Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
13 May 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
I nostri soldi (Pagina 31 - Edizione CA)
Laureati sardi, al lavoro dopo 3 anni
Tempi più lunghi rispetto ai coetanei europei sia per avere un'occupazione che negli studi
 
Si laureano quattro anni più tardi dei loro coetanei europei, con un percorso di studi che in media si conclude a 26 anni per le triennali (22-24 nel resto d'Europa) e a 27-28 per le specialistiche. E quando finalmente raggiungono il traguardo ci mettono almeno tre anni per trovare lavoro, dopo un anno ci riesce solo non più della metà. Almeno in Sardegna è così, forse per questo che divenuti “dottori” molti prendono il largo, realizzando i loro sogni oltre i confini nazionali.
È la generazione dei sardi under 30, quell'“isola infelice” fotografata da statistiche e analisi all'unisono, l'ultima quella di Almalaurea, la più importante banca dati dei laureati in Italia. Sono i giovani a pagare il prezzo più alto della crisi, con lavori sempre più precari e la prospettiva di una pensione quasi zero. Di questi tempi sono loro a rimetterci, facile etichettarli come giovani senza futuro o disoccupati con titolo: la laurea non basta più per assicurarsi l'ingresso nel mercato del lavoro.
L'Ateneo di Cagliari non fa eccezione, anche se negli ultimi due anni ha scalato la classifica ministeriale per i risultati ottenuti su didattica e ricerca, passando dal 24esimo (Sassari è 48esima) al 21esimo posto. È l'Istat a dire, rispetto ai laureati senza lavoro, che la Sardegna sta un po' meglio di altri: se al Nord dopo tre anni dalla laurea si sistema l'83,4%, i laureati di Cagliari sono il 73,4% contro il 60,6% del Mezzogiorno e il 71,8% del Centro.
Almalaurea, invece, con le interviste all'Università di Cagliari, a tre anni dalla laurea specialistica (intero ciclo) certifica che lavora l'84,2%. E sono soprattutto facoltà come Medicina e Ingegneria a sfornare i laureati più fortunati: la prima li occupa tutti, la seconda il 93,4%. Sotto la media dell'ateneo le facoltà umanistiche ma anche Giurisprudenza che non supera il 60,5% e Scienze politiche con il 79,8%. Sta crescendo Economia con l'87% dei laureati in busta paga a tre anni dalla fine degli studi.
Resta il dato di partenza: i sardi aspettano almeno tre anni. «A parte il dato medio c'è una serie di situazioni specifiche da prendere in considerazione - è il commento di Giovanni Melis, Magnifico rettore a Cagliari - penso ai corsi della facoltà di Medicina, Ingegneria ed Economia che hanno tempi più ridotti. Il fatto è che la situazione è difficile per tutti ma ancora di più per chi non ha un'adeguata preparazione culturale e professionale: l'Università, con tirocini e collegamenti col mondo produttivo, sta facendo uno sforzo e anche i giovani devono capire che senza titolo dovranno ripiegare su lavori manuali competendo con i giovani dei paesi emergenti più disponibili e avvezzi a farli».
Carla Raggio
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
I nostri soldi (Pagina 31 - Edizione CA)
Il ruolo primario della meritocrazia
Riprendiamoci i giovani valorizzando i loro talenti
Giorgia Meloni*
 
Non ho mai condiviso l'espressione “fuga dei cervelli”, così come non ho condiviso gli appelli che alcuni intellettuali e dirigenti hanno rivolto a figli e parenti affinché abbandonassero questa Italia avara di occasioni. Occorre certamente fornire risposte ai tanti giovani italiani di talento ma non dobbiamo commettere l'errore di considerare l'immobilità come una risorsa: in quest'epoca “infame” per le giovani generazioni, tra gli elementi positivi c'è sicuramente l'emergere della prima generazione “mass-europea”, in grado di muoversi con facilità e a costi ridotti. Il vero punto - sul quale noi siamo fallaci come sistema - riguarda la capacità di “riprendersi” questi ragazzi che hanno arricchito il loro bagaglio di esperienze all'estero, evitando che se ne vadano per sempre.
Anche questo problema rientra in quello che è il principale difetto della nostra società: la gerontocrazia culturale. Non intendo solo una classe dirigente anziana ma soprattutto un modo di pensare “vecchio” che, a volte, contagia anche le nuove generazioni. Deve ritornare ad avere un ruolo di primo piano, sempre e ovunque, la meritocrazia, intesa come la possibilità che hanno i migliori di andare avanti in base alle loro capacità e ai loro sforzi, indipendentemente da ceto, famiglia di origine e sesso. Proprio nei giorni scorsi, l'Agenzia delle Entrate ha diffuso una circolare per chiarire i criteri di applicazione delle norme contenute nel decreto emanate dal precedente governo e riguardante gli incentivi fiscali per favorire il rientro delle professionalità che avevano scelto di trasferirsi all'estero. Questo decreto fu il risultato di una iniziativa legislativa bipartisan che spero dia buoni frutti.
Un altro importante provvedimento del governo Berlusconi è il credito d'imposta per le imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o in enti pubblici di ricerca. Ritengo comunque fondamentale che le aziende investano nella ricerca e che il settore pubblico elimini gli sprechi per destinare risorse all'innovazione. Proprio questo è uno degli obiettivi della riforma universitaria approvata lo scorso anno.
* Ex ministro delle Politiche giovanili
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
I nostri soldi (Pagina 31 - Edizione CA)
Lo Stato riacchiappa i “cervelli”
Bonus fiscale (20 milioni) per le assunzioni in Sardegna
Via libera agli incentivi per favorire il rientro in Italia dei laureati fuggiti all'estero
 
Fisco soft per i “cervelli” che fanno rientro in patria. Chi ritorna a lavorare in Italia dopo aver passato due anni all'estero per lavoro post laurea o per conseguire un titolo accademico pagherà le tasse ridotte, calcolate cioè su un'imponibile scontato dell'80% (del 90% se donna). Il via libera all'incentivo, che copre 5 anni, dal 2011 al 2015, arriva dalla circolare del 4 maggio dell'agenzia delle Entrate, che dà attuazione alla misura prevista dalla legge 238/2010 a favore dei giovani nati dopo il primo gennaio 1969. E non è questa l'unica buona notizia. Giovedì scorso, infatti, la Conferenza Stato-Regioni ha dato l'ok allo schema di decreto per la ripartizione di 142 milioni di euro destinati a sbloccare il bonus fiscale (copertura del 50% del costo salariale) per le assunzioni effettuate nel Mezzogiorno tra il 14 maggio 2011 e il 13 maggio 2013. Alla Sardegna vanno 20 milioni di euro come a Calabria e Puglia; 65 milioni alla Sicilia, 10 milioni alla Puglia, 4 all'Abruzzo, 2 alla Basilicata e 1 al Molise.
BONUS SUI CERVELLI Ma vediamo come opera il bonus sul rientro dei cervelli. L'incentivo spetta ai cittadini Ue, nati nel '69, in possesso di determinati requisiti maturati a partire dal 20 gennaio 2009. In particolare, si distinguono due categorie di beneficiari. La prima comprende i soggetti che dal 20 gennaio 2009 sono in possesso di laurea; hanno risieduto continuativamente per almeno 24 mesi in Italia; negli ultimi due anni (o più) hanno risieduto fuori dal proprio paese d'origine e dall'Italia, svolgendo in via continuativa attività di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa. La seconda categoria comprende i soggetti che dal 20 gennaio 2009 hanno risieduto continuativamente per almeno 24 mesi in Italia; negli ultimi due anni o più hanno risieduto fuori dal proprio paese d'origine e dall'Italia conseguendovi un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
INIZIO ATTIVITÀ Condizione per il riconoscimento dell'incentivo è l'avvio di un'attività di lavoro in Italia, sia che si tratti di lavoro dipendente (cioè assunzione da parte di un datore di lavoro), di collaborazione (co.co.co. o lavoro a progetto), di lavoro autonomo, ossia artistica o professionale e d'impresa. Non solo. L'attività può essere avviata sia in forma individuale che associata (società tra professionisti, ecc.), senza necessità di attinenza con l'attività di studio o di lavoro già svolta all'estero. Oltre all'avvio di un'attività è necessario il rimpatrio. I lavoratori, infatti, devono trasferire in Italia residenza e domicilio entro tre mesi dall'avvio dell'attività. Il rimpatrio può risultare anche prima dell'avvio dell'attività di lavoro; ma in tal caso occorre che sia stato funzionale all'avvio dell'attività (è così, senza necessità di verifiche, quando il rimpatrio sia avvenuto o avvenga nei tre mesi che precedono l'inizio dell'attività).
MENO TASSE L'incentivo consiste nella riduzione delle tasse per cinque anni, dal 2011 al 2015. Lo sconto deriva dalla riduzione dell'imponibile fiscale (la base su cui si calcola l'Irpef) dell'80% (90% alle donne). Il recupero del primo anno di bonus, il 2011, avverrà in sede di dichiarazione dei redditi. Per chi è occupato come dipendente, il bonus è riconosciuto dal datore di lavoro che può riemettere il Cud relativo all'anno scorso entro il prossimo 31 maggio. In alternativa, resta la via della presentazione di un'istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate.
Daniele Cirioli
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
Fuorisede, che strana razza
Alla Casa per Studenti, da non confondere con la Casa dello Studente,
tipologia riconoscibile dalla tavoletta di wc aggiustata con scotch marrone
 
« Ma lei è di Cagliari?» Il dottor Cadelanu, commercialista regolarmente iscritto al relativo Ordine come da pergamena incorniciata alle sue spalle, mi squadra mentre attende una risposta alla sua domanda.
Me l'ha buttata là, con quel tono un po' nasale tipico dei cagliaritani a denominazione d'origine controllata. Una metrica cantilenata, a strascico, e ancora dopo vent'anni ho le mie difficoltà a capire se chi mi parla è serio o mi prende in giro.
Di solito mi limito a un sì o un no secco, a seconda dell'umore, ma la risposta vera è più complicata.
Si retrocede di un anno e mezzo circa, ore dieci del mattino più o meno, stazione Arst di piazza Matteotti. Alle nostre spalle la sagoma celeste screziato gasolio della Freccia Sarda che riposa dopo due ore e trenta di Carlo Felice. Nelle tasche la cartolina verde della leva militare, davanti a noi il Capoluogo, carico di aspettative grandiose ma imprecise.
LA CARTOLINA «Visita di leva, piciocus? Serve un passaggio?»
Il tassista è tanto perspicace quanto non in regola con le licenze comunali, e ci indica la sua Ritmo rossa che ronfa in doppia fila col minimo traballante dei vecchi Fiat a carburatore.
Ci serve un passaggio? Ci guardiamo tra noi senza sapere bene come rispondere. La nostra meta, scritta a mano in un foglietto, recita “Pensione Vittoria - Via Roma”. Alloggio senza pretese ma dignitoso: una sola stella per la normativa classificatoria degli esercizi alberghieri, una galassia di possibilità se confrontata con l'unica alternativa, vale a dire il pernottamento a spese del Ministero della Difesa in un camerone del Distretto Militare di viale Calamosca, località omonima, Cagliari.
Se non siete del posto, le indicazioni per arrivare in via Roma partendo dalla stazione di piazza Matteotti sono più che lineari e si riassumono in attraversa la piazza.
«Via Roma? Ma esti in casinu, tocca s'accumpàngiu deu!»
Il tragitto fatto da me e tre ugualmente sprovveduti compagni di leva l'ho ricostruito anni dopo: via Roma, viale Diaz, viale Poetto, inversione a U verso Marina Piccola, e poi indietro sino a tornare in via Roma, cento metri più avanti del punto di partenza. L'abusivo ci saluta frettoloso adducendo imprecisati lavori in corso e vaghi «casinus con i sensi unici» che hanno purtroppo allungato il giro. Fa niente, però, per fortuna lui il tassametro non ce l'ha, e ci può fare uno sconto, tariffa speciale riservata agli amici. E ai gonzi in trasferta.
MATRICOLA La storia vera, dopo l'antefatto, inizia quindi nell'ottobre del novantadue, quando la Prima Repubblica e la mia vita liceale sono ormai ai titoli di coda. A Genova festeggiano i cinquecento anni dalla scoperta dell'America, e anche io, modestamente, vado a esplorare il mio nuovo mondo immatricolandomi all'Università degli Studi di Cagliari.
E, se Cagliari fosse non dico l'America ma soltanto New York, allora Ellis Island sarebbe via Premuda, zona San Michele: sede dell'Ente Regionale per lo Studio Universitario. È all'Ersu che verrai registrato, protocollato e dotato del tesserino mensa.
