Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 December 2011

 


RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI A CURA DELL’UFFICIO STAMPA DELL’ATENEO

L’UNIONE SARDA 
1 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale (Pagina 9 - Edizione CA)
Quei lavori mai pagati
Policlinico di Monserrato: “Opere pubbliche” deve ancora saldare
le fatture dei subappaltatori che hanno realizzato il Blocco Q
 
Puntualità e precisione prima di tutto: Opere pubbliche spa ha preteso il pagamento, entro le scadenze, dei lavori del blocco Q del Policlinico di Monserrato. Un cantiere da oltre 13 milioni di euro, che la società ha incassato per aver realizzato un edificio di quattro piani che presto - le previsioni parlano del prossimo settembre - ospiterà la clinica pediatrica Macciotta e molti dei reparti del San Giovanni di Dio, gestiti dall'azienda mista. Eppure nonostante l'appalto sia ormai concluso e l'Università abbia saldato tutti i debiti con la società, alcune delle imprese a cui è stata subappaltata l'opera non hanno ancora ricevuto lo stesso trattamento.
I PAVIMENTI È il caso della Edue srl, ditta cagliaritana che a settembre del 2008 venne contattata per «la realizzazione e la posa in opera di un pavimento vinilico eterogeneo» nella nuova struttura costruita per conto dell'Ateneo e poi entrata nella disponibilità dell'azienda ospedaliero-universitaria. Le due imprese raggiungono presto l'accordo: i lavori costano circa 80 mila euro e vengono eseguiti senza problemi. Le fatture, presentate regolarmente dalla Edue srl, dovrebbero essere pagate entro 60 o 90 giorni. Eppure, come in altri casi, Opere pubbliche spa cerca di rinviare la chiusura dei conti. Ritarda il pagamento di alcune tranche e costringe la società che ha realizzato i pavimenti del blocco Q a scegliere la via del tribunale. Per recuperare i 38.769 euro che mancano all'appello, l'impresa si è dovuta rivolgere allo studio legale Macciotta: «Nonostante il decreto ingiuntivo emesso a dicembre dal tribunale di Roma, il credito non è ancora stato soddisfatto», racconta l'avvocato Stefania Murroni.
I CONTROSOFFITTI Il subappalto delle controsoffittature ha avuto un destino più o meno simile. Un lavoro da 150 mila euro, che Opere pubbliche Spa però non ha liquidato alla Euromoquette 2 srl, ditta a cui aveva affidato l'opera. Al momento la società per azioni deve ancora all'impresa cagliaritana 37.085 euro. Anche in questo caso la trafila è uguale a quella seguita dalla Edue: avvocati, tribunale, decreti ingiuntivi firmati dai giudici romani. Perché la Opere pubbliche Spa, nonostante sia guidata dalla famiglia Gariazzo, originaria del capoluogo, ha sede legale a Roma oltre ad avere filiali in Libano e in Giordania.
IL SISTEMA Eppure, anche se Opere pubbliche è stata pagata completamente dall'Università, i subappaltatori aspettano ancora. Nonostante il Codice dei contratti pubblici preveda che «prima di effettuare i pagamenti degli stati di avanzamento dei lavori dell'impresa, l'amministrazione appaltante, attraverso il responsabile unico del procedimento, deve richiedere all'impresa appaltatrice il deposito delle fatture dei subappaltatori quietanzate entro venti giorni successivi al pagamento dello stato di avanzamento dei lavori». Invece sembra che questa disposizione, come in altri casi, non sia stata rispettata: per ora senza un intervento della magistratura, che però potrebbe intervenire presto a far luce sul «sistema» utilizzato dalla società per ritardare, spesso all'infinito, i pagamenti.
Michele Ruffi
 

LA NUOVA SARDEGNA
2 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Fondi all’ateneo per reclutare nuovi professori associati
 
