Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
06 May 2013
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
 

 
L’UNIONE SARDA
 
1 - L’Unione Sarda / Provincia di Cagliari (Pagina 22 - Edizione CA)
Monserrato. Nel libro di Vacca racconti inediti dello spezzonamento del 1943
IL RICORDO DEI SOPRAVVISSUTI
Ritrovate le lettere di un prigioniero nei campi nazisti
Il ricordo straziante dei sopravvissuti, settant'anni dopo. Gianfranco Vacca, funzionario regionale, geometra, quattro figli, ha avvertito il bisogno di ascoltarne le voci. Voci di storie lontane e tragiche, rievocazioni struggenti di bombardamenti e prigionie: semplicemente, la guerra. Vacca, 54 anni, di Monserrato, appassionato di storia, ha lavorato due anni per riannodare, come perle di un'unica collana, i sessantuno capitoli inseriti nel libro “Monserrato- Uomini e donne raccontano la Seconda guerra mondiale” presentato nei giorni scorsi. «Volevo intervistare mia madre Giovannina Tidu, anche lei sopravvissuta allo spezzonamento avvenuto a Monserrato il 31 marzo 1943, poi, con il passa parola, tanti altri monserratini hanno voluto rievocare i giorni più cupi della loro esistenza».
 IL TESTO Trentaquattro delle sessantuno storie riguardano le testimonianze degli ex combattenti monserratini nei vari fronti di guerra (1940/1945), ventisette raccontano lo spezzonamento americano del 31 marzo 1943 e lo sfollamento. Il libro (429 pagine, Grafica del Parteolla Editore) contiene anche due preziosi documenti: un diario e un memoriale. «Alcune storie alla memoria», spiega Vacca, «sono state ricostruite sui documenti dell'epoca e sui ricordi dei familiari. Tutte le storie narrate sono inedite».
 IL SILENZIO C'è chi, di fronte al dolore ancora troppo forte, ha preferito il silenzio: «A diciannove anni m'hanno mandato a combattere in Francia, poi in Albania a sostituire la Divisione Julia e infine in Grecia. Dopo l'armistizio ci fu uno sbandamento generale e ognuno pensò a salvare la propria pelle. Non esistevano più né ordini né esercito né re ed io ho combattuto da partigiano nella resistenza greca... Io voglio solo cancellare questi ricordi, la guerra, la fame, la mia gioventù persa per sempre. Ma cosa devo ricordare, ma cosa vuole che le racconti e poi non basterebbe un anno intero. Per me è inutile ricordare. Non serve a niente».
 LE VOCI Molti altri hanno avuto la forza di riafferrare i ricordi e raccontarli al funzionario-ricercatore. «A loro va il mio ringraziamento». In ordine d'età: Giuseppe Atzeni (1914), Ottavio Muggiri (1914), Raffaele Locci (1916), Giovanni Marras (1916), Ernestino Massidda (1916), Efisio Zuddas (1917), Efisio Cocco (1918), Flavio Argiolas (1919), Enrico Tranquilli (1920), Felicetto Masala (1921), Efisio Sanna (1921), Gino Picciau (1921), Francesco Fois (1921), Emanuele Foddis (1921), Peppuccio Porcu (1922), Mario Cabras (1922), Luigi Atzeni (1923), Flavio Loddo (1923), Claudio Perra (1923), Ambrogio Spiga (1923), Antonio Picciau (1923), Pinuccio Tinti (1924) Massimino Picciau (1924), Vincenzo Cicotto (1924), R. P. (1924) e Pinuccio Palmas (1924).
«Sono queste persone», confessa Vacca, «i veri autori delle pagine del libro. Ogni storia è diversa dalle altre e ogni dolore ha la sua sofferenza personale».
 I DOCUMENTI Due le scoperte inserite nel libro. La prima è il memoriale di Andrea Loddo, in servizio nell'Arma dei carabinieri in Abissinia. «Catturato dagli inglesi nel 1941 venne rinchiuso per cinque anni in un campo di prigionia in Kenya dove fu testimone di una memorabile impresa fatta da alcuni prigionieri italiani che ebbe un'eco internazionale». Il secondo è il diario di Antonino Picciau, militare di leva nell'Esercito. «Dopo l'armistizio fu catturato dai tedeschi in Grecia sulla tradotta che lo portava a casa per la licenza e venne condotto in Germania nei campi di concentramento. L'ultima data riportata nel suo diario è quella del 28 dicembre 1943. Purtroppo gli stenti patiti in quegli anni minarono il suo fisico al punto da essere rimpatriato dalla Croce Rossa Italiana nella primavera del 1945 con una diagnosi di TBC. Morì a Roma nell'ottobre 1945».
 ATZENI Francesco Atzeni (pro rettore per la didattica e direttore del Dipartimento di storia, beni culturali e territorio dell'Università di Cagliari) avverte il lettore nell'introduzione che «questi racconti o ricordi sono profondamente condizionati dal tempo trascorso da quando si sono verificati, che essi tendano anche, a volte, a confondere e sovrapporre le memorie del narrante con quelle di altri protagonisti, a sovrapporre tempi e reminiscenze, ma è importante la testimonianza che essi ci danno per la conoscenza di un periodo e di episodi di cui la memoria tende spesso a smarrire il ricordo».
 Pietro Picciau
 
 
2 - Provincia di Sassari (Pagina 28 - Edizione CA)
Alghero. Il Comune fornirà i locali, l'Ateneo invece si occuperà delle spese
SI FIRMA: SALVA ARCHITETTURA
Il 13 maggio l'accordo con l'Università a Sassari
Sassari dovrà fare a meno della prestigiosa facoltà di Architettura che, se tutto andrà secondo i piani, resterà ancorata ad Alghero, ospite dell'ex ospedale sui bastioni, nel complesso Santa Chiara appena ristrutturato. Sono stati fatti importanti passi in avanti per la definizione degli spazi. La bozza di convenzione tra Comune e Ateneo è già nero su bianco, manca l'approvazione che potrà avvenire il 13 maggio all'Asilo Sella, nella riunione congiunta tra Senato accademico e Consiglio di amministrazione.
 ULTIMO PASSO Un adempimento da licenziare in tempi brevi, anche perché il 20 maggio la Facoltà dovrà presentare al Ministero la scheda per l'accreditamento dei corsi di laurea di nuova attivazione, indicando la sede effettivamente disponibile di svolgimento delle attività. «La sua stesura è in fase avanzata - fa sapere il direttore del Dipartimento Arnaldo Cecchini - e gran parte delle questioni (almeno quelle relative alle aule per la didattica e agli uffici) sono risolte o in via di soluzione». Ma ci sono ancora delle questioni aperte da affrontare per scongiurare che alcune classi, a partire dal prossimo anno accademico, vengano trasferite a Sassari. «Si parte dalla convinzione della necessità che il Dipartimento possa disporre di una biblioteca e di un'aula magna - spiega Cecchini - di sale multimediali e di laboratori. Per la biblioteca è stata costituita una commissione per valutare come realizzare la bella e difficile idea di una biblioteca congiunta; per aula magna (che dobbiamo cominciare a chiamare Aula Magna di Alghero), laboratori e sale multimediali è stato costituito un gruppo di lavoro per cercare soluzioni che tengano conto (come è giusto) anche di altre importanti esigenze dell'Amministrazione, a partire dalla collocazione dell'archivio storico. I due gruppi si riuniranno martedì».
 FABBISOGNO Servono almeno seimila metri quadrati per gli oltre 500 iscritti. Quindi l'intero complesso di Santa Chiara, più l'ex asilo Sella e il Pou Salit. Le esigenze sono state a più riprese esposte anche all'amministrazione comunale che ha buttato giù una proposta per il Senato accademico. Salvo colpi di scena dell'ultimo minuto, dunque, Comune e Ateneo potranno stringere un patto di ferro con il quale salvare la facoltà di Alghero. Se lo augurano tutti, docenti, studenti e residenti che in questi anni hanno beneficiato della presenza di una facoltà che, secondo alcune stime, vale per il territorio tre milioni di euro all'anno.
 Caterina Fiori
 
