Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
03 December 2012

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA
1 – L’Unione Sarda / Lavoro (Pagina 9 - Edizione CA)
PNEUMATICI. L'azienda riesce a separare la gomma dall'acciaio
AQUAVIS, SPRECHI ADDIO
 
Recuperare vecchie gomme e altri prodotti di scarto per ricavare materie prime da reinserire nel ciclo produttivo senza inquinare l'ambiente. È la sfida di tre ricercatori cagliaritani che la scorsa settimana, dopo cinque anni di studi nell'ateneo del capoluogo sardo, hanno costituito la società Aquavis.
L'AZIENDA Il nome dice tutto sull'attività: con la forza dell'acqua ad alta pressione, grazie alla tecnologia Windjet, l'azienda riesce a disgregare la gomma dall'acciaio e dagli altri materiali tessili presenti negli pneumatici. Il processo permette di ottenere materie prima da poter riutilizzare come, appunto, la gomma e l'acciaio.
Aquavis è una spin off dell'Università di Cagliari (la società ha infatti sede nella facoltà di ingegneria) e si è aggiudicata il contributo che Sardegna Ricerche assegna alle migliori start up. «Grazie a questo finanziamento», spiega uno dei tre ricercatori, Giorgio Costa, «ora cercheremo di trasformare il prototipo che abbiamo realizzato in laboratorio anche in ambito industriale». Adesso, cioè, si cercherà di capire come poter utilizzare in concreto la gomma ricavata e quali prodotti sarà possibile ottenere. «A seconda degli utilizzi che si possono ricavare, infatti, la materia prima acquista un valore più o meno elevato», sottolinea ancora Costa. «Ora ci concentreremo sulle applicazioni pratiche della gomma che otteniamo».
AMBIENTE Il tutto, ricordano i ricercatori, senza emissioni nocive per l'ambiente. «Spesso gli pneumatici vengono bruciati perché hanno un alto valore calorifero, ma questo è un processo dannoso per l'ambiente che mira solo a smaltire un rifiuto», conclude Costa. «Noi, invece, soltanto con l'acqua ad alta pressione senza aggiungere alcuna sostanza nociva, otteniamo il risultato di smaltire i vecchi pneumatici, di recuperare una materia prima preziosa e di non inquinare l'ambiente». ( an. ber. )
 
 
L’UNIONE SARDA
2 – L’Unione Sarda / Lavoro (Pagina 11 - Edizione CA)
Laureandi sotto i 29 anni. Addetti alle vendite: servono alla Wind
TELECOM DÀ LA CACCIA A 200 INGEGNERI
 
Buone opportunità di lavoro nel settore delle telecomunicazioni. Telecom Italia cerca 200 laureati in ingegneria con l'obiettivo di sviluppare nuove tecnologie. La società vuole infatti investire sulla trasmissione dati della rete mobile, la cosiddetta ultrabroadband. Telecom seleziona giovani da assumere con un contratto di apprendistato in alta formazione da destinare alle sedi di Milano, Roma e Napoli. L'azienda vuole dare via al ricambio manageriale, formando giovani manager che al termine di un periodo di formazione e lavoro in apprendistato della durata di 18 mesi part time, saranno assunti con contratto a tempo indeterminato a partire dal 2013. Il piano formativo si articolerà in 240 ore. I temi trattati verteranno sulle tecnologie, sugli aspetti commerciali e di gestione d'impresa. Possono partecipare al progetto laureandi ingegneri che non abbiano compiuto i 29 anni, che siano studenti iscritti al corso di laurea magistrale o specialistica di ingegneria in una delle università che hanno sottoscritto la convenzione, non oltre il primo anno fuori corso e a cui manchino non più di 60 crediti formativi universitari. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.telecomitalia.com.
MOBILE A cercare nuovo personale è anche Wind che seleziona addetti alle vendite da inserire negli store di tutta Italia, Sardegna compresa. Nell'Isola sono coinvolti sei punti vendita. Wind è una delle maggiori compagnie italiane e si colloca appena dopo Tim e Vodafone per la telefonia mobile, è invece al secondo posto per la rete fissa. I candidati devono inviare il proprio curriculum dal sito Internet www.windgroup.it. L'azienda, inoltre, offre ai neolaureati la possibilità di fare uno stage per avere un'esperienza diretta nei diversi contesti organizzativi. Anche il ramo italiano di Vodafone propone ai laureandi (con il Vodafone internship program), uno stage retribuito da svolgere in tutte le sedi e aree funzionali dell'azienda. A partire dal secondo semestre del secondo anno di università e fino a un anno dopo la laurea, i giovani possono invece candidarsi al Vodafone discover program, un percorso “interfunzionale” di 12 mesi che offre da subito un contratto a tempo indeterminato. Tutte le informazioni si trovano su www.vodafone.it, nella sezione “Lavora con noi”. ( an. ber. )
 
