Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
08 September 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
La mancanza di crescita e di produttività
Troppi sprechi, e adesso mancano le risorse
Beniamino Moro
 
Al primo posto dell'agenda autunnale del governo c'è il problema della crescita e della competitività, di cui si è iniziato a discutere nell'incontro con le organizzazioni imprenditoriali di mercoledì scorso e si proseguirà coi sindacati martedì prossimo. Non vi è dubbio che si tratti di un argomento ostico per il ministro dello Sviluppo Corrado Passera e per l'intero governo, non per mancanza di volontà ad affrontarlo, ma per l'assenza di risorse da mettere in campo. In una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo la politica deve comunque indicare la strada da percorrere per evitare gli errori del passato.
Quello indubbiamente più clamoroso è stato di non aver approfittato del decennio d'oro dell'euro, che ci ha regalato 500 miliardi di minori interessi sul debito pubblico, per abbattere in misura consistente lo stesso debito, liberando risorse, sotto forma di minori imposte, da destinare all'investimento e alla crescita. L'ingordigia della politica di disporre di risorse crescenti, per finanziare una spesa pubblica fuori controllo con cui comprare il consenso politico e sociale, ha fatto deragliare il meccanismo della crescita, facendolo arenare sulle sabbie mobili della bassa produttività e della corrispondente perdita di competitività dell'intero sistema.
Al riguardo, i dati pubblicati dall'Istat nei giorni scorsi sono impietosi e fotografano bene il pantano in cui siamo caduti ben prima che scoppiasse l'attuale crisi finanziaria. Questa, in realtà, non ha fatto altro che colpire un organismo già di per se malato e debilitato dalla mancanza di crescita e di produttività. Nel periodo tra il 2001 e il 2010, infatti, l'economia italiana è cresciuta del 4,1%, a fronte del 12% della Germania e della Francia, del 22,6% della Spagna e di una media dell'Ue del 14%. Basta fare la sottrazione per rendersi conto che ci mancano 10 punti percentuali di crescita rispetto alla media europea. Gli stessi punti che mancano alla crescita della produttività del lavoro, che da noi è aumentata dell'1,4% nell'intero decennio (il peggiore risultato tra tutti i Paesi dell'Europa a 27), contro un aumento medio dell'11,4% in Europa (13,6% in Germania).
Parte da questi dati la differenza di competitività dei prodotti tedeschi rispetto ai nostri beni, che alimenta gli squilibri commerciali che a loro volta sono all'origine della crisi finanziaria.
Per contrastare il declino, l'agenda del governo sulla produttività e la crescita contiene due capisaldi fondamentali. Il primo consiste nella riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, cioè la differenza tra il costo del lavoro per l'impresa, comprensivo di tasse e contributi, e il salario netto percepito dal lavoratore, che incide nella misura compresa tra il 40 e il 50% del costo totale. Ne ha parlato il ministro del Lavoro Elsa Fornero, specificando che il beneficio sotto forma di sgravio fiscale sul lavoro sarà da legare al secondo caposaldo, costituito dalla contrattazione aziendale finalizzata all'incremento della produttività (modello tedesco di relazioni industriali, noto anche come "modello di cogestione").
Questo modello in realtà è già molto diffuso nel nostro Paese, non solo nelle grandi multinazionali, ma anche nella media e piccola impresa. Come ha spiegato Dario Di Vico sul Corriere della Sera, si parte da una maggiore disponibilità a variare gli orari e poi si deroga al principio che ogni lavoratore debba svolgere una sola mansione. I lavoratori diventano polivalenti, disponibili a cambiare mansione, non una ma più volte. Le aziende recuperano produttività potendosi adeguare meglio all'imprevedibilità dei mercati e in cambio accettano di fidelizzare la manodopera, curarne l'iter professionale e garantire sbocchi in termini di qualifiche. Le parti sociali condividono per grandi linee questa impostazione, ma il punto debole sono le risorse, che al momento non sono state neanche quantificate dal governo.
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Economia (Pagina 16 - Edizione CA)
Alcuni bandi sono ancora aperti
Master in Sardegna, la Regione scommette sull'alta formazione
 