Su quei depliant che danno adesso a croceristi in calzoncini che sbarcano al porto c'è scritto che Cagliari è divisa nei quartieri storici di Marina, Stampace, Villanova e Castello. Non discuto, sarà anche vero, ma una cosa che ho iniziato a capire in fila alla mensa universitaria è che per me questa divisione non ha più senso di quella in tre parti della Gallia. Ho accettato con fiducia quanto affermano le guide turistiche e Giulio Cesare, ma al di là della nozione in sé, la cosa non mi ha mai coinvolto. Cagliari, allora, per me si divideva in due: gli universitari fuori sede da una parte e tutto il resto dall'altra.
(Intro con musica di sottofondo: Aria sulla quarta corda di Johann Sebastian Bach, nella versione suonata dai Swingle Singers. Sì che la conoscete, è la sigla di Quark).
SPECIE MIGRATORIA L'universitario fuorisede è una specie alloctona non invasiva di tipo migratorio. Un po' come il fenicottero rosa di Molentargius, con la felice differenza che i tentativi di accoppiamento del fuorisede non vengono seguiti da frotte di naturalisti con i binocoli.
Il fuorisede arriva in città al primo fresco di settembre, e va via dopo la sessione estiva di luglio. Animale spiccatamente sociale dalle tendenze notturne, è solito soggiornare in gruppi di quattro o cinque individui omogenei per sesso e provenienza geografica, dentro sistemazioni di fortuna note come case per studenti.
La Casa per Studenti, vi prego di non confonderla con la Casa dello Studente, è una tipologia abitativa di genere vario ma riconoscibile da vari segni distintivi: arredamento di fortuna risalente ai primi anni Settanta, cucina economica con bombola a vista, bagno con tavoletta wc aggiustata con scotch marrone da pacchi, ampio soggiorno trasformato in camera doppia e brandina zoppa, stufa a gas e affitto completamente in nero.
Io i primi anni li ho passati in un pianterreno di via Giardini, una specie di garage uso pseudo-abitativo che prendeva luce (poca) da un portoncino vetro alluminio e umidità (tanta) dai muri perimetrali. Venni sfrattato con tre giorni di preavviso, la settimana prima di un esame. L'allora padrone di casa, un collega del dottor Cadelanu, l'ho poi ricordato per anni in tutte le mie preghiere. Ma non abbastanza: da poco ho visto che esercita ancora in una parallela di via Dante, vivo e presumibilmente in buona salute.
AFFITTO IN NERO Ad ogni modo, siate finanzieri o antropologi, ciò che più risulta interessante fra i tratti distintivi della Casa per Studenti è quello dell'affitto in nero. Lo studente mangia, dorme e prepara gli esami in quella casa, ma ufficialmente non vi risiede. E lo stesso vale nei confronti della città nel suo complesso, che il fuorisede vive in maniera intensa dal mattino presto per le lezioni fino a tarda notte. Così, il fuorisede, per esempio, conosce movimenti e abitudini dei controllori meglio di un dirigente del Ctm, è l'ultimo a farsi una capperi acciughe più birroncino al 74 di via Dante mentre albeggia, il primo ad addentare, più o meno alla stessa ora, un cornetto alla crema in via San Giovanni. Però il fuorisede non ha mai visto un Natale o una Pasqua a Cagliari, per non parlare del Ferragosto. Per votare o rinnovare la carta d'identità deve tornare a casa, e se si ammala non ha il medico di famiglia che gli faccia una ricetta. Se sei fuorisede, insomma, vivi la città ma non ne fai parte. E, detto tra noi, anche la città fa ben poco per invitarti a entrare. Non fidatevi troppo dell'aria estroversa e ciarliera dei casteddai. Cagliari è una città gelida e chiusa, me lo ha detto una volta un oculista stampacino, e lui per mestiere guarda dietro gli occhi della gente.
Comunque, poi l'università è finita. Ho trovato un lavoro, e sono rimasto qui. Ma sempre con un piede dentro e l'altro... insomma, così così.
SOLITA DOMANDA «Ma lei è di Cagliari?»
