Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
26 March 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Primo Piano (Pagina 2 - Edizione CA)
I controlli? Troppi sono imperfetti
Il medico sportivo: si guarda più al risparmio che alla qualità degli esami
Antonio Crisafulli, ricercatore di fisiologia e cardiologia dell'esercizio all'Università di Cagliari
 
A pochi giorni dalla scomparsa della sedicenne velista Silvia Acheri, stroncata da un arresto cardiaco al termine di una lezione di ginnastica al liceo Dettori di Cagliari, un'altra morte improvvisa nel mondo dello sport: quella del pallavolista Vigor Bovolenta. Come la studentessa anche lui sarebbe stato ucciso da una crisi cardiaca. Eppure era sotto controllo medico e aveva superato tutte le visite previste. Come è possibile che nessuno si fosse reso conto dei suoi problemi? Risponde Antonio Crisafulli, medico dello sport e ricercatore di fisiologia e cardiologia dell'esercizio presso l'Università degli studi di Cagliari che, proprio in seguito alla morte di Silvia Acheri, aveva inviato una lettera al nostro giornale riguardo la possibilità di prevenire analoghe tragedie. «Non so se la causa della morte di Bovolenta sia identica a quella di Silvia Acheri», dice Crisafulli «ma nel secondo caso si tratta di sindrome di Brugada, rara e specifica, ma diagnosticabile».
Allora non sono adeguati i controlli a cui vengono sottoposti gli atleti?
«I controlli vanno benissimo. L'Italia ha una legislazione molto severa e l'incidenza di morti improvvise negli ultimi quindici anni nel nostro paese si è abbassata».
Che cosa non va, dunque?
«Intanto qualcuno muore per cause non diagnosticabili. Ma ogni tanto scappa qualcosa che non deve scappare».
Bovolenta era un professionista.
«Nulla ci vieta di pensare che sia conseguenza di una malattia arrivata dopo. Che abbia per esempio contratto negli ultimi mesi una qualsiasi patologia che ha portato a questo esito. Come la sindrome di Marfan, che colpisce gli atleti molto alti e si manifesta proprio nei giocatori di volley e di basket, oppure una cardiopatia ischemica. Le cause possono essere tantissime».
Non è che si tratta di controlli fatti male?
«Alcune morte non sarebbero comunque evitabili. Altre sì, se le visite fossero fatte con più attenzione».
È un'accusa pesante.
«Il problema, uno dei più grossi, è che spesso nei centri di medicina dello sport il numero delle visite va a scapito della qualità: tanti controlli non fatti perfettamente. La nostra è una sanità costosa: si guarda più ai soldi che alla qualità del servizio».
Liliana Fornasier
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 4 - Edizione CA)
Quirra, controlli taroccati? Il pm Fiordalisi: trucchi per non trovare torio e uranio
Le analisi sarebbero state studiate ad arte per negare l'inquinamento del poligono
di Paolo Carta
 
Controlli ambientali taroccati. Pagati con fior di soldi pubblici ma deviati in modo da certificare che nel Salto di Quirra non ci fosse alcuna traccia di inquinamento causato dalle attività del poligono.
I SOSPETTI È la tesi del Procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi, convinto di aver smascherato una zona grigia creata ad arte grazie a esperti e studiosi più o meno vicini alla Difesa che ha sempre impedito di fare piena luce sull'inquinamento ambientale nel Salto di Quirra. Capace di dire che le guerre simulate e i test di armi non creavano alcun tipo di danno ambientale. Professori universitari che hanno finto di non vedere il torio sparso nel Salto di Quirra dai missili Milan e poi ritrovato addirittura nelle ossa dei pastori morti nella zona di tumore, oltre che nel miele e nel formaggio prodotti nella zona. Tecnici che - in base a un appalto della Nato e della Difesa da due milioni e mezzo di euro - adottavano per la ricerca di uranio impoverito procedure secondo le quasi era praticamente impossibile trovare traccia della contaminazione. E anche quando i risultati erano impossibili da nascondere (contaminazione da metalli pesanti cancerogeni e da sostanze radioattive), allora i chimici davano la colpa alla vecchia miniera di Baccu Locci o alla natura geologica del terreno, pur in assenza di uno studio specifico.
VENTI INDAGATI Per Fiordalisi è stato creato un sistema di consulenze e incarichi attorno a Perdasdefogu. Tutto questo compare nell'avviso della conclusione delle indagini, trasmesso ai venti indagati. Tesi ovviamente tutta da confermare: i sospettati possono opporre la loro difesa, poi verrà fissata la data dell'udienza preliminare in cui si dovrà decidere l'eventuale proscioglimento o il rinvio a giudizio.
L'ACCUSA Oltre alle (presunte) responsabilità degli ufficiali che comandavano il poligono di Perdasdefogu e il distaccamento a mare di Capo San Lorenzo, ci sono quelle dei professori dell'Università di Siena Francesco Riccobono e dei suoi collaboratori. Secondo l'accusa, malgrado le richieste specifiche dei vertici della Difesa, opposero un muro di silenzio sulla presenza del torio riscontrata in alcuni punti del Salto di Quirra oltre ogni soglia (anche 35 volte il fondo naturale). E sotto inchiesta è finito anche chi faceva parte della commissione Difesa incaricata di controllare il lavoro degli accademici (gli ufficiali Giuseppe Di Donato, Vittorio Sabbatini e Vincenzo Mauro).
LA SGS Rilevante dal punto di vista penale, secondo Fiordalisi, anche il comportamento di due chimici della Sgs di Torino (Gilberto Nobile e Gabriella Fasciani), legata all'azienda che produceva i missili Milan al torio attraverso Finmeccanica, uno dei clienti più assidui del poligono affittato alla industrie belliche per i test delle armi.
In una nota, la Sgs precisa «di non avere relazioni societarie né con Finmeccanica né con Fiat. La società è controllata al cento per cento dal Gruppo Sgs, quotato alla Borsa di Zurigo, i cui principali singoli azionisti sono Exor e la famiglia Von Finck, entrambi con il 15 per cento del capitale».
Secondo la Procura, invece, nella Sgs svizzera è presente con una quota di partecipazione anche la famiglia Agnelli e sino a qualche tempo fa il presidente era Sergio Marchionne, attuale amministratore delegato della Fiat.
I CONTROLLI I due chimici della Sgs avrebbero certificato che l'inquinamento di certi punti del poligono dipendeva dalla natura del terreno, non dalle attività svolte nel poligono. E avrebbero adottate procedure scientifiche discutibili: pochi campioni di confronto, ricerca dell'uranio impoverito con tecniche che secondo gli esperti erano sbagliate. «L'uranio impoverito si dilava con la pioggia - ha spiegato il fisico scelto dalla Procura, Evandro Lodi Rizzini, il luminare che ha trovato il torio radioattivo nei cadaveri riesumati. Lo stesso professore universitario bresciano, in un parere che fa parte del fascicolo di un'inchiesta unica al mondo (per la prima volta viene messo sotto accusa un poligono, sospettato di aver rovinato l'ambiente e di aver favorito l'insorgenza di malformazioni e malattie, per la prima volta sono state riesumate 18 salme alla ricerca di tracce di elementi radioattivi), ha spiegato che il torio è più pericoloso dell'uranio impoverito per la salute e che qualsiasi indagine epidemiologica è inutile: «L'esposizione alle particelle Alfa è dannosa in assoluto, soprattutto se si entra in contatto con il torio per inalazione, ma per nessun tipo di tumore è possibile stabilire un nesso diretto di causa ed effetto. E quindi qualsiasi studio epidemiologico non ha senso». Neppure quello che è in procinto di partire su input di Regione e Ministero della Salute.
LE ATTIVITÀ L'inchiesta della Procura di Lanusei ha messo in evidenza anche la pericolosità dei radar («in sei minuti di esposizione a certe frequenze di danneggerebbero in maniera irreversibile le cellule», è il parere del professor Marinelli), dei test del razzo Vega («una fabbrica di nanoparticelle cancerogene», secondo Maria Antonietta Gatti), dei brillamenti delle munizioni obsolete avvenute, secondo il pm Fiordalisi, senza avvisare neppure il medico competente della base, il docente universitario cagliaritano Pierluigi Cocco (anche lui finito sotto inchiesta) e con il pretesto di addestrare gli artificieri.
L'Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari, in una nota, si dice sicura della correttezza dell'operato del professor Cocco quale medico competente del poligono in base a un accordo tra Università e Difesa. Secondo il pm Fiordalisi, il professor Cocco non avrebbe potuto svolgere quel ruolo in quanto non iscritto nell'apposito elenco regionale dei medici abilitati per la tutela dal pericolo di esposizione alla radioattività. Inoltre, sempre per il Procuratore di Lanusei, «la sua malafede risulterebbe dagli incarichi molto remunerativi che nel 2011 gli sono stati affidati dall'amministrazione militare in aggiunta a quelli pregressi».

LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
AOU CAGLIARI
«Difendiamo il professor Cocco»
 
 CAGLIARI. L’Azienda ospedaliero universitaria (Aou) di Cagliari si è detta «certa della correttezza dell’operato del professor Pierluigi Cocco» e ha assicurato la tutela legale per il suo dipendente che è uno dei venti indagati nell’inchiesta di Lanusei. «Il professor Cocco opera attraverso la sorveglianza sanitaria dei dipendenti della stessa Aou, dei dipendenti dell’Università e di numerose aziende pubbliche e private. Nello svolgimento di tale incarico ha dimostrato piena competenza».
 

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