«Il Master in Sardegna non prenderà il posto del Master and back. Ma non devono essere confusi». Sulla differenza tra i due corsi di formazione avanzata Antonello Liori, assessore al Lavoro, mette i puntini sulle “i” e segna una linea di confine: «Gli studenti della Sardegna hanno tutto il diritto di frequentare un corso oltre il Tirreno se la disciplina universitaria non è presente nell'Isola. Ma - puntualizza - il Master and back è un sistema decisamente costoso, circa 30 mila euro all'anno a persona, e pertanto dovrebbe essere riservato solo alle eccellenze».
COSTI-BENEFICI Costi ridotti a un terzo, 11 mila euro ad allievo, per il Mis (Master in Sardegna), pensato da Liori come «uno strumento per contestualizzare le attività di studio al territorio locale e alla realtà economica che stiamo vivendo, ma anche per avviare un percorso di collaborazione con le migliori università del mondo».
L'assessore Liori definisce «convincente» il rapporto costi-benefici del progetto di alta formazione sardo: «Siamo soddisfatti perché abbiamo contribuito alla crescita culturale di molti studenti: in tre anni abbiamo formato 596 giovani - continua a snocciolare le cifre del progetto - per un finanziamento totale di 7 milioni di euro». Solo quest'anno 125 allievi hanno beneficiato del Master in Sardegna per uno stanziamento pari a 1.365.000 euro, con una media a studente di 10.920 euro. Andando a ritroso, nel 2011 sono stati 362 i ragazzi che hanno fatto il Mis, con un finanziamento complessivo di 4.065.500 euro e un costo pro-capite di 11.230 euro. Mentre nel 2010 sono stati investiti 1.496.000 euro per la formazione di 109 giovani.
PROGRAMMAZIONE 2013 Innovativa e varia. Sarà così la programmazione per il 2013, già avviata dalla Regione, con argomenti strategici che si snodano su sei attività: turismo, pubblica amministrazione, energia ed ambiente, cultura, nautica e portualità, e infine sanità. Punto, quest'ultimo caro all'ex assessore alla Sanità, che dice: «L'obiettivo è la formazione di dirigenti sanitari e amministrativi qualificati che operino nelle strutture sarde pubbliche e private. Prevedo uno stanziamento che si aggira tra i 4,5 e i 5 milioni di euro».
MASTER&BACK Riguardo al Master and back, Liori ha spiegato che «un ripensamento dovrà comunque essere necessario» con il percorso di back che dovranno essere presentati al momento della domanda: «I fondi sono stati tagliati rispetto al passato e quindi bisogna rivedere i capitoli di spesa. Entro fine anno - prosegue l'assessore al Lavoro - saranno disponibili 10 milioni di euro per il nuovo bando master and back, divisi tra alta formazione e percorsi di rientro con un bando “Back impresa” che prevede ulteriori 5 milioni di euro».
I FONDI A conti fatti i fondi complessivi erogati dalla Regione per l'alta formazione ammontano a 21,5 milioni di euro: «Fondi che favoriscono lo sviluppo del capitale umano, con la consapevolezza del ruolo strategico che avranno. Mai come ora, in tempi di crisi, l'inserimento dei giovani sardi nel mercato del lavoro è una priorità. La Sardegna diventerà un vero e proprio polo d'attrazione internazionale per gli studenti», conclude l'assessore Liori.
Roberta Floris
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Economia (Pagina 16 - Edizione CA)
L'ente acque sbarca ad Herat
Progetto di collaborazione per gli interventi nelle reti idriche afgane
 
La Sardegna al fianco del popolo afgano. In questi giorni si è chiuso il progetto di cooperazione internazionale per gli interventi di riqualificazione delle reti idriche di Herat, promosso e avviato dalla presidenza della Regione Sardegna e dall'Ente acque isolano, in collaborazione con le autorità militari italiane di stanza in Afghanistan e con il Water Supply Department (Wsd) di Herat, l'ente pubblico gestore della rete di distribuzione idrica locale.
IL PIANO Giovedì, nella base militare di Herat, città di 500 mila abitanti e sede principale del contingente militare italiano in Afghanistan, si è svolta la cerimonia di chiusura del progetto che ha permesso di sviluppare la rete idrica della cittadina di Herat e dei centri vicini, favorendo anche il miglioramento delle condizioni di vita delle 500 mila persone che vi risiedono.
DONAZIONE Soddisfatto per i risultati raggiunti in questi anni di collaborazione, il commissario straordinario dell'Enas, Davide Galantuomo. L'ente sardo, come previsto dal protocollo d'intesa, siglato tra l'Enas e il Wsd, ha messo a disposizione le proprie competenze tecnica con l'obiettivo di risolvere i molti problemi legati all'approvvigionamento di acqua della città. Per questo sono stati effettuati gli studi sulla rete idrica per individuare le criticità principali. Sotto la supervisione tecnica dell'ente, sono stati quindi donati al dipartimento delle acque afgano di Herat le strutture, i macchinari e i materiali necessari. Nello specifico si tratta di un camion gru, due generatori di corrente elettrica, un pozzo, una pompa sommersa, un trasformatore elettrico, un serie di kit di strumenti per analisi da laboratorio e di cloro per la disinfezione dell'acqua per un valore complessivo 150 mila euro.
BORSE DI STUDIO Il processo di cooperazione tra la Regione Sardegna, l'Enas e la città di Herat non si è però fermato agli investimenti nella rete idrica, ma ha coinvolto anche il campo della cultura. In collaborazione con l'Università della città afgana sono state finanziate tre borse di studio destinate a tre ricercatori dell'Università locale per lo svolgimento di un dottorato della durata di tre anni nell'Università di Sassari. Una di queste borse sarà finanziata con fondi della Regione sarda mentre le altre due sono state offerte dall'Ente acque con fondi del proprio bilancio. La realizzazione di questo progetto «è stata un'occasione di scambio e di arricchimento reciproci non solo per i tecnici coinvolti nell'iniziativa», ha spiegato Galantuomo, «ma anche per gli studenti e ricercatori, presupposti irrinunciabili per la costituzione di un futuro di pace».
Annalisa Bernardini
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Cronaca di Alghero (Pagina 44 - Edizione CA)
Alghero
In fila per Architettura
 
Si sono presentati in 245 per sostenere la prova di ammissione al corso di laurea in Scienze dell'Architettura di Alghero, per soli 50 posti disponibili: 25 per Architettura e altrettanti per Design. L'esito della prova sarà pubblicato sul sito internet dell'Ateneo entro il 16 settembre. . I vincitori, in ordine di graduatoria, dovranno presentarsi il 20 settembre alle 10 al Palazzo Pou Salit. (p.p.p.)
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Sulcis Iglesiente (Pagina 35 - Edizione CA)
Architettura
 
Oggi alle 9 nella Grande miniera di Serbariu, Carbonia, inizia la scuola estiva di architettura dedicata al Sulcis. (a. s.)
 

LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 8 - Ed_Cagliari
La Regione cambia il master and back
Alta formazione costosa e poco produttiva. Ora saranno le migliori università a venire nell’isola per avviare i corsi
di Alfredo Franchini
 
CAGLIARI C’era una volta il Master and back. Ci sarà ancora per poco e, nel frattempo, sarà affiancato dal Master in Sardegna. L’alta formazione è un fattore decisivo ma il Master and back, ideato all’epoca della giunta Soru, non è stato decisivo per la scarsa offerta di lavoro che c’è nell’isola e per la mancanza di legami tra l’Università e le imprese. «Il Master and back», ha spiegato ieri l’assessore al Lavoro, Antonello Liori, «è un sistema costoso, in media 30mila euro per studente che diventano 90mila con il back». In realtà di “ritorni” da parte di chi è partito per il master ce ne sono stati pochi ed è proprio qui il problema che ha spinto la Regione a cambiare. Ora ci sarà un ripensamento: il percorso di rientro dovrà essere presentato al momento della domanda e questo lo renderà di difficile attuazione. L’idea di base è quella di dar vita al “Master in Sardegna”, capovolgendo il concetto: saranno le università del mondo a venire da noi per i corsi di alta formazione. E la Regione finanzierà i neolaureati e i giovani che hanno un’occupazione spendendo stavolta 11mila euro a studente. Le linee dell’alta formazione saranno indirizzate su sei filoni: turismo, pubblica amministrazione, energia e ambiente, cultura, nautica e portualità, formazione dei quadri dirigenti della sanità pubblica e privata. «C’è una differenza importante», afferma Antonello Liori, «il Master in Sardegna offre una buona qualità con la collaborazione delle migliori università del mondo creando un sistema di attrazione per i Master che si svolgeranno in Sardegna». L’assessore ha anche annunciato una parte “pratica” con l’avvio di un progetto che aiuti la finalizzazione dei master; si baserà su un’esperienza triennale per 596 allievi con un costo di 1,5 milioni di euro. Il Master and back, ha detto più volte il segretario della Cisl Oriana Putzolu, è stato un equivoco: troppi i giovani che si sono rivolti al sindacato (o ai giornali) perché, dopo aver terminato il periodo formativo, non riuscivano a trovare nell’isola un qualsiasi posto di lavoro. «Un’intuizione buona che andava potenziata con altri strumenti collaterali». La struttura del sistema economico sardo , del resto, è tale che la maggior parte delle buste paga arrivano dal settore pubblico. Quando nacque il progetto, la Regione si mosse in linea con gli orientamenti comunitari che mettono le politiche dell’istruzione e della formazione al centro della creazione e della trasmissione delle conoscenze. L’obiettivo era quindi quello di dare la possibilità ai giovani laureati nell’isola di accedere ai programmi di alta formazione, organizzati da università e organismi di qualità di livello internazionale, favorendone poi il ritorno con l’inserimento “facilitato” dall’esperienza raggiunta nel mondo del lavoro. L’alta formazione comprendeva anche la possibilità degli stages ma per questo aspetto non era più prevista la collaborazione tra un’impresa o un’università sarda e l’organismo ospitante. I candidati a quel punto dovevano contattare direttamente le aziende operanti fuori dal territorio regionale e presentare insieme un programma di stage. Per quanto riguarda il nodo centrale dei percorsi di rientro: il curriculum dei giovani neo laureati veniva pubblicato su una short list. E tutto finiva lì. Attualmente con 21,5 milioni di euro destinati al programma (18 milioni solo per i percorsi di rientro, 3,5 milioni per l’alta formazione), per lo scorrimento delle graduatoria del 2011 sono stati accontentati 575 neolaureati che avevano presentato domanda. Di questi 286 andranno a effettuare il back nel settore privato, 145 nel pubblico e 144 nella ricerca.
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 32 - Cultura-Spettacoli
Nuovo turismo: in vacanza con gli archeologi
Molti gruppi su Facebook, interesse e volontariato. Marco Milanese: «La cultura è di tutti, non degli studiosi»
di Paolo Curreli
 
SASSARI «L’archeologia pubblica è prima di tutto una dimensione etica, la storia e le sue vestigia non sono proprietà degli studiosi, ma delle delle comunità: eredi e destinatarie dei risultati degli scavi». Con queste parole Marco Milanese, professore ordinario di archeologia, all’università di Sassari e Pisa, giustifica una tendenza sempre più diffusa: l'interesse per il passato. Tremila gli iscritti alla pagina facebook “Archeologia Medievale” migliaia quelli a “Villaggi scomparsi” e “Archeologia in Sardegna” , solo per citarne alcune. Se il social network è una buona rappresentazione della realtà significa che da materia elitaria, sorella della storia dell’arte com'era stata per molti anni, l’archeologia sta diventando una passione che coinvolge sempre più persone. Tra gli iscritti molti con notevoli basi culturali classiche, ma anche una folta schiera di Indiana Jones intrisi di idee romantiche e in cerca di un passato che sconfina spesso in una atmosfera New Age. Tra le attività più seguite che accomunano tutti: le giornate di trekking in gruppo , il volontariato, le ricostruzioni storiche come quella realizzata nei dintorni di Sassari nel villaggio romano di La Crucca (Ad Signa Milites su Facebook) perfettamente ricostruito e abitato da legionari del fine settimana impegnati a ospitare tribù celtiche con cui combattere tra il tifo e la curiosità delle famiglie. «Tutto questo va in fondo bene – sostiene Marco Milanese, che festeggia quest’anno il ventennale di adozione isolana – perché avvicina alla cultura, fa sentire il patrimonio non qualcosa di lontano che appartiene agli studiosi ma un bene comune che appartiene a tutti noi e che tutti dobbiamo amare e rispettare». L’archeologo diviene, quindi, un interprete che aiuta a tradurre una lingua antica, anche perché come ha ricordato Milanese durante la sua “lezione in piazza” contro la riforma Gelmini. «L’archeologia elitaria, inavvicinabile, trincerata dietro un gergo tecnico è “autistica”, autoreferente , muta. Il patrimonio artistico e archeologico è la nostra storia la nostra eredità». Ed è proprio il concetto di “heritage” che nei paesi anglosassoni ha creato, già negli anni ’70, la “open archeology”. Un'archeologia aperta dunque al racconto del passato nel territorio in cui si opera, un'archeologia per tutti, pubblica come viene definita ora nel Regno Unito, la pratica di presentare i dati e le interpretazioni prima di tutto alle popolazioni che abitano i territori su cui gli studiosi operano, suscitando interesse, partecipazione e coinvolgimento delle comunità. «Proprio seguendo questa filosofia abbiamo realizzato negli ultimi anni, la mostra “Antica gente di Alghero” sulle sepolture cinquecentesche nella città catalana, e il museo “Biddas” di Sorso (informazioni sulla pagina facebook) sui villaggi abbandonati, dove i visitatori possono vedere la nascita e la scomparsa dei piccoli centri del territorio. Nel museo è stato allestito anche un “children corner” come nei musei esteri che tutti noi invidiamo, dove i più piccoli incontrano il personaggio Gianuario, un ragazzino che dal medioevo racconta la vita del passato. «In questo modo - conclude Milanese - la comunicazione diventa uno strumento dell’archeologo esattamente come lo sono le basi storiche e scientifiche che lo guidano negli scavi. Comunicare vuol dire spogliarsi del linguaggio tecnico e spiegare in modo chiaro, far scattare con un'immagine la curiosità del pubblico. Quest'estate abbiamo organizzato una scuola di alta formazione a Bosa, naturalmente per addetti ai lavori, ma alla fine abbiamo parlato dei risultati creando un evento divulgativo pubblico. Questo perché crediamo che il nostro patrimonio possa essere salvato solo con il coinvolgimento di tutti, la nostra eredità è talmente vasta che certamente non la si può tutelare solo con la legge ma con una coscienza diffusa». Se l’obiettivo quindi è divulgare, le competenze messe in campo possono essere le più diverse e coinvolgere grafici, fotografi, esperti di comunicazione. Un altro esempio recente di “open archeology” si è concretizzato nel successo dell'arruolamento per la campagna di scavo nel villaggio abbandonato di Bisarcio, lanciata sempre su Facebook, che si conferma uno strumento potente di divulgazione. I posti sono andati presto esauriti e anche se, gli studenti della materia sono sempre in maggioranza, il nucleo di non addetti ai lavori “che vogliono dare una mano” è in continua crescita.

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