La domanda del dottor Cadelanu sta ancora lì, appesa. Che per lui, poi, sarà un interrogativo ozioso, a riprendere fiato prima di tuffarsi dentro la mia tutt'altro che complicata dichiarazione dei redditi. Ma oggi è il mio compleanno, e per me quella domanda è diventata importante. Ho bisogno di una risposta. Faccio trentanove anni, e significa che ho passato la maggior parte della mia vita in questa città. Il cinquanta percento più uno della mia esistenza qui, a Cagliari.
Magari posso anche dire con voce un po' trepidante E certo che sono di Cagliari! Ho il mio ricciaio di fiducia al Poetto, conosco i vicoletti dove parcheggiare in centro, distinguo i ristorantini perbene dalle trappole per turisti giù a Marina, so per quali mulattiere salire in bici sopra la Sella del Diavolo, la domenica compro spigole e asparagi al mercatino di Sant'Elia, so contare i giorni dispari del maestrale... Non sarò un purosangue, ma certo che sono casteddaio. Se Kennedy si disse berlinese, non posso io dirmi cagliaritano?
Però non faccio in tempo. Cadelanu approfitta della mia esitazione, mi dribbla e converge verso la sezione anagrafica del Cud. «Ah, no, macché cagliaritano, lei è di Nuòro...»
«Si dice Nùoro», sospiro, «accentato sulla terzultima. Ma perché voi cagliaritani vi ostinate a sbagliarlo? Secondo me lo fate apposta».
Cadelanu non risponde, e mi chiede se ho spese mediche da scaricare.
Antonio Bachis
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 8 - Edizione CA)
Robot teleguidato in fondo al mare, la pesca del corallo diventa thecno
di Andrea Piras
 
Un robot subacqueo filoguidato, con tanto d'occhi, braccia e mano d'acciaio, capace di tuffi straordinari negli abissi senza i limiti di tempo e profondità imposti all'uomo dalla fisiologia, e la pesca del corallo in Sardegna esce dalla storia fatta di bombole in spalla, piccozza e fatica per esplorare altre mete e sfamarsi di tecnologia. Sarà davvero il Rov (acronimo di remotely operated vehicle), ovvero il sottomarino a comando remoto, a sostituire i sommozzatori per andare a scoprire e poi raccogliere l'oro rosso del Mediterraneo, strappando i rami dai banchi profondi dell'Isola, come chiedono alcuni corallari sardi (in testa l'ingegnere di Alghero e storico corallaro Fausto Troisi) nel nome della sicurezza e della salvaguardia della vita umana in immersione. Oppure, come sostengono altri (la maggior parte dei ventidue corallari muniti di licenza, la stessa Regione e i ricercatori del Dipartimento di biologia dell'Università di Cagliari), il sistema di raccolta deve restare quello attuale, regolamentato da una normativa regionale (la Legge 69 del 5 luglio 1979, giudicata un esempio da esportare) che consente di pescare corallo a profondità maggiori agli 80 metri, ai soli subacquei con licenza, in immersione autonoma e servendosi di una piccozza per staccare i rami dalla roccia?
L'ASSESSORATO Roberto Doneddu, direttore del Servizio pesca dell'assessorato regionale all'Agricoltura, sgombra il campo da qualsiasi dubbio: «Il Rov non può essere usato, lo vieta la nostra legislazione, è vietato in Mediterraneo», avverte. «Da tempo si discutono in ambito regionale e internazionale, per lo sfruttamento del corallo, ipotetici percorsi di ricerca per capire se a profondità superiori ai 130 metri abbia senso utilizzare altri strumenti, ma le posizioni sono quelle di estrema prudenza. Non sappiamo, per esempio, se il Rov utilizzato anche per le perlustrazioni da parte dei corallari, abbia un impatto sulla risorsa. Contribuisca, cioè, ad aumentare lo sforzo di pesca. Al tal proposito c'è in corso uno studio nel Tirreno, commissionato dal ministero, che ha tra gli obiettivi proprio quello di verificare quale sia l'impatto del robot usato anche solo per la prospezione subacquee».
IL DIPARTIMENT o Per Angelo Cau, direttore del Dipartimento di biologia di Cagliari, «la risorsa corallo è oggi in equilibrio, i dati scientifici raccolti durante la ricerca del nostro Dipartimento hanno dimostrato che il corallo rosso gode di un buon stato di salute ecologico dovuto a collaudati piani di gestione. Un aumento del prelievo, esercitato in qualsiasi modo, dunque anche col Rov, potrebbe alterare questo stato. Credo poi che il disaccordo e la competizione tra operatori darà adito alla Cites di intervenire e regolamentare la raccolta. C'è infatti in corso un confronto scientifico, tecnico e istituzionale sulla richiesta da parte degli Stati Uniti di inserire anche il corallo rosso nell'elenco Cites, la convenzione di Washington per la difesa delle specie a rischio».
