodotto «frantumazioni significative delle rocce sottostanti che possono aver quindi rilasciato in gran parte il loro contenuto contaminante». Di questo possibile “contenuto contaminante”, precisa, nel poligono non è stata trovata traccia. Forse anche perché «l’esame dei luoghi è stato condotto in una situazione statica». Ovvero, in assenza di esplosioni.
 
LA NUOVA SARDEGNA
10 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 10
la questione delle nano-particelle e delle polveri sottili
Ma l’analisi di altri dati scientifici contrasta con le conclusioni di oggi
di Piero Mannironi
 
Dunque, non è successo niente. Le decine di morti per leucemia e linfoma a Quirra, i tredici bambini deformi nati a Escalaplano nel 1988 e nel 1989, le tracce di metalli pesanti trovate dalla dottoressa Antonietta Gatti del Policlinico di Modena negli organi interni dei malati di tumore e la presenza di uranio impoverito nelle ossa di un agnello deforme rilevata dal professor Massimo Zucchetti del dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino non significano nulla. E che dire, poi, dei milioni di bossoli che abbiamo visto, calpestato e fotografato all'interno del poligono interforze del Salto di Quirra? Il perito del Gup dice che è tutto in regola, che non esistono tracce di inquinamento. Addirittura ipotizza che eventuali anomalie nell'habitat siano da attribuire al "fondo naturale", ossia alla composizione della terra e delle rocce, piuttosto che alle attività militari. Per una tragica ironia del destino, una grottesca asimmetria logica, nell'altro grande poligono sardo, quello di Teulada, esiste un promontorio (conosciuto come "Area Delta”) che lo stesso ministero della Difesa ha riferito alla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito essere "non bonificabile". Come dire: a Teulada l'inquinamento è grave ed è certificato dagli stessi vertici delle forze armate, mentre tra Perdasdefogu e Quirra oltre mezzo secolo di esercitazioni ed esperimenti non hanno lasciato tracce. Ma prima di dire che dodici anni di paure, sospetti, veleni, dolore e morte stanno per essere cancellati da una verità giudiziaria è necessario fare un po' di chiarezza per ripristinare la verità dei fatti. Prima di tutto, quella che enfaticamente è stata chiamata "superperizia", quasi attribuendole un fondamento scientifico superiore e certezze indiscutibili, è semplicemente una perizia del giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Lanusei. Non essendo una consulenza di parte, ha ovviamente un peso specifico maggiore nell'economia processuale perché condiziona direttamente l'orientamento del giudizio del Gup. Ma è anche uno studio che deve essere ancora sottoposto alla verifica del confronto con gli esperti della procura della Repubblica e quelli delle parti civili. Il nodo vero è comunque quello legato alla competenza professionale del perito e, quindi, alla completezza o meno della sua relazione. Mario Mariani è infatti il responsabile di Radiochimica e chimica delle radiazioni del dipartimento di Energia del Politecnico di Milano. E il suo lavoro si è quindi orientato, ovviamente, soprattutto sulla presenza o meno di emissioni radioattive nell’area del poligono. È lo stesso Mariani ad affermare che, per avere un quadro completo della situazione, sarebbe necessario estendere la ricerca ad altre competenze scientifiche. Ed è sempre lo stesso Mariani a mostrare una posizione molto prudente sulle nanoparticelle e sui loro effetti sull’ambiente e sulla salute. Un campo nel quale hanno detto la loro sia la dottoressa Antonietta Morena Gatti e sia una équipe dell’Enea. La Gatti, universalmente conosciuta come un’autorità indiscussa in materia, ha detto la sua: le nanoparticelle di metalli pesanti che si creano con le esplosioni e con le alte temperature, provocano gravi patologie e uccidono. In un’occasione pubblica denunciò con veemenza: «Chi non crede agli effetti delle nanoperticelle deve però spiegare perché il 65 per cento dei pastori che lavorano in un raggio di tre chilometri dalla base di Quirra si è ammalato di tumore». Sulla stessa linea l’Enea che ha spedito una relazione al procuratore Fiordalisi. Le esperte Fiorella Carnevali e Marta Piscitelli sostengono: «Gli elementi chimico-tossici presenti, come è stato accertato, nei pascoli e nell'aria, possono essere stati ingeriti o inalati da animali e persone. Queste sostanze tossiche possono attaccare qualsiasi organo, anche la placenta o il feto, provocando malformazioni o tumori». E ancora: «Greggi e pastori frequentano determinate zone del poligono contemporaneamente oppure immediatamente dopo esercitazioni o test che rilasciano polveri sottili tossiche nell'aria». C’è poi chi già l’anno scorso aveva messo in dubbio i metodi di ricerca del perito del Gup. Nel marzo del 2013 il movimento pacifista Gettiamo le Basi aveva infatti denunciato che veniva utilizzato un sistema che già nel 2001 aveva dimostrato i suoi limiti in Kosovo. Non vennero infatti trovate tracce di uranio impoverito in un’area nella quale la stessa Nato aveva detto di avere sparato circa dieci tonnellate di proiettili all’uranio depleto. Troppo presto, dunque, per dire che il caso Quirra è chiuso.
 
