Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 December 2013

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Economia (Pagina 24 - Edizione CA)
Interesse della Regione su questa fonte. Liori: ma valutare i rischi nel rispetto dell'ambiente
Geotermia, una corsa ad ostacoli
Aumentano le richieste dei privati dal Campidano all'Anglona
 
Fare chiarezza sul “caso geotermia”. La doppia faccia della medaglia rappresentata da una fonte di energia alternativa che sfrutta il vapore generato da falde acquifere del sottosuolo per indirizzarlo verso le turbine che producono energia elettrica. Un processo che però per essere avviato necessita di trivellazioni e indagini nel sottosuolo, che sono state motivo di protesta da parte di numerose associazioni e comitati. Fare luce sugli aspetti della geotermia è stato l'obiettivo del convegno di ieri mattina organizzato dall'associazione Ambiente e vita Sardegna nel Parco di Molentargius.
IL PUNTO La Sardegna ha nel suo territorio le caratteristiche per produrre energia geotermica, ne sono testimonianza le numerose zone termali. Per questo motivo sono state tante le richieste da parte di privati per avviare le indagini che a seconda della profondità in cui si esplora possono causare rischi al territorio. Tra queste una società di Arezzo (Tosco Geo s.r.l.) che ha presentato quattro richieste per il Campidano: un'area complessiva di oltre 150 km quadrati. Richieste anche per indagini nella zona dell'Anglona, nell'oristanese e nell'iglesiente. L'assessore regionale dell'Industria Antonello Liori sostiene che «le popolazioni che protestano contro le grandi trivellazioni hanno ragione. La geotermia profonda deve essere studiata per essere sicuri degli effetti che può avere sul territorio». L'assessore ribadisce che «la Regione deve stare in prima fila perché sarebbe un grande vantaggio produrre in casa nostra e godere direttamente dei benefici economici». Nonostante il convegno non abbia approfondito il delicato argomento del Progetto Eleonora (richiesta della Saras per la ricerca di gas nell'oristanese), Liori esprime un parere anche su questo aspetto: «Nessun rischio per il territorio. Aspettiamo, però, che si completi l'iter della valutazione di impatto ambientale (Via)».
IL CONTESTO A spiegare lo sviluppo della geotermia sono due geologi, Paolo Valera, ricercatore dell'università di Cagliari e Elio Sirigu del servizio energia dell'assessorato dell'Industria: «Alcune ricerche dimostrano che in Sardegna ci sono circa un centinaio di sorgenti di acqua calda», spiega Sirigu. Teoria confermata da Valera: «C'è una zona con 111 comuni in cui è consigliato approfondire su questa risorsa».
PROCEDURE La direttrice del servizio Energia dell'assessorato, Simona Murroni, spiega come le procedure per le autorizzazioni «siano capillari e necessitino di molta documentazione». Le amministrazioni hanno un margine di azione limitato e «temono che le ricerche danneggino il territorio», dice Cristiano Erriu, presidente Anci Sardegna, «se non si studia bene la materia c'è il rischio di allarme sociale».
CONTRARI La richiesta di trivellazioni da parte di società private ha scatenato le proteste delle associazioni. I motivi ricadono soprattutto sull'utilizzo del territorio e sul rischio che le trivellazioni causino problemi sia al terreno che alle falde acquifere.
Matteo Sau
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 15 - Edizione CA)
SASSARI. E su Cappellacci glissa
Il Ventennio di Fini e l'autocritica feroce: ho sbagliato con onestà
 
