Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
24 April 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Il difficile rapporto governo-partiti
Senza tagli alla spesa aumentano le tasse
Beniamino Moro
 
I"tecnici" non bastano, non possono bastare. Per uscire veramente dalla crisi, che è morale e politica prima ancora di essere economica, occorre anche, anzi soprattutto, l’impegno dei partiti che sostengono il governo per attuare la riforma della politica, della governance del Paese. In estrema sintesi, è questo il quadro essenziale dentro cui Mario Monti, la settimana scorsa, ha collocato la sua presentazione in conferenza stampa dei documenti principali di riferimento della politica economica nazionale, che impegnano il governo anche nelle sedi europee. Si tratta del Documento di economia e finanza (Def), che nella seconda parte contiene il Piano nazionale di riforma (Pnr), dove vengono indicate le misure strutturali necessarie per ridurre il deficit e il debito pubblico e per rilanciare la crescita dell’economia.
Il premier ha citato in particolare la riforma elettorale, il finanziamento dei partiti, la riduzione del numero di parlamentari e, più in generale, la riduzione dei costi della politica: argomenti che, tolto il primo, fanno venire l’orticaria ai partiti che lo sostengono, perciò stentano a fare passi avanti concreti. Invece questi argomenti sono essenziali, a suo giudizio, non meno delle manovre sul deficit e il pareggio di bilancio, che, secondo i calcoli della Cgia di Mestre, verranno a costare 87,3 miliardi di tasse in più da pagare nel triennio 2012-14, pari a 1,8 punti di Pil all’anno. L’Italia deve ancora recuperare la sua credibilità perduta a livello internazionale, prima che gli investitori esteri tornino a fare investimenti nel nostro Paese.
Non pensino i partiti che quegli argomenti, di loro competenza, siano cosa diversa, separata e irrilevante ai fini del recupero di tale credibilità; non pensino che essi non abbiano nulla a che fare con gli spread e i tassi d’interesse, con la crescita e gli equilibri di bilancio. Essi, invece, sono essenziali per il risanamento del Paese, per evitare che l’Italia segua il destino drammatico della Grecia. Ai partiti Monti chiede di muoversi in fretta, anche contro i privilegi della stessa classe politica, per contrastare la forte spinta di antipolitica (ma sarebbe più corretto definirla antipartitica), perché altrimenti anche il consenso di cui il governo gode rischia di venire travolto da una situazione di immobilismo. La ricostruzione dell’economia richiederà molti anni; con le misure prese è stato evitato, a caro prezzo, uno choc distruttivo, ma la dinamica del debito non è stata ancora posta su un sentiero di stabilità, ovvero di riduzione durevole. Da parte sua, Monti è consapevole che il bandolo della matassa ce l’ha lui, con la riduzione della spesa pubblica. Nel Consiglio dei ministri di venerdì scorso il Premier ha persino indicato la cifra di 20-25 miliardi di possibile riduzione della spesa da realizzare con le indicazioni contenute nel primo rapporto di revisione della stessa spesa (spending review) che il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, si è impegnato a trasmettere al governo ai primi di maggio. Si punta alle razionalizzazioni e al taglio degli sprechi, sia nei ministeri (duplicazioni dei sistemi informatici, fitti esorbitanti che si potrebbero risparmiare occupando immobili statali attualmente vuoti, soppressione di Province, comunità montane, autorità di bacino e consorzi vari, riduzione dei costi della politica), sia nelle Regioni, dove c’è da uniformare i costi della sanità.
Le resistenze ai tagli della spesa vengono poste anche da alcuni esponenti del governo, come i ministri degli Interni, degli Esteri e della Difesa, figurarsi quelle dei partiti a tagliare i loro finanziamenti e i privilegi della politica. A questo punto, tuttavia, Monti non ha alternative: deve assolutamente spezzare il circolo vizioso di aumento della spesa che genera un aumento speculare dell’imposizione fiscale e dello stock del debito pubblico, perché questo è il modello che ci ha portato sull’orlo del baratro, dal quale ancora non ci siamo allontanati a sufficienza.
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cultura (Pagina 54 - Edizione CA)
Memoria, la fabbrica delle informazioni per vivere
«È la nostra identità, senza l’una non ci sarebbe l’altra»
A Cagliari il professor Graham Hitch, padre della “Working memory theory”
 
Ricordati di ricordare. Henry Miller non poteva certo sapere che anche quest’avviso sarebbe passato per la “working memory”, la memoria di lavoro, un intelligente sistema grazie al quale possiamo utilizzare le informazioni di cui abbiamo bisogno. Il padre della working memory theory è il professor Graham Hitch, uno dei massimi esperti di memoria a livello mondiale, direttore del dipartimento di Psicologia dell’Università di York (Gran Bretagna), che questo pomeriggio (ore 16 Aula degli specchi di Scienza dell’informazione dell’Università di Cagliari) insieme al professor Eliano Pessa, dell’Università di Pavia, parlerà di Visual working memory and attention .
Professor Hitch, che cosa è la memoria?
«Ci sono molti tipi di memoria. Principalmente è la possibilità di ricordare. La memoria costituisce l’identità di una persona ed è grazie alla memoria che possiamo mantenerla. L’una non esisterebbe senza l’altra».
La memoria cambia con noi?
«La memoria cambia come risultato della nostra esperienza che muta con il cambiare della vita, naturalmente. È fisiologico. C’è uno sviluppo della memoria nei bambini e c’è, a volte, un peggioramento nella vecchiaia».
Eventi esterni possono modificarla?
«Sì, per esempio per un’amnesia o in seguito a un incidente».
E in questo caso possiamo ritrovare le tracce delle vecchie memorie?
«Le vecchie memorie sono resistenti».
Perché abbiamo la sensazione che le cose imparate da bambini sono indelebili mentre spariscono notizie recenti?
«Il problema della memoria è che è come un sistema di costante ricostruzione, non è un serbatoio. Ricordare una storia una o più volte significa cambiarla, adattarla».
Come più ci piace?
«Dipende dagli scopi ai quali si deve adattare. Ci sono molte antiche memorie che sono mutate».
La memoria è intenzione, ricordiamo quello che vogliamo o potremmo ricordare tutto e non lo sappiamo?
«Noi certamente ricordiamo quello che vogliamo. Alcune memorie sono intrusive nel senso che del materiale di colpo arriva e si infila dentro al nostro cervello. Ricordiamo quello che vogliamo ricordare ma abbiamo comunque incamerato nozioni alle quali apparentemente non avevamo dato alcuna importanza. Invece in un processo di memoria queste informazioni ci appaiono come dei flash».
Quanto a lungo restano le informazioni nel nostro cervello?
«Oh, non lo so. Il punto è un altro. La memoria non è solo nel nostro cervello. La memoria è su tutto il nostro corpo, sulla nostra pelle... ».
C’è ma è imprendibile....
«Senza memoria non viviamo. Saremmo in un ospedale e forse neppure lì».
Perché un odore, una musica, un’emozione sono capaci di svegliare la memoria?
«Probabilmente perché funzionano come forti indizi, sono stimolazioni capaci di svegliarla. Ascoltiamo un musica e questa evoca un ricordo».
Perché impariamo a ricordare e non abbiamo un sistema per dimenticare? Per esempio buttare definitivamente la traccia di un dolore?
«Sì, è vero. Dimenticare è un problema reale. Esistono terapie attraverso le quali viene insegnato a particolari soggetti che hanno subito un trauma a “dimenticare”. In altri casi i soggetti vengono addestrati con particolari tecniche a ricordare delle cose e a dimenticarne altre. Ci si concentra su particolari nuclei di memoria e non su altri. Ma dimenticare è un problema».
Sarebbe bello...
«Ma è un problema. Anche perché forse dimenticare originariamente non serviva. Noi siamo costruiti per ricordare. È indispensabile, non si può fare a meno».
La memoria delle donne è diversa da quelle degli uomini?
«Per essere onesti credo siano similari. Sono le motivazioni di ciascuno che caratterizzano una memoria».
Lei ha elaborato la teoria della working memory, ovvero il lavoro della memoria che seleziona le informazioni e le incasella. Prima di questa teoria si credeva che ogni notizia finisse in un unico magazzino. È un aiuto che il nostro cervello si è dato? E perché?
«La memoria è organizzazione. La working memory è una parte molto piccola, particolarmente preziosa. Quando troviamo nella memoria a lungo termine l’informazione che cerchiamo la mettiamo nella working memory per gli scopi del momento. Se io ricordo il numero telefonico lo metto nella working memory quando lo devo digitare realmente».
Numero imparato all’età di 7 anni perché era quello di casa...
«Certo, il numero sta sempre là, però non lo uso sempre».
Quali informazioni vanno nella working memory?
«Tutte quelle che sono di uso immediato. La working memory è l’utilizzo che io faccio in un preciso momento di un’informazione che trovo ma che non potrei usare. Non potrei digitare una tastiera, camminare, aprire gli occhi al risveglio».
Dov’è la sede della memoria?
«Nel cervello? Noi abbiamo una rete di neuroni, o strutture. La memoria è nascosta, dappertutto, in nessun posto»...
Davvero imprendibile...
«Per fortuna. Nel caso di un computer la memoria è in un luogo, se si rompe perdo tutto. La nostra resiste ai danni».
Nel suo lavoro di ricerca tra la working memory e l’attenzione qual è l’aspetto che maggiormente l’ha sorpresa?
«Molte connessioni nella working memory avvengono automaticamente, senza attenzione. Ci sono già, sono già costruite. In certo senso siamo stati ben “pre-programmati”.
Dobbiamo allenare la memoria di lavoro?
«Ci sono alcune ricerche che hanno mostrato un tentativo di miglioramento della memoria di lavoro con esperimenti con computer games. I risultati sono controversi».
Caterina Pinna
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 23 - Edizione CA)
Patto Regione-Ateneo per il Policlinico
SANITÀ. L’ncontro fra il rettore Melis e l’assessore De Francisci sul futuro dell’azienda mista
 
Regione e Università fianco a fianco per programmare il futuro dell’azienda mista ospedaliero-universitaria. La collaborazione è stata ribadita dal rettore dell’Ateneo, Giovanni Melis, e dall’assessore regionale alla Sanità, Simona De Francisci, al termine di un incontro organizzato ieri nel palazzo settecentesco dell’Università al quale ha partecipato anche Alessandro Uccheddu, delegato per le attività sanitarie.
Durante la riunione è stato affrontato il problema del pregresso negli stipendi del personale sanitario, dopo il decreto legislativo che ha equiparato le retribuzioni di medici e infermieri dell’Asl a quelle dei loro colleghi universitari. Rettore e assessore organizzeranno un tavolo tecnico durante il quale si dovranno trovare le forme per applicare la normativa e retribuire la differenza di stipendio maturata negli anni tra personale appartenente ai due diversi enti.
Si è discusso inoltre della razionalizzazione dell’Azienda ospedaliero-universitaria, nel breve e nel medio periodo. Il primo impegno è il completamento del Blocco Q del Policlinico di Monserrato, al quale seguirà l’utilizzo dei fondi Fas per completare l’accorpamento delle cliniche: un’operazione decisa nell’interesse degli studenti e delle prestazioni sanitarie. In questo modo si potranno superare le vecchie strutture della clinica “Macciotta” e del “San Giovanni di Dio”, diminuendo le spese. Rettore e assessore hanno discusso anche della rappresentanza dell’Università nella gestione dell’Azienda mista e della designazione dei componenti dell’organo di indirizzo della struttura sanitaria.
Si è concordato sull’esigenza di arrivare presto a soluzioni condivise: già il prossimo 7 maggio ci sarà un nuovo incontro tecnico-politico, esteso alla direzione dell’Azienda mista: assieme agli uffici dei due diversi enti saranno discusse le proposte concrete e immediatamente operative.
«Con il rettore», è il commento dell’assessore De Francisci, «siamo d’accordo sull’accelerazione dei tempi per le vertenze più urgenti, tra cui la nomina dei componenti di nomina regionale del comitato di indirizzo dell’Azienda mista e il problema dei trasferimenti dei reparti. Su quest’ultimo aspetto, credo che d’ora in poi sia bene ragionare in termini di distretto sanitario: dovremo tendere sempre più», prosegue De Francisci, «a integrare i servizi sparsi tra cliniche e ospedali vari. L’apertura del Blocco Q del Policlinico, speriamo entro l’anno, sarà sicuramente una prima risposta».
D’accordo il rettore, che ha inoltre manifestato l’esigenza di instaurare un rapporto continuo con la Regione sui problemi comuni e di poter contare su una rappresentanza universitaria all’interno dell’Azienda sanitaria.
«Questo incontro», commenta il rettore, «si è svolto in un clima di rinnovata collaborazione tra Università e Regione. L’auspicio è che i problemi aperti arrivino presto a una soluzione nell’interesse degli studenti e dei docenti e che, con le riunioni future, il confronto possa essere la base per definire un programma comune di razionalizzazione dei servizi sanitari nel medio e lungo periodo».
 
L’UNIONE SARDA
4 – L’Unione Sarda
Economia (Pagina 15 - Edizione CA)
CONVEGNO. La Spisa: sì alla legge
Incentivi, parte il monitoraggio della Regione
 
Quanti soldi hanno preso le imprese sarde grazie alle numerose leggi di incentivazione? Quanti posti di lavoro hanno creato, quale sviluppo è stato messo in circolo, e cosa non ha funzionato? Gli strumenti per lanciare start up o per aiutare vecchie aziende sono stati veramente utili? «Non siamo in grado di rispondere a queste domande», ammette l’assessore regionale alla Programmazione Giorgio La Spisa. E - sollecitato dai presidenti di Crel e Anci,Tonino Piludu e Cristiano Erriu, e dall’economista Francesco Pigliaru, durante una tavola rotonda - promette: «Entro questa legislatura faremo la legge, semplice, per avviare una valutazione sulle politiche per le imprese».
LA PROMESSA Il disegno di legge collegato alla Finanziaria «potrebbe essere il contenitore adatto», aggiunge, «non si può più fare a meno di un sistema di monitoraggio, mi impegno a nome della Giunta a predisporre il testo, concordandolo con le organizzazioni imprenditoriali».
IL CONVEGNO L’annuncio è arrivato al termine di un convegno sulla “de minimis”, ieri a Quartu, unico Comune in Sardegna ad aver fatto una ricerca (a cura del Centro studi per lo sviluppo locale e la coesione) sull’impatto della legge 37/98, quella del Piano straordinario per il lavoro, che dal ’99 al 2006 ha elargito agli enti locali più di 1 miliardo di euro.
LA VALUTAZIONE «La “37”, certo, ma abbiamo il coraggio di esaminare la “28”, la “285”?», ha proseguito La Spisa. «Oggi la scarsità ci costringe a migliorare la qualità. E in attesa della legge, potremmo valutare gli interventi nelle aree di crisi, dove stiamo investendo moltissimo. Inizieremo subito da Tossilo, per poi proseguire nella Sardegna centrale, a Oristano, nel Sulcis, Porto Torres e La Maddalena».
Cristina Cossu
 
L’UNIONE SARDA
5 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 21 - Edizione CA)
Il calendario culturale
Musei aperti e nuove mostre per i turisti
 
Mostre e cultura. In occasione della 356^ Sagra di Sant’Efisio, sono numerose le esposizioni. Sino al 15 maggio, sarà possibile visitare la mostra curata dalle ricercatrici Giorgia Atzeni, Barbara Cadeddu e dalla Biblioteca Universitaria di Cagliari, dal titolo “Preziose immagini nelle edizioni dei secoli XV e XVI” della Biblioteca universitaria di Cagliari. Sempre in via Università, la collezione delle opere donate da Luigi Piloni all’ateneo di Cagliari.
Dal 30 aprile al 6 maggio, in piazza Yenne, ci sarà la mostra mercato artigianato artistico Fitas. Per quanto riguarda le mostre permanenti, tutti i giorni dalle 9 alle 20, tranne il lunedì, si potrà visitare il museo archeologico di Cagliari. Visite anche alla Vetreria di Pirri, per la Città dell’Impresa. Aperta anche Villa Muscas, sede del centro della cultura contadina, dal lunedì al venerdì e la domenica. Negli spazi della Galleria comunale d’arte, ci sono le esposizioni “Il giardino da leggere”, “Collezione Ingrao” e la “Collezione artisti sardi” visitabili tutti i giorni tranne il lunedì. Sempre alla Galleria comunale, ma dal lunedì al mercoledì, vengono esposte tre opere di Francesco Ciusa, per l’evento “La scultura e l’anima”. All’Exmà, si potrà ammirare la Collezione Valle, oltre 650 opere donate al Comune di Cagliari dalla famiglia dell’intellettuale cittadino. Dal 29 aprile al 9 maggio, al centro comunale d’arte e cultura il Ghetto “Le stive e gli abissi”. (mat.s.)
 
L’UNIONE SARDA
6 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari (Pagina 25 - Edizione CA)
Il lento declino del casteddaio
Anche a Cagliari preoccupante calo dell’uso del dialetto
Intervista al professor Giulio Paulis, glottologo e preside della Facoltà di Lettere
 
Giri per la città, con le orecchie tese, e capita di sentire dialoghi, frasi, parole in dialetto cagliaritano. Vocali aperte, sguaiate; un intercalare che talvolta calca sulle doppie: espressioni colorate che profumano di popolaresco, una fotografia dell’angiporto del secolo scorso ma anche il raffinato accento nobiliare di chi stava arroccato nel Casteddu ’e susu .
Col progresso l’italiano è diventata la lingua di tutti e ha rapidamente eroso “quella” parlata casteddaia. Oggi, statistiche alla mano, si procede a velocità devastante: il dialetto - come del resto succede al sardo - è usato sei volte in meno rispetto a una generazione addietro e chissà cosa potrà accadere fra cinquant’anni. Il casteddaio sarà un ricordo sbiadito, sopravviverà come adesso facciamo con le citazioni latine oppure troverà nuova linfa, trasformandosi a contatto con le altre lingue ma tenendo sempre una natura verace?
LE INFLUENZE La palla di vetro non ce l’ha nessuno «e tantomeno il sottoscritto», precisa il professor Giulio Paulis, oridinario di Glottologia e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia a Cagliari: però è la persona giusta per aiutarci a capire il percorso storico del dialetto cagliaritano e riflettere sul suo futuro. Che è molto più fragile rispetto agli altri dialetti dell’interno «perché Cagliari, da sempre metropoli della Sardegna, è luogo di approdi e incroci, qui si sono succedute, con presenza più marcata rispetto ad altri luoghi dell’Isola, le lingue della dominazione. Che il popolo ha assunto come parametro di prestigio».
Già nel nome Cagliari si può leggere - spiega il professor Paulis - la trasformazione degli influssi linguistici. «Il nome più antico è quello di Caralis, legato alla radice dei popoli del mediterraneo kar , roccia. Poi perde la esse finale e con l’arrivo dei pisani si forma la variante Callari, cioè l’allungamento di una consonante. Con gli spagnoli però la doppia elle si legge gl , così diventa Cagliari. L’esempio, ridotto all’osso e molto schematico, serve a ragionare sul fatto che a Cagliari si sono sovrapposte lingue e culture diverse che la città ha assorbito facendone un uso proprio».
POTERE ECONOMICO Logico quindi che quella che poteva essere una parlata legata alla radice sarda abbia subìto cambiamenti a contatto con il potere dei dominatori. L’elemento economico-sociale non è dunque da sottovalutare perché per esempio «in epoca bizantina, quando non si parlava più il greco, i giudici del giudicato cagliaritano sigillavano in greco i loro scritti proprio per legittimare con la lingua dell’impero la loro superiorità. Ci sono carte volgari scritte in campidanese antico ma con i caratteri greci».
Insomma Cagliari si è servita delle lingue di prestigio, dei dominatori, per avallare la sua potenza. «Il catalano era adottato dai nobili della città. E quando si sente dire non sciri su catalano , ci si vuole riferire a una persona che si esprime in maniera poco chiara, che ha difficoltà a parlare».
Attenzione, però: questo non vuol dire che il cagliaritano non faccia parte del sardo. Spiega il professor Paulis: «Il dialetto casteddaio sotto il profilo morfologico, sintattico e anche lessicale è prettamente sardo. Diciamo che si è sviluppata nell’Isola una ideologia di vecchia data che gerarchizza le varietà parlate in Sardegna sulla base della vicinanza al latino. Per cui la lingua cagliaritana, avendo avuto continuamente contatti esterni, è stata considerata corrotta. Sbagliato, perché gli scambi sono una vitalità per le lingue. Alla fine, per dirla col grande antropologo Clifford James, “i frutti puri impazziscono”. Una purezza eccessiva non esiste e non è neppure raccomandabile».
LA VARIETÀ NEI RIONI Però è vero che Cagliari aveva, fino a poco tempo fa, un dialetto legato alla sua gente, più chiuso agli influssi. «Diciamo che fino al secondo dopoguerra si notava una varietà tra i rioni: quella a bucca strinta usata a Castello e nella parte alta di Marina contrapposta alla varietà a bucca larga che caratterizza i quartieri più popolari come Stampace, Sant’Avendrace o la parte dei pescatori di Marina. Il casteddu ’e susu era dei ceti aristocratici e dell’alta borghesia che lo hanno conservato come elemento distintivo anche quando il sardo è stato abbandonato dagli altri».
Con Cagliari semidistrutta dalla guerra, la ricostruzione ha cambiato il volto demografico dei rioni e con l’arrivo in città di gente dall’interno e dalla penisola, il dialetto casteddaio ha visto svilita la sua parlata come fonte di comunicazione popolare. «Si sono serviti dell’italiano, non solo perché annullava la distanza linguistica fra le parlate diverse della Sardegna ma anche perché semplicemente era la lingua-strumento per l’ascesa sociale da parte della media e piccola borghesia».
Adesso che succede? Spiega ancora il professor Paulis: «L’abbandono del dialetto è generalizzato. E non si possono fare paralleli con la Catalogna, dove la lingua resiste ed è usata, perché il raffronto con la Sardegna deve essere fatto alla luce delle condizioni socio-economiche, che sono totalmente diverse». Qual è allora l’anello debole della catena? «È a rischio la trasmissione intergenerazionale della lingua, cioè il sardo e ancor di più il cagliaritano, non viene trasmesso dai genitori ai figli. Se si interrompe questa catena, una lingua muore o sopravvive in condizioni precarie». Magari può servire l’insegnamento nelle scuole. «Certo, il bilinguismo è comunque un arricchimento ma non sufficiente per attivare la trasmissione della parlata, come succede in Irlanda dove il gaelico è materia obbligatoria fra i banchi ma poi nessuno lo parla, si comunica in inglese».
IL GERGO GIOVANILE Però certi fermenti dicono che il casteddaio non vuole morire: fumetti, libri sullo slang, commedie. «Vero, c’è una ripresa, in contrasto con le statistiche che sono più funeree. C’è una maggiore attenzione fra i giovani: qui il casteddaio è usato come elemento di coesione, gergale e ludico. Parole come cardanca per dire di una persona appiccicosa, frasi accorciate in un termine, come sindi per dire s’indi andausu , incroci con la lingua inglese legati alla sessualità (Conosci quella ragazza? Mai cod ), una alternanza e commistione di codici», spiega Paulis. Troppo poco per salvare il casteddaio, ma è quel poco che serve per non perdere le speranze.
Sergio Naitza
 

LA NUOVA SARDEGNA
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 21 - Ed_Cagliari
AZIENDA OSPEDALIERA
Regione e università vanno avanti insieme
 
CAGLIARI Regione e Università di Cagliari continueranno a lavorare per garantire la soluzione delle questioni aperte sul futuro dell’Azienda ospedaliero-universitaria (Aou ) del capoluogo. È l’impegno assunto stamane dal rettore dell’ateneo cagliaritano, Giovanni Melis, e dall’assessore regionale della Sanità, Simona De Francisci, in un incontro in rettorato, cui ha partecipato anche il prorettore Alessandro Uccheddu, delegato per le attività sanitarie. Si è parlato del pregresso contrattuale relativo all’applicazione del decreto legislativo 517/99 e del processo di razionalizzazione dell’Azienda ospedaliero-universitaria, nel breve e medio periodo, in particolare del completamento del Blocco Q del complesso di Monserrato e dell’utilizzo dei fondi Fas per completare l’accorpamento delle cliniche nell’interesse degli studenti e delle prestazioni sanitarie, per superare le vecchie strutture della Macciotta e del San Giovanni di Dio, la razionalizzazione ed il contenimento delle spese. Rettore e assessore hanno discusso anche della rappresentanza dell’Università nella gestione dell’Aou e della designazione dei componenti dell’organo di indirizzo dell’Azienda.
 
LA NUOVA SARDEGNA
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 9 - Ed_Cagliari
Un miliardo per il lavoro in cambio di pochi posti
Presentato il primo modello per valutare gli effetti della spesa regionale La giunta: «Faremo una legge per introdurre criteri e vincoli degli aiuti»
di Alfredo Franchini
 
CAGLIARI Prendiamo una legge d’incentivazione regionale che nell’arco di dieci anni ha immesso nel sistema economico un miliardo e 270 milioni di euro: è la legge 37 che, attraverso un suo articolo, ha sostenuto il cosiddetto Piano del lavoro. Che effetti hanno generato quegli incentivi? Alla domanda che potrebbe sembrare scontata nei Paesi anglosassoni, finalmente anche in Sardegna si può iniziare a rispondere. Il primo tassello lo ha posto una ricerca del Censloc, l’associazione senza scopi di lucro di cui fanno parte economisti esperti in politiche di coesione, che ieri ha presentato lo studio effettuato sugli effetti degli aiuti del de minimis nel Comune di Quartu, terza città della Sardegna per numero di abitanti, presa ad esempio come un modello replicabile. Lo studio è stato presentato dai responsabili del Censloc, Marco Fadda e Filippo Spanu, in una tavola rotonda condotta dall’economista Francesco Pigliaru con l’assessore alla Programmazione, Giorgio La Spisa, il presidente del Crel, Tonino Piludu, il presidente dell’Anci, Cristiano Erriu. «Conoscere per deliberare», è la citazione che Pigliaru fa da Einaudi per invitare la Regione a introdurre la valutazione degli effetti della spesa. L’assessore La Spisa non solo condivide la necessità ma prende un impegno: «Abbiamo un’occasione importante con il disegno di legge collegato alla Finanziaria; si possono inserire alcune norme che prevedano un obbligo e una forma di vincolo sugli interventi di politica regionale». Filippo Spanu ha garantito la condivisione da parte delle imprese. Più di un miliardo erogato senza valutarne gli effetti e per creare poche centinaia di posti di lavoro è un fatto davvero inquietante. La ricerca, condotta da Adriana Di LIberto e Margherita Meloni, presenta alcuni dati su cui riflettere: tra le imprese non finanziate 44 intervistati su cento hanno risposto che sarebbero andati avanti comunque e 27 su cento che si sarebbero rivolti al mercato del credito, (ma con risultati davvero incerti). Sono davvero tanti i casi di impresa che hanno rinunciato o che sono decadute, perdendo il finanziamento. La principale causa di rinuncia e di revoca è stato il mancato rispetto degli obblighi contrattuali; il motivo più frequente di decadenza determinato dall’impossibilità di stipulare la polizza fifejussioria a garanzia del contributo concesso. Tonino Piludu spara una bordata sulla mancanza di valutazione delle politiche: «Purtroppo sempre più spesso gli interventi vengono predisposti in funzioen delle carriere politiche, delle candidature, e quindi sono orientate sul breve periodo». Cristiano Erriu cita Marco Biagi: «Non c’è incentivo che possa compensare un disincentivo normativo». Il presidente dell’Anci ricorda i cambiamenti che si sono susseguiti nel potere normativo degli Enti locali e spiega: «Tolti quei dieci grandi Comuni c’è l’esigenza per gli altri di avere una gestione associata. I Comuni da solo non ce la fanno».
 
I BILANCI
Pigliaru e La Spisa d’accordo sulla cura
 
L’attuale assessore al Bilancio, La Spisa, e un suo predecessore, Francesco Pigliaru, (nella foto), si confrontano e condordano sulla necessità di arrivare a una valutazione degli incentivi. Sul piano del lavoro, più di un miliardo nei vari anni, Pigliaru ricorda che gli stanziamenti prevedevano un’erogazione di 172 milioni per ogni annualità, ridotte poi a 30 durante la conduzione da parte sua dell’assessorato al Bilancio: «Per due motivi», spiega, «c’era una massa spaventosa di residui e molti interventi potevano essere fatti con le risorse del Fondo sociale europeo». Giorgio La Spisa ha ricordato come veniva stilato il bilancio sino a qualche anno fa: «Prima venivano decisi gli interventi e le spese, poi si dovevano trovare le risorse. Il risultato è che i finanziamenti venivano effettuati ricorrendo all’indebitamento della Regione». Questo accadeva solo qualche anno fa ma è come se fosse passato un secolo, quando le politiche del lavoro s’incrociavano scorrettamente alle politiche di sviluppo». Piani del lavoro finanziati con il debito e senza avere effetti tali da portare benefici permanenti nel sistema economico sardo. «Vogliamo valutare quali sono stati gli effetti reali della legge 28»? chiede La Spisa, «o di esaminare i risultati della legge 285»? (quella sulle politiche giovanili). Nelle varie misure delle metodologie adottate per la valutazione degli effetti del de minimis è stata adottata anche una sperimentazione clinica, usata per testare l’efficacia dei farmaci. Dalla patologia, (bassi livelli occupazionali), si passa alla terapia con le misure del successo o dell’inefficacia.
 
LA NUOVA SARDEGNA
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 24 - Ed_Cagliari
Uno studio dell’Università per gestire i centri storici
Barumini, l’Unione Comuni della Marmilla (18 paesi) ha siglato una convenzione per l’elaborazione di un piano di tutela a valorizzazione urbanistica
di Tigellio Sebis
 
BARUMINI I diciotto Comuni della Marmilla, riuniti nell’omonima “Unione”, e l’Università di Cagliari stringono un patto di ferro e si ritrovano alleati nella tutela dei centri storici. Si comincerà con uno studio per il coordinamento dei piani particolareggiati per arrivare quindi ad un approccio organico il più possibile nella gestione dei centri storici. L’assemblea dei sindaci dell’Unione, giusto nella sua ultima riunione, ha infatti approvato una convenzione con il Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale ed Architettura dell’ateneo cagliaritano finalizzata all’elaborazione di uno studio-guida per i Piani particolareggiati dei diciotto paesi dell’ente sovracomunale, che già dispongono di un contributo regionale per dotarsi di detto Piano o per adeguarlo. Giusto ieri il presidente dell’Unione, Pier Sandro Scano, ha sottoscritto a Cagliari un protocollo d’intesa con il direttore del Dipartimento di Ingegneria, Antonello Sanna, il quale coordinerà l’iniziativa assieme alla collega Emanuela Abis. «Con questa convenzione l’Unione sta finanziando lo studio di coordinamento per dare ai Piani comunali un indirizzo omogeneo nella gestione delle problematiche dei centri storici», ha detto il presidente Pier Sandro Scano. Quindi giovedì 3 maggio, nella Casa maiorchina di Villamar, un bell’esempio di restauro in pieno centro storico, il primo incontro di coordinamento fra i Comuni, gli uffici tecnici e lo staff dell’Università. «Un altro passo significativo nell’attuazione del Progetto Marmilla», ha proseguito Scano. Che ha aggiunto: «Siamo consapevoli che la Marmilla può salvarsi dall’estinzione e dall’emarginazione solo se si rema coesi nella stessa direzione. Affrontare i problemi dei nostri centri storici in modo coordinato e utilizzando l’esperienza e le professionalità dell’Università è una scelta proficua e lungimirante. I centri storici costituiscono infatti una delle nostre risorse essenziali». Il protocollo d’intesa prevede, in futuro, anche azioni concrete per progetti di miglioramento e tutela di edifici ed interi rioni nonché il superamento delle situazioni di criticità. In programma conferenze e seminari su temi rilevanti per le comunità, ma anche il sostegno alla ricerca con assegni e borse per ricercatori che elaboreranno proposte progettuali per i centri storici dei 18 Comuni. Ed ancora l’affidamento al Dipartimento di ricerche, studi e consulenze per la soluzione di problemi di progettazione e pianificazione in ambito comunale sui temi dell’edilizia storica e contemporanea, il recupero del patrimonio architettonico e delle sue tecniche costruttive, degli spazi urbani e siti ambientali.
 

10 - SardegnaQuotidiano
Pagina 14 - Cagliari
Azienda Mista
Pace fatta tra rettore e assessore alla Sanità
 
Torna il sereno, dopo gli screzi dei giorni scorsi, tra il rettore Giovanni Melis e l’assessore alla Sanità Simona De Francisci. Nell’incontro che si è svolto ieri è stata raggiunta l’intesa per cui Università e Regione continueranno a lavorare con la massima collaborazione reciproca per garantire la soluzione delle questioni aperte sul futuro dell’Azienda ospedaliero-universitaria.
Tante le questioni affrontate: il pregresso contrattuale relativo all’applicazione del decreto legislativo517/99 e il processo di razionalizzazione dell’Azienda, nel breve e medio periodo. Nel breve il completamento del Blocco Q del complesso di Monserrato, nel medio l’utilizzo dei fondi Fas per completare l’accorpamento delle cliniche nell’interesse degli studenti e delle prestazioni sanitarie, per superare le vecchie strutture della clinica Macciotta e del Civile, la razionalizzazione ed il contenimento delle spese. Rettore e assessore hanno discusso anche della rappresentanza dell’università nella gestione dell’Aou e della designazione dei componenti dell’organo di indirizzo dell’Azienda.
«Col Magnifico», ha detto l’assessore De Francisci, «siamo d’accordo sull’accelerazione dei tempi per le vertenze più urgenti, tra cui la nomina di competenza regionale dei componenti del comitato di indirizzo dell’Azienda Mista e il problema dei trasferimenti dei reparti. Su questo aspetto, credo che sia bene ragionare in termini di distretto sanitario, nel senso che dovremo tendere sempre più a integrare i servizi oggi sparsi tra cliniche e ospedali vari». D’accordo il rettore Melis: «Auspico che i problemi aperti arrivino presto a una soluzione nell’interesse di studenti e docenti e che, assieme alle riunioni future, possa essere la base per definire un programma comune di razionalizzazione dei servizi sanitari nel medio e lungo periodo.

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