LA NUOVA SARDEGNA
11 – La Nuova Sardegna
Sassari – pagina 23
Allergie, un convegno medico all’università
Intolleranze alimentari, cure miracolose e ciarlatani: specialisti a confronto sabato nell’aula magna
 
SASSARI Sabato alle 9 nell’aula magna dell’universittà si svolgerà un convegno dal titolo “Intolleranze e allergie alimentari tra Medicina scientifica e pratiche non convenzionali” . Il meeting è organizzato dalla facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Sassari, scuola di specializzazione in Gastroenterologia e la società italiana di Gastroenterelogia della regione Sardegna di cui è presidente Maria Pina Dore. Introducono e coordinano: Giuseppe Delitala, direttore del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale e Luciana Cuccuru, presidente Simi, Sezione Sardegna. Roberto Manetti tratterà il tema "Diagnosi e gestione dell'allergia alimentare"; Paolo Usai:"Intolleranza al glutine, non solo celiachia", Maria Pina Dore: "Malassorbimento e intolleranza al lattosio: stessa cosa?". E Paolo Usai Satta " Intolleranze alimentari e loro diagnosi: tra mito e realtà". Nella seconda sezione, coordinata da Luigi Demelia( docente di Gastroenterologia, dell’Università di Cagliari) e Luigi Cugia ( primario di Gastroenterologia dell’Ospedale SS Annunziata), il giornalista Pasquale Porcu tratterà di " Cibo ed intolleranze: bugie e mass-media”; Elena Mazzeo parlerà degli "Aspetti medico legali nelle pratiche diagnostiche non convenzionali"ed Eugenia Tognotti : "Alla ricerca della cura- miracolo: ciarlatani e falsi medici nella storia della Medicina" e Liliana Lorettu: "Bisogno di speranze e cure, aspetti psichiatrici". Dopo la discussione le conclusioni affidate a Maria Pina Dore ideatrice del convegno. Il gonfiore, il fastidio, o addirittura il dolore addominale sono sintomi frequenti nella popolazione generale. Questi vengono spesso esacerbati dal cibo in generale o da alcuni cibi in particolare come il latte, la pasta, il pane, la pizza o altro. Tale quadro sintomatologico induce il paziente a rivolgersi, nella migliore delle ipotesi, al medico o allo specialista nella convinzione di essere affetto da una qualche intolleranza o allergia, più spesso al lattosio o al glutine oppure ad altri alimenti. In realtà esistono poche forme di "intolleranza",quasi sempre correlate all'assenza di un enzima specifico implicato nella digestione di quel specifico alimento, e le allergie alimentari hanno una bassa prevalenza (2,5%) nella popolazione generale. Così spesso accade che questi pazienti, nel tentativo di trovare delle risposte ai loro problemi, si affidino alla "medicina" non convenzionale nella ricerca di verosimili "intolleranze", con metodi diagnostici poco ortodossi (scientificamente non attendibili), che consenta loro di eliminare l'alimento/i"incriminati" dalla dieta. Questo nel lungo periodo potrebbe causare carenze nutrizionali anche importanti.

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