Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
20 May 2013
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’Unione Sarda / Cultura (Pagina 30 - Edizione CA)
Il romanziere israeliano ieri a Scienze Umane invitato da Tuttestorie
Grossman e le parole che gli hanno ridato la vita
L'autore a Cagliari: il lutto, la creatività, la pace
Alla fine è andata come doveva andare e ieri a Cagliari, in un bel pomeriggio di primavera, uno dei più grandi e umani fra gli scrittori contemporanei ha parlato di amore e di lutto, di politica e di bambini che temono il buio, di come nascono le sue storie e del piacere profondo di raccontarle. C'è stata anche la contestazione, temuta da alcuni e attesa da altri, all'intellettuale nato e cresciuto in un Paese che per i palestinesi resta sinonimo di ingiustizie e di dolore. È stata una cosa modesta nelle proporzioni - una dozzina di manifestanti nell'aula magna di Scienze Umane, che ha 250 posti a sede e ieri era assiepata di spettatori accoccolati anche sulle gradinate - che hanno esposto tre bandiere palestinesi e poi hanno letto al microfono - su invito del romanziere - una serie di domande non banali sul diritto al ritorno dei profughi, sui possibili confini dei due Stati auspicati da Grossman e sulla comparabilità tra la Shoah e la Nakba, la Catastrofe, cioè l'esodo inflitto nel 1948 alle popolazioni arabe della Palestina, destinata dalla Gran Bretagna a ospitare il nascente Israele. Un momento di confronto, a suo modo, con qualche folata di petulanza da parte di due o tre fra i già pochissimi dimostranti scontenti dell'invito cagliaritano allo scrittore di Gerusalemme. Grossman - che in realtà ha risposto solo alla prima domanda, negando che la catastrofe palestinese per quanto dolorosa nasca da un piano industriale e ideologico di sterminio di massa come fu per l'Olocausto - ha concluso ricordando che da decenni lui si batte per la dignità dei palestinesi, e da sempre denuncia l'occupazione israeliana «dura e ingiusta» dei Territori. Conclusione: «Perché fate queste domande a me?».
Con queste parole - che riassumono la sfida di chi ama il proprio Paese e per questo può e deve criticarne il governo - e con l'applauso liberatorio che le ha salutate si è chiuso un incontro bello e intenso, coordinato dal caporedattore culturale dell' Espresso Wlodek Goldkorn e organizzato dal festival di letteratura per ragazzi Tuttestorie, di cui Grossman fu il primo grande ospite internazionale sette anni fa e da allora lo presiede ad honorem. L'occasione l'ha data la pubblicazione in Italia del suo nuovo romanzo, “Caduto fuori dal tempo”, un libro che nasce nel più doloroso dei modi. La storia di questo padre che una sera, dopo cena, si congeda dalla moglie e si avvia verso una strana terra di nessuno, un luogo sospeso dove parlare ancora al suo figlio morto, è l'elaborazione letteraria del lutto per Uri, il suo terzogenito caduto durante il servizio di leva nell'estate del 2006, durante la guerra del Libano, due giorni dopo che il padre aveva firmato un appello per il cessate il fuoco.