IL DIBATTITO Resta da capire (ed è questa la questione che sta facendo dibattere gli addetti ai lavori) se l'utilizzo del robot teleguidato, che poi tutti o quasi tutti i corallari sardi hanno in barca per le indagini subacquee, sia o no regolamentare. «Secondo la nostra lettura, il Rov non è un'apparecchiatura consentita. Non è un attrezzo da pesca, non è inserito tra gli strumenti di bordo per la sicurezza», aggiunge Doneddu. Materia da giurisprudenza, insomma. Mentre già domani il caso-corallo-Rov potrebbe essere tra gli argomenti in discussione nel Comitato regionale della pesca convocato per le dieci a Oristano.
IL PIANO I sostenitori del progetto Rov (oltre a Fausto Troisi, anche il professor Lorenzo Chessa dell'Università di Sassari) non hanno dubbi: la sua applicazione consentirebbe intanto agli operatori di rispettare la legge 626 sulla sicurezza a cui è di fatto impossibile adeguarsi durante le immersioni profonde. «Quarant'anni fa siamo andati sulla luna e oggi stiamo ancora discutendo se sfruttare o no la tecnologia per pescare corallo. Credo che in tutto questo ci sia molta malafede e poca scienza. La salvaguardia dell'uomo, in tutto questa polemica, resta fuori, sembra importare meno della vita del corallo. In trent'anni di lavoro ho perso compagni, amici. Da qui bisogna partire, anche perché non è neppure vero che col Rov si pescherà di più e in modo impattante. Un solo esempio. Per i limiti dovuti all'apparecchiatura, tutti i rami nascosti dentro i buchi resteranno lì ad accrescersi, oggi invece li preleviamo. Altro che impatto eccessivo», taglia corto l'ingegnere-corallaro di Alghero. Cauto, necessariamente prudente,
GLI ARMATORI Renato Murgia, il direttore dell'associazione degli armatori sardi che raggruppa i corallari. «Il problema merita attenzione massima e un confronto adeguato, per poter stravolgere la normativa regionale non si può prescindere da un supporto scientifico che oggi comunque abbiamo. La pesca del corallo è una risorsa importante per la Sardegna, ci lavorano operatori diretti e almeno un centinaio di persone nell'indotto. Allora prima di modifiche, bisogna discutere».
 

LA NUOVA SARDEGNA
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 5 - Ed_Cagliari
«Vanno sentite le popolazioni interessate»
GIANMARIO DEMURO»VOTAZIONI VALIDE
 
SASSARI «Non mi pare sussistano basi giuridiche per sostenere che i referendum non sono validi, la questione è un'altra: che succederà dopo la proclamazione dei risultati?». Ragionando soltanto da tecnico e specialista, come tiene a precisare, Gianmario Demuro spiega di non essersi personalmente schierato né a favore né contro i quesiti sulle Province. E puntualizza: «In ogni caso, andranno sentite le popolazioni locali prima di pensare a qualsiasi riordino degli assetti attuali». Nato a Cagliari 51 anni fa, Demuro insegna Diritto costituzionale nella facoltà di legge del capoluogo di regione. Perché pensa che i referendum non siano attaccabili da eventuali ricorsi? «Sbaglia chi fa riferimento all'articolo 43 dello Statuto regionale. Nell'ottica del nostro ragionamento va invece tenuta presente una sentenza della Corte costituzionale, la numero 230 del 2001 In quella circostanza la Consulta ha riconosciuto alle Regioni la potestà d'istituire nuove Province. Perciò ha dato loro anche quella di abrogarle, con un effetto indiretto ma altrettanto stringente sul piano giuridico». C'è quindi un problema che riporta ai principi generali dell’autonomia amministrativa: ma come si tutela nello stesso contesto quella delle Province di recente istituzione? «Se le Regioni possono costruire il loro ordinamento circa gli enti locali, mi sembrerebbe poi non corretto pensare che non possano modificarlo. Nella sostanza, mi pare che dopo i referendum ci siano state reazioni un po' isteriche. Ma tutto ciò non significa, naturalmente, che non debbano venire ascoltati i cittadini residenti nei singoli territori: la legge prevede che si tenga conto del loro parere, e così deve essere». Su quali fondamenti? «L'articolo 133 della Carta costituzionale: dice che il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Provincie