Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
14 November 2013

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

LA NUOVA SARDEGNA
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Ed_Cagliari
La top ten dei ricercatori sardi
Molte eccellenze nell’isola nonostante la carenza di fondi
LA graduatoria NELLE FACOLTà SCIENTIFICHE
 
Dibattito aperto all’università. Arriva la top ten sul lavoro dei ricercatori in campo scientifico. E subito nell’isola è un fiorire di reazioni. Con una valutazione-chiave su tutte: visti i punteggi in graduatoria e i pochi fondi pubblici a disposizione, gli specialisti dei due atenei sardi conquistano posizioni più che apprezzabili.
 
LA NUOVA SARDEGNA
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Ed_Cagliari
L’INTERVENTO
L’AUTONOMIA È UN VALORE DA DIFENDERE
di GIOVANNI MELIS
 
Sull’opportunità di mantenere in Sardegna due atenei si è interrogato nella bella relazione per l’inaugurazione dell’anno accademico il rettore dell’università di Sassari. Il tema è attuale in quanto Sassari non ha l’indice di sostenibilità economica e finanziaria in linea con gli indirizzi ministeriali, situazione che, secondo gli stessi indirizzi, va fronteggiata con l’accentramento di corsi di laurea e di servizi nelle intese di federazioni fra atenei, fino alla prospettiva della fusione. Va chiarito subito che Cagliari, pur favorevole ad ampliare l’operatività dell’accordo di federazione al fine di realizzare potenziali sinergie nel sistema regionale, ritiene che l’autonomia funzionale dei due atenei sia una ricchezza che ne valorizza il patrimonio storico e le specificità culturali e, quindi, la qualità dei servizi a territori così distanti.La storia insegna che l’autonomia va difesa. Le politiche ministeriali spingono per accentrare corsi, scuole di specializzazione, dottorati a livello regional ed interregionale. Soprattutto, i criteri di assegnazione delle risorse non considerano le specificità e penalizzano gli atenei meridionali e isolani. Si ignora che gli atenei sardi, storicamente, hanno già attuato una ripartizione funzionale con le specializzazioni in Agraria e Veterinaria a Sassari e Ingegneria a Cagliari e che la condizione insulare impone di operare come atenei generalisti, ossia con un’articolazione delle attività di ricerca e didattiche idonea a garantire pari opportunità di scelta ai giovani sardi, rispetto a quanto possibile per i coetanei nel continente. In particolare, è grave che gli indirizzi ministeriali attribuiscano maggiori possibilità di sviluppo agli atenei che per collocazione territoriale sono in grado di ottenere introiti più elevati dalle tasse. Non si tiene in nessun conto il fatto che nell’isola circa il 20% degli studenti è esonerato per i limiti del reddito. Non possono essere sottovalutati dalla classe politica regionale e meridionale gli effetti sociali ed economici delle politiche che dalla riforma Gelmini in poi tendono a potenziare gli atenei del nord. Gli atenei sardi hanno potuto evitare un drastico ridimensionamento grazie alla positiva collaborazione dell’amministrazione regionale. Tuttavia si è reso necessario un significativo adeguamento. Cagliari, a partire dal nuovo statuto, ha realizzato un importante accorpamento funzionale di facoltà e dipartimenti, una significativa riduzione dei corsi di laurea che, comunque, non ne ha intaccato la valenza culturale e formativa. Ha aumentato i fondi disponibili per la ricerca e per potenziare i laboratori, intensificato scambi internazionali e collaborazioni nel territorio. Le prudenti scelte di bilancio oggi consentono di essere in grado di riconoscere con l’ingresso nei ruoli di associati o di ordinario il merito dei ricercatori e docenti che conseguiranno le abilitazioni. Le università italiane hanno subito pesanti tagli e sono l’unica pubblica amministrazione dove le risorse per il funzionamento sono assegnate con una competizione che valuta risultati raggiunti e l’efficienza nell’uso delle stesse risorse. Non si chiedono privilegi, ma la garanzia di partecipare alla competizione nazionale e internazionale con pari condizioni di partenza.
rettore università di Cagliari
 
LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Ed_Cagliari
classifica di “scopus”
Scienze, ecco la top ten dei ricercatori
Dalle graduatorie nazionali emergono risultati apprezzabili per le due università dell’isola. Il problema dei finanziamenti
di Pier Giorgio Pinna
 
SASSARI Dibattito aperto all’università. Arriva l’ultima top ten sul lavoro dei ricercatori in campo strettamente scientifico. E subito nell’isola è un fiorire di commenti, giudizi, reazioni. Con una valutazione-chiave su tutte: visti i punteggi in graduatoria e considerata la scarsissima entità dei fondi pubblici a disposizione per gli studi e le indagini in laboratorio, gli specialisti dei due atenei sardi conquistano comunque posizioni più che apprezzabili. Alcuni si piazzano in maniera addirittura eccellente: ben figurerebbero in qualsiasi dipartimento al di là del Tirreno. E altri – a detta di osservatori e analisti – confermano quanto di buono si possa fare persino in realtà territoriali spesso tagliate fuori dai principali flussi di finanziamento, anzi spesso al centro di tagli indiscriminati alle risorse come l’isola. Un discorso che, in questo caso, vale soprattutto per quel che riguarda la medicina, la fisica, la chimica e altri settori di vitale importanza per la salute e per lo sviluppo. I criteri adottati. La classifica è stata elaborata da Scopus Highly Cited Italian Scientists ed visibile in maniera analitica sul sito internet dedicato a questo scopo dall’istituzione. Non comprende la stima degli universitari che operano in campo umanistico: storia, lettere, filosofia, scienze giuridiche e politiche, che gran parte degli economisti. Valuta però tutti gli altri docenti. E lo fa attraverso la frequenza delle pubblicazioni, il prestigio delle riviste che le ospitano, il numero complessivo delle citazioni fatte da esponenti della comunità scientifica. Le dichiarazioni. «Graduatorie come questa dimostrano una cosa della quale sono assolutamente convinto da tempo: i due atenei sardi hanno un adeguato livello di ricerca scientifica – dice a Cagliari il rettore Giovanni Melis – E tutto ciò è confermato da altri quattro aspetti. Primo: la competizione sui Progetti nazionali, o Prin, ci vede sempre ben collocati. Secondo: i giovani ricercatori sono aperti al confronto internazionale. Terzo: siamo sempre nelle parti alte delle classifiche ministeriali. Quarto e ultimo punto: dato che quelli di Sassari e Cagliari sono atenei generalisti, si occupano cioè di tantissime cose, questi risultati sono ancora più apprezzabili se si riflette sul fatto che il confronto è spesso con i politecnici o altri centri specialistici e iper settorializzati». Analisi e raffronti. Ma come si svolgono le procedure di valutazione? Il “fattore d’impatto” perlopiù è misurato sul numero di citazioni ricevute da un articolo. Oggi vengono presi in considerazione dalla comunità scientifica internazionale due indicizzatori. Uno è la Thompson Reuters, che ha inventato l’Impact Factor, e altri parametri bibliometrici di stima. Il secondo è appunto “Scopus”. Ci sono realtà operative accademiche che citano parecchio (come i fisici e i medici) e altre che lo fanno poco (come i matematici). Infine, gli autori umanisti non hanno la smania dell’”IF” per cui impattano forte se vendono bene i loro testi o, almeno, se i loro manuali sono molto diffusi. I primi bilanci. «Comunque, scorrendo le tabelle parametrate di “Scopus”, si vede che molti di noi sardi, inseriti nelle top ten a Sassari e a Cagliari, saremmo altrove ai primissimi posti – fa rilevare il chimico Giorgio Chelucci, soddisfatto per la sua ottava posizione in classifica – Insomma, mi pare che i ricercatori dell’isola non demeritino, nonostante le continue sforbiciate alle risorse, soprattutto se si considera che nelle graduatorie suddivise ateneo per ateneo i chimici sono in definitiva ben pochi». Effetti e conclusioni. «Possiamo dirci orgogliosi di avere tanti colleghi così ben piazzati: è la conferma che non siamo slegati dai circuiti internazionali e questo può essere solo di maggior stimolo perché i più giovani facciano ancora meglio – sostiene a Sassari Giuseppe Pulina, direttore di Agraria, uno dei candidati per il 2014 alla carica di rettore in sostituzione del professor Attilio Mastino - Ma non bisogna usare queste e altre classifiche come una clava, sopravvalutando chi produce molto e rapidamente. Si deve poter apprezzare sia la quantità sia la qualità. In particolare tenendo conto di come ci siano àmbiti, come per esempio le scienze forestali, dove i risultati a volte possono arrivare solo dopo parecchi anni. E dove magari una sola indagine richiede tempi molto lunghi».
 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Ed_Cagliari
«Basterebbe il costo di due caccia F35 per dare più fondi a studi e indagini»
 
SASSARI. «Il ministro Carrozza, più che invitare i docenti ad andare in pensione con un turn over nella sostanza bloccato, potrebbe chiedere al governo di finanziare la ricerca con il costo destinato all’acquisto di almeno due F35». Il geologo sassarese Giacomo Oggiano sostiene che oggi i fondi sono del tutto inadeguati. «Come possono bastare 30 milioni in 3 anni per tutte le università italiane e per tutti gli altri centri di ricerca?», si chiede infatti. «Non sono che un decimo di quel che costerebbero quei due caccia – incalza il professore – Con 300 milioni invece le cose cambierebbero». A Sassari sono in tutto una quindicina i docenti con i requisiti per fare i commissari-valutatori ai concorsi nazionali. E Giacomo Oggiano, che figura in questo breve elenco, mette comunque in guardia, più in generale, su classifiche e criteri di analisi del lavoro dei ricercatori. «Temo l’esaltazione dell’ideologia meritocratica fine a se stessa – dice – Perché in realtà, per avere un’idea effettiva del valore scientifico, si richiedono spesso tempi molto lunghi». (pgp)
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 17 - Ed_Cagliari
LA POLEMICA
Zona franca, per attuarla bisogna guardare all’Europa
La proposta di Cappellacci è un obiettivo che può essere raggiunto soltanto sulla base di un negoziato con Bruxelles, che è ben lontano dall’essere avviato
di PAOLO FOIS
 
Nell’ormai consueto dibattito sulla zona franca, non si può certo dire che alla questione del ruolo dell’Unione europea sia stato dato un rilievo pari alla sua effettiva importanza. In ogni caso, non sempre i richiami che qua e là affiorano si rivelano particolarmente appropriati: nei casi, ad esempio, in cui si accenna ad un "diritto" della Sardegna nei confronti dell’Unione europea, dimenticando di precisare le pretese basi giuridiche di una così perentoria affermazione. Su questo punto, anche la proposta di legge costituzionale recentemente approvata dalla maggioranza del Consiglio regionale non potrebbe considerarsi un modello di precisione e di chiarezza. Quando, in particolare, vi si stabilisce che la zona franca è disciplinata dalle leggi fiscali dello Stato italiano e dell’Unione europea che si applicano ai territori extradoganali, si dà infatti per scontato che l’inquadramento della Sardegna fra questi territori sia ormai un diritto acquisito, e non invece un risultato assai lontano da raggiungere, sulla base di un negoziato con Bruxelles che deve essere ancora avviato. Tenuto conto di queste incertezze e di queste formule alquanto ambigue, riveste un indubbio interesse la posizione illustrata alcuni giorni fa dal presidente Cappellacci al Ministro Bonino ed a Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria. Qualificando il riconoscimento della zona franca in Sardegna «una grande opportunità per l’intera Italia e per la stessa Unione europea», Cappellacci sottolineava in quella sede che tale riconoscimento costituirebbe «una parziale riparazione delle gravissime amnesie di Stato subite in oltre 60 anni di Autonomia». Sulle amnesie di Stato, difficile non concordare con il presidente Cappellacci. Si sarebbe quasi tentati di salutare con favore l’intero contenuto del suo messaggio, se un piccolo dettaglio non spingesse verso un ben diverso giudizio. Non può dimenticarsi, invero, che anche la Regione ha purtroppo i suoi scheletri nell’armadio per quanto riguarda le "amnesie" in materia di difesa dello Statuto e di rivendicazione dell’insularità. Lasciando per il momento da parte lo scarso rilievo dato all’insularità nella valutazione della politica dell’Unione al riguardo, e mettendo l’accento invece sulle amnesie che più direttamente riguardano la zona franca, uno scheletro particolarmente ingombrante va individuato nell’inerzia della Regione per quanto attiene all’attuazione dell’art. 52 dello Statuto. Si tratta di un articolo strettamente legato alle questioni doganali e fiscali, in quanto prevede la partecipazione della Regione all’«elaborazione dei trattati di commercio» che riguardino scambi di specifico interesse per la Sardegna. A seguito delle norme di attuazione contenute nel decreto legislativo 15 settembre 1999, n. 363, non si vede proprio quali ostacoli possano ancora sussistere rispetto a tale partecipazione, che il decreto ha previsto per la predisposizione degli «accordi commerciali e tariffari», anche nell’ambito dell’Unione europea. L’idea di una Sardegna ponte verso il Mediterraneo, e lo stesso progetto di zona franca, che Cappellacci evoca nel suo messaggio a Squinzi e alla Bonino, avrebbe una ben altra credibilità se la Sardegna si decidesse una buona volta a chiedere al governo di sedere con la delegazione italiana al tavolo di importanti negoziati internazionali, che hanno riguardato, e verosimilmente riguarderanno ancora, la definizione di una zona li libero scambio euro-mediterranea. Oltre che con le modifiche statutarie, quando siano opportune, la nostra specialità si difende chiedendo l’applicazione di norme che, come l’art. 52, questa specialità esaltano. A volte, le amnesie possono giocare brutti scherzi.
 