 CAGLIARI. Buone notizie in arrivo dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, che ha infatti comunicato l’avvenuta assegnazione delle risorse relativa al “Piano straordinario 2011” per la chiamata di professori associati: «Un’opportunità fondamentale - scrive il ministro - per mettere alla prova le nuove modalità di reclutamento previste dalla legge 240/2010, consentendo di riconoscere i meriti scientifici acquisiti dai ricercatori e al contempo incentivare la mobilità nazionale e internazionale».
 Gli atenei potranno quindi procedere all’attivazione delle relative procedure di reclutamento.
 L’Università cittadina, nell’elenco degli atenei virtuosi destinatari dei fondi, occupa una posizione di tutto rispetto, con l’attribuzione di un peso percentuale rispetto al totale dei finanziamenti pari all’1,98%, con una attribuzione di 12 punti organico e una somma sul “Piano straordinario” di 253mila 759 euro.
 Confermato così il 17º posto in Italia nella classifica della premialità del ministero: Cagliari guadagna dunque quattro posizioni rispetto all’ultima valutazione effettuata. I fondi assegnati sono relativi all’anno in corso e ammontano a complessivi tredici milioni di euro: «Quota che a decorrere dal 2012 - avvertono dal ministero - si consoliderà in un importo pari a 78 milioni di euro annui».
 La posizione raggiunta dunque fa ben sperare anche per il futuro: «L’ateneo vede riconosciuti i suoi sforzi per restare tra gli atenei virtuosi. - è il commento del rettore, Giovanni Melis - Il miglioramento raggiunto conferma i dati di cui disponevamo e consente di ottenere risorse aggiuntive da destinare ai concorsi per professore associato. Tali risorse potrebbero notevolmente aumentare il prossimo anno se si confermasse la possibilità di restare tra le Università virtuose, tra quelle cioè che rispettano i vincoli di bilancio».
 
LA NUOVA SARDEGNA
3 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Aree militari, tesoro sotto chiave
Circa 20 gli spazi in luoghi pregiati ormai senza interesse per la Difesa
ALESSANDRA SALLEMI
 
 CAGLIARI. Dismessi o dismissibili: sono circa venti pezzi, tutti molto pregiati per le zone in cui si ritrovano, alcuni di valore anche perché gli edifici sono in ottime condizioni, un patrimonio che il ministero della Difesa non ha più bisogno di tenere per sé, ma che, oggi, si trova nel limbo delle procedure avviate e non concluse. Qualche pezzo, come l’ospedale militare di San Michele, è tornato alla città grazie agli accordi tra Stato e Regione, qualche altro è stato adocchiato dal Comune che potrebbe sciogliere nodi organizzativi e urbanistici se ricevesse in uso terreni, magazzini, alloggi. L’elenco ufficiale è nella disponibilità di varie entità, quello da cui la Nuova ha attinto le informazioni è stato messo a disposizione dall’ufficio cagliaritano dei Riformatori. Le dichiarazioni di fine anno del sindaco Massimo Zedda con chiarezza hanno indicato nella «riqualificazione dell’esistente» la strada per ricavare spazi utili alla città: non ci sono soldi per costruire edifici nuovi e per comprare aree, ma si possono trovare per ristrutturare vecchi manufatti e per promuovere permute di luoghi e caseggiati. La domanda è: quando si ricomincia a trattare per entrare in possesso di un’enorme ricchezza abbandonata e quando il consiglio comunale avvierà il dibattito? Tra via Simeto e viale Elmas (a destra, foto Rosas) 20mila metri quadri con i magazzini (dismessi) dell’Aeronautica sono già stati notati dal Comune: c’è la richiesta ufficiale per ottenere l’intera superficie e farci un grande parcheggio di scambio oppure per trasferire qui il parco dei mezzi dei vigili del fuoco. In vico III Merello (foto al centro) c’è un gioiello tanto dismesso quanto nascosto: quasi 6mila metri quadri incolti sotto il costone di viale Fra Ignazio dove si trova il rudere del presidio medico mai più usato dalla seconda guerra mondiale in poi. Di militare mantiene ormai soltanto il divieto di valicare la recinzione, abbastanza di recente si è aggiunto il cartello che segnala il rischio crolli. Ben noti come già dismessi (ma ancora inutilizzati) sono i terreni e gli edifici su due versanti di Monte Urpinu (via dei Conversi e via Fleming) e poi i capannoni di Terramaini e alla radice del molo di Levante. Nel capitolo «dismissibili» ci sono pezzi di enorme interesse. Soprattutto ora che si comincia a parlare del destino dell’edificio di Buoncammino una volta trasferito a Uta il carcere, si impone all’attenzione quello che c’è sotto la casa di pena, in viale San Vincenzo: 8mila metri quadri di terreno con un edificio che sono i magazzini del Genio militare, acquisiti dall’Esercito nel 1914. Questa zona è già vista come il naturale ampliamento dei Giardini pubblici nonché sede possibile dell’assessorato alla Cultura oppure come complesso per studenti (alloggi, mense) e lo strumento per realizzare tutto questo potrebbe essere la permuta. In una tale prospettiva ci può essere un ripensamento della situazione dell’ex caserma Griffa, dismessa dall’Esercito già 50 fa e ora nel patrimonio dell’Agenzia del Demanio cui il Comune paga 65 mila euro l’anno per disporre di alloggi popolari. Qui tra l’altro resiste ancora una curiosità: la vecchia colombaia che accoglieva i piccioni viaggiatori, i postacelere di una volta. Fra via Nuoro e viale Bonaria c’è l’ex caserma Gioda e Martinazzo, deposito di materiali «a basso profilo operativo», vale a dire inutili, nella disponibilità dell’Esercito dal 1928 e ora praticamente senza destinazione in una zona crocevia di necessità (sportive e anche residenziali). Tra via Liguria e via Campania (foto a sinistra) davanti all’ingresso di Monte Claro c’è un magazzino vestiario con terreno: il Comune l’ha chiesto per ampliare il campo universitario di via Is Mirrionis. Un pezzo alla volta, la zona attorno alla piazza D’Armi diventa ricca di prospettive: si liberano spazi finora inaccessibili mentre l’Università, una volta completata la cittadella di Monserrato, avrà improvvisamente a disposizione caseggiati di valore come il palazzo delle Scienze, la clinica Macciotta, l’ospedale civile.
 
LA NUOVA SARDEGNA
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Prima Pagina
Leader nella ricerca sui nuovi materiali
Scienziata sassarese premiata dall’Unesco forse dovrà emigrare
 
SASSARI. Potrebbe essere la classica trentenne precaria, senza una prospettiva certa davanti se non quella di emigrare per cercare lavoro. Potrebbe, se Valeria Alzari, chimica sassarese, non fosse stata premiata dall’Unesco, alla presenza del ministro Profumo per un progetto al quale sta lavorando, tra mille difficoltà, nell’università di Sassari, dove ha messo a punto un metodo innovativo per la realizzazione di nuovi materiali che utilizzano il grafene.
 
Pagina 3 - Fatto del giorno
Brava, bravissima. Ma ora deve emigrare
Per la ricercatrice sassarese Valeria Alzari, premiata dall’Unesco, in Sardegna non c’è posto
Trent’anni, laurea in chimica, impegnata in uno studio rivoluzionario ma con fondi scarsi sui nanomateriali
GABRIELLA GRIMALDI
 
 SASSARI. Potrebbe essere la classica trentenne precaria, senza una prospettiva certa davanti se non quella di emigrare per cercare lavoro. Potrebbe, se Valeria Alzari, chimica sassarese, non fosse stata premiata dall’Unesco, alla presenza del ministro Profumo per un progetto al quale sta lavorando, tra mille difficoltà, nell’università di Sassari.
 Un riconoscimento di grande prestigio, conferito alla giovane studiosa nell’anno internazionale della chimica e in quanto donna impegnata in un settore così complesso. «È stata un’occasione emozionantissima - racconta lei, lineamenti da ragazzina e sguardo penetrante -. Eravamo lì, piccoli piccoli, davanti a personaggi come Giovanni Puglisi, rettore dell’Iulm e il genio della matematica Pergiorgio Odifreddi. È stata anche una rivalsa, in un certo senso». Perchè il progetto di Valeria, presentato nel 2010 a un concorso per giovani ricercatori bandito dalla Regione, era stato scartato a causa - così aveva decretato la commissione - della sua «scarsa rilevanza scientifica». Così vanno le cose, in Italia, per chi si affaccia alla carriera da ricercatore e si trova alle prese con un mondo fatto di incertezze e di precarietà, dove non sempre il merito coincide con le possibilità di progredire nella propria professione. Dove, talvolta, alla fine di una lunga battaglia, l’unica alternativa possibile è quella di fare le valigie e andare all’estero, in un contesto in cui, magari, se vali hai qualche chance in più. «Io non me ne vorrei andare, vorrei rimanere qui - dice Valeria - nella mia città dove ho investito tanto in termini professionali e dove ho i miei affetti. Ma mi sono data una scadenza. Se non si presenteranno opportunià entro la fine del 2012 sarò costretta ad abbandonare l’Italia».
 La scadenza coincide con un assegno di ricerca che la giovane ricercatrice ha ottenuto a giugno del 2010 come contributo della Regione al suo master&back, dopo aver completato il dottorato all’università di Perugia. Proprio nell’anno in cui la stessa Regione aveva rifiutato il suo progetto e proprio nei mesi in cui, ironia della sorte, a due studiosi russi era stato attribuito il premio Nobel per la chimica proprio in ragione della scoperta su cui si basa la ricerca di Valeria Alzari: il grafene.
 Si tratta di un nanomateriale isolato dalla grafite che consente applicazioni interessanti nella produzione della plastica conferendole qualità molto superiori a quelle attuali, tra le quali la resistenza. L’equipe in cui lavora la ricercatrice, diretta dal professore associato Alberto Mariani, ha raggiunto la più alta concentrazione di grafene mai ottenuta fino ad ora a livello mondiale, con un metodo originale e innovativo che ha portato, per la prima volta, alla sintesi diretta di materiali nanocomposti contenenti grafene.
 Un settore altamente specializzato che Valeria Alzari ha seguito fin dai tempi dell’università. «Mi sono laureata a Sassari a 25 anni - racconta - con la speranza di trovare subito lavoro. Così almeno garantivano le statistiche sui diplomi in chimica. Sembrava che tutte le aziende stessero aspettando il momento in cui io e i miei colleghi avremmo lasciato le aule della facoltà. Invece la realtà si è manifestata in modo del tutto diverso. Ho spedito decine e decine di curricula ma non ho mai avuto alcuna risposta. Nè mi risulta che agli altri miei compagni di ventura sia andata meglio. Purtroppo, anche se sembra un luogo comune, essere donne, a parte il premio che ho vinto, crea parecchie difficoltà. Perciò se non troverò alternative sarò costretta ad andare via».
 E una sorte incerta potrebbe subire la ricerca svolta dal gruppo di Valeria all’interno del dipartimento di chimica, proprio a causa dei finanziamenti «ballerini». «Abbiamo avuto un contributo ministeriale nel 2009 - spiega il responsabile Alberto Mariani -, il cosiddetto Prin per i progetti di ricerca di interesse nazionale. Ci doveva essere un bando ogni anno ma così non è stato. Lo abbiamo ricevuti nel 2010 e scadranno a fine 2012». Si tratta di una cifra bassa: 22 mila euro con i quali non si possono che acquistare i materiali per svolgere gli esperimenti minimi. Una situazione che proprio da ieri sembra meno nera perchè il gruppo ha ottenuto un finanziamento di 133mila euro da dividere con altre due equipe. Una boccata d’ossigeno che consentirà di tirare avanti un altro po’. E poi?
 

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