Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
18 December 2010
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
 
        
  

L’UNIONE SARDA
 
1 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari - Pagina 33
Premio all’Università
Il progetto di telelavoro dell’Università è stato premiato nel corso di un convegno svoltosi a Roma, intitolato «Donne e P.A. Il management femminile come risorsa nel settore pubblico e nel settore privato». Il riconoscimento arriva dall’osservatorio “Donne nella Pubblica amministrazione”.
 
 
2 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari - Pagina 31
UniCa. Dopo il via libera
Gli universitari contestano il bilancio preventivo
Sì al nuovo bilancio dell’Università di Cagliari, ma anche qualche critica sui tempi di coinvolgimento degli studenti nell’iter di approvazione, nuove tecnologie ed esternalizzazione dei servizi. È il giudizio degli studenti universitari di UniCa 2.0, uno dei gruppi più attivi nelle mobilitazioni di questi giorni contro la riforma Gelmini, sul bilancio preventivo 2011.
IL GIUDIZIO «Questo bilancio - spiegano - ha saputo porre argini concreti alle politiche dissennate poste in essere dal ministero dell’economia anche grazie all’apporto del nostro gruppo di rappresentanza. I fondi a favore del diritto allo studio non hanno subito riduzioni e, dietro le nostre richieste, in alcuni casi sono stati incrementati. Sottolineiamo l’incremento del fondo per la disabilità, che ha visto il nostro gruppo impegnato in questi ultimi mesi per garantire un diritto che questo governo vuole far diventare un privilegio. Sottolineiamo i fondi per le borse di studio, per i tutor, per le biblioteche e per tutti quei servizi essenziali rivolti agli studenti che riusciremo a garantire anche quest’anno».
Voto favorevole, dunque, ma anche qualche obiezione: «Come studenti denunciamo però il brevissimo iter di discussione del bilancio, che non ha messo il nostro gruppo nelle condizioni di poter incidere come avrebbe voluto. I tempi e i metodi con il quale il Governo opera non sono sufficienti a giustificare il mancato coinvolgimento degli studenti, da parte del Rettore e dell’amministrazione. Avremmo dovuto avere maggiori spazi di intervento, soprattutto in questi giorni che vedono noi studenti protagonisti di una lotta che si contrappone in modo netto al processo di distruzione dell’università pubblica».
L’UNIVERSITÀ «Si tratta di un importante risultato raggiunto in un quadro normativo e finanziario quanto mai incerto. Le recenti disponibilità ministeriali consentono - è scritto nella relazione di accompagnamento al Bilancio preventivo - soltanto di prevedere un’attenuazione dei tagli previsti con la legge 133, ma permane l’incertezza sulla riforma in discussione». Nella relazione viene messo in evidenza l’impegno per la messa a norma delle strutture universitarie e lo sviluppo dell’edilizia, in previsione del completamento del trasferimento di tutti i dipartimenti scientifici nel Polo di Monserrato. Previsto uno specifico progetto per il potenziamento delle attrezzature dei laboratori di ricerca attraverso la creazione di specifici centri servizi.
 
 
3 - L’Unione Sarda / Cultura - Pagina 59
Ettore Sequi e Lamberto Zannier all’Università di Cagliari
Vizi e paradossi della politica raccontati dagli ambasciatori
Se l’Isola attualmente ha un ruolo importante nello scacchiere internazionale non lo si deve solo la sua collocazione geopolitica, ma anche all’autorevolezza dei suoi figli. Fra quelli di maggior rilievo senza dubbio si può contare il cagliaritano Ettore Sequi, in prossimità di prendere servizio come ambasciatore italiano in Albania. Con il suo collega Lamberto Zannier e l’addetto stampa della missione Onu in Kosovo, Andrea Angeli, sono stati gli ospiti della conferenza conclusiva del secondo corso di “Sicurezza internazionale e diritti umani”, organizzato dalla facoltà di Scienze politiche di Cagliari, dove Sequi si è laureato.
VIRUS ASIATICO Il diplomatico sardo ha ricoperto per due anni il ruolo di inviato dell’Unione Europea in Afghanistan e Pakistan, con ampi riconoscimenti nazionali e internazionali, e prima ancora è stato per quattro anni ambasciatore italiano a Kabul. «Virus e paradossi», così chiama i mali che affliggono il paese asiatico. I primi attengono alla società civile, «frustrata perché non vede realizzate le aspettative di progresso che l’Occidente ha creato». I secondi invece riguardano gli attori internazionali. Obama in primis, «un dottor Faust», che rischia di dover davvero vendere l’anima al diavolo per vincere in Afghanistan: «Ci ha messo la faccia, che non può rischiare nelle elezioni del 2012». E infatti sta abbassando le aspettative di vittoria nell’opinione pubblica americana.
GLI EUROPEI Dopo il saluto della preside, Paola Piras, e della coordinatrice del corso, Anna Maria Baldussi, docente di Storia e istituzioni dell’Asia, la parola è stata data a Lamberto Zannier. L’ambasciatore, prima di essere l’unico italiano vice di Ban Ki-moon, per tanti anni è stato direttore del Centro di prevenzione conflitti dell’Osce a Vienna. E di conflitti ne ha mediato tanti. Attraverso il suo racconto i quasi cento studenti che riempivano l’aula A della facoltà hanno potuto apprendere il ruolo politico della Nato, «importante per la preparazione delle mediazioni operate dall’Onu», come quelle in Bosnia negli anni ’90 e quelle, più recenti, tra serbi e kosovari. «Ma all’Onu», rivela Zannier, «la parte più problematica è la politica europea». Infatti, spiega il diplomatico, nel Vecchio Continente, «contano ancora troppo le agende nazionali, che mettono a rischio persino le delicate missioni internazionali».
LA STAMPA Dato il suo ruolo, Andrea Angeli non poteva non parlare di attualità. «Wikileaks è solo la punta di un iceberg», ha affermato il funzionario Onu, «oggi mantenere una notizia segreta è una missione impossibile». Per cui, suggerisce, «la cosa migliore è essere trasparenti e ammettere gli errori». Insomma, un vecchio adagio che tutte le mamme insegnano ai propri figli, ma che le organizzazioni internazionali sembrano ancora non aver capito.
MARIO GOTTARDI
 