 
3 - L’Unione Sarda / Cultura (Pagina 30 - Edizione CA)
La terza giornata del Festival di filosofia al teatro Massimo di Cagliari
DE MONTICELLI E LECIS, DIALOGO SULL'IDENTITÀ
Sfogliando una cipolla si scopre la serietà della vita
Identità, cos'è? Alla rinfusa: una legge del pensiero, un luogo comune, un'aspirazione. Cucita addosso a un sardista, ha un significato. Sulle mani di Jack lo Squartatore un altro. Il concetto evoca il singolo ma rifiuta un senso unico, anche se lo isoliamo nella sfera individuale, che bisognerebbe immaginare come una teoria di pezzi nello spazio e nel tempo. Una specie di salame a fette. Tanti segmenti, tante parti di sé, persino indipendenti. Altrimenti non si spiegherebbe come mai - per esempio - uno di questi pezzi accusava il presidente del Consiglio di essere una piaga per l'Italia e ora un altro pezzo (ma è sempre lo stesso individuo) ne abbraccia il delfino.
Questione delicata, insomma: ne hanno parlato ieri mattina al Massimo di Cagliari, per la terza giornata del Festival di filosofia, Roberta De Monticelli e Pierluigi Lecis. Filo conduttore, il “Peer Gynt” di Ibsen. E soprattutto il momento in cui il contafrottole, cialtrone, vagabondo, trova una cipolla. Mettetevi nei suoi panni e sfogliatela. Ad ogni velo corrisponde un'esperienza, una fase della vostra vita: non resistete alla tentazione di giudicarla e continuate a sbucciare. Alla fine potreste chiedervi, come Peer: “Che quantità prodigiosa di pellicole. Non apparirà finalmente il nocciolo?”. No, “fino al centro non sono che strati e strati”. Magari non concluderete che “la natura è faceta”, come il personaggio di Ibsen, ma la scoperta potrebbe impensierirvi. Anche perché quel lento sbucciare è la ricerca di sé. Siete andati a caccia dell'Io, cioè di voi stessi. E cosa avete trovato? Peer Gynt sembra avere trovato il nulla. O forse una somma dei suoi sé. L'Io invisibile. O forse altro. Un enigma, giustamente celebre.
Al di là delle parole, e grazie anche al teatro, c'è molto senso comune, in tutto questo, e la De Monticelli, sull'onda del suo libro “La novità di ognuno”, ha pensato bene di sottolinearlo. Peer Gynt è niente di meno che «un animale ragionevole nel tempo e nello spazio. Muta, cambia, ma c'è un nucleo?». Cosa vuole? A cosa aspira? Cosa è il suo Io, cioè il nostro Io? Se ci fossero risposte definitive, la filosofia cesserebbe di esistere, ma è ugualmente e profondamente umano tentare di rispondere. «Il senso ce lo dobbiamo costruire noi», avverte Lecis: «La scienza non va sovraccaricata» e dopotutto «la filosofia è l'arte del possibile». In questo scenario Peer è un piccolo eroe: rifiuta di farsi graffiare l'occhio sinistro perché guarisca dalla “cocciuta natura umana”, come vorrebbe il trold di Dovre, «vuole viaggiare per non trovare un senso preconfezionato». Difende insomma «la sua singolarità, l'essere persona col suo universo». Per capire ancora meglio: gli uomini si dicono “sii te stesso”, fra i trold il motto è “Ti basti essere come sei”. Cosa preferiamo? E cosa realmente facciamo? E come si diventa ciò che si è?
Alla fine della sua parabola Peer ha accanto (solo) Solvejg, la donna fedele per l'eternità. Non trova «la soluzione del puzzle», ma comunque un senso alla sua vita, qualcosa che «è già dentro dentro di sé». A lui morente che chiede “dov'era il mio io vero, intero?” Solvejg risponde “nella mia fede, nella mia speranza e nel mio amore”. “Parole illusorie” è la controrisposta, che non sciolgono l'enigma, ma danno altre illusioni (o verità?): “Sei mia madre, mia sposa, donna senza colpa”. Mentre per Peer la colpa potrebbe essere «avere ammesso il nulla», il nichilismo.
Al termine della sua parabola Gynt è nelle mani del fonditore di bottoni, un passaggio che piace alla De Monticelli. Il destino è finire nella cucchiaia dei rifiuti, «ma non è questione di salvarsi la pelle», precisa la filosofa. Il punto è: cosa conservare di essenziale se non accettiamo la nostra dissoluzione? «C'è un nucleo che si salva da qualche parte. Occorre far tornare i conti. Che cosa sono stato che mi consenta di distinguermi da un assassino?». Qualcosa o qualcuno deve ricordare «la mia inconfondibilità». La memoria. «Tutta la vita è prendere posizione» e l'identità sta «nello stile del mutamento». In parole povere, vige «la serietà della nostra vita», nel bene e nel male. La personale scala di valori. E, oltre il gioco delle circostanze, ciò che facciamo di noi stessi si chiama libertà.
 Roberto Cossu
 
 


LA NUOVA SARDEGNA 
   
4 - La Nuova Sardegna / gina 21 - Cultura-Spettacoli
Attorno a Peer Gynt, o il dramma dell’identità 
Festival di Filosofia, al Massimo di Cagliari gli interventi di Roberta De Monticelli e Pierluigi Lecis 
di Roberta Sanna
CAGLIARI  Dal monologo della cipolla all’uomo della cucchiaia, pesca ancora tra le immagini del Peer Gynt il 2° festival di filosofia (la chiusura stasera con Michela Murgia, alle 17), interrogandosi sull’identità personale, tappa fondamentale del tema di quest’anno, “L’avventura dell’esser sé”. Mentre Peer, tornato al paese, raccoglie cipolle selvatiche, analizza strato dopo strato le varie fasi della sua vita. A domandarsi insieme al protagonista ibseniano se ci sia un nucleo, se qualcosa persista dell’identità personale o se non siamo altro che fasci di sensazioni, sono stati ieri i stessi curatori del festival Roberta De Monticelli e Pierluigi Lecis. Riprendendo un’immagine proposta nel dialogo di sabato da Achille Varzi, quella degli individui visti come fette spaziotemporali (come salami, dice) che apre all’interrogativo se e come ciascuna fetta sia legata alle altre, ecco uno degli esempi illuminanti propri della De Monticelli. Mettiamo che di un certo politico si dica che sia una piaga, individuo privo di scrupoli, intento più ai propri interessi che a quelli comuni, e poi un’altra “fetta” dell’autore di tali opinioni abbracci il delfino del suddetto politico. Il senso comune continuerebbe, fetta o non fetta, a voler sapere chi è veramente colui che così ha agito. Insomma quello dell’identità personale non è un interrogativo da poco, ma nemmeno per pochi. Si provi ad inquadrare il tema al suo nascere. Riandando a Cartesio e passando per Locke, il corpo – biologicamente mutevole in ogni cellula – non basta a garantire identità, e nemmeno all’anima i filosofi son riusciti ad assegnare tale funzione. Con l’equazione “coscienza e memoria uguale persona” non si ha più fortuna. La parola passa a Pierluigi Lecis che riparte dal personaggio Peer, nella sua resistenza ragionata all’adeguarsi al modello esteriore, nella sua difesa dell’identità di tipo (uomo e non troll o animale) e di ricerca di una misura della singolarità del suo essere personale. Si illumina De Monticelli alla parola chiave. Unicità. Eccoci quindi all’uomo della cucchiaia, V Atto del Peer Gynt. Ovvero la Morte, che al posto della falce brandisce l’attrezzo per rifondere monetine e bottoni, e come questi Peer, “bottone senza picciolo”, non abbastanza buono né cattivo, quindi da restituire all’indistinto. È questo e non la morte l’orrore della cucchiaia. Cosa vuol dunque salvare Peer, e con lui noi quando sentiamo questo problema? Quale nucleo, natura sostanziale? Vuole salvare che la persona Peer sia stata. Quella posta dall’opera di Ibsen non è questione di salvezza metafisica e morale, semmai quella di una individualità sub specie aeternitatis. No quindi alla cucchiaia della storia senza più fatti ma solo opinioni. Rinunciare al nucleo, alla ghianda hillmaniana, all’idea di sostanza. Prosegue nella sua teoria, cogliendo anche da Leibniz, De Monticelli. Invitando a vedere una successione di atti, posture. E in ogni atto ci si manifesta e si cambia. È in come si cambia, nel tipo di rapporto con ciò che ci circonda di bene o di male, nell’orientamento qualitativo la nostra identità. È nello stile del cambiamento la salvezza. Nella serietà con cui prendiamo il sentire verso il mondo, i valori, le istituzioni, anche vivessimo in mezzo alle apparenze. Non è serio un mondo in cui si chiama responsabilità quello che è omertà, legalità ciò che è impunità, in cui si parla di guerra civile per dire che le due parti erano uguali. Siamo salvi noi se è salvo il mondo.
 
 
5 - La Nuova Sardegna / Pagina 19 - Cagliari
Santa Croce, esposti pronti a partire 
Il titolare del Libarium nella giuria che ha scelto il progetto migliore per sopraelevare la terrazza a scopo commerciale 
di Mauro Lissia
CAGLIARI Ora si scopre che all’origine del progetto di sopraelevazione della terrazza storica di Santa Croce in Castello, progettata per garantire ai clienti del Libarium la possibilità di ammirare il panorama sulla città, c’è l’ennesimo concorso di idee. A bandirlo, rivolgendosi agli studenti della facoltà di architettura, sono stati Creative Cagliari e lo stesso Caffè Libarium Nostrum, il titolo del concorso è «Il Libarium che vorremmo». Il contenuto della proposta è imbarazzante: chiarito che Creative Cagliari ha condotto un lavoro preliminare «seguendo gli stimoli sensoriali» e che «ne hanno restituito la propria esperienza emozionale in forma di narrazione spaziale», la proposta presentata come «evento condiviso» inquadra il Libarium nel contesto storico del quartiere al punto che la terrazza secolare passa come una dépendance dell’attività commerciale. E specifica che «sono oggetto del concorso tutti i possibili allestimenti che possono rendere la terrazza del Caffè (scritto in maiuscolo, ndr) il vero cuore del Bastione Santa Croce, il salotto urbano che il Caffè offre al quartiere e alla città per godere al meglio la magia di questo specialissimo luogo». Spiegato che «i gazebi sono elementi amovibili ma connotati ormai da un carattere di stabilità» la giuria - di cui fa parte il titolare del locale, Danilo Argiolas - ha valutato i progetti e alla fine ha scelto quello che prevede una piattaforma in ferro destinata a neutralizzare scavalcandolo l’ostacolo visivo dell’antica balaustra per consentire ai clienti del caffè una vista panoramica invidiabile. A garantire la sicurezza, una lastra di cristallo usata come parapetto. Il progetto è stato votato da una giurizia composta anche dal preside della facoltà di architettura Antonello Sanna, da Cesarina Siddi di Creative City, dal presidente dell’Inu Sardegna Enrico Corti e da tre docenti delle facoltà di architettura di Palermo, del Politecnico di Milano e della Willem de Kooning Academy di Rotterdam. Le autorizzazioni ci sono: quella del Comune è datata 18 marzo 2013, quella della sovrintendenza architettonica è del 22 febbraio scorso. Non risulta però alcuna valutazione di incidenza, malgrado si tratti del cuore del centro storico cittadino, ampiamente tutelato. Ed è da valutare come sia possibile dare il via libera a una struttura che oscurerà la visibilità della torre dell’Elefante sull’intera via Santa Croce, a partire dal Ghetto. I punti interrogativi riguardano poi l’utilità dell’intervento per la città e la scelta di privatizzare la terrazza, che diventerà a tutti gli effetti un sito commerciale. Si annunciano intanto iniziative legali da parte di Italia Nostra, mentre la notizia dell’intervento è già all’attenzione della Procura.

  


SARDEGNA QUOTIDIANO
 

6 - Sardegna Quotidiano / Pagina 12 - Cagliari
VIALE FRA IGNAZIO C’È UNIVERSITYBOX
Nuova tappa domani e mercoledì
Domani e mercoledì al polo di Economia e Giurisprudenza, in viale Fra Ignazio, nuova tappa dell’ “Universitybox tour”, il roadshow che ha contattato finora 500.000 studenti in tutta Italia. Gli interessati potranno registrarsi all’even to scaricando il coupon dalla pagina Facebook di Universitybox http://www.facebook.com/universitybox.
 
 

QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa CRUI
Link: rassegna stampa MIUR

 

Questionnaire and social

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