Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 June 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 29 - Edizione CA)
Chirurghi
Gli allievi ricordano il maestro Provenzale
 
A 100 anni dalla nascita e a 25 dalla morte, la figura del cardiochirurgo Luciano Provenzale è stata ricordata ieri mattina alle 10 nella sesta edizione del Congresso di Storia della medicina, che si è tenuta nella sala “Pippo Orrù” dell’Ordine dei medici, in via dei Carroz 14.
Il compito di commemorare la figura del cardiochirurgo che nel 1966, per la prima volta al mondo, eseguì in città una colonscopia, è spettato ad Alessandro Riva, professore emerito dell’Università, nonché presidente dell’associazione “Clemente Susini”. «Quell’intervento - ha detto Riva - gli valse una serie di riconoscimenti a livello internazionale, tra i quali nel 1986 il premio a New York della Società americana di endoscopia e nel 2000 l’inserimento tra le 50 scoperte fondamentali nella gastroscopia degli ultimi 50 anni».
«Mi faceva eseguire interventi in base a ciò che avevo imparato all’estero», ha raccontato l’allievo Salvatore Rocca Rossetti, fondatore della Clinica urologica cittadina, «prestandosi a farmi da aiuto, pur di apprendere anche lui le nuove tecniche». (p. l.)
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Economia (Pagina 21 - Edizione CA)
L’ESPERTO. Riccardo De Lisa
Una strada obbligata
per poter evitare
il contagio in Europa
 
Salvare le banche spagnole è una strada obbligata se si vuole evitare che la crisi abbia conseguenze più gravi, con un contagio che avrebbe effetti immediati e disastrosi in Europa. La crisi del sistema creditizio iberico, tuttavia, è anche l’occasione per lanciare l’allarme: non si può andare avanti così, è necessario dare il via subito alle riforme finanziarie, finora rimaste bloccate. La pensa così Riccardo De Lisa, docente di Economia degli intermediari finanziari all’Università di Cagliari.
La situazione delle banche spagnole è effettivamente così drammatica?
«Dalle informazioni in mio possesso lo squilibrio dell’intero sistema creditizio spagnolo si attesta intorno ai 200 miliardi di euro. Inoltre, le banche spagnole sono interconnesse in modo molto forte tra loro, per cui il pericolo di contagio è alto».
Le cause?
«I problemi della Spagna si conoscono da un anno e mezzo e sono stati determinati sia dalla bolla immobiliare e dall’utilizzo incontrollato dei mutui subprime, che dalla presenza di titoli tossici nei portafogli delle banche».
Rischiano anche gli istituti italiani?
«Direi che sono al sicuro: per tradizione, hanno sempre avuto un orientamento di tipo prudenziale e oggi sono più solide proprio per questo. E poi la vigilanza in Italia è stata molto severa. In ogni caso, alcuni istituti italiani, come Unicredit e Intesa, è meglio che dimagriscano un po’, visto che insieme hanno un bilancio pari al nostro Pil».
Cosa fare subito per uscire dalla crisi?
«Nell’immediato bisogna operare per il salvataggio delle banche, perché se fallissero ci sarebbe un effetto contagio in tutta Europa con effetti disastrosi sugli Stati e sugli spread. Al momento, non ci sono i tempi per dare vita a una vigilanza europea. Occorre quindi che le banche cooperino per prestarsi soldi».
Una volta superata la crisi, però, le riforme finanziarie saranno necessarie.
«Direi proprio di dì. Se si continua a navigare a vista non rimarrà altro che fare salvataggi. Invece, bisogna riformare i sistemi finanziari, con nuovi strumenti che la commissione Ue sta proponendo».
Un esempio?
«Con un termine inglese si parla di bail-in , ossia, niente più salvataggi (bail-out) ma un sistema che costringa le banche a far implodere la crisi al loro interno. In altre parole, se un istituto è in difficoltà, dovrà trovare da solo il modo per ristrutturare le proprie passività, con svalutazioni e ricapitalizzazioni, senza pesare sugli Stati».
Non serve anche una riforma della Bce?
«Gli interventi della Banca centrale europea sono fondamentali: garantendo liquidità, dà ossigeno agli istituti, che necessitano di denaro fresco. La Bce però va riformata, ma per questo serve un accordo nella Ue, con maggiori poteri come prestatore di ultima istanza, per fornire risorse agli Stati e intervenire nelle situazioni di crisi».
Giuseppe Deiana
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 29 - Edizione CA)
CONVEGNO. Seicento casi in città
Rottura del femore: i problemi sociali e le soluzioni mediche
 
Ci sostiene per una vita, ma a un certo punto diventa un fattore di rischio, più spesso per le donne, ma anche gli uomini non possono considerarsi al riparo. La rottura del femore è responsabile in Italia, ogni anno, di circa centomila ricoveri (600 solo a Cagliari). Oltre il 20% delle persone muore entro 12 mesi dalla frattura («generalmente si tratta di pazienti affetti anche da altre patologie»), il 50%, invece, non riesce più a recuperare l’autonomia. Numeri impressionanti, destinati a crescere con l’invecchiamento della popolazione (che in Sardegna è in costante aumento) così come il peso sul bilancio del servizio sanitario nazionale.
LA DECISIONE Oggi il trattamento di una frattura di femore è rimesso alle decisioni dei singoli operatori coinvolti: l’ortopedico, che si occupa dell’intervento chirurgico, il fisiatra, responsabile della riabilitazione, i familiari, che insieme a operatori privati (per esempio una badante) si occupano dell’assistenza. Un sistema disomogeneo che, tra costi sociali diretti e indiretti (per l’assistenza), vale circa due miliardi di euro l’anno in tutta Italia.
IL TRATTAMENTO «Occorre un sistema nuovo che consenta di affrontare in maniera più efficace e appropriato il trattamento sanitario», spiega Antonio Capone, direttore della clinica Ortopedica dell’Università di Cagliari, che ieri ha organizzato un convegno dal titolo “Il governo clinico del paziente con frattura di femore”. Un “programma” che preveda «il coinvolgimento di tutti i medici - anestesisti, radiologi, ortopedici, fisiatri, geriatri, reumatologi - e di tutti i collaboratori sanitari - infermieri, fisioterapisti - nella gestione del paziente “fragile”», spiega il professor Capone. «Un approccio multidisciplinare può consentire di elaborare anche in Sardegna, un percorso assistenziale per la prevenzione - continua il medico - attraverso la diagnosi precoce di osteoporosi, e il trattamento, con intervento chirurgico entro 48 ore dopo la frattura e avvio della riabilitazione entro pochi giorni».
Il programma, già predisposto dal piano sanitario nazionale, ha bisogno adesso di essere recepito e istituzionalizzato a livello regionale. Soltanto così si possono definire le linee guida che «tracciano un percorso per operatori sanitari e ottimizzano l’efficacia delle cure con riduzione dei costi», conclude Capone.
Mauro Madeddu
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 57 - Edizione CA)
Studiosi a convegno per discutere di vendetta
Da domani ad Austis nel segno di Antonio Pigliaru
 
Domani e martedì si svolgerà al Centro socio-culturale di Austis il convegno “Antropologia della vendetta”, organizzato dalla Pro Loco, dal Comune e da ELSA Cagliari (European Law Students Association). Parteciperanno numerosi studiosi provenienti da varie università italiane (Cagliari, Statale di Milano, “Bicocca” di Milano, Pavia, Torino, Trento, Urbino) e straniere (John Moores University di Liverpool, Universidad Veracruzana di Xalapa in Messico, Università di Danzica) e dall’Accademia Nazionale dei Lincei.
Perché un convegno sulla vendetta? E perché in un piccolo paese della Barbagia? Le risposte diventano ovvie se si pensa alla figura ispiratrice del convegno: Antonio Pigliaru, filosofo del diritto sardo che nel 1959 pubblica la sua famosa ricerca “La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico”. Si tratta di un contributo ad almeno due differenti discipline: la filosofia del diritto e l’antropologia del diritto.
Il convegno si propone di discutere i contributi filosofici dell’opera di Pigliaru alla filosofia della vendetta e di estendere l’analisi antropologica e storica della vendetta al di là dei confini della Barbagia (verrà esaminata, ad esempio, la vendetta nel mondo romano classico, nel mondo scandinavo medioevale, nel diritto indiano arcaico). Durante il convegno verrà, inoltre, presentata una ricerca condotta da un gruppo di studiosi locali sull’attuale percezione dell’offesa e dell’obbligo della vendetta nelle comunità di Austis e di Sedilo.
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Provincia di Nuoro (Pagina 25 - Edizione NU)
La vendetta come legge
Studiosi anche dalla Polonia per scoprire il codice barbaricino
AUSTIS. Da Antonio Pigliaru ai giorni nostri: due giorni di conferenze scientifiche
 