 
4 - L’Unione Sarda / Commenti - Pagina 19
Le tasse universitarie sono il passpartout per le proteste di piazza
L’unico modo per distrarsi è ballare. Così i politici inglesi ormai sono diventati ospiti abituali del “Ballando sotto le stelle” britannico: l’ultimo a reinventarsi ballerino è stato Vince Cable, uomo forte dei lib-dems, i compagni di coalizione dei conservatori che guidano il governo. Un attimo di spensieratezza per dimenticare le brutture della vita quotidiana, ché non c’è partito che se la passi bene, in questo momento.
I liberaldemocratici, guidati dal vicepremier Nick Clegg, sono in caduta libera: avevano giurato in campagna elettorale che non avrebbero mai toccato le tasse universitarie, ma poi i Tory hanno deciso diversamente, mettendo in atto il più grande taglio alle spese della storia moderna in nome della redistribuzione e della big society , e così la piazza londinese è piena di ragazzi inferociti. Sarebbero ormai tre le correnti all’interno dei lib-dems, e le pressioni per scalzare Clegg, e uscire dalla coalizione, insostenibili. La coalizione non è più popolare in nessun senso: i sondaggi svelano una crescente sfiducia nei confronti del governo. I Tory sono divisi e litigiosi: ci sono piccole ma significative fuoriuscite dal gruppo compatto che si era formato attorno al premier, David Cameron. Daniel Finkelstein, editorialista del Times che conosce bene le dinamiche interne ai conservatori, sentenzia: “Non possiamo sfuggire all’uragano delle tasse universitarie”. E mentre i reali inglesi vengono assaliti nella loro Rolls Royce, c’è caccia all’uomo anche tra i Tory, con il mirino puntato sul ministro della Giustizia, il duro Ken Clarke, che sta proponendo una riforma delle carceri che ha fatto imbufalire buona parte dei compagni di partito.
I laburisti poi sono quasi scomparsi dal dibattito pubblico, nel momento in cui essere all’opposizione ha i suoi bei vantaggi. Ed Miliband, il leader, sta cercando di fare ordine nel partito e ha arruolato due nuovi spin doctors , mentre fissa appuntamenti mensili con la stampa per ricordare a tutti di essere vivo e vegeto. Ma ancora non si è sentita una proposta da parte dell’opposizione che vada oltre alla critica del governo e presenti una formula che possa diminuire il disagio sociale e allo stesso tempo contenere le spese.
Così a farla da padrona è la piazza. Gli studenti ovviamente non perdono la loro occasione: da che mondo è mondo, i giovani sanno scandire slogan d’effetto sul loro futuro scippato e sulla generazione perduta. E poiché la piazza è accogliente, ci finisce dentro un po’ di tutto. Una piccola star è un ragazzino quindicenne, Barnaby Raine, forse più osannato in rete che nelle strade: fa parte di un gruppo della sinistra radicale, urla che nessuno riuscirà a svuotare la piazza, si continuerà a combattere. Il ministro dell’Interno, Theresa May, dice che c’è l’eventualità che si debbano usare gli idranti per togliere i ragazzi dalle strade, ma nessuno fa un passo indietro. Anzi, c’è chi cerca lo scontro. Secondo fonti della polizia, le proteste a Londra sono diventate un punto di raccordo per gli anarchici di tutto il mondo: sono arrivati dall’Argentina, dalla Germania, anche dall’Italia. Ci sono pure i famigerati black bloc, con il volto coperto e tanta voglia di spaccare tutto. Le tasse universitarie sono diventate il passpartout per tutte le proteste. Secondo le autorità, ci sarebbero almeno trenta organizzazioni dietro le manifestazioni, c’è chi va in piazza per il diritto allo studio e chi invece spera che finisca in macerie, dato che c’è, anche il capitalismo. In mezzo a tante alleanze, sigle, motivazioni, la polizia non riesce a prevenire le manifestazioni, che spesso vengono organizzate online con un preavviso di un giorno.
Visto che nessuno ci capisce più molto, i politici si danno al ballo e i media tirano fuori i vecchi, rassicuranti schemi. Il figlio del chitarrista dei Pink Floyd diventa star (già mezza bruciata) con la bandiera rossa appesa al monumento ai caduti, mentre tutti canticchiano “Another brick in the wall” per poi passare veloci agli Smiths, tanto amati dal premier Cameron, eppure simbolo perpetuo dell’opposizione alla grande tagliatrice di welfare, la signora Thatcher.
PAOLA PEDUZZI
 
