Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
04 June 2014

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 38 - Edizione CA)
Contro le scarse prospettive
Policlinico, il flash mob dei laureati
 
Il forte vento di ieri pomeriggio al Policlinico Universitario sembrava quasi un effetto speciale voluto da chi ha steso i camici bianchi sui fili: l'equilibrio precario era lo stesso che da un anno circa affligge gli animi dei laureati in Medicina, dal futuro incerto e dalla carriera irraggiungibile. Un'ottantina si sono dati appuntamento all'ingresso del Policlinico, ore 14 in punto, come i loro colleghi a Roma, per un flash-mob di protesta contro la dispersione universitaria post lauream: «Le scuole di specializzazione, indispensabili per poter esercitare, accolgono meno di 3.500 allievi», spiega l'amministratore Sigm (segretariato italiano giovani medici) Luca Serchisu, «ma a tentare il concorso ogni anno in Italia sono in circa 10 mila: è evidente che occorre una adeguata programmazione del fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari». Per i restanti laureati si aprono le porte, strettissime, per il corso in Medicina generale (20 posti in tutta l'Isola) oppure per le sostituzioni come guardia medica: «Ma anche in questo caso i giovani sono penalizzati, considerato che ai medici di ruolo sono state aumentate le ore di servizio notturno da 24 a 38 settimanali», aggiunge il segretario Diego Costaggiu.
Ai piedi dei camici scossi dal vento, alcune valigie con pochi indumenti e tanti sogni: la prospettiva per i neolaureati sardi sembra essere quella dell'emigrazione forzata: per poter accedere ad alcune scuole di specializzazione come Oncologia e Nefrologia, per ricevere un compenso più elevato e per poter fare carriera «che qui ci viene negata».
Michela Seu
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 24 - Edizione CA)
L'antica lotta sarda oggi al Cus-Cagliari
S'ISTRUMPA. Si presenta il manuale
 
I struzioni per imparare uno sport che ha migliaia d'anni. “S'Istrumpa - Manuale storico didattico” di Piero Frau (insegnante, ex pugile e culturista) è il primo saggio illustrato sull'antica lotta dei sardi, dal 1998 fra le discipline riconosciute dal Coni. Oggi alle 18 sarà presentato dall'autore durante l'OlimpiKa al Cus-Cagliari, a Sa Duchessa. Interverranno Tonino Bussu, Francesco Casula e Michele Ladu, che ha tradotto il libro in sardo.
«S'Istrumpa è il nostro sport nazionale», dice l'editrice Maria Marongiu: «È documentato nelle testimonianze archeologiche della memoria nuragica, come il bronzetto dei lottatori di Uta, ma anche nelle comunità agro-pastorali». S'istrumpa, sottolinea Marongiu, «nulla ha a che fare con una forza bruta o violenta, ma ha valenza educativa: rispetto delle regole, agilità, abilità e astuzia». È stata tramandata per via orale, di generazione in generazione. E «brutalmente cancellata», come la lingua. Da qui, spiega l'editrice, il bisogno di «conservare e trasmettere entrambe alle nuove generazioni».
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Commenti (Pagina 33 - Edizione CA)
Cultura accademica
Chi insegna ricordi che è stato alunno
Franco Epifanio Erdas
 
Per chi decide di diventare insegnante, l'essere stato alunno, cioè destinatario di quella stessa attività che si accinge ad esercitare, è una singolarità quasi unica, non sempre riscontrabile in altri operatori sociali, che spiega in parte perché la scuola è tra tutte le istituzioni, quella che resiste di più al cambiamento. Ma spiega anche perché nell'immaginario collettivo si può diventare maestri senza aver bisogno di un maestro, quasi per natura, esattamente come si diventa padri solo per le felice circostanza di essere stati figli. In effetti, nonostante le molte riforme in materia di professionalità docente, e a dispetto di molta pedagogia accademica, continua ad essere ambigua la figura dell'"esperto". La domanda è ancora: "chi insegna chi?"
A giudizio di gran parte degli operatori scolastici, l'"esperto" per eccellenza è il docente universitario. Ma l'idea che ancora la scuola ha del lavoro accademico, e il ricercatore accademico del lavoro scolastico sono quasi sempre fonti di aspettative destinate ad essere disattese. Il teorico non si chiede di che natura siano i problemi di chi ogni giorno lavora per tradurre l'educazione in un programma di "cose da fare". Ma anche il pratico non si chiede qual è il genere di contributo che il ricercatore può dare alla soluzione dei suoi problemi. Non sempre, per esempio, è in grado di cogliere l'importanza di alcuni concetti elaborati dalle scienze socio-antropologiche. Il nuovo concetto di "cultura" ha contribuito in questi anni a porre su nuove basi l'intero problema dei soggetti portatori di handicap. Ma all'insegnante interessa più sapere come si insegna a leggere e scrivere anche ai bambini che soffrono di qualche disabilità. Purtroppo, senza quella premessa, quel compito anche nelle mani del miglior insegnante è destinato a ridursi a questione meramente tecnica.
Non sorprenda, allora, se che nella pratica di gran parte dei paesi europei la formazione dei futuri insegnanti spetti all'Università, ma sul reclutamento decida la Scuola. Che non è la soluzione migliore, ma al momento l'unica possibile. Università e Scuola sono due modi diversi di guardare all'educazione, e nel passaggio da una prospettiva all'altra la posta in gioco non è una dimensione qualunque: è quella che permette di distinguere tra due diverse responsabilità, quella connessa al "conoscere", e quella connessa al "fare". Si può elaborare buona conoscenza, ma insegnarla, piaccia o no, è tutt'altra cosa.
 

LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Sardegna – pagina 6
Il ricercatore Antonello Carta: «Brevettiamo noi le nostre specie»
 
Punto e a capo: con qualche idea in più avanzata da esperti e naturalisti per affrontare le prospettive all’orizzonte. Sulla questione delle specie botaniche che rischiano di essere depredate interviene oggi Antonello Carta. Ricercatore di Agris, è responsabile scientifico del Centro di competenza per la biodiversità animale, un consorzio tra la stessa agenzia regionale, l’università e le associazioni degli allevatori. Per prima cosa, lo specialista sostiene che le istituzioni sarde dovrebbero attivarsi subito, direttamente e in maniera autonoma. «Io mi occupo di biodiversità animale, ma dal punto di vista metodologico le cose non sono molto differenti - spiega Antonello Carta - I geni delle piante dell'isola vanno studiati, soprattutto vanno esaminate quelle porzioni di genoma che marcano le differenze tra le varietà autoctone e le altre. Per poi arrivare eventualmente a un nostro brevetto». Secondo Carta si può infatti replicare quel che è già stato fatto sotto questo profilo nel campo della specie animali . «Noi per esempio stiamo studiando la pecora selezionata nell’isola, più propriamente di razza sarda, e quella ancestrale (la Pecora Nera di Arbus) per caratterizzare i geni che conferiscono loro le caratteristiche di flessibilità a facilità di mungitura. La "biodiversità" della pecora sarda è già stata esportata in passato, e con queste conoscenze la si potrà promuovere ancora di più”. «Analogamente, di fronte a richieste come quelle avanzate dal gruppo olandese sulle sementi dell'isola, non basta limitarsi alla protesta – prosegue il ricercatore – Bisogna caratterizzare le specie botaniche sarde dal punto di vista genetico, individuare le zone de genoma che contraddistinguono la loro "diversità" e poi agire per via autonoma. Su scala regionale abbiamo le forze, le tecnologie e le competenze per poterlo fare». «Quale sarebbe altrimenti l'alternativa? - si chiede in conclusione lo specialista - Presidiare con l'esercito qualsiasi zona della Sardegna per impedire che i delegati delle multinazionali o gruppi esterni all'isola s'impossessino dei nostri semi, li studino e li brevettino prima di noi? Non si può vietare a nessuno di farsi una passeggiata e di mettersi qualche seme in tasca, da studiare poi con comodo in laboratorio. Ecco perché è necessario fare in fretta». (pgp)
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Commenti – pagina 14
il voto del 25 maggio
Presidente europeo scelto dai cittadini?
Aspettativa poco realistica
di Paolo Fois
 
La cena di lavoro che ha segnato la scorsa settimana la riunione “informale” dei capi di Stato e di governo dell'Unione rappresenta un evento del tutto insolito nella storia delle elezioni del Parlamento europeo, non essendovi precedenti di incontri simili a questo, convocato in tutta fretta per concordare la linea da seguire dopo l'importante voto del 25 maggio. Da rilevare è il fatto che mentre sulle conclusioni della riunione del 27 maggio ampie notizie sono state diffuse dalla stampa, del tutto trascurato è stato un altro aspetto, la cui importanza non potrebbe certo essere sottovalutata. Al termine di una campagna elettorale che, nei rari accenni riservati alla questioni europee, aveva particolarmente insistito sul più incisivo ruolo che dopo il voto sarebbe stato esercitato dal Parlamento europeo e dalla Commissione, i cittadini si sono trovati di fronte ad uno scenario fin troppo noto: quello dei leader dei governi nazionali che, in sede di Consiglio europeo, oggi come ieri mostrano di essere l'unico centro di potere abilitato ad adottare, a livello di indirizzo politico, le decisioni che contano. Fra le decisioni da adottare, quella che questa volta maggiormente premeva riguardava l'individuazione del nome del possibile futuro presidente della Commissione. La scelta operata al riguardo dal Consiglio europeo (conferimento di un mandato esplorativo ad Herman Van Rompuy) suscita qualche perplessità rispetto alla correttezza sul piano politico del messaggio che nelle scorse settimane, durante la campagna elettorale, si era voluto dare ai cittadini. Ricordiamo tutti l'insistenza con cui era stata sottolineata la straordinaria opportunità offertaci da questa consultazione elettorale, che per la prima volta avrebbe consentito agli europei di incidere, oltre che sulla composizione e gli orientamenti del Parlamento europeo, sulla composizione e gli orientamenti della Commissione: dopo la riforma introdotta a Lisbona, un voto a favore dell'uno o dell'altro dei diversi schieramenti politici avrebbe avuto un rilievo determinante nella scelta fra i vari candidati alla presidenza della Commissione. Con il Parlamento europeo, anche la Commissione avrebbe potuto quindi vantare una qualche legittimazione democratica. I contrasti tra i leader europei, manifestatisi nel corso della recente cena di lavoro, attestano in realtà la tendenziosità e la debolezza di questo messaggio, chiaramente dettato dall'esigenza di contrastare una disaffezione crescente nei confronti dell'Unione europea. Se ben si osserva, infatti, un rafforzamento dei poteri dell'esecutivo comunitario, logica conseguenza di una sorta di mandato popolare ricavabile dal voto per il Parlamento europeo, non figura certo al centro delle attese degli elettori: non solo i cosiddetti euroscettici, ma anche coloro che credono fermamente nel processo di integrazione europea non sarebbero entusiasti di assistere al conferimento di altri poteri agli “eurocrati” di Bruxelles, giudicati così lontani dalle attese dei cittadini europei. D'altronde, a non essere entusiasti di un rafforzamento della Commissione sono anche, in definitiva, i componenti del Consiglio europeo: orientandosi per un rinvio, essi fanno chiaramente capire di non avere la benché minima intenzione di rinunciare al proprio fondamentale ruolo, senza farsi in alcun modo condizionare da un voto che, quanto all'indicazione del presidente della Commissione, è per di più, come si è accennato, di difficile interpretazione. Chi con scarso realismo ha dato per imminenti significativi cambiamenti nel governo dell'Europa dovrà quindi, suo malgrado, ricredersi.
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Sassari – pagina 17
Campus universitario pieno di incognite
I fondi Cipe scadono a giugno e ancora non c’è la proroga, incertezza sul progetto dell’ex brefotrofio
di Luigi Soriga
 
SASSARI Ancora una volta, sul destino del campus universitario, è arrivato il momento di inserire il conto alla rovescia. L’ipotesi dell’ex Brefotrofio, che l’Università e forse anche il Comune avevano già dato per scontata, non è così certa. Infatti all’orizzonte ci sono una serie di scadenze e di incognite da considerare. La prima, tanto per cambiare, riguarda i soldi. Il finanziamento concesso dal Cipe mediante i fondi Fas, che ammonta a 20 milioni, non è eterno. Di proproga in proroga, l’ultima scadenza è fissata per il 30 giugno, e ancora l’Ersu non ha avuto comunicazione su un’ulteriore spostamento delle date. Certo, il fatto che la giunta Pigliaru abbia inserito la realizzazione del campus universitario nell’elenco delle opere strategiche, suggerisce ottimismo sulla certezza delle risorse. Il Ministero, infatti, aveva posto come condizione per un’eventuale proroga proprio questa sottolineatura da parte della Regione. Dunque, almeno a parole, i soldi dovrebbero essere in cassaforte, ma una comunicazione ufficiale del Cipe toglierebbe all’Ersu molti pensieri. E sarebbe tutto più semplice se lo slittamento dei termini per l’utilizzo dei fondi non fosse semestrale, ma venisse concesso un arco di tempo più ampio per vagliare le ipotesi progettuali. Ancora infatti, nonostante i tanti proclami, sul versante campus siamo in alto mare. La commissione che avrebbe dovuto valutare lo studio di fattibilità presentato dall’Università per la struttura dell’ex Brefotrofio, ancora non si è espressa. Si è perso tempo perché uno dei componenti è stato sostituito per incompatibilità, e il sei maggio i commissari si sono rimessi al lavoro. Al momento non ancora è detto che l’ipotesi di via Delle Croci possa andare in porto. Infatti l’ex Brefotrofio era già stato scartato dal Cda dell’Ersu nel 2012 in tre diverse sedute, e anche l’ufficio tecnico dell’ente, in una relazione si era espresso in maniera contraria. Il problema più grosso riguardava la destinazione d’uso dell’area che sia il Prg che il Puc indiduano come un’area servizi ricompresa in una sottozona abilitata ad ospitare strutture ospedaliere. Non per niente l’Aou era interessata all’acquisto dell’ex Brefotrofio per inserirlo all’interno della cittadella sanitaria. Il bando del Cipe invece richiedeva che le aree avessero i requisiti urbanistici, e perché ciò avvenga sarà necessario che il Comune adotti una variante al Piano. Dunque passaggio in consiglio comunale, e tempi tecnici di almeno due mesi. Ecco che se il Cipe non metterà nero su bianco la proroga, i 20 milioni andranno persi. Infine l’ultimo problema: l’ex Brefotrofio ha più di 50 anni e non è detto che la Soprintendenza conceda la possibilità di demolire. Il progetto presentato dall’Università prevede di radere al suolo e ricostruire l’edificio, in modo da sfruttare al meglio la cubatura e poter realizzare 300 posti letto per gli studenti. Ma se arrivasse il veto per la demolizione e l’unico intervento possibile fosse la ristrutturazione, allora i posti si ridurrebbero a 115, e i requisiti richiesti dal bando non verrebbero rispettati. Per questo l’Ersu nel frattempo si è coperto le spalle e ha già predisposto un nuovo bando pubblico da mandare subito in gara.

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