Domani e martedì Austis ospiterà un importante convegno sull’antropologia della vendetta, promosso da Comune, Pro Loco e European law students association (Elsa). Possibile grazie alla direzione scientifica di Giuseppe Lorini e di Michelina Masia (entrambi della Facoltà cagliaritana di Giurisprudenza), l’evento si propone di analizzare il fenomeno della vendetta a partire dagli studi di Antonio Pigliaru, filosofo del diritto e autore nel 1959 della ricerca “La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico”.
Si comincia alle 15,30 nel centro socioculturale, dopo i saluti del sindaco Lucia Chessa, del presidente della Pro loco Luigi Sotgiu e del presidente della Fondazione Banco di Sardegna Antonello Arru. Con loro il pro rettore alla ricerca scientifica dell’Ateneo di Cagliari Francesco Pigliaru e Fabio Botta, direttore direttore del dipartimento di Giurisprudenza della stessa Università. Seguiranno le relazioni degli esperti: Amedeo Giovanni Conte (Università di Pavia) parlerà di vendetta costitutiva, Filippo Aureli (Liverpool John Moores University) relazionerà sull’etologia della vendetta, partendo dal comportamento delle scimmie. Fabio Botta relazionerà sulla vendetta come officium pietas , Raffaele Caterina (Università di Torino) della reciprocità alle origini della vendetta e dello scambio.
Il gruppo di ricerca di Austis si occuperà della vendetta nelle comunità di Sedilo e Austis. Martedì il convegno riprenderà alle 9,20 con gli interventi di Michele Masia (Università di Cagliari), Paolo Di Luca (Università statale di Milano), Venanzio Raspa (Università di Urbino), Domenico Francavilla (Università di Torino) e Wojciech Eaniec (Università di Danzica). Ricercatori in arrivo anche dall’estero per studiare un sistema giuridico non scritto su cui la scienza si è prodigata con ricerche accurate. Da Pigliaru in poi.
Carla Etzo
 
L’UNIONE SARDA
6 – L’Unione Sarda
Oristano e Planargia (Pagina 27 - Edizione OR)
L’esperienza del chirurgo scultore
Antonio Atzeri: le sue opere a Montecarlo
«L’arte che sale dal fiume» Il rettore Mastino: Bosa e cultura, legame antico
 
Antonio Atzeri, chirurgo che per lunghi anni è stato primario a Bosa, Ozieri, Cagliari, conosce bene il genus loci della città sul fiume. Bosano di adozione, nella sua splendida casa del Corso Vittorio Emanuele lavora la ceramica ed il legno con la stessa passione con cui gestì il bisturi. Atzeri è stato ammesso alla Mostra Biennale di Montecarlo, che dal prossimo 28 giugno al 2 luglio ospiterà i lavori di un selezionato numero di nuovi artisti mondiali.
MAGIA DEL FIUME Nella città del Temo, molti sono gli artisti e bravi artigiani che sono riusciti a imporsi su un orizzonte nazionale e in un mercato del lavoro specialistico sempre più difficile. «È un rapporto antico quello di Bosa con l’arte - spiega orgoglioso Attilio Mastino, rettore dell’Università di Sassari, bosano doc - Penso a personaggi come i fratelli Melis, ad Antonio Atza, alla nostra straordinaria tradizione del filet, dell’artigiano artistico orafo. Penso a grandi artigiani falegnami, come il maestro Fancello, ai grandi muratori e scalpellini la cui opera risplende nella pietra non solo a Bosa, ma anche nei grandi palazzi di Cagliari». Ma l’elenco è lungo. Musicisti, pittori come Mariano Chelo, gente che ha l’arte dentro è nata e vissuta in Planargia o a Bosa ha trovato ispirazione. Antonio Atzeri raccoglie oggi questa straordinaria vocazione collettiva.
IL MEDICO Per la sua produzione artistica utilizza materiali poveri ma di grande impatto emotivo, il ginepro della costa planargese, i sassi del suo mare, il legno dei boschi. Coglie l’anima di quegli oggetti presi dalla natura e libera nelle forme di madri mediterranee. Volti di sofferenza e speranza, di un amore per la vita e splendidamente rappresentato nell’opera scelta per la rassegna monegasca: una madre ed un figlio stretti nell’abbraccio che raffigura l’infinito
LA PASSIONE Antonio Atzeri, 71 anni, sorride alla parola «nuovo»: ma sa che la vita è nuova ogni giorno ed in ogni momento può regalare le sue emozioni. «Mai avrei potuto creder di poter essere inserito in una manifestazione di simile livello - spiega - La mia è una passione che ha avuto inizio quando avevo vent’anni, che ho sempre vissuto senza clamore, con grande umiltà». Un uomo dai molti meriti, dal grande cuore e dallo sguardo dolcemente malinconico: s’è creato uno spazio, nella sua casa, una grande stanza nella Bosa antica, un soffitto alto, affrescato, balcone come un varco di luce verso il Corso: «È la nostra stanza magica - sorride Atzeri - tra queste mura io e mio nipote abbiamo i nostri giochi individuali e comuni, lui ed io scopriamo e raccontiamo il mondo».
A Bosa si può: è possibile il sogno dell’arte che Antonio Atzeri vive ed esalta grazie alla Galleria d’arte La Telaccia, di Torino, attiva nella Biennale monegasca. Ed è testimoniata anche da tanti artigiani e maestri del fare.
Antonio Naìtana
 
L’UNIONE SARDA
7 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 27 - Edizione CA)
Conferenza studenti-lavoro
 
L’Associazione Studenti per la Città domani alle 11 nell’aula Cosseddu della Casa dello Studente di via Trentino, terrà una conferenza di presentazione delle opportunità di orientamento e formazione offerte da associazioni studentesche, associazioni di categoria e lo Sportello Student Jobs. Durante la conferenza verranno presentati dei portali di orientamento creati dagli studenti, nelle quali è possibile reperire informazioni sulle possibilità di studio e lavoro, su come preparare una buona candidatura per un colloquio, continuare il proprio percorso professionale all’estero o come poter avviare e realizzare la propria idea imprenditoriale. L’incontro, organizzato col patrocinio dell’ateneo e dell’Ersu e la collaborazione dell’associazione Tdm 2000, del Cgi e del centro studi Cultura e sviluppo di Pistoia, è libero.
 

LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 8 - Ed_Cagliari
Luigi Guiso
«Lasciate in mano ai politici le fondazioni bancarie rischiano di scomparire»
Secondo l’economista «devono uscire dal capitale degli istituti di credito, differenziare l’investimento e abbandonare la logica dei contributi a pioggia»
di Roberto Morini
 
SASSARI Le fondazioni bancarie sono destinate a morire in seguito allo sperpero delle loro dotazioni finanziarie. Lo sostiene da tempo Luigi Guiso, l’economista sardo che per poche ore cinque anni fa è stato presidente del Banco di Sardegna, ritirandosi senza far rumore quando ha capito che non avrebbe avuto nessuna autonomia. Lo conferma un recente studio di Mediobanca. E la Fondazione che controlla il 49 per cento del Banco di Sardegna è minacciata da un futuro se possibile ancora peggiore. In cui hanno un peso decisivo i politici e le loro scelte.
Qual è il problema?
«Le fondazioni dovrebbero uscire dal controllo delle banche e differenziare l’investimento per farlo rendere al meglio. E poi investire in opere di pubblica utilità, in beni pubblici, in sostegno alla ricerca e in genere in opere che vadano a beneficio delle collettività di riferimento. Il fatto che abbiano questo obiettivo e che simultaneamente abbiano il loro patrimonio investito pesantemente in una singola istituzione, crea un conflitto. Prima di tutto è una strategia rischiosa dal punto di vista finanziario e alla fine questa situazione compromette la possibilità di sostenere l’altro obiettivo, che è la vera ragione per cui le fondazioni dovrebbero esistere».
Questo è ancora più valido nel caso sardo, in cui l’investimento di tutta la propria dotazione nella banca non serve a controllare le strategie dell’istituto di credito e non produce utili. Non le sembra un errore drammatico?
«Direi di sì. Se si ha il controllo di un’azienda c’è un premio per il controllo. Darà qualche tipo di risultato e quindi uno può essere disposto a rinunciare ai benefici finanziari che derivano dalla diversificazione dell’investimento. Ovviamente non avere il controllo e allo stesso tempo avere una partecipazione molto concentrata è una politica doppiamente miope. Non c’è nessun beneficio da un controllo che non c’è e ci sono solo gli svantaggi derivanti dal fatto che il portafoglio non è diversificato. Una strategia in cui massimizzi i due mali».
Il problema riguarda solo le fondazioni italiane?
«Le fondazioni italiane sono congegnate in modo esattamente opposto a quello in cui sono disegnate in tutto il mondo. Una fondazione come Harvard o Guggenheim è configurata intorno al proprio obiettivo: ricerca e formazione la prima, arte la seconda. E segue una strategia di forte diversificazione per la gestione delle proprie risorse. Le fondazioni italiane sono organizzate all’opposto. Hanno una scarsissima diversificazione del proprio portafoglio, investito in una singola istituzione, mentre sparpagliano i loro interventi a tutto campo».
Vuol dire che fra un po’ non avranno più soldi per la loro attività sul territorio?
«E’ così: durante questa crisi, negli ultimi cinque anni, si sono molto impoverite proprio perché avevano il portafoglio concentrato in una istituzione di riferimento. L’esempio tipico è quello del Montepaschi: durante la crisi la fondazione ha perso il 70 per cento del valore della propria dotazione. Andando avanti così le fondazioni si mangerebbero tutta la loro dotazione. Parecchie di queste istituzioni non sopravviverebbero con le strategie attuali di investimento della dotazione e di contribuzione a pioggia».
Nel rapporto di Mediobanca si dice esplicitamente che la distribuzione dei contributi a pioggia è legata alla forte presenza dei politici nelle fondazioni e quindi alla tendenza a usare le fondazioni per radicare il consenso sul territorio. E’ d’accordo?