 
L’UNIONE SARDA
3 – L’Unione Sarda / Provincia Medio Camp (Pagina 23 - Edizione CA)
VILLACIDRO. Il Comune riscrive il piano particolareggiato con l'Università
CENTRO STORICO, SI CAMBIA
Incentivi e meno vincoli contro lo spopolamento
 
Per contrastare lo spopolamento del centro storico, dovuto almeno in parte ai numerosi vincoli alle ristrutturazioni delle abitazioni, il Comune di Villacidro sceglie la via del compromesso con minori regole e più opportunità. Sarà modificato il piano particolareggiato del centro storico che con i paletti attuali quasi impedisce di muovere una tegola dalle case esistenti: è ammesso solo il ripristino dei luoghi dietro presentazione di mazzi di documenti e il rispetto di lunghi iter burocratici. Ma in futuro le cose potrebbero cambiare.
PIANO PARTICOLAREGGIATO La rivoluzione del Piano, tanto odiato dalle famiglie, sta per cominciare. «Abbiamo individuato nella facoltà di Architettura dell'Università di Cagliari il soggetto che si occuperà del progetto attraverso uno studio che analizzerà ciascuna abitazione presente nel centro storico», osserva il vice sindaco Federico Sollai. A disposizione c'è un finanziamento regionale di 82 mila euro, ai quali si aggiungono 9 mila euro comunali. «Il nostro obiettivo è valorizzare il centro storico con nuove opportunità».
ABOLIZIONE DEI DIVIETI Rispetto ai precedenti Piani stavolta non si parlerà più di divieti ma di cosa poter fare in ciascuna abitazione. Potrebbero essere consentiti ampliamenti volumetrici, nuovi piani, estensioni anche in larghezza per dare maggiore funzionalità all'edificio, ma anche demolizioni prima proibite. «Dallo studio potranno emergere altre soluzioni per rivitalizzare il centro, come sgravi negli oneri di costruzione e urbanizzazione», aggiunge il vice sindaco. Potrà persino essere ammesso il cambio di destinazione d'uso su edifici storici che diventerebbero attività commerciali, piccoli laboratori artigianali o centri servizi, interrompendo così i continui traslochi dei commercianti in periferia dove le ristrutturazioni non sono soggette a vincoli.
L'OBIETTIVO «Oggi i giovani chiedono di ripopolare il centro storico ristrutturando case avute in eredità e oggi lasciate chiuse per via dei troppi divieti che gravano sui progetti», precisa Sollai, «perciò c'è una certa fretta nella realizzazione del Piano che dovremmo avere pronto tra un anno. Entro febbraio 2014 dovrà essere operativo. Il Comune ha stipulato un protocollo d'intesa con la Regione per farlo monitorare periodicamente e lavorare assieme». Parte attiva della pianificazione saranno la popolazione e i tecnici: «Il progetto ha origine dal basso», conclude il vice sindaco, «tramite assemblee faremo emergere le criticità esistenti in uno dei centri storici più grandi dell'isola che si estende per oltre 27 ettari». E aggiunge: «Pubblicheremo su internet le carte e ogni famiglia potrà vedere gli interventi ammessi nella propria abitazione».
Stefania Pusceddu

 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna / Sassari (Pagina 17 - Edizione CA)
EX INGEGNERE “DI FIDUCIA” NON AVRÀ SOLDI DALL’ATENEO
Il Tar dà torto a uno dei consulenti esterni che avevano ispirato le censure dell’ispettore ministeriale Donato Centrone. Confermata la revoca degli incarichi
di Daniela Scano
 
SASSARI A giudicare dal passo lento con cui ha proceduto fino ad oggi, l’inchiesta penale su dieci anni di presunti sprechi all’Università di Sassari sembra essersi incamminata lungo il viale dove i colori della giustizia sfumano nel grigio polvere della prescrizione. Del resto, non è certo semplice ripercorrere dieci anni di delibere del secondo ateneo della Sardegna. A suo tempo lo fece l’ispettore ministeriale Donato Centrone, il super esperto che nel 2010 individuò tre grandi tronconi di scelte a suo dire eccessivamente onerose per le casse pubbliche: i costosi incarichi di consulenza e collaborazione professionale conferiti dall’ateneo a esterni, la forsennata stagione di espansione edilizia culminata con la realizzazione dell’Orto botanico, l’affaire dell’ufficio legale dell’ateneo. La “relazione Centrone” è stata notitia criminis per la Procura della Repubblica che ha iscritto nel registro degli indagati, con diverse ipotesi di reato, l’ex rettore Alessandro Maida e altri sei tra funzionari e tecnici. Mauna cosa sono le gestioni discutibili, un’altra cosa sono i reati. Lo sanno bene il procuratore capo Roberto Saieva e il suo sostituto Giovanni Porcheddu. I due magistrati stanno lavorando da un anno e mezzo (e hanno già ottenuto due proroghe) per dare, se ce n’è, sostanza penale alle censure contabili dell’ispettore ministeriale. In attesa che l’inchiesta faccia il suo corso, nei giorni scorsi la gestione degli incarichi professionali assegnati fino al 2009 dall’Università a tecnici esterni (e strapagati) è stata esaminata dai giudici amministrativi del Tar Sardegna. La prima sezione del Tar, presieduta dal giudice Aldo Ravalli (consigliere Marco Lensi, consigliere estensore Grazia Flaim) ha respinto la richiesta dell’ingegner Barbara Manos di annullare la delibera con cui, il 10 febbraio del 2010, il direttore amministrativo dell’ateneo le aveva revocato gli ultimi due incarichi professionali di una lunga serie. Il provvedimento era stato adottato dall’Università in autotutela proprio dopo la bufera scatenata dalla “relazione Centrone”. Manos, assistita dall’avvocato Amedeo Mandras, chiedeva che il provvedimento venisse dichiarato illegittimo. Il Tar invece ha dato ragione all’Università, rappresentata e difesa dall’avvocatura distrettuale. Le consulenze revocate all’ingegner Manos riguardavano la ristrutturazione dell’edificio che ospita il reparto Malattie infettive e il recupero del Centro linguistico di via Zanfarino. Barbara Manos aveva preso male la decisione dell’ateneo. Fino a quel momento la professionista era stata la consulente di fiducia di Giuseppe Gaeta: responsabile del programma edilizio dell’Università. In due anni Gaeta aveva conferito a Manos incarichi di consulenza professionale per oltre duecentocinquantamila euro. Secondo l’ispettore Centrone, in questo modo l’ateneo aveva sprecato soldi e risorse umane perché, pur potendolo fare, non si era avvalso della opera dei suoi dipendenti: tre ingegneri dell’Ufficio tecnico. Inoltre, rivolgendosi fiduciariamente(e quasi esclusivamente) alla Manos, l’Università aveva anche violato il diritto di altri professionisti di partecipare (eventualmente praticando sconti sulle parcelle) all’assegnazione degli incarichi. Questo giudizio è stato sostanzialmente confermato dai giudici del Tar. I magistrati cagliaritani non sono stati teneri con i due tecnici coinvolti nella vicenda. Prima di rispondere picche all’ingegnere (che chiedeva un congruo compenso per il lavoro interrotto e per il presunto “danno all’immagine professionale”), il collegio dei giudici amministrativi ha ricostruito i rapporti professionali tra gli ingegneri Manos e Gaeta. Rapporti che spiegano la incrollabile fiducia nutrita nei confronti della collega dall’allora responsabile dell’Uffico tecnico dell’ateneo. Rapporti fatti di una lunga e collaudata collaborazione. Quando ancora non era stato nominato dirigente universitario, infatti, tra il 1997 e il 2002 Gaeta aveva lavorato con Manos e in almeno sei occasioni aveva realizzato progetti per conto dell’Università. Appena arrivato nella postazione di comando, l’ingegner Gaeta aveva continuato a rivolgersi alla sua tecnica di fiducia. «In definitiva – scrivono i giudici del Tar nella loro sentenza – veniva definito a livello ispettivo centrale un “quadro” di conferimento all’ingegner Manos (e in favore anche di altri professionisti) privo dei requisiti e condizioni di affidamento». In una memoria presentata in una delle tanti sedi giudiziarie dove la vicenda è approdata, l’Università ha sostanzialmente scaricato l’ex dirigente dell’Ufficio tecnico sostenendo «che le sue scelte illegittime ed “extra ordinem” sarebbero state compiute senza informare gli “organi competenti”». In altre parole, ci sono stati anni in cui nell’ateneo cittadino era possibile che un dirigente conferisse incarichi per centinaia di migliaia di euro senza dover rendere conto a nessuno. E senza che nessuno gliene chiedesse conto.
 
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 – La Nuova Sardegna / Cultura e società (Pagina 23 - Edizione CA)
PERCHÉ LE DONNE NON VOTANO LE DONNE
Un saggio di Noemi Sanna cerca di indagare su un fenomeno apparentemente paradossale
di Eugenia Tognotti
Le elettrici sono in numero maggiore degli elettori eppure il voto alle elezioni politiche, della Regione o del condominio premia sempre gli uomini
 
Che in Italia la questione della (mancata) democrazia paritaria sia il prodotto di un retaggio storico- culturale, che, tradizionalmente, tende a escludere le donne e assegna agli uomini i ruoli apicali del potere, può apparire così scontato da non aver bisogno di analisi approfondite e di un approccio scientifico. Questo libro di Noemi Sanna, “Dieci morivi per cui le donne accettano di essere dominate dagli uomini”( Editore. Albatros, pp. 154, 2012). dimostra invece quanto possa essere importante, al di là degli slogan, un approfondimento rigoroso. Così da comprendere in che modo è stato costruito quel potente sistema di pregiudizi e diffidenze all'origine del divario che caratterizza il nostro paese in tema di rappresentanza. Portando alla luce le ragioni più profonde, psicologiche e sociali, che vi hanno avuto una parte. Medico psichiatra e docente all'Università di Sassari, l'autrice - che ha anche un bagaglio di esperienza personale come ex consigliere regionale - usa al meglio i "ferri del mestiere" per affrontare uno dei nodi più complessi e discussi: il perché le donne non votano le donne. A parole, non sembrano esservi pregiudizi contro le donne in politica. Nei fatti non è così. Cresciute con stereotipi culturali e modelli maschili in certi ruoli, faticano a liberarsene. Una situazione riconducibile a un retaggio storico-culturale che sembra legittimare lo sbilanciamento nella distribuzione del potere tra uomini e donne. In quasi tutti i Paesi dove esistono democrazie a suffragio universale, il numero delle elettrici supera quello degli elettori. Teoricamente, dunque, se le donne votassero per le donne l'equilibrio della rappresentanza sarebbe assicurato. Invece, pressoché in ogni elezione - che si tratti di elezioni politiche, regionali, provinciali e comunali, fino al presidente dell'assemblea condominiale - la maggioranza delle donne sceglie di far confluire i propri suffragi su un uomo, cui riconoscono capacità e attitudini nell'esercizio del potere. Un fenomeno, questo, che Noemi Sanna analizza , assumendo, come quadro di riferimento, gli schemi comportamentali primitivi degli animali e il ruolo del “capobranco, maschio, dominante, scaltro, predatore e riproduttore sessuale". Il voto femminile è una conquista recente in molti Paesi occidentali di antica democrazia, compresa la Francia. E' stato concesso in molti Stati soltanto dopo la seconda guerra mondiale. In molti cantoni della Svizzera addirittura pochi decenni fa, nel 1971. Eppure, in Europa e altrove, soltanto una piccola e discontinua, minoranza di attiviste (come le suffragette inglesi tra Otto e Novecento) ha rivendicato il diritto di voto, nell'indifferenza della maggioranza delle donne, che invece lottavano in prima fila, accanto agli uomini, per ottenere le 'otto ore' e aumenti di salario. I canti di lotta, - come quello , celebre, delle mondine, 'sciur padrun da li bèli braghi bianchi' - sollecitano paghe giuste ( più 'palanche') , non il suffragio universale e il voto alle donne. Come se non lo considerassero un diritto sacrosanto o, vedendolo, non riuscissero neppure a immaginarsi un protagonismo femminile in politica. La barriera con cui le donne italiane si scontrano quando cercano di avvicinarsi alla politica attiva, è forte, fortissima. E quando si tratta di donne le aspettative si amplificano a dismisura, mentre, si sa, il "credito dato a un uomo', sembra non richiedere troppe garanzie". Per abbatterla quella barriera, non servono tanto delle leggi riparatrici, pur necessarie. Quello che davvero occorrerebbe fare, per un nuovo ordine ed equilibrio nella ripartizione degli spazi deputati all'esercizio del potere e nella partecipazione politica, è di innescare, dal basso, processi culturali capaci di cambiare le donne stesse, "le quali accettando o adattandosi a un modello di vita scelto per loro da altri'- scrive la Sanna, contribuiscono, di fatto, "a mantenere saldi, più o meno consapevolmente, alcuni tra i più potenti meccanismi discriminatori".

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie