Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 March 2014

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 27 - Edizione CA)
Architettura
 
« La morte improvvisa di Adriano Olivetti è stata una grande sventura. Era un uomo che aveva il senso del servizio pubblico, il senso della responsabilità dei suoi atti, il senso del bene e del male, del meglio e del peggio. (...) Egli desiderava realizzare il sogno di una nuova società sulla terra e non lo rimandava a scadenze imprecisate». Così Le Corbusier esprime il dolore per l’improvvisa e prematura morte di Olivetti, un industriale visionario. Due uomini che segnano il perimetro per riflessioni attualissime. Il lavoro di architetto, diceva Le Corbusier, è «laboratorio di ricerca paziente che impone osservazione-scoperta-invenzione-creazione». E oggi?
Di questi temi si parlerà con Bruno Reichlin, architetto svizzero, docente e studioso dell’architettura moderna e contemporanea, in due incontri promossi dalla facoltà di Ingegneria e Architettura, nell’ambito delle iniziative per Cagliari capitale, che si terranno domani e martedì nell’aula magna dell’Università.
Si inizia alle 18.30 con l’introduzione di Nicola Di Battista su “Le Corbusier e Olivetti. La Usine Verte per il Centro di calcolo elettronico” (Quodlibet Città e paesaggio) di Silvia Bodei. Intervengono Bruno Reichlin, Giorgio Peghin e l’autrice dello studio. Martedì, sempre alle 18.30, il preside della facoltà Antonello Sanna introduce l’architetto Reichlin che terrà la sua lectio magistralis "Il mestiere dell’architetto tra progetto e ricerca" . (c.p.)
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 27 - Edizione CA)
Olivetti e Le Corbusier, il sogno della fabbrica verde
L’utopia di due figure carismatiche ricostruita dall’architetto cagliaritano Silvia Bodei
 
Osservavano il mondo da visuali differenti - l’uno urbanista, l’altro industriale - ma alla fine vedevano lo stesso, straordinario sogno: una fabbrica studiata a misura d’uomo, in cui l’urgenza di un dialogo con la natura circostante, fosse la cifra capace di umanizzare le ore di lavoro. Ecco la grande utopia di Adriano Olivetti, industriale di Ivrea, e di Le Corbusier, architetto svizzero, protagonisti di un’avventura che non sarà mai vissuta: realizzare una usine verte per il “Centro di calcolo elettronico”, una fabbrica verde e piena di luce per le macchine del futuro, i computer.
Ma il cuore di Adriano Olivetti si fermerà troppo presto, il 27 febbraio del 1960, mentre viaggiava su un treno diretto in Svizzera. Le Corbusier metterà comunque a punto lo studio per la costruzione di uno stabilimento, non lontano da Rho. A bloccarlo, nel 1964, saranno le difficoltà economiche dell’azienda, costretta ad alienare proprio il ramo della produzione elettronica (e il primato), all’americana General Electric.
Dunque, un breve incontro tra due carismatiche figure del ’900, che dagli anni Trenta in poi si erano osservate, spinte dalla sintonia di vedute su che cosa dovesse fare un’industria, su come dovesse essere costruita, quale organizzazione sociale rappresentare. Un dialogo a distanza, che Silvia Bodei, giovane architetto cagliaritano, ricostruisce con intelligenza in “Le Corbusier e Olivetti. La Usine Verte per il Centro di calcolo elettronico” (Quodlibet, 216 pagine, 32 euro). L’architetto studia i documenti, molti dei quali inediti, custoditi nelle Fondazioni Olivetti e Le Corbusier. Analizza le carte dell’archivio storico dell’industriale, vola in Cile per leggere gli scritti di Guillermo Julian de La Fuente. Compara disegni e schizzi, che hanno animato discussioni intorno ai tavoli di lavoro di urbanisti e architetti, per restituirci una storia poco indagata, ma preziosa per cogliere i fermenti culturali.
La moderna “società macchinista” ha bisogno di un’architettura capace di “emozionare” e di un cliente in grado di interpretarne il messaggio. Così Le Corbusier descrive il committente nel 1923 in Vers une architecture . Un’idea-guida riaffermata nel 1925 in Appel aux industriels , manifesto che ha tra i destinatari Olivetti. In lui l’idea della fabbrica che includa il paesaggio circostante, diventando paesaggio a sua volta, è già profondamente radicata. «La sua politica industriale - osserva Bodei - è attenta alle condizioni di lavoro, al rapporto fabbrica-territorio, all’innovazione dei prodotti e alla loro qualità estetica». Inaugurando lo stabilimento di Pozzuoli, 1955, Olivetti dirà «abbiamo voluto che la natura accompagnasse la vita della fabbrica. (...) perché l’uomo trovasse nel suo posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza».
Ivrea è già un crocevia di intellettuali, designer, architetti e i prodotti - dai calcolatori alle macchine per scrivere portatili come la Mp1 o la Lettera 22, portano le firme di Aldo Magnelli e Marcello Nizzoli. L’Elea 9003, il primo calcolatore al mondo a transitor, è di Ettore Sottsass. Così, quando Olivetti decide di ampliare il vecchio stabilimento e realizzare asili nido, mense e case per gli impiegati, non a caso si affida ad architetti come Luigi Figini e Gino Pollini, interpreti della filosofia di Le Corbusier. Il quale, da par suo, vorrebbe un ruolo da protagonista. I primi contatti tra i due sono del 1934 quando, «con grande disinvoltura e autorità», osserva Bodei, il teorico del passaggio dalla usine noire alla usine verte chiede di essere progettista. Olivetti conferma l’incarico ai giovani architetti. Seguono venti anni di silenzio, rotti dalla curiosità di Le Corbusier per la filosofia comunitaria dell’industriale. Intanto la ricerca sui calcolatori dà ottimi risultati e alla fine degli anni ’50 l’Elea 9003 è il domani. Ecco che l’idea di una fabbrica verde per il “Centro di calcolo” prende corpo. Lo conferma un dattiloscritto: Ragioni che dispongono a favore dell’Arc. Le Corbusier per la progettazione del nuovo stabilimento elettronico. «Dal testo emerge chiaro come la filosofia di Le Corbusier sia stata fonte di ispirazione, dal 1936 in poi». Il 10 febbraio l’architetto scrive entusiasta a Olivetti. Che muore 17 giorni dopo. Del sogno restano i disegni e molto rammarico.
Caterina Pinna
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 36 - Edizione CA)
Sotto terapia per cambiare sesso: la nuova vita di sedici pazienti 
POLICLINICO UNIVERSITARIO. I transessuali sono affidati alle cure dell’endocrinologo
 
Dieci maschi, sei femmine. Al Policlinico di Monserrato sono sedici i pazienti in attesa di cambiare sesso. Hanno alle spalle storie assai differenti ma tutte segnate da fasi di travolgente infelicità. Fanno capo a un ambulatorio ultraspecialistico nato tre anni fa nel reparto diretto dal professor Stefano Mariotti. È un centro di riferimento per l’intera Sardegna. I transessuali (o le transessuali, a seconda dei casi e dei punti di vista) sono affidati ad Alessandro Oppo, endocrinologo ed andrologo che - in tandem con la clinica psichiatrica dell’università di Cagliari - pianifica la terapia in attesa dell’intervento chirurgico definitivo. Intervento, va detto subito, che può essere programmato a costo zero in tante Asl italiane. I più gettonati sono comunque gli ospedali di Trieste e Genova dove si viene ricoverati come un qualunque assistito protetto dal Sistema sanitario nazionale. Chi invece ha fretta, e molto danaro a disposizione, preferisce solitamente farsi operare in clinica privata: una delle mete più richieste è in Thailandia dove esercitano i migliori bisturi del settore. La spesa, per tornare in patria finalmente nuovi e finalmente rinati, oscilla attorno ai quindicimila euro ma, volendo, si può spendere di più.
Quarantacinque anni, cagliaritano, Alessandro Oppo si occupa di andrologia dal 1994. Inevitabile che finisse per approdare su un fronte che all’epoca era totalmente scoperto: «Prima che aprisse i battenti il nostro ambulatorio, i pazienti affetti da disturbi di genere rientravano nella folla costretta al pendolarismo per ragioni di salute. Facevano, insomma, quelli che si chiamano sui giornali viaggi della speranza: avanti e indietro dalla penisola. Il che aggiungeva stress a stress».
Nonostante i disturbi di genere siano considerati dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) una malattia a tutti gli effetti, resta invariato il costo dei farmaci: serve una trentina di euro ogni dieci giorni. A differenza di quanto accade in Toscana e in Piemonte, la Regione Sardegna si sfila dai rimborsi e lascia che le prescrizioni si facciano su ricette bianche, pagamento cash in farmacia. Evidentemente la transessualità non è considerata una patologia importante o, in ogni caso, degna di avere lo sconto-ticket.
La terapia ormonale e quella psichiatrica sono come le leggendarie convergenze parallele di Aldo Moro: viaggiano sullo stesso binario ma finiscono per incrociarsi soltanto alla fine. Cioè quando il paziente avrà raggiunto l’equilibrio necessario per affrontare uno sconvolgente cambio anagrafico. L’altro ieri, proprio su questo giornale ha raccontato la sua storia Nìcolas Carta, un giovane di Riola Sardo che sta per diventare Giulia. Ci riuscirà, burocrazia permettendo, nel 2022.
Giulia è una delle pazienti del dottor Oppo, il quale parla di trans soltanto in termini generali, senza scendere mai nelle vicende private dei suoi assititi. «Il mio è un lavoro che richiede impegno, sensibilità ed estrema attenzione verso condizioni di sofferenza evidenti, in qualche caso addirittura drammatiche». Proprio per questo definisce «importante e preziosa» la collaborazione con i colleghi di Psichiatria.
Sul tavolo del suo minuscolo ambulatorio al pianterreno del Policlinico, ci sono le statistiche sui casi di transessualità: uno ogni trentamila abitanti per quanto riguarda i maschi, uno ogni cinquantamila per le femmine. «Trasferendo questi dati in Sardegna, abbiamo una quarantina di casi per i maschi, una ventina per le femmine». Questo vuole dire che il problema esiste e ha numeri importanti, soprattutto se si tiene conto che molti trans - in quanto tali - non riescono a trovare lavoro. Quanti sono quelli costretti a prostituirsi? Oppo spalanca le braccia: «Non lo so, non ne ho idea. Nessuno dei miei pazienti mi ha parlato di cose del genere e io mi guardo bene dal forzare la mano». Par di capire, da frasi come queste, che il lavoro dell’andrologo cammini su una corda sospesa nel vuoto. «Basta niente per spezzare il rapporto di fiducia tra medico e paziente». Dunque nessuna domanda di carattere personale a meno che l’interessato (o l’interessata) non voglia aprire l’argomento. Non tutti gli iscritti nella speciale lista d’attesa del Centro di endocrinologia puntano ad affidarsi a un chirurgo per cambiare sesso. Alcuni (inutile chiedere quanti) preferiscono accontentarsi della terapia ormonale; terapia che, operati o no, dovranno comunque seguire per tutta la vita con un obiettivo preciso: taroccare un corpo che non accettano per farlo somigliare il più possibile a come lo avrebbero voluto.
Giorgio Pisano
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 39 - Edizione CA)
Università-Comune
In città l’architetto Reichlin
 
Domani e martedì sarà in città l’architetto svizzero Bruno Reichlin. Lo studioso parteciperà alle iniziative culturali promosse dal Dipartimento di Architettura nell’ambito del più vasto programma di eventi che sostengono la candidatura di Cagliari Capitale europea della Cultura 2019. L’amministrazione comunale vuole proseguire la fase di ascolto e scambio di saperi con figure di rilievo. Lunedì alle 18,30, al Ghetto di via Santa Croce, presentazione del volume “Le Corbusier e Olivetti”. La Usine Verte per il Centro di calcolo elettronico di Silvia Bodei. Relazioni di Bruno Reichlin, Giorgio Peghin e l’autrice. Introduce Nicola Di Battista, coordina Antonello Sanna. Martedì alle 18,30, Aula Magna di Architettura, “Il mestiere dell’architetto tra progetto e ricerca”, lectio magistralis di Bruno Reichlin.
 

LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Fatto del giorno – pagina 3
Deiana: «Sui trasporti sarà una rivoluzione»
L’assessore: «Il turismo non può fare a meno di collegamenti efficienti»
Ma il nuovo amministratore parla del futuro incerto di Saremar e low cost
di Luca Rojch
 
SASSARI L’allegra follia dei 150 imprenditori sardi che hanno rimesso in mare il traghetto autarchico di GoinSardinia diventa il simbolo della rivoluzione dei trasporti. Una ricetta che piace anche al nuovo assessore ai Trasporti Massimo Deiana. Formazione da accademico, mente pragmatica, l’assessore ha già tracciato la sua road map per far ricomparire nella geografia planetaria un’isola che non c’è. E si rimette tutto in discussione. Dal futuro della Saremar, alle sovvenzioni alle compagnie low cost. Dalla continuità territoriale alla convenzione con la Tirrenia. Una rivoluzione dei trasporti. La missione impossibile. Deiana deve lavorare su due fronti. Da una parte spezzare l’isolamento in cui la crisi ha fatto precipitare la Sardegna. Le compagnie aeree e quelle di navigazione hanno tagliato le corse. Arrivare o partire è sempre più complicato. Dall’altra deve aprire sempre più l’isola al turismo, l’unica industria che continua a produrre utili. Ma la ripartenza è zavorrata da un sistema dei trasporti sempre più inadatto. «Partiamo dal presupposto che sono ancora in una fase di presa di coscienza di quello che è accaduto – spiega –. Trasporti e Turismo sono due assessorati comunicanti. Impossibile pensare che uno lavori senza una stretta sinergia con l’altro». Il futuro. Il futuro di aerei e navi ha già un percorso tracciato. Se si mette in pillole il Deianapensiero si fa in fretta a capire che il nuovo assessore ha già un quadro molto preciso. Via la Flotta sarda, esperienza disastrosa, privatizzazione della Saremar, se dovesse superare la situazione drammatica dei suoi bilanci. Riapertura della convenzione con la Tirrenia. Ridiscussione dei rapporti con le compagnie low cost. Uno tsunami che sta per dare una scossa all’andamento troppo lento del sistema dei trasporti. Il miracolo GoinSardinia. «Il modello di GoinSardinia lo osservo con grande interesse – spiega Deiana –. Nella sua eccezionalità è quasi elementare. Si basa sul principio dell’acquisto di pacchetti di posti con grande anticipo. Un tipo di contratto che è molto utilizzato in campo turistico e anche molto vantaggioso. Analizzeremo con l’assessore al Turismo Francesco Morandi questo fenomeno. Insieme cercheremo di sostenerlo in tutti i modi consentiti dalla legge». L’Europa bastona. Il sistema trasporti deve fare una sorta di slalom tra i paletti che l’Unione Europea impone all’isola. «Siamo in pauroso ritardo con alcuni richiami arrivati dall’Europa – continua Deiana –. La prima enorme emergenza che dobbiamo affrontare riguarda la Flotta sarda. Deve restituire oltre 10 milioni di euro che secondo Bruxelles ha ottenuto in modo indebito dalla Regione. È inevitabile che questo crei una situazione drammatica nelle casse della Saremar (la società della Regione che controlla la Flotta sarda)». L’assessore non lo dice, ma se la compagnia dovesse restituire i 10 milioni di euro alla Regione andrebbe in fallimento. Un doppio caos perché in base alle leggi sul libero mercato imposte dall’Europa, la giunta Cappellacci doveva privatizzare la Saremar già tre anni fa. «So che era già stato individuato un advisor che doveva dare un valore alla Saremar – continua –. Con un buco da 10 milioni di euro nel bilancio il suo valore sarebbe pari a zero. In realtà si deve capire una cosa fondamentale, l’Europa è molto attenta, non si può pensare di aggirare i regolamenti. Le norme che disciplinano gli interventi pubblici nel mercato sono molto rigide». Il flop della Flotta Sarda. Deiana boccia senza appello anche la Flotta sarda. «Vararla nei mesi estivi è stata una scelta azzardata – dice Deiana –. Prolungare il servizio in inverno è stato scellerato. Si è creato un buco incolmabile». La convenzione Tirrenia. Il nuovo assessore fa capire di non essere troppo felice della convenzione Stato-Tirrenia, che ha messo nelle mani della Cin non solo la compagnia di navigazione di bandiera, ma anche le rotte. E per tenere unita la Sardegna alla penisola per tutto l’anno garantisce alla Tirrenia un contributo dallo Stato di 72 milioni di euro all’anno. «È difficile non vedere che in questo caso la partita è stata giocata male – spiega Deiana –. Posso dire che da subito si è attivato un dialogo ai massimi livelli tra Regione e governo, e sottolineo ai massimi livelli, per rimettere mano alla convenzione. Ma non dobbiamo prendere in giro le persone. Intervenire non sarà semplicissimo. Di fatto è un contratto, che scade nel 2020, tra due parti, lo Stato e la Cin, in altre parole la Regione è terza rispetto a questo accordo e la sua possibilità di intervento diretto è limitata. Noi entriamo a cose fatte. E dobbiamo farlo nei limiti che questo patto ci consente. Ma confermo il mio impegno per cambiare le cose». Continuità. Non solo mare, i trasporti passano sempre più sopra i cieli dell’isola. E anche il nuovo modello di continuità territoriale finisce sotto la lente di Deiana. «Condivido la scelta di applicare un’unica tariffa per residenti e turisti – spiega –. Attraversare un ponte in autostrada costa per tutti allo stesso modo. Non vedo perché attraversare i cieli debba avere un prezzo differente. Se poi vogliamo dire che non ci possiamo permettere di spendere 50 milioni all’anno per garantirla è un altro discorso. Ma come per la convenzione Tirrenia, anche in questo caso ci troviamo davanti a un accordo firmato nel 2013 che scadrà nel 2017. La nostra possibilità di intervento per il presente è limitata. Ma da ora possiamo lavorare a un sistema più funzionale per il futuro». Low cost e stop alle sovvenzioni. Del tutto differente è la situazione per le sovvenzioni che gli aeroporti danno alle compagnie low cost. Soldi che in realtà arrivano dalle casse pubbliche. E in questo caso Deiana fa capire che molto cambierà. «Per prima cosa ricordo a tutti che l’Europa ha già messo in mora l’isola per i contributi alle compagnie low cost – afferma –. Sono state aperte verifiche su diversi aeroporti europei, tra cui alcuni sardi, proprio sulle procedure di erogazione dei contributi alle compagnie. E l’Europa ci ha già detto che questo non è possibile. Dobbiamo aggiungere un altro aspetto. La norma regionale, la legge 10 del 2010, che regola l’accordo è scaduta alla fine del 2013, Era stata già sforacchiata da sentenze e richiami arrivati da Bruxelles. E non è più rinnovabile. Ora si dovrà studiare un meccanismo diverso che temo non preveda più questo tipo di pratiche. Secondo l’Europa sono aiuti che drogano il mercato e impediscono la concorrenza. E anche le compagnie dovranno avere un approccio diverso». Nessuna paura che le low cost lascino l’isola come più volte minacciato. «Il motivo è semplice – conclude –. Queste regole valgono per tutti gli aeroporti europei. È difficile che trovino qualche scalo pronto ad accoglierle. E se qualcuno ha prestato attenzione si percepisce come le compagnie low cost abbiano cambiato atteggiamento anche verso i passeggeri».
 
LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Sassari – pagina 21
Campus studenti: l’Università offre l’ex brefotrofio a costo zero
Venerdì scorso l’incontro tra le istituzioni: probabile una nuova gara pubblica per scegliere altre aree
Sull’ipotesi delle ex Semolerie Azzena martedì si pronuncerà una volta per tutte il Consiglio comunale
di Luigi Soriga
 
SASSARI L’ipotesi del campus universitario nelle ex Semolerie Azzena sembra tramontata definitivamente. In ogni modo sarà il consiglio comunale, martedì prossimo, a esprimersi una volta per tutte sulla idoneità dell’area, ma salvo sorprese dell’ultim’ora, la bocciatura dovrebbe essere scontata. D’altronde una struttura di accoglienza per studenti alquanto decentrata, appena fuori la città e di fronte al cimitero, non ha mai entusiasmato le istituzioni. In prima battuta il Comune, che infatti in precedenza si era già espresso contro, così come la commissione Urbanistica. Anche l’Università avrebbe preferito altre ipotesi, così come la maggioranza dei componenti del Cda dell’Ersu e gli stessi studenti. Perciò nell’ultima riunione nella sede di via Coppino, il presidente dell’Ersu Gianni Poggiu ha dovuto prendere atto che l’ente dovrà ritornare sui propri passi e ripartire da zero, cioè bandire un secondo avviso pubblico per individuare un nuovo terreno dove realizzare l’opera. La novità però riguarda proprio questo passaggio, e potrebbe dare un’accelerata alle procedure burocratiche. Infatti il rettore dell’Università ha dato un assist molto interessante all’Ersu. Sarebbe disposto a concedere in comodato d’uso e praticamente a costo zero l’edificio e l’ettaro di terreno che fanno parte dell’ex Brefotrofio di viale San Pietro. Una struttura che l’Ateneo aveva acquistato 15 anni fa dalla Provincia, pagandola 19 miliardi di lire, ma che non è mai stata ristrutturata e resa fruibile. In verità, ha precisato Attilio Mastino, esiste già un’interlocuzione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria, che vorrebbe annettere l’ex Brefotrofio alla futura cittadella sanitaria. L’Azienda Mista restaurerebbe l’edificio, l’Ersu lo concederebbe in comodato d’uso e in cambio riceverebbe un piano da destinare alle proprie esigenze logistiche. Però tra un accordo con l’Aou e un altro con l’Ersu, è normale che l’Università darebbe la priorità a quest’ultimo partner. Poter contare in breve tempo su un campus per studenti, significherebbe anche per l’Università innalzare i propri standard di qualità e attrarre un maggior numero di iscritti. Una strada dunque che l’Ateneo vorrebbe percorrere, qualora il Consiglio comunale martedì sancisca il no definitivo alle ex Semolerie. Oltretutto l’ex Brefotrofio potrebbe avere un altro vantaggio: trattandosi di un accordo scambio tra istituzioni pubbliche, potrebbe non essere necessario passare attraverso una nuova manifestazione di interesse. Quindi un bel risparmio di tempo e di energie. Inoltre l’area verrebbe ceduta praticamente a costo zero, e quindi basterebbero i 20 milioni vincolati dal Cipe per ristrutturare i locali e realizzare le strutture sportive. Gli altri 20 milioni del finanziamento, messi a disposizione dalla Regione, potrebbero essere spacchettati e magari utilizzati per nuove residenze diffuse per gli studenti. Una soluzione da sempre caldeggiata dall’amministrazione comunale. Ma se anche l’accordo con l’Università dovesse venir meno e anche l’ex Brefotrofio venisse scartato, il presidente dell’Ersu Gianni Poggiu questa volta ha tutta l’intenzione di arrivare a una scelta totalmente condivisa. Qualora si arrivasse a un secondo avviso di gara pubblico, la commissione esaminatrice verrà composta da dei tecnici che saranno espressione di tutte le istituzioni coinvolte nel progetto: cioè l’Ersu in prima battuta, e poi l’Università e il Comune. D’altronde non si tratterà di una selezione facile, visto che non esiste in tutta Sassari un solo lotto che rispecchi perfettamente i parametri urbanistici descritti nel bando, sia sotto il profilo dell’estensione (3 ettari) e sia a livello di destinazione d’uso. Finora tutte le aree offerte, compreso il Brefotrofio, avrebbero bisogno di una variante che la rendano compatibile con la doppia conformità degli strumenti vigenti, cioè il Prg e il Puc.
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Cultura – pagina 33
Ieri l’inaugurazione, omaggio per i cento anni dalla nascita di Giovanni Lilliu
Nel percorso espositivo un sistema di interpretazione dell’antica civiltà
La Sardegna dei nuraghi rivive con “L’isola delle torri»
di Sabrina Zedda
 
CAGLIARI A volersi fare un’idea d’insieme, fidandosi di ciò che la vista offre appena messo piede nella Torre di San Pancrazio, c’è quasi da rimanere disorientati. Perché “L’Isola delle torri. Giovanni Lilliu e la Sardegna nuragica” è una mostra che si può capire solo dopo averla visitata tutta. Lo sanno le centinaia di persone che ieri non hanno voluto perdere l’inaugurazione dell’esposizione, organizzata dalla Soprintendenza regionale per i beni e le attività culturali e le due Soprintendenze archeologiche isolane. Un omaggio doveroso al Sardus Pater Giovanni Lilliu, che proprio tre giorni fa avrebbe compiuto cent’anni. Ma anche un omaggio alla civiltà sarda, così ricca di doni da offrire ma sino ad ora ancora poco svelata. Sino ad ora perché adesso, con la mostra appena inaugurata, per la Sardegna arriva il riscatto, con migliaia e migliaia di pezzi provenienti non solo da diversi musei dell’isola, ma anche da collezioni custodite nel resto dello Stivale e, soprattutto, portati a nuova vita dopo essere stati sottratti alla criminalità e dopo aver passato decenni in qualche scantinato in attesa del restauro. Il risultato, raggiunto grazie al lavoro di squadra compiuto anche con le Università di Cagliari e Sassari, con la Direzione generale delle antichità e con il Museo Pigorini di Roma, è uno spaccato di storia mai visto prima. Nei due piani della torre, da una teca all’altra (gli ultimi dettagli, ha svelato il soprintendente per i Beni archeologici di Cagliari e Oristano, Marco Minoja, sono stati sistemati mezzora prima dell’inaugurazione) è tutto un raccontare una civiltà che mostra di essere stata florida, ben in grado di portare avanti commerci con quelle dei paesi vicini, ma anche di offrire un contributo originalissimo alla storia del Mediterraneo. Metallo, acqua, pietra: sono queste le direttrici attraverso cui si muove la mostra che, partendo dal Nuragico arcaico, attraversa via via tutte le età di quest’epoca, svelando l’evoluzione delle genti, le credenze, il profondo rapporto con la terra e con gli animali. E anche lo stretto legame con la divinità, testimoniato da una quantità di oggetti votivi dove l’ampio uso di simboli rievoca la necessità di chiedere protezione, ma anche di auspicare buona fortuna e abbondanza. Dal complesso di Barumini, da cui parte il percorso, ecco allora spuntare una ciotola d’impasto contenente cenere, carboni e ossicini di volatili e roditori. Qualche teca più in là, ecco, esposti per la prima volta, i resti di piselli, fave e frumento rinvenuti nel nuraghe di Villanovatulo. Solo alcuni dettagli, insieme a brocche, ami, spade, anelli, bottoni, fornelli, della più grande mostra sul Nuragico mai allestita sinora, e visitabile sino a fine settembre, prima di approdare al Pigorini di Roma. «Nostro padre sarebbe stato felice di tutto questo – dice Caterina Lilliu, figlia di Giovanni –. La mostra è un esempio di collaborazione e lui desiderava che tra le istituzioni si lavorasse insieme».
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Cultura – pagina 33
Il lungo lavoro di scelta e di restauro
Molti dei reperti esposti giacevano nei depositi dei musei
 
CAGLIARI In genere il visitatore di una mostra si trova davanti a un allestimento già finito, ma il percorso che ha condotto alla sua realizzazione è lungo, frammentato in piccoli tasselli che alla fine si uniscono per fornire il risultato finale: l’esposizione. Il primo tassello della mostra “L’isola delle torri” è il progetto. L’iniziativa allestita alla Cittadella dei Musei vuole narrare la civiltà nuragica, un periodo storico lungo e ricco di articolazioni, che è stata un’ esperienza originale nell’ambito della storia delle civilizzazioni mediterranee. La scelta di progetto è stata quella di definire un percorso espositivo che si snoda attraverso i tre elementi più caratteristici della civiltà nuragica: la pietra, il metallo e l’acqua. Un secondo criterio che ha guidato i curatori è stato la scelta dei contesti e la selezione dei materiali. Una volta redatto il progetto espositivo, è iniziato infatti il lungo lavoro di selezione dei materiali e dei contesti. Si è trattato di un lavoro molto impegnativo e delicato, che ha implicato scelte non semplici, vista la quantità e la bellezza degli oggetti e la significatività dei contesti. Un altro problema da risolvere è stato quello del consolidamento e del restauro di non pochi dei pezzi scelti per entrare a far parte della mostra. Molti dei reperti selezionati provengono dai depositi dei musei, per cui sono stati necessari interventi di consolidamento e di restauro. Gli interventi di restauro sono stati condotti dai due laboratori della Soprintendenza per i Beni archeologici delle province di Cagliari e di Oristano e dal Laboratorio di restauro di Li Punti della Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Sassari e di Nuoro. Un lavoro importante è stato fatto anche per la progettazione dell’allestimento. Per riuscire a sfruttare al meglio gli ambienti del complesso di San Pancrazio sono state create delle vetrine apposite, modulate per armonizzarsi con il contesto. La progettazione e la realizzazione delle teche sono state curate, al Molo sabaudo, dal Laboratorio di restauro della Soprintendenza. Tutto questo lavoro, delicato e complesso, è confluito nell’allestimento che da ieri pomeriggio, dopo l’inaugurazione, è visitabile alla Cittadella dei Musei. Un lavoro che, portato avanti su diversi fronti e con diverse competenze, ha reso possibile la realizzazione di una mostra che si configura come un panorama più che esaustivo della civiltà dei nuraghi. Un evento con il quale la Soprintendenza per i Beni archeologici di Cagliari e di Oristano ha voluto – in occasione del centenario della nascita – rendere omaggio a Giovanni Lilliu, il grande archeologo che, con i suoi studi e le sue scoperte, ha contribuito in maniera determinante alla conoscenza del periodo nuragico.

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