«Sì, c’è una fortissima correlazione tra la provenienza delle persone che siedono nei board delle fondazioni e le quote di trasferimenti concessi a un particolare settore. Gli aiuti alla ricerca e all’istruzione sono intorno al 23 per cento e la quota di rappresentati di quel settore è il 24 per cento. La quota di servizi collegati alla salute e al welfare è il 37 per cento, i rappresentanti il 40 per cento. Arte e cultura rappresentano il 30 per cento dei contributi e il 24 per cento dei membri dei vertici. Un meccanismo di spartizione pro quota degli aiuti».
All’estero come funziona?
«I membri dei board sono esperti di finanza: devono amministrare al meglio la dotazione della fondazione. Ai vertici non ci sono rappresentanti degli interessi dei beneficiari della politica delle fondazioni. Non solo: le fondazioni italiane sono pletoriche. Un membro di una fondazione che funziona gestisce due miliardi di euro, mentre in Italia ogni membro del board gestisce 150 milioni. E questo accade perché c’è una convenienza a occupare questi posti e a occuparne tanti. Sostanzialmente lo sperpero di denaro inizia già dalla gestione interna».
Strutture costose per strategie sbagliate?
«La governance è cattiva perché è eccessiva, pletorica e inefficiente. Ed è cattiva la allocazione: la scelta del tipo di persone riflette il modo di investire i soldi».
C’è qualche fondazione italiana che non segue queste regole perverse?
«La Fondazione della Banca di Roma aveva una quota rilevante in Unicredit dopo la fusione. Poi hanno adottato una regola sensata di dismissione: per statuto dovevano vendere parte della propria partecipazione ogni volta che il valore del titolo superava una certa soglia, costringendosi così a dismissioni remunerative. Questo ha consentito di passare a un portafoglio molto diversificato. Così hanno attutito il colpo della crisi dei titoli bancari. Hanno venduto quando il titolo Unicredit valeva molto e ora si trovano con un capitale accresciuto da investire altrove. E’ una strategia cosciente e automatica. Non c’era discrezionalità. Hanno scelto una regola sensata e si sono obbligati a seguirla».
Qualcuno accusa il Banco di Sardegna di avere scarsa attenzione alla pesante crisi che attraversano le imprese dell’isola. Questo avverrebbe perché le istituzioni sarde non hanno nessun controllo sulla banca. Un minor peso della fondazione non rischia di aumentare la distanza tra le strategie del Banco e le esigenze dell’economia locale?
«L’accesso al credito non dipende dalla presenza di un soggetto che forza una banca a erogare il credito quando non ci sono le condizioni. Un mercato del credito funziona bene quando c’è molta concorrenza: se una banca concede difficilmente un prestito posso chiedere a un’altra. Più c’è concorrenza, più i prestiti vengono concessi nel modo migliore e al minor costo: le banche si contendono i clienti».
Il problema sardo è dunque la scarsa concorrenza?
«Ci sono anche stratificazioni organizzative che pesano e che possono influire sulle modalità di erogazione del credito in un mercato locale. Il mercato sardo ha due aspetti rilevanti. Il primo: il Banco di Sardegna ha quasi la metà del mercato. Il secondo: il Banco ha una forte tradizione pubblica che si è adeguata al mercato con una certa lentezza. E ha una struttura particolare rispetto alla propria clientela, perché agisce da banca di riferimento per molte imprese. Si può discutere su questo modello, ma la fondazione non deve convincere la banca a erogare più o meno credito alle imprese rispetto a quanto è giusto erogare in base al giudizio tecnico della banca. La fondazione non deve interferire nei processi di erogazione del credito. La soluzione è promuovere l’ingresso di nuovi attori nel mercato del credito. In Sardegna molti si sono affacciati sul mercato, migliorandone la struttura ».
Secondo lei le fondazioni bancarie potrebbero avere un ruolo importante nell’affrontare la crisi?
«Hanno cifre rilevanti, ma si muovono male per i problemi che ho detto. Finiscono per fare male i due mestieri. Un amico mi diceva: sarà il mercato a prendersi cura delle fondazioni, prima o poi scompariranno per morte naturale».
Lei è d’accordo?
«E’ un processo di estinzione molto costoso. Io credo che vada salvato il loro ruolo. Bisogna trovare altri padroni delle banche, che facciano bene il loro mestiere».
Alcuni suoi colleghi economisti, come Francesco Pigliaru qualche anno fa alla Regione e Loretta Napoleoni oggi a Parma, per non parlare dei tecnici del governo Monti, hanno accettato di misurarsi con la gestione della cosa pubblica. Che giudizio ne dà?
«Sono scelte encomiabili. E’ importante che ci siano persone che hanno ancora voglia e interesse a farlo. Tra i difetti di questo Paese c’è il fatto che chi vale e potrebbe avere un ruolo positivo nella gestione della cosa pubblica è poco disponibile a farlo. Chi ha le caratteristiche e le capacità per far bene questo mestiere non è particolarmente attratto perché il mercato della cosa pubblica è poco accattivante: si rischia di essere contaminati».
Lei sarebbe disponibile a un impegno diretto?
«No. Do già il mio impegno. Ma non intendo candidarmi ad altri ruoli».
 
