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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
17 September 2012
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  
    

 
L’UNIONE SARDA

1 - L’Unione Sarda / Cultura (Pagina 25 - Edizione CA)
Incontro con il premio Pritzker, protagonista a Cagliari
Souto de Moura, l’elogio della normalità «L’architettura è vita, come mangiare»
Lo chiami Maestro e ti corregge: Eduardo. Gli chiedi se il suo modo di fare architettura sia cambiato negli anni, e ride: «Ho venti chili in più». Accende una Davidoff senza filtro, e riprende: «I critici dicono che sono cambiato. Ma è giusto, non si può morire vergini». Sessant’anni, portoghese di Oporto come Tàvora e Siza, Eduardo Souto de Moura incarna il coraggio della normalità contro «l’ovvio, il frivolo e il pittoresco». La motivazione ufficiale della giuria del premio Pritzker, il Nobel dell’Architettura conferitogli un anno fa, gli piace. «Senza la regola non si produce niente, senza la regola non c’è l’eccezione che è vitale per il progresso».
Seduto su una panchina della facoltà di Ingegneria di Cagliari, è l’ospite attesissimo della giornata finale della scuola di Architettura. Tra pochi minuti racconterà in aula magna i suoi ultimi progetti, con la semplicità che lo distingue. Non ama il “branco” e il “preto”, la scelta netta tra bianco e nero. Per questo sorride se gli si parla di una scuola di Oporto. «Sono gli altri a dire che esiste. Io credo alle scelte operate di volta in volta, alle esigenze di un progetto, credo agli incroci». Allo stesso modo, non dice se preferisce restaurare o costruire dal nuovo. «I mezzi sono differenti ma l’atteggiamento per me è uguale». Esistono due tipi di architetture, aggiunge: «La vernacolare, dove il popolo utilizza il luogo che ha a disposizione e lo migliora, e quella erudita. Fatta da architetti e ingegneri che si rifanno alla storia. Ebbene, quasi sempre questa architettura si appoggia alla prima. Pensiamo ai grandi artisti che hanno copiato dalla cultura africana».
L’architettura deve risolvere problemi o suscitare emozioni?
«Deve fare le due cose, ma non insieme. Essere funzionale significa dare la possibilità di avere altre funzioni. Solo se fai questo e dopo gli altri riconoscono che c’è qualcosa di più della semplice funzione, il tuo lavoro diventa patrimonio di tutti».
Allora la buona architettura la fanno le persone…
«La gente è importante. Fernando Tavora mi ha spiegato molto bene quanto un progetto debba appoggiarsi alla storia. Diceva che l’architettura è la vita e la buona architettura è quella dove la gente si sente bene. L’architettura è come mangiare, non è un’invenzione intellettuale né uno stato emotivo, è la vita stessa. Lui e Alvaro Siza sono stati i miei maestri più vicini…».
Mies van der Rohe?
«Un riferimento costante, e lontano. Quanto più sono lontani, i maestri, tanto più li rispetti. Il suo insegnamento è stato fondamentale. Quando ho cominciato, il Portogallo usciva da cinquant’anni di dittatura fascista. Era dominato dal postmodernismo. Per me era necessario collaborare alla ricostruzione rifacendomi a modelli diversi. Serviva concretezza, non autocelebrazioni. L’interesse per Van der Rohe è nato così, ho pensato che fosse più giusto ispirarmi a un’architettura meno evocativa ma più pragmatica».
Può esistere un paesaggio senza il segno dell’uomo?
«Per l’architettura no, abbiamo bisogno sempre della differenza tra ciò che troviamo e ciò che vogliamo fare, può essere anche un tronco d’albero. Un architetto ha sempre bisogno di un punto d’appoggio, come Archimede».
L’hanno definita l’architetto della pietra. Le sta stretto?
«Ma no, è l’idea romantica dell’architettura tradizionale. La verità è che quando ho cominciato a lavorare, e ho progettato il Mercato di Braga, un muro di pietra costava meno di un muro di cemento…».
 
Temi stimolanti e ospiti di spicco per l’iniziativa dell’Università
Occhi puntati sul Sulcis nella Scuola internazionale

Due folte sopracciglia nere su sfondo bianco. È Eduardo Souto de Moura distillato dal segno di Stefano Asili per il cartoncino d’invito all’incontro col grande architetto portoghese. L’ultimo, festoso e ricco di stimoli, della prima Scuola internazionale estiva di Architettura che si è svolta a Cagliari dal 2 al 15. Con un tema, “Sardegna, il territorio dei luoghi”, centrato sul progetto dei paesaggi minerari e insediativi costieri del Sulcis Iglesiente.
E proprio alle istituzioni sulcitane che hanno sostenuto questa iniziativa si rivolge per un ringraziamento speciale Antonello Sanna, direttore del Dipartimento di Architettura e coordinatore dell’iniziativa con Emanuela Abis, Giorgio Peghin e Paolo Ritossa. A lui il compito di accogliere Eduardo Souto de Moura, «un architetto che ha unito il grande impegno disciplinare a un forte senso civile e sociale, a una appartenenza alla cultura della sua terra che ce lo rende particolarmente vicino».
Un centinaio gli studenti e i docenti sardi e di altre sedi europee e internazionali che hanno dato vita alla Scuola. Tra gli ospiti più apprezzati, Jannis Kounellis, Mimmo Jodice, Vittorio Magnago Lampugnani, Joao Nunes. «Maestri, a dimostrazione che ancora oggi esistono», dice Nicola Di Battista, direttore della Scuola che un anno fa ha portato nella sede di via Corte d’Appello grandi nomi come Giorgio Grassi e Hans Kollhoff. Il primo per parlare di teoria dell’architettura, il secondo di costruzione. «Souto de Moura ha messo insieme questi temi».
Prima di dar la parola al premio Pritzker per la presentazione dei suoi ultimi progetti, Di Battista racconta un aneddoto su Kounellis: «Qualcuno giorni fa gli ha chiesto quale sia la differenza tra una scultura e un’architettura. Ha risposto: in una scultura non troverete mai un bagno». «E noi dobbiamo fare bagni», commenta tra il divertito e il rassegnato Souto de Moura, sicuro del suo. Quanto alla scultura, si può dire altrettanto? (mpm)
  
 

 
LA NUOVA SARDEGNA 
 
1 - La Nuova Sardegna / Pagina 7 - Sardegna
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di Silvia Sanna
Sassari

 
2 - La Nuova Sardegna / Pagina 7 - Sardegna
CAGLIARI Rilancio del geoparco, folla all’orto botanico
Cagliari

 
3 - La Nuova Sardegna / Pagina 9 - Ed. nazionale
Con la cultura non si mangia, non nell’isola
Rapporto di Unioncamere: il settore dà lavoro a 26mila persone ma è sottodimensionato, slegato dal territorio
di Alfredo Franchini
Cagliari
 
  
    

QUOTIDIANI NAZIONALI
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Link: rassegna stampa MIUR

 

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