«Questo - ha spiegato ieri lo scrittore - è un libro sul bisogno di muoversi, di non restare apatici davanti alle catastrofi. Chi ha sperimentato una tragedia sa che uno dei suoi effetti è fossilizzarti, renderti vittima ancora più di quanto tu lo sia già. Quando perdemmo Uri sentii che non potevo più muovermi né respirare. Sentii come la catastrofe mi bloccava in una situazione privandomi di qualunque possibilità di scelta. In quei giorni a casa mia arrivarono tante lettere di scrittori, in molti casi colleghi che non conosco di persona, e tutti esprimevano un concetto: l'impossibilità di trovare parole in momenti come questo. Io sentii che dovevo trovarle. Dovevo trovare le mie parole per vivere tutto questo perché tutta la vita ha necessità di parole: se non sai dare dei nomi privati alla realtà, non puoi sentire di appartenerle. Quando Uri morì lavoravo da tre anni su “A un cerbiatto assomiglia il mio amore” e pensai che sarebbe stato impossibile terminarlo. Ma poi ho ripreso e scrivendo ho ritrovato le parole e anche lo humor. Quel libro mi ha salvato la vita».
“Vita” per Grossman significa molto, perché è una cosa ben diversa della sopravvivenza: la vita è una condizione molto più ricca e profonda rispetto al non morire per un attacco nemico. E quindi lo humor è importante per la vita, la gioia di trovare le parole giuste lo è altrettanto, ma quel che è fondamentale è che anche i tuoi vicini abbiano una vita, non una mera sopravvivenza. «Se chi vive accanto a te non si sente al sicuro, nemmeno tu puoi. Se il tuo vicino non ha una casa neanche tu ce l'hai, perché non potrai sentirti in pace e sereno».
Una casa può essere uno Stato che non abbia confini indefiniti e mutevoli come Israele, una nazione «che sembra un appartamento le cui pareti si spostano in continuazione».
Una casa può essere un posto dove far addormentare un figlioletto raccontandogli una storia della buonanotte: «È un momento di tenerezza, una bolla di dolcezza in cui i rapporti fra genitore e figlio - che spesso sono dei negoziati quotidiani - si sciolgono in un momento di grazia, lasciano spazio alla fantasia e all'umorismo. La notte può essere spaventosa per i bambini, la manica di una camicia può diventare la proboscide di un elefante, un sogno può mutare in un incubo in cui il padre incredibilmente non interviene per salvare il suo bambino: raccontare la favola della buona notte a un figlio è come baciarlo prima che affronti il viaggio nel buio».
Una casa può essere un racconto: «A volte leggo le mie pagine in pubblico, a Gerusalemme, e lo faccio di sera: spesso la gente è stanca, ha lavorato fino a poco prima, ed è una gioia vedere i loro volti che si illuminano, si accendono di interesse, riprendono una luce infantile».
Una casa può essere una lingua. Proprio come una casa, l'ebraico è stato restaurato e ampliato perché potesse ospitare vite e storie. Grossman, che scrive in ebraico, racconta che per millenni quella fu e rimase la lingua della spiritualità, e soprattutto delle liturgie religiose. Poi «un immigrato russo, Eliezer Ben Yehuda, ebbe l'idea folle di creare le parole che mancavano: pomodoro, giraffa, gelato... Lui e la moglie fecero un patto e quando ebbero un figlio riuscirono a crescerlo parlandogli solo in ebraico. Per qualche tempo fu l'unico bambino sulla faccia della Terra che parlava quella lingua, e immagino che sia stata un'infanzia piuttosto solitaria. Però oggi noi abbiamo una lingua nazionale in cui tutto può essere detto. E se domani Abramo venisse a cena a casa nostra, capirebbe il cinquanta per cento di quello che dice mia figlia. Che è più o meno quello che capisco io, in effetti».
 Celestino Tabasso
 
 
 
2 - L’Unione Sarda / Lavoro (Pagina 9 - Edizione CA)
L'AZIENDA. L'idea di una società che ha iniziato a operare a Cagliari e Roma
L'iPhone sceglie il menu
Un'app per mangiare sano nonostante i ritmi frenetici del quotidiano. L'idea è venuta a un'azienda cagliaritana fondata da un gruppo di nove imprenditori (di cui sette sono sardi). Si chiama AppEatIt e come dice la parola vuole augurare e consentire buon appetito. Tramite il proprio Iphone, ma presto anche con tutti gli altri telefonini, si potrà prenotare il tavolo, ordinare il pranzo, fissando con precisione posto e orario d'arrivo in un ristorante o bar. «L'importante è che si tratti di un locale che serve piatti caldi e non solo panini o tramezzini», spiega Damiano Congedo, l'amministratore delegato e uno dei soci fondatori dell'azienda. «Un modo che vuole ottimizzare le attese, sfruttando i tempi morti di ordinazione e di preparazione del tavolo per mangiare bene». L'idea è nata qualche anno fa per puro caso «quando con un altro dei soci ci siamo detti che per mangiare servirebbe un applicazione che lo prevede. E così ci siamo messi al lavoro». In pratica si potrà prenotare tutto seduti dalla propria scrivania. All'utente non resta che pranzare. «Questo per ovviare ai pasti veloci e poco nutrienti dovuti alle pause pranzo troppo corte», aggiunge Congedo. Il gruppo, di cui fanno parte pubblicitari, informatici ed economisti, ha già siglato un accordo con Windows 81.
 TEMPI L'applicazione sarà operativa entro fine giugno a Cagliari e a Roma: la società è infatti entrata a far parte di un incubatore d'imprese dell'università Luiss. Nella Capitale sono già 15 i locali (tra bar, ristoranti e bisteccherie) che hanno aderito (in zona Termini ed Eur) mentre 5 sono nell'Isola. Se poi l'idea dovesse funzionare, oltre al pranzo AppEatIt potrebbe offrire anche altri servizi, come la consegna a domicilio, «ma per ora facciamo un passo alla volta». Intanto la società piace e di recente è arrivata seconda alla competizione “Start-up Roma” dedicata alle idee imprenditoriali ad alto contenuto innovativo e tecnologico.
 Annalisa Bernardini

 


LA NUOVA SARDEGNA 
 
3 - La Nuova Sardegna / Prima pagina
Università di Sassari 
Tasse, aumenti sino al 40%: quasi una rivolta 
Le tasse universitarie aumentano sino al 40% e gli studenti aprono le ostilità: già raccolte 1.500 firme contro il provvedimento del cda accademico. A. MELONI A PAGINA 20

Pagina 20 - Sassari
Aumenti progressivi fino al 40% per i redditi fra 8mila e 150mila euro. Raccolte 1.500 firme per annullare il provvedimento 
IL CDA RINCARA LE TASSE, STUDENTI IN RIVOLTA 
Inopportuna la scelta di un rialzo che non corrisponde ad alcun miglioramento dei servizi. Già l’anno scorso c’era stato un incremento del 15%
di Antonio Meloni
SASSARI È scontro aperto tra gli studenti e il consiglio di amministrazione dell’ateneo sassarese dopo il recente aumento della tasse universitarie deliberato nei giorni scorsi con il parere contrario della rappresentanza studentesca. Un balzello non da poco che determina una modifica consistente della curva di tassazione per i redditi tra gli 8000 e i 150 mila euro, con un aumento compreso tra l’1,5 e il 39,78 per cento. Aumento che andrebbe a gravare sulla popolazione studentesca a partire dal prossimo anno accademico 2013-2014 e che prevede in particolare la crescita di alcune tasse speciali relative ai contributi che gli studenti pagano ai diversi dipartimenti per sostenere le spese di laboratorio e didattica. Il contestato provvedimento, discusso nella seduta del 30 aprile, è stato adottato malgrado il pollice verso dei rappresentanti degli studenti che si sono opposti con ogni mezzo per evitare il nuovo aumento. C’è da dire, infatti, non solo che l’incremento della tassazione avviene a dodici mesi da quello già consistente approvato l’anno scorso, ma anche che il Consiglio degli studenti, composto dai rappresentanti di tutti i dipartimenti, aveva già espresso all’unanimità un parere totalmente contrario sulla nuova tassazione. Quali possano essere le ricadute negative di questa delibera è facile immaginarlo, soprattutto per gli studenti fuori sede alle prese con esborsi continui legati alle spese di vitto e alloggio. Così, nei giorni scorsi, in risposta alla decisione assunta dal Cda, studenti e rappresentanti dell’Ateneo turritano, hanno raccolto circa 1500 firme tra i colleghi di tutti i corsi di laurea per sostenere la richiesta urgente di annullare la delibera che ha determinato il recente aumento. La richiesta vede come primi firmatari i massimi esponenti delle organizzazioni studentesche: Valeria Lodde (rappresentante degli studenti nel Cda), Alessio Dedola (candidato all’Ersu per la lista Universsuss), Andrea Solinas (rappresentante nel senato accademico), Giacomo Flore, Battista Mameli, Salvatore Bulla e Silvia Coinu (rappresentanti del consiglio degli studenti). L’istanza, con il carattere dell’urgenza, è stata depositata e protocollata nei giorni scorsi negli uffici di piazza Università auspicando un incontro a breve con i rappresentanti del Consiglio di amministrazione. Le prime dichiarazioni non si sono fatte attendere: «Riteniamo inopportuna la scelta di un aumento che non corrisponde ad alcun miglioramento dei servizi – taglia corto Valeria Lodde – questa decisione graverebbe ulteriormente sugli studenti che hanno già subito per l'anno in corso un aumento superiore al 15 per cento». «Siamo certi che nel momento in cui la nostra battaglia sia condivisa dall'Università potremmo giungere ad una condizione di eccellenza – ha aggiunto Alessio Dedola – in cui coesiste una bassa tassazione e una didattica di qualità in modo da distinguerci dal sistema universitario nazionale che punta sempre più a eleggere come unico criterio la quantità mettendo in secondo piano la difesa del diritto allo studio». La parola passa, quindi, all’ateneo dal quale gli studenti aspettano apertura e disponibilità al dialogo.
 
 
4 - La Nuova Sardegna / Pagina 25 - Cultura
Pagina 25 - Cultura-Spettacoli
Grossman: «È tempo di vivere insieme, non solo sopravvivere» 
PACE IN MEDIO ORIENTE 
A Cagliari l’incontro con lo scrittore israeliano: contestato da un gruppo di filopalestinesi ma ha dialogato con loro
di Walter Porcedda
“Nakba”. Cioè disastro, catastrofe. Così i Palestinesi chiamano con rabbia e amarezza i giorni dell’esodo, quando in 700 mila e oltre furono costretti nel maggio del 1948 ad abbandonare le case e i loro villaggi per fare posto ai nuovi insediamenti israeliani. I giorni della “Nakba” sono gli stessi in cui Israele celebra invece la nascita dello Stato. E niente può essere più lacerante come immagine di quella di due popoli che nello stesso tempo indossano i colori del lutto e quelli della festa. Ma la negazione della Nakba può essere assimilata a quella della Shoah ebraica? L’interrogativo – assieme al quesito sul ritorno dei profughi palestinesi nei loro territori, come bandito dalla risoluzione Onu 194 e sugli eventuali confini dei due stati, Israele e Palestina – viene rivolto da una giovane donna a nome di un piccolo drappello di contestatori che ha srotolato ed agitato come segno di protesta qualche bandiera palestinese – allo scrittore israeliano David Grossman, una volta entrato nell’aula magna della Facoltà degli Studi umanistici, ieri in tardo pomeriggio, stracolma di pubblico di lettori e studenti, per l’incontro allestito dal Festival di Tuttestorie. «Quando ci fu la risoluzione che portò alla divisione dei territori – risponde paziente lo scrittore – erano passati pochissimi anni dalla fine della Seconda Guerra e dal genocidio del popolo ebraico compiuto dai nazisti. Non è possibile così fare un confronto con la catastrofe palestinese. Non si può parlare assolutamente di un piano scientificamente architettato di genocidio di un popolo. Per la maggior parte della mia vita – ha continuato Grossman che ha avuto un figlio, Uri, morto in guerra nel 2006 all’età di 20 anni – ho lottato affinchè venisse restituita ai palestinesi la dignità, la sovranità e la libertà. Ho sempre pensato che non possa esistere libertà e dignità per me se non c’è anche per i palestinesi. Detto ciò non penso comunque che Nakba e Shoah siano paragonabili. In questo caso si tratta di un conflitto tra due popoli per la spartizione del territorio. Esiste certamente una occupazione che dura ed è ingiusta, ma non si può affermare che ci sia stato un piano di sterminio. Mi fa orrore solo il pensarlo. Credo sia necessario trovare un accordo, e diversi sono stati d’altra parte i tentativi messi in atto finora. Sarà necessariogiungere a un compromesso e questo sarà doloroso per entrambi, ma dobbiamo renderci conto che non ci potrà mai essere una giustizia perfetta ma solamente umana. Capisco le vostre preoccupazioni – conclude Grossman, rivolgendosi al gruppo di contestatori, in accordo probabilmente con chi aveva promosso in Rete, nei giorni scorsi, una petizione affinchè non venisse attribuita allo scrittore la cittadinanza onoraria di Cagliari allo scrittore, come auspicato da un gruppo di consiglieri comunali – e vi ringrazio per quanto avete espresso, però sinceramente trovo difficile capire che rivolgiate a me queste istanze». David Grossman è arrivato in città proveniente direttamente dal Salone del Libro di Torino proprio per presentare il suo ultimo libro, “Caduto fuori dal Tempo”, tradotto e pubblicato da Mondadori. Un romanzo simile a un canto classico ha ricordato ieri sera Wlodek Goldkorn, caporedattore cultura de “L'Espresso” che ha intervistato in diretta lo scrittore. Un libro che è anche un modo di elaborare il lutto per la morte del figlio. Un figlio caduto in una guerra in cui lui stesso non credeva fosse per una giusta causa. Grossman decide di andare via da casa, di compiere un viaggio fuori dal tempo e dai luoghi, in un mondo sotterraneo. Come Dante Alighieri nella “Commedia” il protagonista alter ego dello scrittore incontra altri personaggi e altre storie, fino a ritrovare la parola perduta. «Un libro – ha spiegato – nato sul bisogno di muoversi e di non accettare passivamente la catastrofe. Quella che ci paralizza rendendoci ancora più vittime. Quando ho perso Uri la mia reazione fu quella dell’impossibilità a muovermi. Sentivo che il dolore mi fissava in un luogo privandomi della possibilità di stare nel mondo. Ecco perchè ho avuto il bisogno di andare via e ritornare ad essere creativo. C’è in comune una frase che legava tutti i messaggi che ho ricevuto alla scomparsa di mio figlio. Tutti dicevano di essere muti. Privati cioè delle parole. Ecco perchè il protagonista del racconto esce un giorno da casa. Solo così tutto può cambiare. Solo così arrivano nuovi stimoli che ci esortano a dare risposte alla nostra esistenza e quindi a restare vivi. Dopo lunghi giorni e settimane di lutto ho ripreso così a scrivere, recuperando la capacità di parlare d’amore e ritrovare persino il senso dell’umorismo». Entrare e uscire da una casa. Ma qual’è la casa? Gerusalemme, la lingua ebraica? «Israele è la mia casa. Mi sento meno a casa a Gerusalemme forse perchè è una città fondamentalista. Gli ebrei sono tornati in Israele dopo tantissimi anni di esilio. E per me questa storia del ritorno è una bella idea. E’ una speranza, una grande storia umana. Per secoli gli ebrei non si sono mai sentiti a casa nel mondo, nè come individui nè come popolo. Non avevano un posto che si potesse chiamare casa. Israele ora rappresenta tutto questo. La casa e il rifugio. Ma sappiamo anche che purtroppo non è così. Non ci può essere nè casa e nè rifugio finchè non ci sarà la pace con i suoi vicini, i nostri vicini. Il senso di casa è di essere al sicuro in un luogo confortevole. E queste sono anche le sensazioni che provano i nostri vicini. Negli ultimi 65 anni i confini sono cambiati in ogni decennio per via delle guerre imposte dall’esterno o di quelle che abbiamo avviato noi stessi. C’è stata l’occupazione della Cisgiordania, quella di Gaza, adesso terminata. Questo vuol dire che non abbiamo confini stabili. E’ come vivere in una casa dove le pareti sono mobili. Questa insicurezza a volte spinge a reagire con atti di forza alle minacce. Per questo motivo negli ultimi trenta anni della mia vita ho lottato per la pace. Affinchè ci sia una soluzione tale da permetttere agli israeliani e ai palestinesi di convivere in Pace. Solo quando riusciremo a superare il conflitto potremo non più sopravvivere ma finalmente vivere».
 



SARDEGNA QUOTIDIANO

5 - Sardegna Quotidiano / Pagina 12 - Cagliari
Università IL BLITZ
Contestazione contro Grossman
lo scrittore israeliano tra fischi e domande
SA DUCHESSA Durante il discorso dell’autore spuntano le bandiere palestinesi
Polemiche dopo l’annuncio del conferimento della cittadinanza onoraria decisa dal Comune. La tensione sale quando si parla dei territori contesi in medio Oriente
Altro che “tana”: arena polemica, questo è forse il termine più adatto per descrivere le due ore di dibattito, ieri sera, nell’aula magna della facoltà di Filosofia. L’edizione numero otto del festival letterario Tuttestorie, titolo “Tana! Racconti, visioni e libri per case e cose da abitare” è dedicata ai ragazzi. Ma la presenza di David Grossman, saggista israeliano e presidente onorario dell’evento – in città per presentare il suo libro “Caduto fuori dal tempo”, fa vibrare le poltroncine, tutte occupate, dell’aula filosofica e contemporaneamente una fetta della maggioranza comunale. Motivo: la cittadinanza onoraria, per meriti culturali e legati al pacifismo, proposta dal capogruppo Pd, Davide Carta. Che è presente nella sala brulicante di animi incandescenti fin da quando una quindicina di persone srotola bandiere palestinesi e inveisce contro Grossman, ancora prima del suo intervento. La calma ritorna nel giro di pochi minuti, lo scrittore nato a Gerusalemme presenta il suo libro, poi arriva il momento delle domande. E la poemica è servita.
Una ragazza, kefia al collo, chiede a Grossman «se la situazione attuale del popolo palestinese può essere paragonata alla Shoah ebraica, come mai dovrebbe avere la cittadinanza onoraria e, visto che il tema è il diritto alla casa, quale è quella dei profughi palestinesi». David Grossman ringrazia per la domanda, e, nel suo inglese masticato decentemente, replica: «Nel 1947 il territorio venne diviso in due, tra ebrei e arabi, ma questi ultimi non accettarono. È impossibile mettere sullo stesso piano lo sterminio di sei milioni di ebrei, azione svolta sulla base di un piano di genocidio predefinito, con quanto vivono i palestinesi», dice Grossman, e giù le prime bordate di fischi da almeno metà dei presenti (circa 400, contando anche chi è in piedi o sulla soglia delle porte dell’aula). Grossman continua: «Quanto è successo ai palestinesi è una catastrofe, da trent’anni mi batto perché loro  possano avere una dignità e una libertà.
Oggi c’è un conflitto per la spartizione del territorio, gli ebrei hanno sia risposto agli attacchi ma ne hanno anche compiuti», riconosce lo scrittore, auspicando «un accordo: è necessario, sarà doloroso, ma non esiste la giustizia perfetta,
solo quella umana. È difficile capire perché rivolgiate a me queste domande », conclude. È l’unica domanda, la serata si chiude con un profugo palestinese che chiede lumi a Grossman e più di un capannello dove pro-palestinesi e pro-israeliani discutono neanche tanto cordialmente. Sulaiman Hijazi, portavoce della comunità musulmana, presente in sala, dice che «se il Comune darà la cittadinanza onoraria anche come pacifista a Grossman, continueremo a manifestare. Io sono palestinese, dalle parole dette oggi si capisce che lui non è pacifista». E Davide Carta, capogruppo Pd, resta sulle sue posizioni: «Non ritiro la proposta, faremo un ragionamento approfondito alla luce di quanto successo. Grossman ha dato
lustro a Cagliari, che ha vinto anni fa un premio grazie al suo valore letterario. Pur con idee diverse da altri, lui crede nei valori della pace e dei dialogo, e nel futuro, insieme, dei due popoli».
Paolo Rapeanu


QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa CRUI
Link: rassegna stampa MIUR

 

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