L’UNIONE SARDA
6 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
L’Isola attira gli stranieri
In tre anni triplicati gli immigrati: sono 42 mila
In provincia sono 15mila. Gli esperti: «Non tolgono lavoro ai sardi»
 
È un fenomeno che non conosce crisi. Il 2013 non è ancora finito, ma le cifre parlano da sole: dai dati del Dossier sull’immigrazione, presentato ieri dal Centro Studi di relazioni industriali (Csri) dell’università di Cagliari, risulta, infatti, che la presenza straniera in città aumenta. E questo, non per effetto di nuovi arrivi, bensì come conseguenza di nascite e ricongiungimenti familiari, che consolidano una tendenza all’insediamento stabile.
I DATI In Sardegna vivono 42.000 immigrati (il triplo rispetto al 2010, +14,5% nel 2012), che costituiscono il 2,2% dell’intera popolazione regionale. A livello nazionale rappresentano lo 0,8%. Solo nella provincia di Cagliari vivono circa 15.000 immigrati. «Nonostante la crisi, la loro presenza nell’Isola continua a crescere», ha spiegato Gianni Loy, direttore del Centro Studi. «Una crescita dovuta soprattutto al fatto che gli immigrati che vivono stabilmente in Sardegna mettono al mondo più figli». La geografia delle popolazioni fotografa una situazione ormai nota: la metà degli immigrati che vivono a Cagliari è di origine europea, soprattutto rumeni e ucraini impegnati come badanti; un quarto è di origine africana, i più numerosi sono i marocchini, che lavorano in particolare nei campi, il resto sono asiatici, moltissimi cinesi e filippini, e americani.
LA PRESENZA STRANIERA Il Dossier evidenzia, inoltre, come la crescita della presenza straniera in città non abbia inciso negativamente sulle opportunità occupazionali per i cagliaritani. Va inoltre sottolineato che «a livello nazionale, il saldo tra tasse pagate dagli immigrati e risorse a loro destinate è positivo», ha aggiunto il direttore del Centro Studi. Tradotto, con gli immigrati la società non ci rimette. «Ecco perché», ha detto ancora, «è un errore ritenere che l’immigrazione abbia ricadute economiche negative, in realtà è un vantaggio». Innanzi tutto per le imprese, che possono contare su un costo del lavoro nettamente inferiore (320 euro al mese in meno), ma anche per le donne, che possono beneficiare della presenza straniera nel settore dei servizi sociali e alle famiglie, in particolare per l’assistenza dei familiari più anziani.
LA CRISI Al contrario, le difficoltà legate alla crisi continuano a determinare anche un calo del livello di tolleranza nei confronti degli immigrati. «La paura del diverso continua a resistere», ha affermato ancora Loy, «soprattutto nei confronti della comunità rom».
«Occorrono maggiori politiche di integrazione», ha sottolineato don Marco Lai, direttore della Caritas di Cagliari. Perché è attraverso quelle politiche che, per esempio, Jasmina Mahmutcehajic, scappata dalla guerra in Bosnia, è diventata una “ricchezza” per Cagliari: oggi, infatti, svolge un ruolo importante come mediatrice culturale.
Mauro Madeddu
 
L’UNIONE SARDA
7 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
Penisola
Sono stati superati i 5 milioni di presenze
 
Sono 5 milioni e 186 mila gli stranieri regolarmente presenti in Italia secondo le stime del Dossier statistico immigrazione 2013. Il dossier, presentato ieri a Roma alla presenza del ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge. Le stime del Dossier superano e di parecchio, i dati dell’Istat, che quantifica in 4.387.721, nel 2012, gli stranieri residente nel nostro Paese. Il motivo della differenza risiede perlopiù nel fatto che il dossier statistico, a differenza dell’Istat, tiene conto anche degli stranieri non iscritti all’anagrafe.
La crisi, si sottolinea nel dossier, ha rallentato ma non ha fermato l’aumento degli immigrati: dal 2007 a fine 2012 si è passati da quasi 4 milioni ai 5,2 milioni attuali, non solo per l’ingresso di nuovi lavoratori ma anche per via dei nati in Italia e dei ricongiungimenti familiari. L’aumento nel 2012, però, è stato particolarmente contenuto: +8,2% tra i residenti e +3,5% tra gli stranieri non comunitari. Rilevante il numero dei bambini stranieri nati in Italia nel 2012, quasi 80 mila, ai quali si affiancano i quasi 27 mila figli di coppie miste.

Questionnaire and social

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