 
5 - L’Unione Sarda / L’Unione Sarda / Prima pagina
Parla il cagliaritano Antonio Pinna, direttore del Centro di Bologna
«Il trapianto è come un tango: armonia perfetta»
Ha 53 anni, è stato professore associato a Cagliari, poi è volato negli Usa a Pittsburgh appena trentenne dov’è diventato una celebrità dei trapianti. Antonio Pinna è rientrato nel 2000 in Emilia: «L’unico posto per cui avrei abbandonato Pittsburgh». Nel reparto che dirige è stata girata una docufiction, “Destini incrociati”, andata in onda su Foxlife. Ha all’attivo più di mille interventi («Ho smesso di contarli 2 anni fa»), uno degli ultimi prevedeva la sostituzione di 7 organi nel ventre di un ragazzo, dal fegato al colon: operazione riuscita. 
L’Unione Sarda / Attualita - Pagina 9
«Il trapianto è come un tango»
Antonio Pinna, chirurgo-star, primario a Bologna
BOLOGNA Non donazione, gesto d’amore, generosità estrema. Non solo, perlomeno. Il trapianto d’organo è prima di tutto un tango. «Sono sempre stato un appassionato di questo ballo anche se non sono mai stato capace. Durante un viaggio in Argentina mi sono presentato in una milonga. Nossignore , mi hanno detto, bisogna essere in due per ballare il tango . E io ero solo».
Antonio Pinna - 53 anni, cagliaritano, luminare della chirurgia («ho smesso di contare i trapianti che ho eseguito dopo i mille, un paio d’anni fa»), direttore del dipartimento ad attività integrata di chirurgia generale e dei trapianti dell’Azienda ospedaliera universitaria di Bologna - riesce a imporre un senso compiuto alle parole anche quando è balzàno seguirlo. «C’è una persona che dona un organo e una che lo riceve, occorre armonia perfetta, intreccio. Il tuo ruolo è solo quello di favorire l’incontro, come un’orchestrina di sottofondo, devi aiutare le due parti a incastrarsi perfettamente, fare in modo che le cose vadano come si deve e poi sparire».
LA CONVENTION Periferia di Bologna, un albergo qualunque da hinterland di grande città. Parcheggio pieno, la gente continua ad arrivare. Per il popolo dei trapiantati, ormai è diventato un appuntamento fisso (organizzato dall’Associazione nazionale trapiantati di fegato G. Gozzetti), auguri di Natale e due chiacchiere sulle stato dell’arte. Ci si abbraccia tutti in una sorta di bolgia dei sentimenti che ribolle all’impazzata, genitori che vedono i loro figli scomparsi crescere dentro i sorrisi altrui, infermieri eroi che fanno turni da miniera d’antan, medici venerati come Madonne pellegrine a cui la gente dispensa carezze e furtivi contatti. C’è la parte da convegno, gli interventi, le polemiche e le lacrime. I banchetti dove si vendono cd (“Ti amo anche se non so chi sei”, artisti per la donazione di organi), magliette, agende e tutto quello che può servire a sostenere la causa.
UNA VOLTA L’ANNO L’aperitivo della casa con salatini e patatine ma, guai al mondo, senza pompelmo (il frutto confligge con i farmaci antirigetto ed è un comandamento alimentare che da queste parti si impara in fretta). Il pranzo sociale in cui passano abbondanti fritture di verdure e crema dolce, giusto per segnalare che il trapianto è una curva a gomito a visuale limitata ma la vita dopo continua fra rigore e qualche stravizio, perfino a tavola. Ci si scambia consigli salvavita con levità («Ma è vero che l’ananas va evitata?»), si sciorinano i numeri che scandiscono i giorni («diciotto pastiglie al giorno in tre volte»). Un’assistente mora ricorda la paziente che è rimasta in reparto tre anni, «le facevamo il colore ai capelli e la truccavamo perché non si rendesso conto di quant’era grave, andavamo in corsia da lei anche fuori orario». Don Guido, parroco della Scuola di polizia di Cesena, trapiantato («morto e resuscitato tre volte, dicono i miei medici») è arrivato con una quintalata di medagline della Madonna, ce n’è una accanto a ogni piatto.
I COLORI DELL’ISOLA I pazienti sardi sono un drappello importante, prima che Fausto Zamboni avviasse nel 2004 al Brotzu il Centro trapianti di fegato e pancreas in tanti prendevano ogni anno la via dell’Emilia Romagna. C’è Roberto, il contabile di cantiere della Saras che, per riappropriarsi del mondo, dedicò la prima uscita post-intervento senza mascherina a un concerto dei Pearl Jam, una sana pogata per riprendersi a saltelli il pezzetto di suolo terrestre che gli volevano rubare. L’anfitrione di Cuglieri, Giuseppe, un signore monumentale che è diventato una celebrità, aiuta e organizza e conosce chiunque. Mario, l’ex ferroviere di Abbasanta, un signore timido che viaggia con la moglie e racconta di quando è arrivato per la prima volta in Emilia e di quanto nera in quei giorni era la notte.
«Il trapianto è un atto mistico, non lo si può ridurre a un fatto meccanico. Una volta, alla fine della presentazione di un mio libro, una donna si è avvicinata e mi ha toccato. Poi un’altra, un’altra ancora. Ci ho messo un po’ per capire. Non stavano accarezzando me ma lei, la ragazza che mi aveva regalato il fegato. Difendiamo il sistema sanitario che ci consente tutto questo, non facciamocelo rubare pezzo a pezzo come ogni tanto tentano di fare»: Francesco Abate, giornalista dell’Unione Sarda, scrittore (l’ultimo lavoro è Chiedo scusa , Einaudi). Non ha portato i suoi libri nonostante la gente questo volesse: «Mi sembrava di fare mercato nel posto sbagliato». Fa un intervento che non aveva previsto, un discorso illuminato, rigoroso e nitido, tutti alla fine si asciugano gli occhi, superchirurghi compresi.
GENIACCIO IN TRASFERTA È andato via dall’Italia nel 1988. Il padre era una celebrità del bisturi in Sardegna, lui giovanissimo professore associato. Il figlio prometteva bene ma l’ambiente di Cagliari (non accade di rado fra i camici bianchi) tollera a fatica i colleghi su cui fioccano i superlativi, figurarsi se figli di , e di carattere non propriamente bonario. Antonio Pinna non aveva neanche 30 anni quando ha fatto i bagagli, destinazione Pittsburgh. Chirurgo affermato in un attimo. «Lì ho capito per la prima volta a quante cose avrei rinunciato facendo questo lavoro. Tornavi da un espianto il sabato sera, quando la gente usciva per andare a cena, al ristorante. Attraversavi la città come un razzo, diretto in ospedale per portare l’organo, e pareva strano vedere quelle persone che andavano a divertirsi. Un impegno totale che non conosce orari e prevede molti appuntamento sociali cancellati, per non parlare di quelli privati disertati in tronco. E non si fa certo per i soldi». È tornato in Italia nel 2000, prima a Modena poi a Bologna, uomo immagine della celeberrima scuola dei trapianti emiliana. «Ho fatto un concorso e l’ho vinto, in Italia sarei rientrato solo in Emilia».
CAPO SQUADRA Quando interviene durante l’incontro, cita a memoria il numero di ore di straordinario dei suoi colleghi, chiama per nome infermiere e caposala (tutte in piedi). Ha la fama rumorosa che di solito accompagna i boss di gran carisma: bravo e tremendo. Corporatura importante, passione per le moto di buona cilindrata su cui arriva in ospedale, è uno dei precursori di quella tendenza che porta le corsie in tivù, le sale operatorie nella fascia di grande ascolto. Qualche anno fa un documentario su La7 , se ne trovano passi scelti su Youtube. Il ritratto nitido di un professionista con intemperanze pazzesche, che all’occorrenza strattona ferrista e anestesista come se fosse su un ring. Poi è venuta la docufiction firmata da Claudio Canepari (lo stesso di Residence Bastoggi e Fino all’ultimo round ), Destini incrociati , andata in onda su Sky, replicata a furor di popolo, in predicato di avere un seguito. Operatori di ripresa fra i letti, in medicheria, ovunque nel reparto, per tentare di catturare un’altra faccia dei trapianti. Non esattamente uguale a trasmissioni sorelle su chirurgia estetica o malanni imbarazzanti, con fortissimo retrogusto di posticcio. Qui si parla di storie di persone vere, nome e cognome, lacrime e risate. Tanti protagonisti, dal virus Hcv al medico che ha trovato lavoro altrove ma lascia il reparto col magone. E un primattore, Antonio Pinna, burbero padre di famiglia venerato dai più ma guai a impattarci quando è una giornata no. «Quella serie è stata utile perché ha normalizzato il mondo dei trapianti, le reazioni dei pazienti sono state positive. Anche i miei collaboratori, che all’inizio erano scettici, poi hanno preso confidenza. Il risultato fondamentale è stato raggiunto: spiegare che un trapianto d’organo è fatto di interazioni umane, di medicina e persone fisiche».
«Professore, mi scusi se la disturbo mentre la intervistano, ma ho piacere di toccarle almeno la mano. Sono Odoletta, ricorda?, mi ha operata nel 2002 a Reggio. Volevo solo dirle che la benedico tutti i giorni, mi ha restituito la vita, grazie ancora, ossequi».
IL CHIRURGO È SOLO Sette organi, dal fegato al colon passando per il pancreas, un bel tratto d’intestino e la parete addominale. Diciotto ore di intervento spalmate su una settimana, entra e esci dalla sala operatoria in attesa che il ragazzo fosse in condizione di attraversare l’inferno per poi uscirne. Per inciso: in questi giorni il giovanotto è uscito dall’ospedale con le sue gambe. «Eppure nei momenti difficili sei solo. Io sono certo di sbagliare tanto, penso e ripenso agli insuccessi, a quando non ottieni quello che volevi». Nel palmares dei momentacci, mette quello del no detto ai pazienti. «Non a tutti puoi fare un trapianto. Qualche volta devi optare per il no, e hai l’obbligo di parlare chiaro ma di salvaguardare le speranze soggettive di chi si sente franare il mondo sotto i piedi».
AMORE DIFFICILE E la Sardegna? Pinna sorvolerebbe volentieri. «La nostra è un’isola di geni, l’ho letto da poco anche in un articolo di un settimanale, scrittori, artisti, cantanti, belle donne. E il posto che ha dato i natali a mio nonno, l’uomo che mi ha insegnato il valore della rettitudine morale. D’altronde si diceva meglio pastore sardo che ballerino francese, no?. Però è molto impegnativo aver successo a casa tua». Si vede che il sistema isolano non è esattamente quello dei suoi sogni. «Io temo il federalismo sanitario, che d’altronde in parte già esiste. Oggi in Italia esistono sostanzialmente due modelli alternativi, Emilia e Lombardia, più Veneto e Toscana che li miscelano. In tutte le altre regioni, c’è più che altro rielaborazione. Io vengo dall’America dove l’antivirale, 1800 euro, dopo 6 mesi te lo paghi da solo perché l’assicurazione non te lo passa più. Per cui la gente diminuisce le dosi , taglia l’insulina perché non se la può permettere. Mentre io, banalmente, continuo a pensare che i pazienti siano davvero tutti uguali».
Il videoproiettore scarica sullo schermo decine di facce allegre, sorrisi, ammalati in pigiama, con la faccia piena di speranza. Sorpresa: sono quelli che non ce l’hanno fatta. Ecco perché la musica di sottofondo non era un tango.
LORENZO PAOLINI
paolini@unionesarda.it
     
 
LA NUOVA SARDEGNA 
 
6 - La Nuova Sardegna / Pagina 3 - Cagliari
Il decreto Gelmini cancella quindici anni di carriera dei «lettori» 
UNIVERSITÀ NUOVO FRONTE DEI «CEL» 
La nuova legge rischia di dimezzare le retribuzioni 
PIERLUIGI CARTA 
CAGLIARI. «Cel» di madrelingua (ovvero i lettori) delle facoltà di Cagliari, rappresentati dalla Flc/Cgil, hanno dichiarato lo stato di agitazione. Si preannuncia una nuova battaglia per il riconoscimento giuridico, in corso già da vent’anni.
È stato reintrodotto, nel testo del ministro Gelmini, precisamente nel Ddl n. 1905 all’art. 26, l’emendamento che cancella quindici anni di carriera dei Lettori/Cel che svolgono l’attività didattica nelle università italiane. Tali figure vengono ufficialmente considerate come tecnici amministrativi, che tengono corsi di laurea in lingue straniera, ricevono gli studenti, fanno esami, ma non sono considerati insegnanti. Emanuele Usai, il segretario provinciale della Flc/Cgil (Federazione Lavoratori della Conoscenza), afferma che «tale emendamento ne pregiudica i diritti e nega il principio fondamentale ribadito più volte, con sentenze presso la Corte Europea di Giustizia e i tribunali di Cassazione italiani, del diritto alla ricostruzione di carriera fin dalla data della loro prima assunzione». Infatti, se le pregresse sentenze dei giudici del lavoro avevano reso obbligatoria la ricostruzione economica della carriera dei lettori sul parametro di ricercatore confermato a tempo definito, nel testo Gelmini il computo retributivo si interrompe all’entrata in vigore della legge n. 236/1995. Tale legge cancella la figura del “Lettore” e istituisce la figura del Collaboratore ed esperto linguistico, pur mantenendo le stesse mansioni ma praticamente dimezzandone il salario. Inoltre tale emendamento prevede “l’estinzione di tutti i giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge”. Ciò preclude quindi la possibilità dei Cel di presentare ricorso o godere dei frutti delle loro cause pendenti.
I venti Cel dell’Università di Cagliari sono distribuiti tra la facoltà di Lingue, quella di Scienze Politiche ed Economia e, tra loro non manca chi ha alle spalle quasi trent’anni di anzianità lavorativa e guadagna da quasi vent’anni meno di 1200 al mese. In molti casi il loro stipendio non raggiunge i 1000. Mentre prima della legge del 1995 il loro stipendio era equiparato a quello di un ricercatore a tempo determinato, circa il doppio. I mobilitati hanno già inviato delle diffide presso il Consiglio d’Europa e nei confronti del Presidente della Repubblica, sottolineando l’incostituzionalità di questo emendamento “ammazza lettori”.
 
 
7 - La Nuova Sardegna / Pagina 45 - Cultura e Spettacoli
Messo a punto un farmaco rivoluzionario per curare l’ipertensione arteriosa 
Nella ricerca di Giuseppe Bianchi e Paolo Manunta il contributo dell’équipe sassarese di Nicola Glorioso 
Una sostanza capace di abbassare la pressione senza interferire coi processi fisiologici che la regolano 
PASQUALE PORCU 
SASSARI. Parla anche sardo il nuovo farmaco italiano per curare l’ipertensione arteriosa. E’ frutto di uno studio (messo a punto dai ricercatori della Prassis, Gruppo Sigma-Tau, diretto dal professor Giuseppe Bianchi e dal professor Paolo Manunta dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano) al quale ha partecipato il gruppo coordinato dal professor Nicola Glorioso.
Del gruppo di Glorioso, che opera nell’azienda ospedaliera universitaria di Sassari, fanno parte i dottori Chiara Troffa, Giuseppe Argiolas, Patrizia Bulla ed Emanuela Bulla.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine, ha dimostrato la validità di un nuovo approccio terapeutico nella lotta all’ipertensione ed è stato considerato uno dei risultati più importanti degli ultimi trenta anni nelle discipline cardiovascolari.
I ricercatori hanno scoperto un metodo innovativo nella terapia dell’ipertensione e sulle sue complicanze basato sull’identificazione di specifici meccanismi genetico-molecolari che operano in sottogruppi omogenei di pazienti. Sulla base dei risultati ottenuti è stato messo a punto un farmaco che necessita ancora di altre sperimentazioni cliniche ma che si è dimostrato capace di abbassare la pressione senza interferire coi processi fisiologici che regolano la pressione arteriosa stessa. «L’ipertensione arteriosa che è la condizione patologica cronica in cui la pressione risulta elevata - dice il professor Glorioso - non presenta sintomi specifici e spesso chi ne soffre non lo sa. Per questo è anche detta “il killer silenzioso”».
L’ipertensione costituisce il fattore di rischio più serio per malattie cardiovascolari quali l’infarto del miocardio, l’ictus cerebrale, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza renale e le complicanze del diabete. Nel mondo, più di 1 miliardo e mezzo di persone soffrono di ipertensione arteriosa e sette milioni muoiono ogni anno per le conseguenze di tale malattia. In Italia, circa il 30 per cento della popolazione (circa 15 milioni di persone) soffre di ipertensione arteriosa. «Nel nostro Paese - ricorda Glorioso -, l’infarto del miocardio miete 240 mila morti ogni anno e rappresenta il 40 per cento di tutte le cause di morte. In Sardegna su un milione e duecentomila adulti i colpiti sono 400mila; di questi 200 mila persone non sanno di soffrire di questa patologia mentre circa 80 mila-100 mila sono esposti a gravi complicanze. Sono centomila, inoltre, i sardi in terapia e di questi soltanto il 20 per cento seguono una cura efficace che riporta la pressione arteriosa entro parametri corretti (massima 140, minima 90)».
Il problema, come si vede, è particolarmente grave. «Per evitare l’alto costo in termini di salute e anche economici di questa malattia - sottolinea Glorioso - sarebbe importante occuparsene anche a livello regionale investendo in prevenzione per risparmiare sugli effetti devastanti di questa patologia». Nonostante la disponibilità di terapie capaci di ridurre la pressione, solo un paziente iperteso su cinque è adeguatamente curato. Anche quando il controllo della pressione viene raggiunto, la riduzione del rischio cardiovascolare di mortalità non supera, purtroppo, il 30 per cento.
Il perché di questo parziale insuccesso è facilmente comprensibile se si pensa quanto la malattia sia complessa dal momento che è il risultato di una serie di fattori. Inoltre la messa a punto della terapia con i farmaci più adatti ai pazienti non è proprio semplice. Questo significa che il paziente spesso segue con difficoltà, e talvolta abbandona, i percorsi terapeutici indicati dal cardiologo prima di ottenere buoni risultati sul controllo efficace della pressione e sui fattori di rischio cardiovascolare e della mortalità.
La straordinaria importanza della ricerca pubblicata su Science TM, invece, consiste nel fatto di aver identificato dei markers genetici che permettano di individuare i pazienti che meglio potranno essere curati con una terapia efficace e priva di effetti collaterali. «In pratica - dice Glorioso - basta prelevare un po’ di saliva per verificare se le caratteristiche genetiche del paziente siano esattamente quelle per le quali è massima l’efficacia del farmaco».
Ormai, insomma, è possibile identificare a priori su base genetico-molecolare i pazienti che risponderanno efficacemente alla terapia mirata per il loro specifico difetto.
In questa ricerca compaiono due parole chiave: adducina e ouabaina endogena. Sono proprio le mutazioni nei geni che controllano la funzione dell’adducina e i livelli corporei di ouabaina endogena ad essere associate all’ipertensione e ai rischi ad essa connessi. Che fare? La risposta si chiama rostafuroxina: è il nuovo farmaco antiipertensivo messo a punto da questa ricerca puntando sulla capacità del farmaco di bloccare, in maniera selettiva, l’effetto ipertensivante di tali geni mutati.
Lo studio, avviato una ventina di anni fa, ha dato risultati incoraggianti prima su modelli di laboratorio poi confermati in pazienti ipertesi, mai trattati prima. Ed è anche nella fase di sperimentazione clinica che l’apporto dell’équipe di Sassari è stato molto importante, come dimostrano gli articoli scientifici nel 1999 e nel 2002, pubblicati sulla prestigiosa rivista «Hypertension».
Dato l’alto livello degli studi condotti dal gruppo di Nicola Glorioso (nel suo curriculum anche tre anni al Cornell Medical College-New York Hospital, Cardiovascular an Hypertension Centre e una prestigiosa collaborazione con la Boston University School Medicine), la struttura che opera presso la Medicina d’urgenza, è stato considerato, unico in Sardegna e uno dei pochi del centro sud d’Italia, un centro di eccellenza dalla società europea per l’ipertensione arteriosa.
 
 
8 - La Nuova Sardegna / Pagina 26 - Sassari
L’Azienda Ospedaliero Universitaria ha ottenuto l’autorizzazione della Soprintendenza e dell’Agenzia del Demanio 
VERRÀ DEMOLITO IL MURO DELLE CLINICHE 
Un nuovo passo verso la realizzazione del progetto di «Cittadella Sanitaria» 
Conferenza di servizi insieme al Comune per l’arredo urbano 
SASSARI. Verrà presto abbattuto il muro di recinzione che «racchiude» gli storici edifici delle Cliniche di San Pietro tra via Matteotti e via Padre Manzella. Una precisa scelta dell’Azienda Ospedaliero Universitaria per completare la “Cittadella sanitaria”.
Una demolizione possibile dopo che l’Azienda Ospedaliero Universitaria ha ottenuto dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici Paesaggistici Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Province di Sassari e Nuoro e dell’Agenzia del Demanio, l’autorizzazione all’intervento. La Soprintendenza ha infatti espresso nei giorni scorsi un parere di conformità al progetto presentato già da tempo dall’Aou.
«Dopo questo passaggio fondamentale - si legge in una nota dell’Aou - la direzione aziendale ha avviato la richiesta per una conferenza di servizi all’amministrazione comunale affinché, come nella circostanza della chiusura al traffico di viale San Pietro avvenuto all’inizio dello scorso mese di settembre, si possa d’intesa con il Comune procedere a definire un progetto che, ovviamente rispettando le indicazioni della stessa Soprintendenza, definisca l’assetto complessivo dello spazio che insiste tra le cliniche a monte e quelle a valle di viale San Pietro, in maniera da renderlo più decoroso, attrezzandolo con opportune strutture di arredo urbano».
L’intervento si inserirà nel più ampio progetto della valorizzazione della «Cittadella Sanitaria» che attualmente comprende le strutture dell’Azienda Ospedaliero Universitaria e che può essere facilmente integrata con quelle della Asl e con altre che si potranno individuare secondo le esigenze e le risorse che si dovranno reperire per l’edilizia sanitaria sassarese, almeno questo è l’auspicio dell’azienda.
 
 
9 - La Nuova Sardegna / Pagina 24 - Sassari
Gli atenei che non si metteranno in regola entro il 2013 rischiano di chiudere i battenti 
UNIVERSITÀ, ECCO L’OSPEDALE VETERINARIO 
In porto l’appalto per adeguare la facoltà ai parametri imposti dagli standard europei 
SASSARI. L’Università ha consegnato all’Impresa Ati Novaco-Me&d Srl, i lavori per la realizzazione di ospedale e pronto soccorso veterinario. L’opera, che sorgerà a Monserrato, sarà realizzata nell’ottica di potenziamento delle strutture didattiche.
L’intento è di adeguarle ai requisiti previsti dall’Eaeve (European Association of establishments for the veterinary education) perchè le facoltà europee che non lo faranno entro il 2013 rischiano la chiusura. «Possiamo contare - ha detto il preside Salvatore Naitana - su un ampio margine in regola quando nel maggio del 2013 la commissione Eaeve farà la verifica». Il progetto, finanziato con 6 milioni di euro dalla Regione e con 2,5 milioni di euro dall’Ateneo, è stato redatto dall’ingegner Corrado Sanna e dalla società di ingegneria «Tecnoprogetti Italia», dirigeranno i lavori. Gli interventi prevedono il completamento strutture della facoltà atcon la realizzazione di nuovi fabbricati, la riqualificazione parziale di edifici esistenti e la riconfigurazione delle aree e dei percorsi interni. A completamento delle opere, la facoltà avrà un moderno complesso didattico-sanitario in possesso requisiti richiesti.


10 - La Nuova Sardegna / Pagina 17 - Attualità
Il movimento si riorganizza 
Anche scioperi della fame, i fermati via da Facebook 
ANNALISA D’APRILE 
ROMA. Mentre le polemiche sugli scontri di piazza di martedì scorso continuano a tenere banco dentro e fuori il Parlamento, nelle facoltà gli studenti tornano ad organizzarsi in vista della votazione al Senato del ddl Gelmini, votazione prevista per martedì 21 e mercoledì 22 dicembre. Per quei due giorni gli universitari annunciano nuove manifestazioni di piazza. E proprio in queste ore i collettivi sono alle prese con il coordinamento delle prossime mobilitazioni.
«Martedì e mercoledì faremo sicuramente qualcosa - spiega Francesco Brancaccio di Uniriot - ma stiamo decidendo forme e modalità delle nostre proteste».
Dagli atenei arriva la percezione di un clima «sereno e positivo», nonostante il clima di tensione scatenato dalla guerriglia urbana del 14 dicembre. Soprattutto gli studenti dicono di avere una «forte voglia di proseguire». Ma sono consapevoli anche di avere poche chance di essere ascoltati, sanno che difficilmente la riforma universitaria verrà respinta in Senato, eppure la loro determinazione li riporta per strada, convinti che ci siano ancora «molte cose da dire».
Mentre i collettivi decidono il da farsi, i ragazzi fermati - - consigliati dagli avvocati - hanno cancellato i profili da Facebook. Solo in tre hanno ancora il profilo attivo, uno non è aggiornato da mesi, un altro ha la bacheca non visibile. Tutti gli altri hanno disattivato il loro profilo dopo che nomi e cognomi sono stati resi noti. Sarebbe stato troppo facile sbirciare nella loro intimità, prendere foto e informazioni concesse senza pensarci troppo su.
Intanto altri gruppi universitari mettono in piedi altre forme di protesta. Come gli studenti dell’ex facoltà di Studi Orientali della Sapienza di Roma che giovedì sera hanno iniziato uno sciopero della fame che andrà avanti fino al giorno della votazione al Senato. «Con la cultura non si mangia, per la cultura non mangiamo» è lo slogan del gruppo che spiega questo gesto come «l’ultimo drastico tentativo nei confronti di un governo cieco, sordo e riluttante verso qualsiasi forma di dialogo, buono solo a trincerarsi dietro la retorica della crisi». Una crisi che «ignora chi la subisce» dicono, e che per questo fa crescere la rabbia, quella stessa rabbia esplosa così violentemente in piazza.
«Gli studenti sono preoccupati - racconta Alessandro Ferretti, ricercatore (precario) di Fisica a Torino - perché hanno visto che questa violenza rischia di diventare una modalità, uno sfogo di rabbia accumulata, loro invece lavorano per un futuro migliore, in modo costruttivo, non per distruggere».
La rabbia torna anche nei commenti dei rappresentanti di Uniriot: «Questa rabbia va tradotta, abbiamo il dovere di darle una forma e costruire il nostro mondo. Iniziamo a costruirci, a partire dall’università, a partire dalle lotte per il reddito garantito e per un nuovo welfare. Dare corpo alla rivolta, farla vivere dentro alle intensità di un progetto costituente: oltre la fine della rappresentanza con un piede nel futuro».
 
 
11 - La Nuova Sardegna / Pagina 13 - Sardegna
Medicina, cattedre di padre in figlio
Possibili successioni familiari dopo gli ultimi concorsi, il caso di Oculistica 
SASSARI.  Da una generazione all’altra. Dopo gli ultimi concorsi, a Medicina dovrebbe avverarsi una di quelle situazioni che il ministro Gelmini dice di voler scongiurare con la sua riforma. Alla guida di Oculistica, sino a ottobre diretta da Francesco Carta, andato in pensione per limiti d’età, potrebbe subentrare il figlio Arturo.
Arturo Carta opera nell’ateneo di Parma. Ma da ricercatore. Insieme con un collega romano, Alessandro Lambiase, è stato ora riconosciuto idoneo a ricoprire la cattedra di associato bandita a Sassari. Nella struttura, se verrà chiamato dalla facoltà che finora per motivi di budget ha definito la presa di servizio solo per un ordinario e altri due associati, il neovincitore sarà il più alto in grado. In quest’eventualità coordinerà così anche il versante ospedaliero della divisione. In tutto, 13 medici e decine d’infermieri, duemila interventi, 40mila visite, 3mila ricoveri all’anno.
Ricorsi. La notizia, non l’unica dello stesso segno in Sardegna, circolava da settimane (come la partecipazione di altri parenti di ordinari ai concorsi, concorsi naturalmente del tutto leciti e svolti con ogni crisma di legalità). Nel caso che suscita l’attenzione dell’accademia di mezza Italia negli ultimi giorni il rettore, Attilio Mastino, ha ufficializzato con la propria firma la formalità degli atti. In queste ore si completa l’iter legato alle prove di Oculistica - 30 domande e 16 candidati effettivi - con la pubblicazione degli atti. Annunciati ricorsi al Tar.
La prova - in malattie dell’apparato visivo, Med 30 - rientrava in una serie di altri concorsi. Tutti banditi per 21 docenti di seconda fascia nel giugno 2008. Fase nella quale alla guida dell’università c’era Alessandro Maida. Che nell’occasione aveva certificato la relativa copertura di spesa. Da allora sono tuttavia cambiate norme e situazioni finanziarie. E non per tutti i professori che verranno giudicati idonei ci sono adesso soldi in cassa.
Richieste. Interessante la tipologia d’impegno richiesta dalla facoltà per il concorso in Oculistica: doveva essere «conforme al settore, con particolare riferimento alla ricerca clinica nell’ambito delle patologie oculari del segmento anteriore, dei disordini visivi in corso di malattie sistemiche e della neuroftalmogia. In quest’ultima branca con particolare riguardo ai disordini mitocondriali e ai traumi del nervo ottico». Certo, una patologia estremamente rara. Della quale non sarebbe stato fino a oggi segnalato alcun caso in Sardegna. E su cui non esistono in Italia tantissime pubblicazioni scientifiche.
Vincitori e vinti. Arturo Carta e Lambiase, comunque, ce l’hanno fatta. Altri aspiranti con un curriculum internazionale di alto livello sono stati invece esclusi. Come tutti gli altri, il concorso con base a Sassari aveva infatti valenza nazionale: con 4 commissari estratti a sorte e il membro interno originario - il professor Francesco Carta - correttamente sostituito in via preliminare da un collega docente di una differente università (Magna Grecia di Catanzaro) dopo la notizia che alla prova avrebbe partecipato il figlio.
Prescrizioni. Per superare ogni diffidenza e garantire il massimo della trasparenza l’attuale rettore Attilio Mastino, promotore del primo Codice d’impegno etico per l’ateneo turritano, ora in fase di approvazione nelle singole facoltà, aveva ottenuto che le prove non si svolgessero nell’Istituto di oculistica. Il concorso si è così tenuto nell’aula Milella della sede centrale d’ateneo e al Quadrilatero (Scienze politiche).
Cresce intanto l’attesa per l’esito di altri concorsi per associati banditi da Medicina, sempre nella prima sessione del 2008. Uno, per chirurgia generale, vede tra i concorrenti due ricercatori, Carlo e Claudio Feo, solo il secondo in servizio a Sassari, figli di Francesco Feo, da qualche tempo in pensione, per un trentennio docente di Patologia generale nella stessa facoltà. Alle prove in Malattie infettive partecipa Ivana Rita Maida, figlia dell’ex rettore. Un secondo figlio, Carmelo, anche lui ricercatore a Sassari, ha rinunciato al concorso in Odontostomatologia.
Note. Infine, un chiarimento a proposito di Alessandro Maida e della controversia di lavoro da lui avviata insieme con 26 docenti davanti al Tar per il recupero di alcune indennità. Nell’articolo sulla questione, giorni fa, si è parlato di oltre 150mila euro assegnati all’ex rettore quale responsabile dell’ex Policlinico universitario. Per lo specifico incarico Maida aveva però rinunciato a ogni emolumento, come sottolineato dal suo successore Mastino. Questa cifra, riportata negli atti relativi alla causa istruiti dall’ateneo, si riferisce invece alla somma delle indennità al lordo date al professor Maida come dirigente medico nelle cliniche per il 2000-2009 durante il suo mandato come rettore.
 

 

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