Pagina 8 - Ed_Cagliari
IL PERSONAGGIO
 
Cinquantasette anni, nato a Bitti, Luigi Guiso è professore di Economia all’ Einaudi Institute for Economics and Finance dopo aver insegnato allo European University Institute di Firenze. Laureato a Sassari nel 1978, ha lavorato come economista per molti anni al Servizio Studi della Banca d’Italia. E’ fellow del Cepr dove ha diretto il Finance Program. Dal 1998 fino a pochi giorni fa è stato nel cda della Banca di Sassari. Oggi si occupa di economia finanziaria, di scelte finanziarie delle famiglie, di macroeconomia, dei legami tra economia e istituzioni. Temi recenti di ricerca includono l’effetto della cultura sull’economia e le origini del capitale sociale.
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 17 - Ed_Cagliari
L’occupazione dei partiti snatura il ruolo delle istituzioni
di GIANMARIO DEMURO
Fare le nomine a prescindere dal merito aggrava la crisi di legittimazione che ormai investe drammaticamente un intero ceto politico
 
Nascono in contesti profondamente legati all’idea dell’imparzialità dell’azione di controllo tecnico e regolativo dei mercati, delle comunicazioni, della privacy e di molti altri settori sensibili. Hanno compiti delicatissimi che vanno dal rispetto della par condicio durante le campagne elettorali (Agcom), alla regolazione del conflitto di interessi e del mercato(Antitrust), alla tutela dei dati sensibili (Garante della privacy). Tutti poteri che sono stati conferiti a autorità che devono poter garantire il massimo della competenza dei componenti, il massimo della imparzialità, il massimo della trasparenza. Le Autorità assomigliano ai giudici, anche se non sono assunte per pubblico concorso, e condividono con essi l’obbligo di essere imparziali. Come ha scritto Salvatore Satta, grande scrittore e grande giusrista, nel “Mistero del processo”, i giudici non solo devono essere imparziali, ma devono anche apparire tali. Citazione che si attaglia perfettamente alle autorità. E allora la domanda è: come possono apparire imparziali coloro che sono stati eletti dal Parlamento sulla base di una spartizione partitica? Qual è il nesso che collega le appartenenze politiche con la capacità regolativa di campi così delicati? Se il nesso è la garanzia di scelte controllabili dai vertici dei partiti allora non ha senso avere autorità che si caratterizzano per essere organi di controllo politico. Per la regolazione e il controllo politico esistono, da molti secoli, i Parlamenti. Le autorità dovevano avere, quando sono nate, ben altra base di legittimazione che deriva dai compiti a esse affidati dalla legislazione interna e comunitaria. Solo a titolo di esempio si legga quanto scritto sul sito del Garante della Privacy: «Il Garante interviene in tutti i settori, pubblici e privati, nei quali occorre assicurare il corretto trattamento dei dati e il rispetto dei diritti fondamentali delle persone: in particolare, banche e assicurazioni, giornalismo, giustizia e polizia, Internet, imprese, lavoro, marketing, nuove tecnologie, ordini professionali, partiti, pubblica amministrazione, sanità, società, scuola, telecomunicazioni». Chi deve garantire i diritti fondamentali? Se il mio diritto a non vedere diffusa la mia identità personale, le mie malattie, il mio credo religioso, il mio pensiero politico, il mio orientamento sessuale, deve essere garantito o mi rivolgo a un giudice (le autorità non lo sono) o mi rivolgo a un Parlamento (le autorità fanno finta di non esserlo). La spartizione di nomine che dovrebbero essere trasparenti accelera la necessità di un dibattito pubblico serio sul ruolo oggi ricoperto dai partiti. Un Parlamento che decide a prescindere dal merito non può lamentarsi della crisi di legittimazione. Partiti attenti solo alle nomine non possono recriminare sul crollo della fiducia. La fiducia si conquista ogni giorno, non il giorno delle elezioni.
Docente di Diritto costituzionale Università di Cagliari
 
LA NUOVA SARDEGNA
10 – La Nuova Sardegna
Pagina 19 - Ed_Cagliari
Una conferenza sulle opportunità di studio e lavoro
 
CAGLIARI. Varie opportunità di orientamento e formazione saranno presentate domani dall’Associazione Studenti per la Città comunica alle 11 nell’aula Cosseddu della Casa dello Studente di Via Trentino (nella foto). Le possibilità offerte provengono da associazioni studentesche, associazioni di categoria e dallo Sportello Student Jobs. Durante la conferenza verranno presentati dei portali di orientamento creati da giovani studenti, nelle quali è possibile reperire informazioni sulle opportunità di studio e lavoro, su come preparare una buona candidatura per un colloquio di lavoro, come usufruire della opportunità di studio e lavoro all’estero e come poter avviare a realizzare la propria idea imprenditoriale. L’incontro ha il patrocinio dell’Università, con la collaborazione dell’Ersu (l’Ente regionale per il diritto allo studio), dell’Associazione Tdm 2000, Cngi (Comitato giovani imprenditori italiani) e del Centro studi cultura e sviluppo di Pistoia. L’incontro è libero e aperto alla partecipazione di chiunque sia interessato a questo tipo di incontri.
 
LA NUOVA SARDEGNA
11 – La Nuova Sardegna
Pagina 20 - Ed_Cagliari
Tuvixeddu, il lodo slitta a ottobre
Per Deloitte nessuna responsabilità del Comune sullo stop al piano immobiliare di Nuova Iniziative Coimpresa
di Mauro Lissia
 
CAGLIARI Doveva chiudersi il 24 luglio e invece slitterà a ottobre il loro arbitrale sulla richiesta di risarcimento avanzata dalla Nuova Iniziative Coimpresa per i ritardi accumulati nella realizzazione del progetto immobiliare su Tuvixeddu a causa dei vincoli imposti dalla Regione e dalla Sovrintendenza ai Beni culturali. Il collegio aveva fissato la data per la discussione ma sono stati i legali della Regione a eccepire i tempi stretti per l’esame degli atti e alla fine sono stati concessi altri tre mesi. Nel frattempo il dibattito su Tuvixeddu si è riacceso dopo che l’amministrazione Zedda ha dovuto rimangiarsi ufficialmente l’ormai nota delibera che avrebbe riaperto sul colle punico la via del cemento, spinta dalle proteste di Italia Nostra e dello scrittore Giorgio Todde, che sulla Nuova Sardegna ha criticato quella scelta ora revocata. L’elemento nuovo è legato alla consulenza elaborata per il collegio arbitrale dalla Deloitte spa, depositata a maggio scorso, dove il Comune viene del tutto «scagionato»: a leggere i consulenti coordinati da Antonio Cattaneo la responsabilità del municipio sui ritardi è pari a zero. Un dato che non può stupire, considerato che l’amministrazione Floris si è sempre schierata al fianco dell’impresa costruttrice anche nelle controversie giudiziarie, scaricando sui cagliaritani spese di giudizio ingenti pur di difendere il piano immobiliare. Quella stagione si è conclusa: Zedda ha fatto uscire il Comune dalle cause ancora in corso davanti ai giudici amministrativi ed ora arriva la conferma da parte di Deloitte sull’estraneità dell’amministrazione comunale a un’eventuale obbligo di risarcimento. Nelle 447 pagine della relazione Deloitte parla di danno «in ipotesi» facendo riferimento alla possibilità che il collegio consideri la Regione responsabile dello stop in una percentuale che viene calcolata nel 62,5%. Questo perché il pool di periti sostiene che il blocco è dipeso «da una pluralità di fattori per lo più fortemente interdipendenti fra di loro e riconducibili a numerose cause e a diversi soggetti coinvolti». Il soggetto principale è la Regione, cui Deloitte attribuisce infatti la percentuale maggiore di «responsabilità» soprattutto nel periodo che va dal 9 agosto 2006 al 4 dicembre 2008. Nella fase due però, dal 2008 ad oggi, si affiancano all’amministrazione regionale il ministero dei Beni Culturali attraverso l’Avvocatura dello Stato e le associazioni culturali ed ecologiste. Una sorta di forza d’opposizione che alla fine vince i giudizi davanti al Consiglio di Stato e al Tar, fermando Nuova Iniziative Coimpresa e aprendo di fatto il contenzioso parallelo davanti agli arbitri. Grandi colpe vengono invece attribuite agli ecologisti («i no-tuv») dal project manager di Coimpresa, Mauro Caria, che nel sito di Urban Center scrive di «approccio integralista, protervo e chiuso al dialogo» rispetto al problema e avverte che lo stop al piano Tuvixeddu «ha fatto andare in malora un’importante azienda, i suoi lavoratori, il suo know-how e la sua capacità di distribuire lavoro». Nell’intervento Caria parla anche di «brigantaggio amministrativo».

12 - SardegnaQuotidiano
Cagliari – pagina 14
UNIVERSITÀ STORIA DELLA MEDICINA
RICORDATO IL CHIRURGO PROVENZALE
 
La figura di Luciano Provenzale, cardiochirurgo che fondò in città una vera e propria scuola, è stata ricordata ieri mattina - a 100 anni dalla nascita e a 25 dalla morte - durante la seconda giornata dei lavori del Convegno di Storia della Medicina in Sardegna - organizzato dall’or - dine dei medici e dall’associazione Clemente Susini - da Alessandro Riva, professore emerito dell’Università e presidente dell’associazione Clemente Susini.
 
13 - SardegnaQuotidiano
Cagliari – pagina 14
Sport Ateneo e Coni Sardegna insieme per Scienze motorie
 
Si chiama “Scienze motorie & sport” il progetto avviato nel 2012 dal Coni Sardegna che, insieme alla ricerca scientifica internazionale del “Laboratorio dello Sport” segna un passo in avanti nella collaborazione con l’Università. «Stiamo ottenendo risultati sempre più soddisfacenti», ha dichiarato Gianfranco Fara, presidente del Coni Sardegna. «Il Laboratorio dello Sport era un progetto ambizioso in cui volevamo coinvolgere i ricercatori universitari, per impegnarci sulle esigenze dello sport professionistico sardo ». L’anno scorso il Coni Sardegna ha partecipato, a Liverpool, al più importante congresso europeo di Medicina dello sport, in occasione del quale il ricercatore Massimiliano Pau del dipartimento di Ingegneria meccanica ha ottenuto consensi coi le sue ricerche di biomeccanica applicata agli sport di squadra. L’obiettivo del 2012 è invece quello di partecipare al Congresso mondiale che si terrà a Roma in settembre. «L’ateneo è lieto di continuare l’impegno col Coni per il miglioramento dello sport e della ricerca scientifica ad esso connessa»: così ha dichiarato il rettore dell’università, Giovanni Melis. «Si tratta di una collaborazione in atto anche sul piano dell’iniziativa finalizzata al riconoscimento del ruolo del laureato in Scienze motorie nell’ambito della professione », ha aggiunto Melis. La collaborazione tra università e Coni quest’an - no sarà ancora più stretta: «Punteremo su seminari in cui vari numeri uno dello sport italiano potranno trasmettere competenze agli iscritti in Scienze motorie», ha detto Fara. «Ad esempio, il 21 giugno il campione di scherma Andrea Cassarà sarà impegnato in aula e in campo con gli studenti. Il fatto poi che simili atleti vedano nella Sardegna una via per migliorare le loro prestazioni ci dà una ulteriore soddisfazione », ha concluso Fara.
 

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie