Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
06 January 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL'UFFICIO STAMPA DELL'ATENEO


L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda
Prima Pagina (Pagina 1 - Edizione CA)
Il viaggio del premier in Europa
Il professore e la crescita: lavori in corso

Beniamino Moro

I tempi della "fase due" del governo Monti, quella destinata a favorire la crescita, sono dettati dal calendario degli appuntamenti europei che attendono il nuovo esecutivo in questo mese di gennaio. Oltre agli incontri bilaterali già annunciati per oggi col presidente francese Nicolas Sarkozy, per la settimana prossima con la cancelliera Angela Merkel e per quella successiva col primo ministro britannico David Cameron, l'agenda del premier Mario Monti prevede i consigli dell'Eurogruppo e dell'Ecofin il 23 e 24 gennaio e ancora un trilaterale a Roma con Merkel e Sarkozy alla vigilia del Consiglio europeo di fine mese.
Quest'ultimo sarà dedicato a una prima valutazione degli accordi volti a rendere più stringenti le regole del nuovo patto di stabilità decise all'ultimo Consiglio di Bruxelles il mese scorso, alla cui ratifica la Merkel subordina anche l'entrata in vigore del trattato sull'Esm, il meccanismo di stabilità finanziaria che dovrebbe diventare operativo dal primo luglio.
A questo riguardo, Monti dovrà chiarire alla Merkel e agli altri partner europei che la regola che impone agli Stati sovra-indebitati di ridurre di un ventesimo all'anno la parte del debito eccedente il 60% del Pil non potrà essere applicata meccanicamente dall'Italia (equivarrebbe a una manovra annuale di 45 miliardi per 20 anni), ovvero senza che vengano introdotte correzioni per l'andamento ciclico dell'economia. La regola, cioè, potrebbe andare bene nelle fasi favorevoli del ciclo, ma non certo quando si è in fasi di recessione come adesso. Ad ogni buon conto, per l'abbattimento del debito il governo sta studiando proposte di vendita del patrimonio pubblico inattivo, soprattutto quello immobiliare.
Sul piano del rigore e del risanamento dei conti pubblici, il nostro presidente del Consiglio si presenta coi conti dell'ultima manovra "lacrime e sangue" che lo mettono al riparo da ulteriori critiche sui "compiti a casa" assegnati all'Italia dall'Europa.
Sulla fase due dello sviluppo, invece, i compiti sono in corso di svolgimento, con la messa a punto delle misure già annunciate di liberalizzazione dell'economia, di rafforzamento della concorrenza e di riforma del mercato del lavoro.
E' cruciale per il presidente arrivare agli incontri di Bruxelles almeno con un primo pacchetto di misure per la crescita già approvato. Il problema, tuttavia, è che questo primo pacchetto non sarà sufficiente a stimolare la crescita.
Non meno importante, inoltre, è il segnale che Monti deve ancora confermare in merito all'applicazione del terzo principio cui, insieme al rigore e alla crescita, si è impegnato a improntare la sua azione di governo: quello dell'equità. Al riguardo, il governo deve ancora confrontarsi col ridimensionamento della spesa pubblica improduttiva, coi costi della politica e con le spese scandalosamente elevate degli organismi istituzionali.
Il rapporto Giannini ha confermato che i nostri politici sono i più costosi al mondo, a tutti i livelli istituzionali: non solo i parlamentari, ma anche i consiglieri regionali, con retribuzioni che oscillano tra i 12-13.000 e i 17-19.000 euro netti al mese.
Quanto alla burocrazia, viene fuori che uno stenografo del Senato percepisce uno stipendio annuale lordo di 290 mila euro, pari all'indennità di carica del re di Spagna Juan Carlos; un commesso o il barbiere percepiscono uno stipendio di 160 mila euro, un coadiutore 192 mila, un segretario 256 mila e un consigliere 417 mila, mentre i livelli apicali oltrepassano le 500 mila euro. Il costo medio dei 1.737 dipendenti della Camera è di 163 mila euro, mentre quello dei 962 dipendenti del Senato è di 170 mila.
Sono solo alcuni (una goccia) degli immensi sprechi e privilegi che non ci possiamo più permettere se vogliamo davvero salvarci dalla bancarotta, con la crescita, il rigore e l'equità.

L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda
Commenti (Pagina 17 - Edizione CA)
La democrazia in una gabbia d'acciaio
Dietro l'arrivo dei tecnici l'incapacità dei politici

Gianfranco Sabattini*

La formazione del governo tecnico presieduto da Mario Monti ha riproposto l'antica questione se a governare un sistema sociale debbano essere gli esperti oppure i cittadini. In altre parole, se quel governo debba essere espressione della regola tecnocratica, oppure della regola democratica. Non è una questione di poco conto, considerato che la tecnocrazia della quale sono portatori gli esperti pretende che ad essere chiamati a decidere siano coloro che dispongono del know-how necessario; mentre la democrazia della quale sono portatori i cittadini pretende che ad essere chiamati a decidere siano i cittadini stessi.
È vero che, a volte, il discredito nel quale può cadere l'attività politica con cui s'invera la democrazia può giustificare che il consenso sociale legittimi, com'è avvenuto nel nostro Paese, che il potere decisionale passi nelle mani dei tecnici; ma è anche vero che l'esperienza storica denuncia che la tecnocrazia disgiunta dalla democrazia tende a trasformarsi in gabbia d'acciaio all'interno della quale è imprigionata la democrazia. Quest'ultima, però, pur condizionata, conserva sempre la propensione a recuperare e ad esprimere la capacità di governare le linee evolutive del sistema sociale.
Dalla contrapposizione dinamica che lega la tecnocrazia alla democrazia emerge che la linea che le separa è molto sottile; nel senso che, non separate né coincidenti, tecnocrazia e democrazia si coappartengono, in quanto entrambe hanno a che fare con la complessità e l'instabilità del “vivere insieme” dei cittadini e con il fallibilismo del know-how col quale vengono date risposte risolutive ai problemi sociali. In conseguenza di ciò è del tutto fuori luogo l'esaltazione dell'accesso dei tecnici al governo del Paese, che serve solo a nascondere una forma subdola di antipolitica, seppure giustificata dall'incapacità dei governanti di essere all'altezza della gravità del momento in cui avviene la sostituzione.
La fragile linea di demarcazione che separa la tecnica dalla democrazia impone quindi che la democrazia “politicizzi” la tecnica e faccia emergere la natura contingente e fallibile delle sue soluzioni; ma impone anche che la tecnica “tecnicizzi” la democrazia, per evitare sia le sue derive ideologiche, sia la non aderenza alla realtà delle soluzioni prospettate. Questo processo di reciproca compenetrazione nella moderna “teoria della democrazia” sarà tanto più responsabile se avverrà nella consapevolezza che l'obiettivo del governo di un sistema non è tanto il bene sociale dogmaticamente inteso, ma la formulazione delle specifiche e adeguate risposte alle sfide nascenti dalla complessità e instabilità del vivere insieme dei cittadini. La presunta debolezza della democrazia deriva dalla necessità che gli esiti delle decisioni collettive siano sempre valutati in relazione alla loro adeguatezza rispetto alle finalità che le hanno determinate. Ma la moderna teoria della democrazia, istituzionalizzando l'etica della responsabilità, implica sempre la valutazione delle conseguenze delle decisioni assunte per il conseguimento degli obiettivi sociali.
In conclusione, se considerate separatamente, tecnica e democrazia offrono una spiegazione e una descrizione della dinamica della forma di governo dei sistemi sociali moderni solo parziali. A ciò risponde, in alternativa, la moderna teoria della democrazia che riassume in sé sia l'istanza tecnocratica, sia quella democratica. La teoria della democrazia, infatti, assume l'etica della responsabilità a fondamento di tutte le decisioni collettive adottate; ma assume anche, con la centralità dei cittadini, la riconducibilità alla loro responsabilità di tutto ciò che avviene all'interno del sistema sociale. Tecnocrazia e democrazia si “coappartengono” in quanto l'una è strumentale rispetto all'altra per la soluzione di tutte le sfide sociali connesse alla complessità e all'instabilità del vivere insieme, fuori dai condizionamenti che possono originare da tutte le possibili costrizioni di parte.
*Università di Cagliari

L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda
Provincia di Sassari (Pagina 26 - Edizione OL)
Sassari
Studenti in fila per l'Erasmus

Sei mesi di studio presso la facoltà di Farmacia dell'Università di Lisbona, nove mesi presso la facoltà di Lettere della Sorbona di Parigi, quattro mesi presso la facoltà di Medicina dell'Università Europea di Madrid. Non sono che alcune delle 868 opportunità di studio all'estero che l'Università di Sassari offre ai propri iscritti, attraverso il bando per l'attribuzione delle borse di mobilità a fini di studio previste dal Lifelong Learning Programme (LLP)- Erasmus. Le diverse opportunità sono così ripartite tra le facoltà: 83 per gli studenti di Agraria, 155 per quelli di Architettura, 80 per gli iscritti a Economia, 47 per Farmacia, 90 per Giurisprudenza, 94 per Lettere e Filosofia, 100 per Lingue, 43 per Medicina, 83 per Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, 75 per Scienze Politiche, 18 per Veterinaria.


LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 34 - Cultura e Spettacoli
«Sarà un progetto di tutela»
La Conservatoria delle coste spiega la filosofia dell’intervento
ALESSIO SATTA *

Vorrei iniziare con un ringraziamento sincero a Giorgio Todde per due ragioni precise. La prima è che mi permette di spiegare ai lettori i principi ispiratori dell’azione della Conservatoria delle Coste. La seconda per avermi concesso l’occasione di parlare di fari. Prima di continuare vorrei fare una precisazione all’articolo di Giorgio Todde. Un lettore inebriato dalle parole del nostro scrittore potrebbe aver inteso, tra le righe, che il progetto di restauro della torre del Finocchio a Torre delle Stelle sia stata opera della Conservatoria delle Coste. Su questo vorrei rassicurare Giorgio Todde. La torre non appartiene al patrimonio della Regione Sardegna ed il progetto di restauro non è della Conservatoria delle Coste. Per conoscere l’approccio metodologico al restauro della Conservatoria delle Coste è possibile consultare il progetto relativo al recupero conservativo di nove torri costiere della Sardegna disponibile sul sito sardegnacoste.eu. Ma torniamo a quei “luoghi di meraviglia” che sono i fari.
 Quella dei fari è una storia affascinante che si perde nella notte dei tempi e va di pari passo con la storia della navigazione. Fin dall’antichità l’uomo ha imparato ad andare per mare limitandosi però a navigare durante il giorno e lungo le coste. La necessità di potersi muoversi sempre più spesso lo porta a navigare anche di notte obbligandolo a orientarsi con le stelle e con rudimentali strumenti nautici. Le insidie rappresentate da scogli affioranti, banchi di sabbia e altri natanti hanno reso improrogabile la necessità di illuminare la notte con i primi “fari”, veri e propri falò situati nei luoghi più pericolosi delle coste. Omero nel XIX libro dell’Iliade paragona lo sfavillio dello scudo del guerriero Achille a uno di quei fuochi che dalle alture rendono sicura la via ai naviganti. Tornando ai giorni nostri, una nuova storia sta per essere scritta per i fari del Mediterraneo. In Francia, il Conservatoire du Littoral, istituzione nazionale, nata nel 1975 con oltre cento funzionari e un bilancio annuale di trenta milioni di euro, si appresta a prendere in gestione circa 60 fari del paese del Camembert. In Sardegna, la Conservatoria delle Coste, agenzia regionale nata nel maggio 2007 e operativa solo due anni dopo (con l’entrata in servizio dei primi, e ultimi, nove funzionari), nel 2012, con un bilancio di due milioni di euro si appresta a prendere in gestione 15 tra fari, postazioni semaforiche e vedette della terra del pecorino sardo. Come terminerà la competizione con i nostri amici d’oltralpe? La spunterà il team dei quattro mori partito 34 anni più tardi e composto da giovani architetti ed ingegneri autoctoni o l’esperienza trentennale dei conservatori francesi? Ai posteri l’ardua sentenza. Una cosa è certa, tutte e due le istituzioni concorreranno con gli stessi principi incisi a caldo nelle loro leggi istitutive e nei loro regolamenti. Chiunque vinca la singolar tenzone, il Conservatoire du Littoral e la Conservatoria delle Coste condivideranno il processo di valorizzazione dei fari costituendo un gruppo di lavoro internazionale. Il processo è appena iniziato e nei mesi a venire la Conservatoria delle Coste darà l’avvio al coinvolgimento di amministrazioni comunali, parchi, università, associazioni e cittadini.
 Ma quale significato ha per la Conservatoria delle Coste il termine “valorizzazione” che popola gli incubi rosa confetto di Giorgio Todde? Questo termine, per spiegarlo attraverso le parole di Eddy Salzano, ha un significato ambiguo e viene adoperato in due accezioni sostanzialmente alternative. Da un lato, sempre citando Eddy Salzano, si parla di “valorizzazione” come trasformazione/gestione di qualcosa al fine di ricavarne un vantaggio economico (interpretazione che mette l’accento sullo sfruttamento economico anziché sulla qualità del bene) e dall’altro lato, si parla di “valorizzazione” come “messa in valore” delle qualità proprie del bene (interpretazione che mette l’accento sulla necessità di scoprire, di tutelare e di evidenziare il valore intrinsecamente già presente nel bene, prioritariamente rispetto a qualsiasi obiettivo economico). Mentre nell’uso corrente di questo termine prevale la prima accezione, l’approccio metodologico adottato dalla Conservatoria delle Coste è quello della “messa in valore” dei beni a essa affidati dove l’esigenza di conservare il valore intrinseco del bene è prioritaria rispetto a qualsiasi obiettivo economico. I fari, una volta visti, non saranno perduti e attraverso la loro “messa in valore” diventeranno, per la prima volta, patrimonio di tutti, sardi e non sardi, ambientalisti e “valorizzatori”. L’impegno della Conservatoria delle Coste è rendere possibile che i fari continuino a essere visti in tutta la loro forza evocativa e, sottratti alle minacce del tempo, proseguano a illuminare il nostro cammino di viaggiatori evocato splendidamente dalla scrittrice Virginia Woolf nel romanzo «Gita al faro» (1927): “Il faro era allora una torre argentea, nebulosa, con un occhio giallo che si apriva all’improvviso e dolcemente la sera”.
* Direttore della Conservatoria della coste

Questionnaire and social

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