SASSARI «Non ho più responsabilità di partito e non sono in corsa per nessuna elezione. Sostenere Cappellacci alle prossime regionali? Meglio chiederlo agli amici della Sardegna».
La non risposta di Gianfranco Fini, ieri sera a Sassari per presentare il suo nuovo libro, pronto a criticarsi ed ammettere i suoi errori, è servita per capire che l'ex presidente della Camera è sbarcato nell'isola come storico, scrittore e non come politico. Autore, soprattutto, di “Il Ventennio. Io, Berlusconi e la Destra tradita”. E che Fini non fosse in visita istituzionale, lo si è capito al suo arrivo. Pur attorniato da polizia e carabinieri, ha preso un caffè al bar e ha fumato la sua sigaretta in piazza Università, prima di parlare ai numerosi presenti in aula magna.
«Ho raccontato vent'anni di storia», ha detto: «I 17 anni di alleanza con Berlusconi e i tre di aperta polemica. Un libro in cui ho criticato, perché ho fatto prima critica di me stesso». Tra Fini e Berlusconi, una destra tradita, come da titolo: «Non avrei usato la categoria del tradimento perché non si addice alla politica. Ma nel nostro rapporto una cosa posso dirla: ho la coscienza a posto». La serata si è aperta con i saluti del padrone di casa. «Grazie per essere tornato a Sassari - ha detto il rettore Attilio Mastino - dopo che, nel marzo dello scorso anno, aveva partecipato alle celebrazioni per il 450° anniversario dell'Ateneo. Gli errori commessi, raccontati nel suo libro, sono un segno di forte onestà intellettuale, senso etico e del dovere».
Il dibattito, moderato da Francesco Soddu, presidente del corso di laurea in Scienza della politica, ha fatto registrare anche gli interventi di Guido Melis e Mario Segni. «È un libro interessante - ha detto Melis - e che ci pone interrogativi. Soprattutto per il rapporto con la figura di Berlusconi». «L'alleanza con il leader del Pdl - ha poi ripetuto Segni - era necessaria per te e per il tuo partito». L'iniziativa è stata organizzata dal dipartimento di Scienze politiche. (a. br.)
 

LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 17 - Cultura-Spettacoli
l’opinione
Lingue di minoranza, la lezione degli altri Paesi
Sbaglia Giulio Angioni quando dice che tutto si riduce a feste poetiche, premi letterari, raduni folcloristici e convegni di studio specialistici e no
di ALESSANDRO MONGILI
 
Contrariamente a quanto si è detto, le misure prese nei Paesi civili sulle lingue di minoranza hanno dato i risultati sperati. Non si è trattato, come scrive Giulio Angioni, di "feste poetiche, premi letterari, raduni folkloristici, convegni di studio specialistici e no, toponomastica in parlate locali, insegnamento scolastico". No. Le università catalane sono in larga misura catalanofone, la BBC Alba, che trasmette in gaelico scozzese, parlato da meno del 5% degli scozzesi, è un successo, raccontato recentemente sul "Guardian", in Irlanda le scuole gaeliche hanno la fila davanti perché offrono un insegnamento migliore, in Bretagna le sezioni che usano il bretone come lingua veicolare per tutte le materie sono obbligatorie in tutti i Licei, anche dove il bretone si è estinto, e per non parlare dell'Occitania (non della "Provenza" come dice Angioni). I cittadini di aree multilingui si sono arricchiti con la conoscenza della propria, e in alcune lingue di minoranza sono state elaborate opere importanti. Soprattutto, ed è impagabile, milioni di cittadini hanno scoperto nella loro diversità linguistica una ragione non di vergogna, ma di autostima. Queste lingue si difendono per tutelare il patrimonio storico, per arricchire la strumentazione culturale delle comunità, per dare un futuro a lingue elaborate collettivamente in centinaia di anni e, naturalmente, sotto la spinta politica di movimenti che difendono gli interessi delle minoranze di fronte all'agire, quello sì, violento e omologante delle costruzioni nazionali, artificiali e centraliste. Il che è legittimo e, secondo me, nobile. In Sardegna si è fatto poco, anche grazie alle visioni paleo-evoluzioniste e paleo-modernizzatrici di troppi intellettuali sardi. Bene, nessuno si aspetta che chiedano scusa. Tuttavia la ricerca socio-linguistica del 2007 smentisce l'argomentazione principale di Angioni, e cioè che i sardi "non vogliano" difendere il sardo. Al contrario, essi dicono di volerlo, in percentuali elevatissime e che non lasciano spazio ad alcun dubbio. Questi dati non sono stati smentiti da altre ricerche, e traducono un fenomeno evidente: non esistono solo i burocrati della lingua, ma esistono reti di attivisti, percorsi personali, esperienze culturali e professionali, e anche conflitti che danno densità e consistenza a questa nuova coscienza. Di cui esistono tante tracce, a ben vedere. Basta non classificarle come scarti rispetto alle magnifiche sorti e progressive del monolinguismo. Il problema appare piuttosto la disparità di status fra le lingue, che provoca la mancanza di opportunità parlarlo anche se lo si conosce, la vergogna, esperienze scolastiche negative, l'interiorizzazione del legame fra le lingue minoritarie sarde e un giudizio sociale sprezzante sui loro parlanti. Quello della Giunta Soru è stato il primo tentativo dipolitica linguistica in Sardegna, e tardivo. Esso ha generato una moltitudine di esperienze, e anche una serie di problemi. Noi dobbiamo analizzarne le problematicità ma anche andare avanti, e non affossare tutto al primo ostacolo. Perché una lingua circoli in una società come la nostra, la scrittura e la sua standardizzazione rappresentano un passaggio inevitabile. Ma si tratta di un processo vero e proprio e non è pensabile che non vi siano problemi, e che la gente rimanga calma. È auspicabile che la politica riacquisti un ruolo di equilibrio e di guida. Essa è chiamata a sviluppare politiche di parità per le lingue minorizzate, e a riconoscere che l'italiano è favorito a tutti i livelli. Su di esso sono investite somme non paragonabili a quelle spese per le lingue dei Sardi, ma anche per l'inglese.
 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 42 - Cultura-Spettacoli
«Il potere dell’ immaginazione contro le identità ossificate»
Intervista con il filosofo Remo Bodei, che a Cagliari ha presentato il suo nuovo libro Quanta libertà abbiamo di scegliere e di determinare ciò che vogliamo essere?
di Giulia Clarkson
 
Rigoroso, con pathos. A tanto tende il suo incedere filosofico, secondo la lezione appresa da giovane studente di musica, disciplina in cui il massimo rigore logico-intellettuale va a braccetto con la passione. Remo Bodei, a Cagliari per il festival Marina Cafè Noir – tra un ciclo di lezioni in Germania e i corsi alla University of California, Los Angeles – presta la sua naturale pacatezza alla discussione profonda, continuando ad interessare un folto pubblico di auditori e lettori sulle questioni che hanno a che fare con l'immaginazione e la formazione dell'Io ai tempi della conoscenza 2.0. La sua bibliografia conta oltre venti pubblicazioni in cui investiga la teoria delle passioni, i dilemmi della coscienza, le questioni intorno all’identità individuale. Titoli che però non ricorda perché «sono stati scritti ormai, ho da pensare ad altro», nonostante una memoria potentissima, che passa da una citazione in latino a una in inglese menzionando aneddoti, date e fatti storici. Con un ulteriore pregio: non si perde in tecnicismi o complicati sofismi, Remo Bodei, ma resta aderente al linguaggio di tutti. Infatti «la puntualità è la cortesia del re; la chiarezza lo è dei filosofi», precisa citando il collega Miguel de Unamuno. Come spiega nel suo ultimo libro, “Immaginare altre vite” (Feltrinelli), l'identità si nutre di immaginazione ed è dunque un cantiere fluido, in divenire. Quanta libertà abbiamo noi di scegliere e poi determinare ciò che vogliamo essere? «Dipende dalla capacità di ciascuno di auto organizzarsi. Specie nei primi anni di vita ci si lascia trascinare da influenze esterne. Ma gli adulti a un certo punto si scocciano e non rispondono più ai perché dei bambini. Cosa sia il buono, il giusto e il bello restano concetti vaghi. Sul piano morale poi, cerchiamo di riferirci a certe scale di valore ma poi, nella realtà intorno, quei valori scricchiolano. Riformularli richiede sforzo, riflessione. E non molti ne hanno voglia. Basta vedere come sono ridotte le nostre città per capire che nonostante siamo in Italia, il paese del bello, l'educazione estetica non è praticata». I materiali a noi disponibili in forma di dati, immagini, testi, film ecc. sono vastissimi, quasi illimitati. Si pone il problema della selezione. Lei che idea ha a proposito? «Nel passato i modelli erano più durevoli e meno numerosi: si pensi ai grandi eroi delle guerre, ai santi, anche ai politici. Cicerone pensava che i politici potessero avere un posto in paradiso – ipotesi che ai nostri tempi sarebbe difficoltosa. Comunque, oggi i modelli sono migliaia ed effimeri. Dalla gloria si è passati alla fama, e per ragioni non necessariamente lodevoli. Siamo nel tempo della celerità, ovvero di quel che passa e non resta. Il problema è orientarsi tra le miriadi di modelli. Prima c'era disciplina e canoni rigidi, oggi ci si sceglie il modello da sé, con criteri minimi». Molti degli stimoli esterni sono bombardamenti che generano ansia, svilimento. Come reagire? «Gli appigli dipendono dall’educazione e dalla personalità. La nostra vita è una selezione continua. Non possiamo fare tutto, ma ci limitiamo e scegliamo la strada che ci dà più soddisfazioni. Credo sia un male evitare gli elementi che ci turbano e ci danno ansia. Significa rimuoverli e non essere poi capaci di affrontarli quando li si incontra nella vita. Bruno Bettelheim, in "Il mondo incantato" riteneva che le antiche fiabe paurose fossero una specie di vaccinazione, per meglio affrontare il mondo». È anche un modo per dire che non sono più plausibili giustificazioni, e che ognuno ha i mezzi per costruire il se stesso che vuole diventare? «Vede, la responsabilità implica assunzione di peso. Certo, uno determina se stesso accettando la responsabilità delle scelte. E anche mantenendo un senso tragico della vita perché, come diceva Pascal, per quanto la commedia sia bella, si finisce sempre con quattro palate di terra sulla testa. Non voglio dire che uno debba essere sempre teso o amletico, con il teschio in mano. Ma prendere sul serio la propria esistenza, che pare l'unica che abbiamo, questo sì. Il problema è imparare ad orientarsi nell'esistenza». Dunque c'è anche una chiara responsabilità di chi è chiamato ad educare? «I genitori, la scuola, la società stessa. Il bello della democrazia, ma anche i suoi piedi d'argilla, è che richiede alle persone autonomia nel decidere e pensare, ma tra le sue promesse non mantenute c'è la scarsa educazione alla cittadinanza: non dà l'esempio del come dovrebbe essere». Lei come legge la situazione italiana? «Mi sembra che ci sia l'albeggiare della percezione che non si possa andare più avanti, così. Il degrado non è solo per la crisi economica ma anche per i decenni di una politica "allegra". Il problema attuale è che la politica ha trovato la scorciatoia del populismo, che significa fare di tutta un’ erba un fascio e ritenere tutti corrotti. Non cercare la buona politica ma distruggere tutto e ricominciare, con l'idea di una palingenesi un po' mitologica. Invece bisognerebbe abituare i cittadini a saper distinguere. E ristabilire l'idea di cittadinanza. Con la testa e non con la pancia. Mi meraviglia che nel paese di Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini ci siano sette milioni di volontari. Ciò sfata l'idea che la cittadinanza italiana sia una mucillagine, come dice il Censis in uno dei suoi rapporti. Ma finora da quel fiume di impegno solo pochissimi rivoli sono arrivati alla politica. Auspico che molti di loro vi approdino, non in maniera propagandistica, ma con la competenza necessaria e la fatica che serve. Se la spinta attuale verso il cambiamento resiste, che abbia l'incisività ma anche la preveggenza e la saggezza di andare avanti. Finora sono stati ritocchi, serve un'operazione profonda perché la politica non ha avuto alcuna manutenzione, negli anni». Giovani italiani e americani, culture diverse per quanto globalizzate: lei quali differenze nota nei loro immaginari ed identità? «Il nostro immaginario è fatto molto da film e format televisivi americani. Si cita Hollywood ma ci si dimentica della St. Fernando Valley, dove si produce l'80% dei programmi per la televisione, porno compreso. Le telenovele latino americane sono basate sulla passionalità, la trasgressione e forti vincoli familiari. Quelle statunitensi sull'interesse e sul sesso. Generalizzando, l'immaginario americano è molto auto-affermativo: successo, fama e affari». Professor Bodei, lei si considera un se stesso "riuscito"? «Se lo scrittore e Nobel François Mauriac non si riteneva riuscito, figuriamoci io. La costruzione dell'identità è un cantiere aperto. C'è sempre tempo per rinnovarsi».

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