nell'ambito d'una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione». Questo non significa che oggi non ci si trovi di fronte a una situazione complessa: che fare? «Sempre sul piano tecnico le soluzioni possono essere diversificate. Una prima ipotesi parte dai poteri effettivi che la Regione ha davvero in circostanze come questa. E' infatti chiaro che la via maestra dovrebbe essere quella di un riordino generale per via legislativa dell'intera materia, dopo un inevitabile periodo di transizione». E, se lo si facesse, potrebbero sopravvivere le Province storiche con un ritorno ai vecchi confini esistenti prima del 2001? «Circa i limiti territoriali ha ragione chi sostiene, richiamando precedenti decisioni della Corte costituzionale, che non è possibile farli rivivere». Alternative? «In astratto, si può riflettere su una situazione simile a quella che le norme prevedono in caso di scioglimento anticipato degli organi. La questione potrebbe concretamente porsi per esempio nella fase in cui verranno ufficializzate le dimissioni di Tore Cherchi da presidente della Provincia del Sulcis Iglesiente». Che cosa pensa dell'idea di nominare commissari nella fase di passaggio da un sistema all'altro? «Non mi sembra una tesi generalizzabile. Chi ha il potere di nominarli? La Regione? E qual è la norma che l'autorizza a questa procedura?». Sarà tuttavia possibile sollevare in diverse sedi questioni di legittimità costituzionale sui risultati dei referendum? « «Sì, naturalmente. Anche se mi parrebbe un tentativo un po' contrario alla percezione di cancellare le Province che in questo momento mi sembra arrivare dall'opinione pubblica». Ricadute sulle quattro Province storiche? «I referendum sono stati abrogativi per le nuove , consultivi per le vecchie. E' comunque evidente che i confini vanno ridefiniti con la partecipazione dei Comuni. Ecco perché, al di là del caso della Provincia di Cagliari, problema nel problema, un'ipotesi di soluzione è quella di un regime di prorogatio limitato alle sole vecchie Province». Ma in tutto questo che ruolo concreto può svolgere la Regione? «Così come in passato ha disciplinato il passaggio da 4 a 8 Province, adesso può farlo nel meccanismo necessario per riportarle a 4. A ogni modo, qualsiasi sia il tipo di riordino preso in considerazione, i tempi non saranno brevi: richiederanno diversi mesi. E nel frattempo, per evitare caos normativi, la situazione andrà gestita». (pgp)
 
LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 5 - Ed_Cagliari
«Meglio sospendere gli effetti abrogativi»
OMAR CHESSA»CONSULTAZIONI INAMMISSIBILI
di Pier Giorgio Pinna
 
SASSARI «Inammissibili». Così come un gruppo di altri giuristi del Nord Sardegna, Omar Chessa è convinto che i referendum sulle nuove Province fossero in realtà improponibili sotto il profilo giuridico. «E adesso il rischio che siano dichiarati nulli è molto forte», sostiene. «Uno dei possibili motivi di ricorso, un domani, riguarderà infatti la loro compatibilità sul piano costituzionale», aggiunge. E precisa ancora meglio: «L'articolo 43 dello Statuto regionale dice chiaramente una cosa: per modificare le circoscrizioni provinciali occorre una legge che, nell'isola, va adottata con il consenso delle popolazioni interessate. Il discorso, quindi, vale a maggior ragione per l'abrogazione». «Insomma, ci troviamo di fronte a un procedimento “rinforzato” dall’istituto della partecipazione popolare, con disposizioni che non possono venire cancellate con un semplice referendum», conclude su questo punto. Professore di Diritto costituzionale, in giudizio Omar Chessa aveva sostenuto con i suoi pareri le posizioni dell’Ups. Insegna nella facoltà di legge sassarese. Compirà 42 anni a fine mese. Nel caso dei referendum è stata fatta una distinzione tra vecchie e nuove Province: ci saranno conseguenze per le prime, per le quali il quesito è stato soltanto consultivo? «Certo: non sarà possibile fare rinascere i confini stabiliti nel 2001 con la nascita di Olbia-Tempio, Sulcis Iglesiente, Ogliastra e Medio Campidano. Da tempo esiste una posizione univoca da parte della Consulta secondo la quale non possono rivivere le leggi precedenti a quelle abrogate». E allora? «Occorrerà una legge di riordino complessivo. Dovrà farla il consiglio regionale. Ma bisognerà a ogni modo sentire sempre i pareri delle popolazioni interessate». Ci sono secondo lei altri motivi per i quali saranno possibili eventuali ricorsi? «Sicuramente. Per il momento manca la legge statutaria, ma è proprio quella che disciplina l'istituto del referendum. E anche questo è un problema». Un tema che finora non era però stato sollevato. «Perché in passato nessuno dei referendum regionali abrogativi ha mai raggiunto il quorum. Quello sul nucleare, per esempio, era consultivo». Altre ragioni per ricorrere? «Questo genere di consultazioni popolari vanno considerate inammissibili anche se determinano la paralisi del funzionamento di organi costituzionali, come rischia di succedere in questa circostanza per il consiglio regionale. Infatti le circoscrizioni elettorali corrispondono alle circoscrizioni provinciali. Con evidenti effetti, quindi, sulla elezione dei componenti dell'assemblea sarda». Ulteriori motivi di contestazione? «Ce ne sarebbero almeno altri quattro o cinque. Mi limiterò a segnalarne solo un altro, che mi pare tuttavia molto rilevante. Senza accorgersene, chi ha votato sì alla cancellazione delle nuove Province ha indirettamente abrogato quelle storiche». Perché? «Per la semplice ragione che i loro limiti territoriali, come sottolineavo prima, non possono venire ripristinati. E dunque ci si dovrà porre precise domande. Oggi dove iniziano e dove finiscono i confini delle quattro vecchie Province? E sin dove può arrivare la competenza di Sassari per la manutenzione di una data strada? Chi sono i responsabili di un determinato procedimento amministrativo che riguarda, che so io, l'area di Montresta? E a quale dei diversi enti potenzialmente interessati spetterà onorare debiti e crediti in questa situazione di estrema incertezza?» Chi ha la titolarità per presentare una richiesta di annullamento? Quando e dove potrà essere presentata? «Bisognerà attendere il decreto di Cappellacci con la presa d'atto dell'esito dei referendum. Poi, di fronte ai primi atti esecutivi da parte della Regione, sarà sufficiente che le Province soppresse impugnino questi provvedimenti davanti al Tar. Analogamente, in presenza di contenziosi privati in atto con le 4 nuove amministrazioni ora abrogate, chiunque potrà sollevare una questione di legittimità costituzionale davanti al tribunale nel quale si procede con la causa». Che succederà in concreto? Come si riempirà quello che lei considera un vuoto normativo? «Le ipotesi in campo possono essere diverse. Sotto il profilo giuridico, ritengo che la soluzione più efficace sia quella di procedere al riordino saltando il passaggio dei commissari e differendo l'effetto abrogativo dei referendum alla scadenza naturale del mandato dei consiglieri provinciali».
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 11 - Ed_Cagliari
ALGHERO
Porto Conte Ricerche punta sull’alta formazione
 
ALGHERO La Summer School come eccellentera opportunità formativa e di aggiornamento anche per i giovani ricercatori del contesto scientifico locale utili per migliorare l’economia dell’isola. Su quessta tema punta da tempo la Porto Conte Ricerche. Il programma Summer School 2012 a Porto Conte Ricerche ha già visto concludersi il primo dei quattro corsi internazionali previsti, la Spring School in Advanced Immunology che si è tenuta dal 15 al 22 aprile. Si è trattato della settima edizione del corso che ha visto in questi anni tra i suoi docenti anche Ralph Steinman, Jules Hoffmann e Bruce Beutler, premi Nobel per la medicina nel 2011. Il prossimo appuntamento in programma è dal 11 al 15 giugno, con la Summer School "Mri, Raman and Food Technologies". Il corso è finalizzato alla formazione di giovani ricercatori con un programma avanzato e fortemente pratico sulle tecniche analitiche disponibili alla Porto Conte Ricerche, che permettono l'analisi strutturale e molecolare di campioni e matrici, incluse quelle alimentari.
 

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