Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
26 November 2010
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

1 – L’Unione Sarda
Prima Pagina      
Università, Governo ko
E la riforma slitta
Clamorose manifestazioni di protesta anche a Cagliari e Sassari
Gli studenti occupano Colosseo e Torre di Pisa. Blitz dei finiani alla Camera
 
Colosseo, Torre di Pisa, Mole Antonelliana: i monumenti-simbolo del Belpaese in ostaggio della protesta del mondo universitario contro la riforma voluta dal ministro Gelmini. Gli studenti li hanno occupati con l'intento di dare la massima visibilità a un dissenso sfociato due giorni fa nell'assalto al Senato. Manifestazioni anche a Cagliari, dove gli universitari sono saliti sul tetto del Palazzo delle scienze, e a Sassari. Intanto la riforma ha subito una battuta d'arresto alla Camera: ieri il governo è andato sotto su un emendamento di Fli. Il voto slitta a martedì e il ministro Gelmini adesso minaccia il ritiro del testo.
 
Primo Piano - Pagina 2
L'ateneo
Il rettore Melis: «Mancano i soldi, capisco i ragazzi»
 
«Gli sforzi compiuti quest'anno per migliorare l'orientamento e l'offerta didattica hanno favorito un'inversione di tendenza con un confortante aumento degli iscritti all'Università». Lo ha detto il rettore dell'Ateneo cagliaritano, Giovanni Melis, nel corso dell'audizione davanti alla commissione Bilancio del Consiglio regionale. «La politica ministeriale dei tagli non ci aiuta: grazie all'attenzione della Regione manteniamo inalterata la qualità dei servizi, le tasse su livelli inferiori alla media nazionale e consentiamo l'esonero dal pagamento delle tasse a oltre 5 mila studenti». In relazione alle agitazioni che stanno scuotendo il mondo universitario, il rettore Melis, ieri a Roma per la conferenza dei rettori, ha dichiarato: «Non si possono ignorare le ragioni del dissenso manifestato da studenti e ricercatori, preoccupati per le prospettive future dell'università pubblica in Italia». Solidarietà agli studenti anche dal coordinamento regionale del Pd. In una nota firmata da Franco Marras si sottolinea «che il partito sostiene la protesta e si farà promotore di tutte le iniziative necessarie a rimarcare questo sostegno in tutte le sedi istituzionali». ( a. mur. )
 
Primo Piano - Pagina 2
«Resteremo mobilitati fino a martedì»
Sul tetto del Palazzo delle Scienze con gli studenti cagliaritani
 
Oggi anche il Senato accademico dovrebbe unirsi alla protesta di studenti e ricercatori.
Si sentono parte di una rete, di un sistema di affluenti che può andare a ingrossare un fiume in grado di far deragliare la riforma universitaria in questi giorni in discussione in Parlamento.
LA NOTTE SUL TETTO Così gli studenti e i ricercatori dell'università di Cagliari, che dalla serata di mercoledì hanno occupato pacificamente il tetto del Palazzo delle Scienze, hanno accolto come una piccola vittoria la notizia arrivata (prima via etere, poi col tam tam dei cellulari e dei social network) da Roma: «La sospensione della discussione sul ddl Gelmini e il rinvio a martedì prossimo ci concede qualche ulteriore giorno per esercitare la pressione che vogliamo continuare a far sentire in tutta Italia», racconta Marco Meloni, giovane alfiere di Unica 2.0 (l'associazione studentessa vicina al Pd), uno dei leader della protesta, prima di tuffarsi nell'affollata assemblea iniziata attorno alle 18.30 nell'atrio della facoltà di Farmacia. Assemblea nel corso della quale studenti e ricercatori, pur con diverse sfumature, si sono trovati d'accordo sulla sostanza: «Proseguire con le iniziative di protesta, finché il governo non ritirerà il ddl». Oggi potrebbe arrivare un appoggio importante: il Senato accademico dovrebbe ufficialmente schierarsi al fianco dei manifestanti e, al termine della riunione fissata per le 10, i suoi componenti dovrebbero unirsi a studenti e ricercatori nella protesta.
LA PROTESTA L'occupazione del Palazzo delle Scienze era iniziata nella tarda serata di mercoledì: una quindicina di studenti (con in testa ancora Marco Meloni) ha trascorso la notte sul tetto, proteggendosi dall'umidità e dal freddo pungente con coperte e tende. Attorno alle otto sono stati raggiunti, alla spicciolata, da colleghi e ricercatori, mobilitati soprattutto attraverso il passaparola su Facebook. Tutti assieme hanno ascoltato la diretta radio del dibattito parlamentare, in un susseguirsi di applausi, fischi e ululati di disapprovazione, a seconda delle posizioni espresse e dell'esito delle varie votazioni. Un boato ha accolto, com'era prevedibile, l'approvazione dell'emendamento proposto da Fli e approvato dall'aula, pur con il parere negativo del ministro Gelmini.
LA RICERCATRICE «È la prova che le proteste che sono in corso in tutta Italia stanno ottenendo l'effetto voluto, che è quello di mobilitare l'opinione pubblica - dice Valentina Onnis, ricercatrice, una dei coordinatori nazionali della rete “29 aprile” - anche nel corso dell'ultimo dibattito parlamentare è emerso con chiarezza che questa è una riforma che non ha nessuna copertura finanziaria, visto che ancora non è stata approvata la legge di bilancio. Significa che si taglia e basta, lasciando senza prospettive serie chi ha dedicato la sua vita all'università, alla ricerca. Non abbiamo altra soluzione che renderci visibili, salendo sui tetti e facendo parlare delle nostre storie». La stessa Valentina Onnis pone l'accento sul carattere assolutamente pacifico e non violento delle manifestazioni cagliaritane: «Abbiamo evitato di salire sulla torre di San Pancrazio proprio per una questione di rispetto istituzionale - ha fatto notare - siamo persone perbene, esasperate da una situazione che rischia di precipitare. Ma vogliamo essere protagonisti di una protesta civile».
NUOVA MOBILITAZIONE In prima linea anche Alice Marras, studentessa di Unica 2.0, recentemente eletta nel Cda dell'Ersu: «Vorremmo estendere la mobilitazione da noi avviata in questi primi due giorni a quanti più studenti possibile - racconta - perché tutti devono sentirsi coinvolti nella difesa del diritto allo studio e alla conoscenza. Per ora abbiamo ottenuto un primo risultato, con il rinvio del voto finale sulla riforma a martedì. Ora dobbiamo lavorare per far desistere definitivamente il governo dal vararla».
ANTHONY MURONI
 
Primo Piano  Pagina 2
Sassari, alleanza per salvare l'Ateneo
Clamorosa manifestazione ieri mattina: due ricercatori si calano dall'ultimo piano con uno striscione di protesta: «Siamo appesi a un filo»
 
Si sono appesi a una corda e si sono lanciati giù da un palazzo per esporre lo slogan di protesta dell'Ateneo sassarese: "Università appesa a un filo". Così ieri mattina due ricercatori sassaresi hanno tenuto col naso in su il popolo anti Gelmini. Mentre i due spider-ricercatori srotolavano lo striscione sospesi per aria, i colleghi appostati con microfono e altoparlanti all'ingresso dell'Università leggevano «l'elenco di quello che non ci piace del disegno di legge della Gelmini».
ALLEANZA Al loro fianco molti docenti, il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau e il prorettore Laura Manca (il rettore Attilio Mastino era a Roma alla Conferenza nazionale). Finito lo show a effetto controllati a distanza da vigili urbani e agenti della Digos, studenti e ricercatori in protesta sono rientrati nel palazzo dell'Università, dove c'era da alimentare un'occupazione e un'assemblea permanente iniziata la sera prima con la presa del tetto del rettorato e dell'aula Eleonora d'Arborea. Qui ti aspetti di trovare un gruppo di ragazzi con una chitarra e tempo da perdere, come nelle più classiche occupazioni scolastiche. Invece, nell'aula Eleonora d'Arborea, piano terra della sede centrale dell'Università di Sassari, il presidio contro il Ddl Gelmini che fa tremare gli atenei italiani, è una cosa seria.
RICERCATORI Forse perché a guidare la protesta ci sono i ricercatori, persone che si vedono spuntare sulla testa i primi capelli bianchi, e che dopo anni di studio e sacrifici passati a inseguire un dottorato e sognare una carriera, si ritrovano fra le mani una sola specializzazione: quella da precari. L'aula è stata trasformata in una centrale operativa da dove sembra davvero che debba passare il futuro dell'Università italiana. Assemblea permanente, una decina di computer portatili instancabilmente in rete per captare ogni notizia e alimentare il tam tam nazionale, gruppi di lavoro che organizzano le mosse e stilano i documenti ufficiali da diffondere alla stampa, alla città: questo succede dal primo pomeriggio di mercoledì. Un centinaio fra studenti e ricercatori fanno la spola fra il gelido tetto del rettorato, dove campeggia lo striscione "Occupata", e l'aula riscaldata al piano terra. «La molla è scattata mercoledì subito dopo l'ora di pranzo», spiega Daniele Dessì, 37 anni, da quattro sotto contratto come ricercatore alla facoltà di Scienze. «Abbiamo visto quello che succedeva a Roma, in Parlamento, nelle altre città italiane. Ci siamo detti, e noi?».
SMS E E-MAIL Si è acceso il circuito di sms, e-mail e messaggi su facebook: tempo un paio d'ore e il piccolo esercito che da mesi protesta silenziosamente rifiutando il lavoro extra (tipo lezioni per gli studenti e ore di straordinario non riconosciute) si è ritrovato compatto in piazza Università. A loro si sono aggiunti gli studenti, l'appoggio del rettore e la solidarietà dei docenti. Per combattere il freddo e la stanchezza che affiorava nell'assemblea i ricercatori in agitazione hanno potuto contare su un'arma segreta: pasta e ceci con i finocchietti. «Semplicemente sublime. L'ha preparata per tutti la professoressa Brundu», racconta Andrea Cereatti, il ricercatore climber che ha appena finito di scalare una palazzina per esporre lo striscione di protesta. «Lei abita qui di fronte e verso le 22 ci ha fatto la sorpresa più gradita». Pasta e ceci a parte, la serata di mercoledì è stata davvero impegnativa per il comitato anti Gelmini. «Non ci siamo riposati un attimo per organizzare al meglio la giornata di oggi. È stato faticoso, noi non siamo professionisti della protesta. Avremmo preferito mille volte poter continuare a lavorare tranquilli nei nostri laboratori, a fare ricerca» continua Daniele. Nell'aula che brulica di studenti e ricercatori ci sono i segnali dell'occupazione: bottiglie d'acqua a volontà, termos con the e caffè caldi. «Il presidio continua», precisa Andrea, «Il sistema va cambiato, ma non come intende la Gelmini».
VINCENZO GAROFALO
 
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Gli studenti occupano il Colosseo
Blitz anche sulla Torre di Pisa. E il governo va sotto sulla riforma
La protesta studentesca contro la riforma dell'Università si allarga a macchia d'olio. Governo nuovamente battuto alla Camera.
 
ROMA Colosseo, Torre di Pisa, Mole Antonelliana, Abbazia del Santo a Padova: i monumenti-simbolo del Belpaese sono diventati ieri testimonial di rango della protesta del mondo universitario contro la riforma degli atenei.
Gli studenti li hanno occupati con l'intento di dare la massima visibilità a un dissenso che già ha attirato i riflettori nei giorni scorsi con il passaggio dalle piazze ai tetti delle facoltà.
Le contestazioni sono andate avanti di pari passo con l'esame del ddl che riordina il sistema universitario da parte dell'aula della Camera.
Ieri mattina il ministro Gelmini, intervistata di buon'ora, era sembrata ottimista. «Spero che prevalga il senso di responsabilita» aveva detto confidando sul consenso di Futuro e Libertà dopo la riscrittura di due emendamenti ritenuti cruciali dai finiani.
BOCCIATURA IN AULA Era previsto addirittura il voto finale a fine mattinata, ma poi qualcosa si è inceppato. Il Governo è andato di nuovo sotto su un emendamento di Fli e il ministro, visibilmente indignata, ha avvertito: «Finchè Fli su un emendamento non particolarmente significativo marca una differenza, questo rientra nella tecnica parlamentare. Mi auguro che non accada che vengano votati emendamenti il cui contenuto stravolga il senso della riforma, non sarebbe accettabile, se così fosse come ministro mi vedrei costretta a ritirarla». La conferenza dei capigruppo ha stabilito il rinvio del voto a martedì prossimo e si riprenderà l'esame dall'emendamento anti-dinastie. Intanto ieri è passato quello che chiude l'epoca dei rettori a vita: potranno restare in carica solo un mandato, per un massimo di sei anni.
Un lungo week-end di pausa quindi, che il Pd spera possa portare consiglio al ministro. «Abbiamo bloccato alla Camera la brutta legge sull'università. La Gelmini ha quattro giorni di tempo per ritirarla e discutere con gli studenti e i ricercatori che protestano prima di tornare martedì nell'aula di Montecitorio dove il governo è stato sconfitto quattro volte» ha detto il vicepresidente vicario dei deputati del Partito democratico Michele Ventura.
LA PROTESTA Sperano in un ritiro del provvedimento anche gli studenti e i ricercatori che ieri sono rimasti sui tetti degli atenei, ne hanno occupati altri, hanno sfilato per le vie dei centri cittadini - scontrandosi a Firenze e Torino con le forze dell'ordine - hanno presidiato Montecitorio e pure srotolato uno striscione dal tetto della sede del ministero a Piazzale Kennedy con lo slogan « Nè manager nè baroni, i privati fuori dai maroni».
PARENTOPOLI Contro i baroni ha puntato l'indice, via etere, il ministro accusandoli di volere, attraverso gli studenti, bloccare una riforma «che rende l'università italiana finalmente meritocratica, che pone fine al malcostume di parentopoli, che blocca la proliferazione di sedi distaccate inutili e di corsi di laurea attivati solo per assegnare cattedre ai soliti noti». Un'interpretazione per nulla condivisa dagli studenti. «Altro che colpire i baroni: le uniche vittime di questa riforma sarebbero gli studenti, i dottorandi, i precari e i ricercatori» hanno replicato le associazioni studentesche.
Le posizioni restano distanti. «Vediamo come va a finire martedì» ha cautamente dichiarato il ministro Mariastella Gelmini.
 
Primo Piano - Pagina 3
alla Camera
La Gelmini impallinata dai cecchini finiani
 
ROMA Nuova giornata di passione per il governo alla Camera, che non riesce ancora a portare a casa la riforma dell'Università: riforma che, a questo punto, slitta alla prossima settimana, con il voto finale previsto per martedì. A Montecitorio l'esecutivo va sotto su un emendamento di Fli, che passa grazie al sostegno di Pd, Udc e Idv, e anche per le assenze fra i banchi del Pdl. La Gelmini minaccia il ritiro se il testo venisse snaturato dall'approvazione di altri emendamenti dei finiani.
Per effetto dello slittamento del voto sulla riforma Gelmini slitta in avanti anche il voto sulla mozione di sfiducia al ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, presentata dall'Idv in seguito al crollo nell'area archeologica di Pompei: prima di Bondi, l'assemblea di Montecitorio dovrà esprimersi sul decreto sicurezza, sul ddl sulla libertà di impresa, nonchè sulle mozioni su Calderoli e sulla Rai.
CATTIVI PRESAGI Che per la riforma dell'Università non sarebbe stata una gran giornata si capisce dall'inizio del dibattito d'Aula, quando l'opposizione contesta l'assenza di copertura finanziaria sul ddl. A metà mattinata, al primo emendamento di Fli sull'abilitazione dei docenti, la frittata è fatta: il finiano Granata non lo ritira, e la richiesta di modifica del testo passa, malgrado il no del governo, con 261 no, 282 sì e tre astenuti.
GLI ESAMI DI BERSANI Parte il boato del centrosinistra: Dario Franceschini sottolinea che «ci sono i numeri per la sfiducia». Pier Luigi Bersani accende gli animi rispondendo una ad una alle critiche avanzategli dalla Gelmini sulla sua visita agli studenti sui tetti dell'ateneo romano («Ci sono salito e continuo a salirci») e sul suo curriculum accademico. Per tagliare la testa al toro Bersani mette on line l'elenco dei suoi esami universitari e sfida la Gelmini a fare altrettanto.
Al fianco del ministro si si schiera il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto: «State lisciando il pelo - gli urla, alludendo agli scontri di ieri in Senato - a un movimento minoritario ed estremista che provocherà danni seri al Paese.
 
2 – L’Unione Sarda
Prima Pagina     
Tra due fuochi
Gelmini prigioniera dello scontro politico
di Gaetano Di Chiara
 
Il ddl Gelmini di riforma dell'Università prosegue il suo iter parlamentare, accompagnato da manifestazioni di protesta di una parte degli studenti. Bisogna riconoscere che il passaggio parlamentare della riforma avviene in una congiuntura che lo rende particolarmente difficile. La discussione del ddl alla Camera offre un'occasione perfetta al fine di verificare le forze in campo in vista della votazione di fiducia al governo, il 14 dicembre.
Un emendamento di Fli su cui il governo si è dichiarato contrario è stato approvato con uno scarto di una ventina di voti. Non è detto che questo voto sia un copione di quello sulla fiducia, dato che l'emendamento proposto da Fli non era tale da costringere il ministro a ritirarlo, tuttavia questa, come le precedenti votazioni (tre finora) nelle quali il governo è stato battuto, hanno il significato di convincere Berlusconi a ritenere scontata una bocciatura e a convincerlo a rassegnare le dimissioni senza chiedere la fiducia. Ricordiamo che nel 2008 Prodi volle sottoporsi, nonostante le previsioni negative, al giudizio dell'aula e venne sfiduciato, rendendo impossibile il reincarico.
Se questo è il progetto di Fli lo si saprà solo martedì prossimo. Non è da escludere che, vista l'approvazione del ddl Gelmini, curiosamente priva di intoppi, in commissione, si intenda riservare all'aula parlamentare la celebrazione della liturgia dell'affossamento di una riforma, come premonizione di quella del governo.
L'altro fuoco in mezzo al quale si è trovata la discussione della riforma Gelmini è data dall'opposizione interna all'Università, che ha interessato inizialmente i ricercatori, quindi i professori associati e una parte dei professori ordinari e infine gli studenti.
L'avversione di fondo alla riforma deriva dal fatto che non prevede alcuno stanziamento ad hoc. Il ministro si difende facendo notare che la legge di stabilità prevede per il 2011 uno stanziamento aggiuntivo per l'Università di circa un miliardo di euro rispetto ai tagli previsti: ma a questo si ribatte che il miliardo di euro serve solo per mantenere il finanziamento dell'Università ai livelli del 2010. In realtà, nel 2010 l'Università ha goduto di 950 milioni di euro in più di fondi speciali e la loro attribuzione all'Università per il 2011 non era prevista. Tuttavia, quel miliardo di euro è ormai diventato essenziale per assicurare la sopravvivenza dell'Università. Se questa è la situazione, dove sono le risorse per nuovi posti di ricercatore o per creare nuovi posti di docente in sostituzione di quelli che andranno in pensione? In questo quadro si capisce la protesta dei ricercatori di ruolo, condannati a rimanere tali, senza alcuna possibilità di diventare professori.
Da più parti si invoca una radicale modifica del ddl, però ancora una volta, qualsiasi modifica si scontra con una ostacolo di fondo: la necessità di stanziare risorse aggiuntive. Ma è difficile, non solo per la necessità di contenere la spesa pubblica, ma anche perché l'università non ha dato prova in passato di saper amministrare i fondi messi a disposizione dallo Stato.
 
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 31
Controlli su Dop e Igp
Repressione frodi, mense scolastiche sotto osservazione
 
Le mense scolastiche sarde dovrebbero privilegiare prodotti biologici o quelli locali con l'origine certificata. Lo stabilisce una norma regionale, ma una volta assegnati gli appalti per la fornitura dei pasti, il rischio di frodi è sempre elevatissimo. «Ne abbiamo scoperto varie in Sardegna», ammette Giuseppe Serino, il capo dell'Ispettorato centrale di tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del ministero delle Politiche agricole (Icqrf). «Un esempio classico può essere l'olio extravergine d'oliva», prosegue, «lo si può trovare tra i due e i tre euro al litro, mentre uno biologico può costare anche il doppio. I nostri uomini, ogni qual volta le scuole sarde assegnano un nuovo appalto, vanno a verificare la qualità dei prodotti».
I CONTROLLI Due le sedi dell'Icqrf che operano nell'Isola, una a Cagliari e un distaccamento a Sassari, per un totale di trenta ispettori (su 900) che lavorano a stretto contatto con i carabinieri del Nas, con la Guardia di finanza e con le Asl. Serino, ieri mattina, ha partecipato a un convegno organizzato dalla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Cagliari sul sistema dei marchi nel settore agro-alimentare: «I carabinieri del Nucleo antisofisticazione trattano in modo particolare ciò che può essere nocivo o dannoso per le persone, noi cerchiamo di evitare le frodi che riguardano proprio la qualità dei prodotti. Il maggior numero di contraffazioni riguardano l'olio e il vino, i nostri prodotti tipici e il marchio “Italia” che viene spesso alterato».
GENUINITÀ L'Icqrf effettua controlli sulla qualità, genuinità e identità dei prodotti agroalimentari, ma anche sui mezzi tecnici utilizzati nella filiera e direttamente nelle aziende (sementi, mangimi, fertilizzanti e fitosanitari), in più vigila sui marchi Dop (denominazione di origine protetta), Igp (indicazione geografica protetta), ma anche sulla qualità dei vini Doc e Docg e sul rispetto delle norme che certificano carni e prodotti biologici. In Sardegna, gli ispettori del dipartimento si concentrano in modo particolare sul comparto ovi-caprino visto che l'Isola è il più importante produttore nazionale. Tra il 2008 e il 2009, sono state effettuate 1670 ispezioni su 1336 operatori e 4966 prodotti, con una percentuale di irregolarità dell'8.5%. Undici i reati contestati, mentre in 12 casi sono scattati i sequestri. Il settore dove maggiormente si sono concentrate le ispezioni è quello vitinivincolo (17,2%), seguito dal lattiero caseario (16.7%).
FRANCESCO PINNA
 
4 – L’Unione Sarda
Commenti - Pagina 15
Bell'inizio di meritocrazia
Quei tagli scriteriati alla cultura
di Francesco Agostini
 
Non c'è tanto da girarci intorno. Quando si tratta di ragionare, e di decidere, di istruzione e cultura il centrodestra non ne azzecca una. E non perché all'interno dei suoi progetti di governo manchino le buone idee o istanze condivisibili. Semplicemente perché la comunicazione è pessima e l'allocazione dei budget farebbe gridare vendetta a qualsiasi ragioniere aziendale. Ecco perché adesso il ministro Gelmini è sotto assedio (e visti i tumulti di Roma questa non è una metafora) come nei giorni precedenti lo è stato Bondi, preso sotto il fuoco ad alzo zero di sovrintendenti, attori, ballerini, musicisti, editori...
Manteniamo però l'attenzione soprattutto sulle iniziative del ministro Maria Stella Gelmini. La riforma dell'Università che ha portato alla Camera in questi giorni (e che probabilmente non verrà votata sino a martedì, studenti permettendo) parte da presupposti largamente condivisibili. Razionalizzare la gestione degli atenei la cui propensione a sforare ogni budget produce casi come quello di Siena; limitare il potere dei rettori, capaci di restare in carica per tempi eterni; fare in modo che i ricercatori partecipino in modo continuo alla didattica (che in un'università di massa è una questione primaria), introdurre elementari criteri di meritocrazia che smantellino il baronaggio. Difficilmente a questa linea di sviluppo si può opporre qualcuno, tranne ovviamente la casta intellettuale che ha trasformato l'università in uno Stato feudale. E allora come ce li spieghiamo i ricercatori sui tetti? E gli studenti che, per la prima volta nella storia repubblicana, penetrano al Senato (persino Benito Mussolini si era astenuto dal farne un bivacco di manipoli) lanciando uova? Semplice: lo sforzo per spiegare la riforma è stato nullo. Bisognava avere il coraggio di fare il porta a porta degli atenei e beccarsi a muso duro fischi e contestazioni (ma questo fa parte del problema di essere ministri o sottosegretari o consulenti del ministero). Visto che questo non è stato fatto, tutti capiscono solo ciò che non ha bisogno di spiegazioni in quanto evidente: la scure che è calata sui finanziamenti. Calarla era inevitabile ma è difficile dire che lo Stato lo stia facendo con discernimento e cognizione di causa. Non si può far partire una riforma che mette in discussione decennali interessi consolidati e contemporaneamente lasciare gli atenei con un buco a bilancio, per il 2011, previsto attorno al miliardo e 350 milioni di euro (Tremonti si sta arrabattando per trovarne 900 ma ha già fatto sapere che probabilmente saranno meno). Anche perché è ovvio che buco o non buco gli stipendi dei docenti di ruolo arriveranno di sicuro, saranno i ricercatori a saltare. Bell'inizio di meritocrazia.
Senza perdersi in questi meandri, limitiamoci a un esempio simbolo (non universitario) per dare l'idea di come si fa a sbagliare sulla cultura e a fare esattamente l'opposto di quello che il centrodestra sa fare. A partire da Mirko Tremaglia la maggioranza ha sempre enfatizzato il ruolo degli italiani sparsi nel mondo, e ha fatto bene. Ora però nei tagli di bilancio è finita la Società Dante Alighieri, l'ente che si occupa della diffusione e dell'insegnamento dell'Italiano nel mondo. La Dante (423 comitati sparsi per il pianeta, 220 mila studenti) subisce un taglio di bilancio, con la Finanziaria, del 53,5 per cento. Il contributo statale passa da 1.248.000 euro a 600 mila, col risultato che si devono lanciare sottoscrizioni (a cui partecipano anche immigrati stranieri che all'italiano si sentono di dovere qualcosa) per sperare di mantenere in piedi questo pilastro culturale. Ma come si fa a tagliare fondi in questo modo, dimezzandoli, usando l'accetta? La crisi c'è per tutte le nazioni, eppure il British council riceve 220 milioni di euro, il Ghote-institut 218, lo spagnolo Cervantes 90. Persino il Portogallo sull'orlo del collasso spende 13 milioni per il suo istituto di lingua e cultura. La domanda sorge spontanea: sono tutti cretini? Oppure si sono accorti che in un mondo globale la lingua e la cultura sono un passaporto anche per le attività economiche, turismo in testa? E come è possibile che questo banale confronto di dati non abbia generato dei sani dubbi mentre, calcolatore alla mano, si decideva cosa tagliare o no? Forse è ora che invece di giocare alla caccia al deputato qualcuno guardi bene i capitoli di bilancio (servono a governare e a non perdere le elezioni).
 
5 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 28
incontri medici-pazienti
Cittadella e Brotzu, giornata del Parkinson
 
Anche a Cagliari domani si celebra la seconda Giornata nazionale della malattia del Parkinson, un male che in Italia colpisce ogni anno circa 6 mila persone. Domani, dalle 9, sono previsti due incontri aperti a medici, pazienti, familiari e operatori della salute. Il primo nella sala congressi dell'ospedale Brotzu e l'altro nell'aula rossa della Cittadella universitaria di Monserrato, dove interverranno Maria Giovanna Marrosu (Centro parkinson) e Danilo Mancosu (Associazione sarda malati parkinson). Mentre nell'ospedale di via Jenner parteciperanno la dottoressa Anna Rosa Carta, tossicologa della facoltà di Farmacia, il dottor Giovanni Cossu, responsabile del Centro per i disturbi del movimento e il dottor Carlo Casula dell'unità operativa di Riabilitazione del Brotzu.
 
6 – L’Unione Sarda
Economia - Pagina 20
Nuove risorse per la formazione
La Regione ha stanziato 1,5 milioni di euro
L'obiettivo è creare un'integrazione con il mondo universitario e della scuola all'insegna della qualità
 
Per partecipare al finanziamento, gli enti di formazione della Sardegna dovranno presentare un progetto dettagliato con le azioni da perseguire e i tempi di intervento.
Un milione e mezzo di euro per risanare e ammodernare gli enti di formazione. La cifra impegnata dalla Regione Sardegna su proposta dell'assessore al Lavoro Franco Manca, proviene da risorse ministeriali.
LINEE DI INTERVENTO Sono tre le azioni che verranno attivate per raggiungere l'obiettivo di garantire elevati standard qualitativi e realizzare un sistema che integri la scuola, l'università e il settore della formazione professionale. La prima mira alla riduzione, attraverso l'incentivazione degli accorpamenti, delle agenzie formative regionali iscritte nell'elenco dei soggetti abilitati a proporre attività di formazione professionale. Oggi le agenzie accreditate sono 154 (a queste se ne aggiungono altre 43 con sede legale in altre regioni italiane). Attraverso la loro razionalizzazione sarebbe così garantito il rafforzamento degli enti operativi nell'Isola. La seconda azione incentiverà invece l'innovazione tecnologica. Sono previsti l'adeguamento dei sistemi informatici in dotazione agli enti, la costruzione e il potenziamento di reti telematiche e di reti di comunicazioni esterne. Il terzo intervento è finalizzato alla realizzazione di azioni di adeguamento organizzativo e professionale delle agenzie formative e, di conseguenza, all'innalzamento degli standard qualitativi. In particolare l'attenzione sarà concentrata sull'elaborazione progettuale delle proposte di risposta ai bandi e agli avvisi attivati dalla Regione.
COME ADERIRE Per aderire, gli enti di formazione (ossia i soggetti proponenti in forma singola o associata) dovranno predisporre un progetto o un programma per ognuna delle azioni a cui intendono concorrere indicando nel dettaglio le fasi, il tipo di attività, i tempi di realizzazione, le risorse umane e strumentali impiegate.
REQUISITI Sono considerati soggetti proponenti le agenzie che hanno sede legale (ma anche operativa) in Sardegna e sono inserite nell'elenco degli enti abilitati. Gli istituti interessati dovranno avere espletato attività formativa finanziata con risorse pubbliche nel triennio 2007, 2008, 2009, per un valore complessivo di almeno 500 mila euro. Chi intende aderire alla prima azione (accorpamento) dovrà garantire la permanenza sul mercato della formazione e la conservazione dell'accreditamento nella nuova forma adottata per almeno due anni dalla data del finanziamento. Chi intende usufruire dei contributi dovrà, tra l'altro, rispettare le regole previste a livello europeo sugli aiuti di importanza minore ( i cosiddetti de minimis).
INFORMAZIONI Maggiori dettagli sull'iniziativa sono contenuti nella delibera 36/14 del 4 novembre 2010, pubblicata nel sito www.regione.sardegna.it nella sezione Regione alla voce “Delibere”. Ulteriori aspetti verranno chiariti con la procedura di evidenza pubblica successiva.
CARLA ETZO
 
7 – L’Unione Sarda
Economia - Pagina 20
Molentargius-Saline
Parchi naturalistici, un premio alle tesi di laurea
 
L'Ente Molentargius bandisce tre premi per tesi di laurea dedicate al parco naturale regionale Molentargius-Saline. L'iniziativa, dedicata per questa prima edizione alla memoria dell'urbanista Giancarlo Deplano, scaturisce da un protocollo di intesa siglato con l'Università di Cagliari e lo stesso ente. L'obiettivo è quello di valorizzare studi e ricerche su un'area di sicuro pregio naturalistico e ambientale. La presenza di questo ecosistema praticamente all'interno della città può infatti avere una funzione di laboratorio didattico per la pianificazione urbanistica e per la ricerca naturalistica.
Saranno premiate le tesi di laurea, laurea specialistica e dottorato, che tratteranno l'argomento in maniera innovativa e che sono state pubblicate tra gli anni accademici 2003/2004 e 2008/2009. Nella valutazione sarà dato spazio alla rilevanza scientifica e alle eventuali pubblicazioni, alla complessità dell'attività svolta e all'utilizzabilità dei risultati raggiunti. Per il primo classificato è previsto un premio di mille euro, per il secondo di 750 e per il terzo 500 euro.
Le domande di partecipazione dovranno essere inviate entro il 13 dicembre 2010 al Parco naturale regionale Molentargius-Saline, via La Palma (presso l'edificio Sali Scelti) 09126 Cagliari. Oltre alla copia cartacea della tesi il plico dovrà contenere anche una breve sintesi della tesi stessa. Ulteriori informazioni possono essere richieste chiamando i numeri 070.37919216 e 671003 (lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 13). La segreteria del premio potrà essere contattata via e mail all'indirizzo tesimolentargius@parcomolentargius.it mentre per scaricare il bando e la domanda è possibile collegarsi ai siti www.parcomolentargius.it o www.comune.quartusantelena.ca.it. ( c.e. )

 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Prima Pagina
Studenti, blitz in tutta Italia
Sassari, i ricercatori scalano un palazzo: noi appesi a un filo
Occupati i luoghi simbolo: Colosseo, Torre di Pisa, Mole. Governo ko, slitta la riforma dell’Università
 
ROMA. Il voto finale sulla riforma Gelmini e sugli emendamenti residui slitta a martedì. Ieri, mentre i finiani si schieravano ancora una volta contro la maggioranza, studenti e ricercatori in lotta per difendere l’università hanno occupato in tutta Italia luoghi simbolo e atenei, dal Colosseo alla Torre di Pisa, alla Mole Antonelliana. A Sassari alcuni precari hanno scalato un palazzo davanti al Rettorato per srotolare un grande striscione: «Siamo appesi a un filo». A Cagliari, sul tetto del Palazzo delle Scienze, anche tante matricole. Il rettore agli studenti: lotta sacrosanta.
 
Pagina 5 - Fatto del giorno
Il rettore con gli studenti: «Battaglia sacrosanta»
Cagliari, anche tante «matricole» tra i 200 in cima al Palazzo delle Scienze
 
 CAGLIARI. Gli studenti e i ricercatori di Cagliari presidiano da mercoledì sera il tetto del Palazzo delle Scienze, tra striscioni di protesta e lezioni sulla teoria della relatività. «Un gesto simbolico - spiega Marco Meloni, presidente del Consiglio degli studenti - contro una riforma che affosserà il sistema dell’istruzione pubblica».
 Gli studenti sono oggetto di una solidarietà ampia, sul tetto si incontrano professori, ricercatori che si offrono di tenere lezioni a cielo aperto, il segretario del rettore, inviato per verificare la sicurezza dello svolgimento della protesta: alcuni parapetti, infatti, non raggiungono il metro d’altezza.
 Lo stesso rettore Giovanni Melis, ieri a Roma per la riunione della Conferenza dei Rettori, esprime solidarietà agli studenti: «In sede Crui ho affermato che non si possono ignorare le ragioni del dissenso manifestato da studenti e ricercatori, preoccupati per le prospettive future dell’Università pubblica in Italia. In particolare, in un quadro di certezza dei tagli ai finanziamenti, diventa estremamente difficile gestire gli atenei per continuare a garantire qualità dell’offerta didattica e adeguato supporto alla ricerca scientifica. Non si può accettare la prospettiva di un ridimensionamento dell’attività dell’università pubblica». La protesta degli universitari cagliaritani andrà avanti a oltranza: «Abbiamo ritenuto necessario far sentire la nostra presenza nel panorama nazionale - a parlare è Enrico Lallai, coordinatore di Unica 2.0 - Si tratta di un presidio permanente, almeno fino a martedì, quando sapremo il risultato della discussione». Continua Nicola Usala, del Senato accademico: «Salire sul tetto ha anche una funzione pratica, per ritagliarsi uno spazio all’interno dei media. Giornali, televisioni e internet sono le uniche armi con le quali possiamo far sentire la nostra voce».
 Nel frattempo il numero di studenti e ricercatori aumenta, le scalinate sono un viavai, il tetto ospita circa 200 manifestanti, i cornicioni sono avvolti da striscioni, arrivano cibo e libri. Tra i partecipanti si vedono facce giovani, da matricole: la nuova ondata del movimento.
 
Pagina 2 - Cagliari
Sul tetto scomodo della cultura
La solidarietà del rettore Melis alla protesta degli universitari
Continua l’occupazione di studenti e ricercatori all’ultimo piano del Palazzo delle scienze
PIERLUIGI CARTA
 
 CAGLIARI. Anche gli studenti e i ricercatori di Cagliari montano sui tetti per protesta contro la riforma universitaria. Verso le otto di sera di mercoledì, gli studenti dell’ateneo di Cagliari, coinvolti da un’iniziativa di Unica 2.0, sono entrati nel Palazzo delle Scienze, in via Ospedale, per occupare il tetto con la vista migliore di tutta la città.
 In poche ore, da venti che erano, sono diventati ottanta. «Questo è un gesto simbolico - spiega Marco Meloni, presidente del Consiglio degli studenti, mentre dalla radio giunge la voce dei deputati occupati nella discussione della riforma allineato con l’azione degli altri atenei italiani -. È ora più che mai doveroso far sentire la voce degli studenti, mentre sta per essere approvata una riforma che affosserà il sistema dell’istruzione pubblica».
 Gli studenti sono oggetto di una solidarietà ampia, sul tetto del Palazzo delle Scienze si incontrano professori, un gruppo di ricercatori che si è offerto di tenere delle lezioni a cielo aperto, il segretario del Rettore Melis, inviato dal Rettore per verificare la sicurezza dello svolgimento della protesta, alcuni parapetti, infatti, non raggiungono il metro d’altezza.
 «Siamo venuti in contatto con una serie di realtà in altre città italiane, e abbiamo ritenuto necessario far sentire la nostra presenza nel panorama nazionale - a parlare è Enrico Lallai, coordinatore di Unica 2.0 - Si tratta di un presidio permanente, almeno fino a quando non sapremo il risultato della discussione prevista per martedì 30».
 Continua Nicola Usala, senatore accademico «salire sul tetto ha anche una funzione pratica, perché una manovra del genere è l’ideale per ritagliarsi uno spazio all’interno dei media. Giornali, televisioni e internet sono le uniche armi con le quali possiamo far sentire la nostra voce».
 Nel frattempo il numero di, studenti e ricercatori aumenta, le scalinate sono un viavai, il tetto ospita circa 200 manifestanti, e i cornicioni sono avvolti da striscioni. I rifornimenti di cibo e libri arrivano a scaglioni, e tra i partecipanti si vedono facce giovani, da matricole, sconosciute nel panorama degli studenti attivi dell’ateneo.
 Nicola Usala commenta: «Il movimento del 2008 si è concluso con una sconfitta pratica, ma ha dato una spinta alla vita politica sarda, in molti ambienti studenteschi i contatti si sono ispessiti e la partecipazione è molto più spontanea che negli anni precedenti».
 L’ex candidata alla carica di Rettore, la professoressa Del Zompo, sostiene che «la solidarietà tra studenti, ricercatori e professori è una condizione indispensabile per ottenere un minimo di mordente politico. La riforma universitaria è ormai imprescindibile, ma attuata secondo un criterio migliorativo e non distruttivo, come invece vuole procedere il governo». Prima di predisporre l’insegnamento “straordinario”, i ricercatori lanciano delle accuse forti, e uno di essi, il ricercatore di fisica Umberto D’Alesio afferma: «Noi continueremo con l’indisponibilità fino a quando non verrà bloccata la discussione ed emendata la riforma in maniera da sovvertire il principio distruttivo con la quale è stata concepita».
 
Pagina 2 - Cagliari
Le equazioni di Maxwell ed Einstein a cielo aperto
 
 CAGLIARI. Una tenda, un impianto hi-fi sintonizzato sul gr delle 15 e una cinquantina di studenti armati di zaini, panini e libri. Non è la presa della Bastiglia quella degli universitari del gruppo Unica 2.0 eppure il tetto del Palazzo delle Scienze sembra una fortezza circondata da striscioni e bandiere dell’Udu. Una piccola conquista, la loro, decisa in tutta fretta e che proseguirà ad oltranza. E mentre alla radio si annuncia l’assalto al Colosseo da parte degli studenti romani, qui a Cagliari si fa lezione. Il sole picchia e fa freddo ma tutti sono pronti e ben attrezzati. Si perché alla loro lotta contro la riforma selvaggia si sono uniti anche i ricercatori della Rete 29Aprile. Mezz’ora di fisica e mezz’ora di chimica. Dalle equazioni di Maxwell sulle onde elettromagnetiche alla teoria della relatività di Einsten: la rivoluzione della fisica di fine 800 e primi del 900 spiegata in passaggi semplici e brevi. E gli studenti sembrano gradire. Immancabile Valentina Onnis, referente dell’ateneo di Cagliari per la Rete29 Aprile: «L’idea di fare lezione è stata decisa all’ultimo anche se in questa settimana stavamo organizzando qualcosa. Il ddl è passato in Senato in un paio d’ore senza alcuna discussione. Solo ora dopo le proteste che stanno avvenendo in tutta Italia ci sono delle discussioni accese tra maggioranza e opposizione ma il nostro obiettivo è fermare la riforma. È significativo che a Roma dei leader di partito siano saliti sul tetto della facoltà di Architettura ma i risultati si devono vedere durante la discussione in Parlamento». Lezione sul tetto dunque per un fine comune.(b.c.)
 
Pagina 4 - Fatto del giorno
Governo ko, slitta la riforma Gelmini
I finiani votano con l’opposizione. Il ministro: «Potrei ritirare il provvedimento»
Il voto finale rinviato a martedì, ma sono possibili altri “colpi”
PAOLO CARLETTI
 
 ROMA. Slitta a martedì il voto finale e degli emendamenti ancora in discussione della riforma Gelmini. Quella di ieri è stata un’altra giornata nera per il ministro dell’Istruzione e per la maggioranza.
 Che eppure era iniziata sotto ben altri auspici, con la prospettiva cioè di approvare in poche ore il provvedimento della contestatissima riforma universitaria. Ma così non è stato. La maggioranza è stata battuta ancora (dopo i due ko subiti mercoledì) nella votazione di un emendamento alla Camera proposto da Futuro e Libertà. Un boato dagli scranni delle opposizioni, Gelmini stravolta dalla tensione e confusa, tanto che sbaglia e vota anch’ella con l’opposizione, insieme con il collega Angiolino Alfano. Immediatamente chiedono la rettifica del voto, ma nella sostanza nulla cambia.
 Il campanello d’allarme suona un’altra volta, il sorriso dell’ottimismo con cui Gelmini al mattino - intervistata da Belpietro a Mattino Cinque - aveva annunciato che ogni problema di copertura era stato risolto, si spegne in un attimo: «E’ stato approvato un emendamento di scarco rilievo. Finché Fli - si sfoga - su un emendamento non significativo marca una differenza, questo rientra nella tecnica parlamentare. Mi auguro - ha proseguito - che non accada che vengano votati emendamenti il cui contenuto stravolga il senso della riforma perché come ministro mi vedrei costretta a ritirarla». E anche se il Pdl per l’intera giornata ha fatto sapere che la strada è tracciata e si va avanti, l’incubo che Fli, Pd, e gli altri partiti di opposizione, smontino pezzo per pezzo la riforma, comincia a materializzarsi davanti agli occhi del ministro, che ha lasciato la Camera molto nervosa. Non prima però di aver affrontato i finiani ai quali ha consegnato gli emendamenti blindati del governo «su cui non fare scherzi». Il timore di imboscate è reale, ma Fli prenderà in considerazione le istanze del ministro? I dubbi sono tanti, e le prospettive poco incoraggianti. Martedì si comincerà infatti con un passaggio assai rischioso, cioè l’emendamento «anti-parentopoli» dell’Idv all’articolo 17. La proposta di modifica prevede che ai concorsi non possano partecipare coloro che abbiano un grado di parentela fino al terzo grado compreso, con un professore appartenente alla stessa università. Con l’Idv voteranno Fli e anche Lega. Governo in difficoltà, anche se il Pdl sta cercando una difficile sintesi per mettere tutti d’accordo.
 Intanto Dario Franceschini capogruppo del Pd avverte che «i numeri per la sfiducia ci sono, si tratta solo di verificare la volontà politica di far cadere il governo», Fabrizio Cicchitto capogruppo del Pdl replica che «la maggioranza non è in balia di nessuno. La verifica vera sull’esistenza o meno della maggioranza ci sarà il 14 dicembre». Ma il Pd insiste: «Il governo faccia un passo indietro, si fermi - dice Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd - siamo preoccupati per lo stato di forte tensione del Paese».
 
Pagina 3 - Fatto del giorno
«Il nostro lavoro senza futuro»
La rabbia dei ricercatori: niente fondi per i concorsi e baroni più forti «Gelmini sbaglia: se aumentano i precari, potere nelle mani di pochi»
I ragazzi: il diritto allo studio finisce con il taglio del 90% delle risorse, a Tremonti ormai non crediamo
MARIA ROSA TOMASELLO
 
 ROMA. «Sono ricercatrice da 18 anni e non ho prospettive: gli ultimi concorsi nazionali ci sono stati nel ‘94- ’96, e sono entrati un paio di associati. Dopodiché, fino a oggi, c’è stato un solo concorso da associato e nessuno da ordinario, in un dipartimento che gestisce tutta la didattica della Fisica». Anna Candida Felici, facoltà di Ingegneria dell’università «La Sapienza» di Roma, scuote la testa sotto l’ombrello. «Non so se avrò mai avanzamenti di carriera, perché non so se ci saranno finanziamenti per i concorsi». Piove alle 13, in piazza Montecitorio, sulla protesta dei ricercatori e degli studenti. Sono arrabbiati e stanchi, ma decisi a non fermarsi. È la certezza delle risorse il problema principale, dicono, in una riforma che prevede il doppio binario per diventare docenti, con la creazione della figura di ricercatori a tempo determinato con contratto 3 anni più 3: «Una figura che concorre con gli “strutturati” per il ruolo di associato: giusto, in teoria, visto che si parla di merito. Ma il risultato è di creare un problema aggiuntivo: perché senza fondi per i concorsi, al termine dei sei anni, i nuovi precari saranno costretti a lasciare l’università» spiega Stefano Cervelli. «Così ai ragazzi più bravi stiamo già dicendo che è meglio andarsene: qui, che speranze hanno?». Al ministro che accusa i contestatori di difendere i «baroni» chiedono «la fascia unica di docenza» e replicano: «Al contrario: è questa riforma che accentra il potere nelle mani di pochi. Ogni volta che si inseriscono precari in una struttura, si rafforzano i “baroni”: se un ordinario ha il potere di assumere dieci persone a tempo determinato, come sta succedendo nel Lazio coi fondi regionali, li fa entrare nel consiglio di dipartimento e così lo controlla» afferma Cervelli. Allo stesso modo, confermano il «no» all’ingresso dei privati nei Cda degli atenei: «Perché la programmazione della didattica verrebbe fatta secondo interessi non pubblici. Che interesse avrebbe un’azienda a finanziare la facoltà di Antropologia, per esempio?» chiede Elisabetta Petrucci, «e poi quando il privato entra nel pubblico, lo fa sempre da parassita» sostiene, citando il salvataggio di Alitalia «che ha succhiato i fondi per la ricerca». Denunciano l’irrigidimento del turn over: «Per ogni sei docenti in pensione, uno entrerà. Ma gli organici sono già in crisi, senza i ricercatori che oggi sostengono il 40 per cento della didattica il sistema salterebbe».
 In questa battaglia, i ricercatori marciano con gli studenti: «Il ministro ripete che siamo conservatori e difendiamo i baroni» dice Fabio Ingrosso, terzo anno di Economia alla «Sapienza», da due giorni occupata. «Non si rende conto che privatizza di fatto l’università, distruggendo il diritto allo studio con il taglio del 90 per cento delle risorse e istituendo un fondo per il merito che non si sa come sarà finanziato. Sui soldi per ora c’è solo una dichiarazione di Tremonti che dice che ci saranno 800 milioni: ma agli oracoli del ministro non crediamo più, visto che da due anni a oggi ha tagliato un miliardo e mezzo».
 
Pagina 3 - Fatto del giorno
Atenei, occupati i simboli d’Italia
Gli studenti al Colosseo, sulla Torre di Pisa e nella Mole Antonelliana
 
 ROMA. Colosseo, Torre di Pisa, Mole Antonelliana: i monumenti-simbolo del Belpaese sono diventati ieri testimonial di rango della protesta del mondo universitario contro la riforma degli atenei.
 Ieri mattina alcune decine di studenti universitari si sono staccati da un corteo di circa 2.000 persone e sono entrati all’interno della Torre Pendente in piazza dei Miracoli, a Pisa. All’esterno centinaia di loro hanno formato un cordone umano per impedire l’accesso ai turisti. Dal penultimo anello i giovani hanno poi calato uno striscione con la scritta «No alla riforma». La Torre è stata chiusa e i turisti fatti uscire. Nella piazza centinaia di curiosi hanno seguito la protesta immortalandola con macchine fotografiche e telefonini.
 A Roma decine e decine di studenti, distaccandosi dal corteo contro i tagli all’istruzione, sono entrati all’interno del Colosseo, scavalcando i tornelli. I ragazzi si sono affacciati dal secondo anello del Colosseo e hanno esposto uno striscione («Nessun taglio, nessun profitto»). Hanno poi dato vita a un corteo all’interno dell’Anfiteatro Flavio al grido di «Siamo noi i veri leoni» accendendo fumogeni rossi, tra lo stupore dei turisti. Terminata la performance, gli studenti hanno annunciato in coro «occuperemo il Vaticano».
 A Torino occupata la Mole Antonelliana, edificio simbolo della città. I manifestanti sono entrati nell’atrio della Mole, sede del museo nazionale del cinema, dove hanno affisso striscioni scandendo slogan e battendo su pentole e tamburi.
 Anche a Siena c’è stato un tentativo di srotolare uno striscione dalla Torre del Mangia ma l’intervento di agenti della Digos ha bloccato l’azione.
 È una protesta tenace e audace quella che anche ieri è andata in scena. Studenti e ricercatori hanno continuato a occupare facoltà e tetti di atenei e a far sentire le loro ragioni sfilando in corteo in diverse città.
 A Milano protesta all’Agenzia delle Entrate. Un gruppo di studenti si è sfilato dal corteo cittadino ed è entrato nella sede dell’Agenzia delle Entrate: dal grande balcone soprastante all’ingresso hanno srotolato uno striscione con la scritta “Più soldi alla scuola meno alla guerra”.
 Scontri a Firenze e Torino. Lancio di uova contro la polizia da parte degli studenti dei collettivi di sinistra che al Polo scientifico dell’università di Firenze hanno protestato per la presenza del sottosegretario Daniela Santanché a un convegno; contusi tre studenti e due agenti. Lancio di oggetti, uova, fumogeni e monetine, contro la polizia e la sede della Regione anche a Torino, in piazza Castello.
 Venditti e Vendola sul tetto a Roma. Antonello Venditti e Nichi Vendola sono saliti sul tetto della facoltà di Architettura di Roma 3, per solidarizzare con i ricercatori precari che protestano ormai da due giorni. Nel pomeriggio è salita anche una folta delegazione di Futuro e Libertà. Nella capitale è proseguito anche il presidio davanti a Montecitorio per buona parte della mattinata, con il centro storico blindato per il corteo degli studenti. Rinviata la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico della Sapienza.
 A Bari e Trieste l’“abbraccio” agli atenei. Nella città pugliese una catena umana di docenti, ricercatori e studenti, amministratori locali, politici e sindacalisti ha avvolto in un abbraccio simbolico il palazzo dell’ateneo. Analoga iniziativa a Trieste.
 Sul tetto ad Ancona. Studenti e ricercatori sono saliti sul tetto della facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche ad Ancona. Sul tetto è salito anche il preside della facoltà.
 «Chiuso per lutto» a Napoli. Gli studenti dell’Orientale di Napoli hanno occupato Palazzo Giusso, sede dell’Ateneo. Sul portone d’ingresso è stato affisso il cartello «Chiuso per lutto». Tetti occupati anche a Palermo, Messina, Salerno, Milano, Parma. Presidio a Genova, protesta degli studenti alla Cà Foscari di Venezia, occupati i rettorati di Ferrara e di Udine, occupati la stazione San Rossore di Pisa. (a.g.)
 
Pagina 5 - Fatto del giorno
Sassari, i ricercatori scalano una palazzina: «Siamo appesi a un filo»
ANTONIO MELONI
 
 SASSARI. L’università è appesa a un filo, e non è solo lo slogan sullo striscione srotolato da due ricercatori che si calano dalla parete di una palazzina. Lo dicono i numeri, lo ribadiscono i rettori, lo confermano gli analisti. Sassari si è fermata un attimo, tutti naso all’insù e fiato sospeso, nella piazza di fronte al rettorato mai così gremita alle 11 di un mattino qualsiasi.
 Il destino dell’accademia italiana è nella discussione parlamentare sul disegno di legge che rischia di scatenare il finimondo. Le ragioni, i ricercatori le hanno chiarite in un’affollata conferenza stampa tenuta all’aperto sul terrazzo interno della segreteria centrale dell’ateneo. Sullo sfondo, un lungo striscione che, a mo’ di necrologio, annuncia la morte dell’università pubblica. Daniele Dessì e Alberto Alberti, portavoce dei 243 ricercatori universitari di Sassari, leggono un comunicato scritto a mano, di botto. Sono idealmente vicini ai 25mila colleghi che nelle stesse ore promuovono iniziative analoghe. «L’anno prossimo l’ateneo turritano compirà 450 anni - ricordano Daniele e Alberto - due presidenti della Repubblica e personalità importanti hanno frequentato e insegnato in queste aule. Sassari è sede d’eccellenza, ma tutto questo rischia di essere cancellato dall’azione combinata dei ministri Gelmini e Tremonti».
 L’università di Sassari, come tutte quelle periferiche, rischia grosso, si temono ricadute deleterie nel breve e medio periodo. A chi domanda cosa accadrebbe se i ricercatori si fermassero dall’oggi al domani, la risposta è un ceffone in pieno volto: «Revisione totale dell’offerta didattica - dice il prorettore Laura Manca - contrazione dei corsi di laurea». Poi c’è la questione di principio, l’università è l’unica grande azienda del territorio ancora in piedi malgrado la crisi. Strettamente legata alle specificità di un’economia insulare che, al momento, non offre alternative: «La contrazione dell’offerta - taglia corto Alberto Alberti - è l’anticamera della soppressione». Ai numeri pensa Bianca Biagi, ricercatrice di Scienze Politiche, che snocciola i dati della disfatta: il Fondo di finanziamento ordinario del 2009, che non è stato ancora assegnato, sarà decurtato del 5 per cento, 700 milioni di taglio netto: «Vuol dire che nel breve periodo l’università avrà problemi a garantire gli stipendi». Alle questioni di principio si mescolano le storie personali. Alessandra Cattani è ricercatrice di Russo: «Non sono qui solo per me, penso ai miei figli e a ciò che potrebbe essere loro negato un domani non lontano». Torna lo spauracchio dell’esodo verso le università del Nord, l’impoverimento di un territorio già martoriato. Il presidio prosegue a oltranza: «Fino a quando - spiega Roberto Santoru, presidente del consiglio studentesco - non arriveranno notizie rassicuranti da Montecitorio».
 Poi la protesta si sposta sul piazzale di fronte all’ingresso: fra i presenti, il sindaco Gianfranco Ganau. Dal microfono collegato a due altoparlanti, a turno, i ricercatori elencano i lati oscuri della riforma calata dall’alto. Nel frattempo due colleghi, in camice bianco, scavalcano la ringhiera della terrazza di una palazzina. Imbragati, si calano dalla parete mentre tengono lo striscione con il messaggio che fa da motivo dominante alla manifestazione: «L’università è appesa a un filo». In serata, inizia il presidio in Rettorato: l’aula Eleonora d’Arborea occupata da ricercatori e studenti, in programma lezioni e discussioni sino a martedì. Poi il martedì successivo, 7 dicembre, tutti in piazza Università per «La notte della cultura»: con la speranza che nel frattempo non sia stata affossata.
 
Pagina 4 - Fatto del giorno
Meno corsi e precari non garantiti
Rettori a tempo, pagelle ai prof, pensione a 70 anni
 
 ROMA. Cancella il diritto allo studio, precarizza la ricerca e la docenza, sopprime la gestione democratica degli atenei, aumenta le difficoltà di inserimento dei più giovani: queste le principali critiche che ricercatori, docenti e studenti universitari muovono al disegno di legge Gelmini. Uno dei punti più controversi riguarda poi la mancanza di risorse: secondo chi protesta, non si può varare una riforma dell’Università senza finanziamenti certi e questo trova d’accordo anche quei docenti che avevano espresso un giudizio non negativo sul provvedimento. Ecco cosa prevede.
 Ricercatori a tempo. I ricercatori avranno un contratto a tempo di 3 anni, rinnovabile una volta. E dopo? O superano il concorso e diventano associati o non possono più svolgere attività accademica. Non viene poi riconosciuto il ruolo di docente a quei ricercatori che da anni coprono il 40% della didattica.
 Nuovo reclutamento. Cambiano concorsi e modalità di reclutamento. Ci sarà un albo nazionale degli idonei da cui le università attingeranno. Per entrarci bisognerà essere valutati da una commissione composta da 4 docenti ordinari estratti a sorte.
 Pagelle ai prof. Professori e ricercatori dovranno presentare una relazione triennale sulla loro attività, se dovesse risultare negativa non avranno aumenti di stipendio.
 Rettori per 8 anni. . Anche l’incarico dei rettori sarà a tempo: al massimo di 8 anni, vale a dire due mandati da 4 anni. In caso di gestione non oculata potrà scattare, con il 75% dei voti, la sfiducia del Senato accademico.
 In pensione a 70 anni. Il limite massimo per il pensionamento dei professori ordinari è stato ridotto di soli due anni: da 72 a 70. Per gli associati scende a 68 anni.
 Esterni nel Cda. Gli organi di governo più importanti degli atenei diventano i consigli d’amministrazione, che potranno avere membri esterni e si occuperanno di spese e assunzioni. La gestione sarà affidata alla nuova figura del «direttore generale». Il Senato accademico dovrà occuparsi solo di didattica e ricerca.
 Mannaia sui corsi. Ogni università potrà avere al massimo 12 facoltà. Non solo: saranno eliminati i mini-corsi con iscritti pochi studenti. Saranno fuse le università vicine. Per atenei, facoltà e dipartimenti «in rosso» scatterà il commissariamento. Le università che continueranno a far confluire oltre il 90% dei finanziamenti negli stipendi del personale, non potranno bandire concorsi. Infine, il 7% dei fondi statali verranno stanziati solo con l’ok dell’Anvur, la nuova Agenzia nazionale di valutazione dell’università.
 Premi ai più bravi. Il merito sarà sempre più determinante. Gli studenti che supereranno brillantemente test nazionali, potranno essere beneficiari di borse di studio. A prescindere dal livello economico della famiglia. Per chi protesta questo significa «snaturare il diritto allo studio». (m.v.)
 
Pagina 4 - Fatto del giorno
SFIDA ON LINE
Bersani? Un ripetente «No, ecco i miei voti»
 
 ROMA. Bersani sui tetti? «Non si capisce se in veste di segretario precario del Pd o di studente ripetente». Il ministro Gelmini critica l’iniziativa del segretario Pd di salire sul tetto della facoltà di Architettura a Roma per esprimere solidarietà ai ricercatori e agli studenti che protestano da lassù. Discuta della riforma, piuttosto.
 «Vedo che il ministro non gradisce che salgo sui tetti. Vedo che il ministro Gelmini mi dà dello studente ripetente. Domani metterò su internet tutti i voti di laurea e mi aspetto che Gelmini faccia altrettanto, compreso il giro turistico a Reggio Calabria» (dove sostenne l’esame da avvocato). Così replica Bersani in aula alla Camera. «Non siamo disposti a discutere in Parlamento? Le faccio una proposta: ritiri il provvedimento, sono pronto a discutere con lei e con Tremonti su come correggere alcune distorsioni e come trovare risorse finanziarie per sostenere il diritto allo studio e alla ricerca». Poco dopo su Facebook Bersani pubblica il suo libretto di laurea in filosofia: tutti 30 e 30 e lode, un solo28.
 
Pagina 5 - Fatto del giorno
Alghero, si mobilita la facoltà di Architettura
GIANNI OLANDI
 
 ALGHERO. Istituti di istruzione superiore in autogestione, un grande striscione sulla facciata della facoltà di architettura in via Garibaldi, ex asilo Sella: sono queste le iniziative che il mondo studentesco algherese ha adottato in segno di protesta nei confronti del ddl Gelmini. Lo striscione riporta il desiderio di «una università pubblica migliore» citando espressamente il contestatissimo decreto legge. Le autogestioni negli istituti superiori della città stanno condizionando pesantemente l’ordinario svolgimento dell’attività didattica che dovrà fermarsi tra qualche settimana per il tradizionale periodo di vacanze delle festività natalizie. Va da sè che il profitto scolastico non ne trarrà alcun vantaggio soprattutto per gli studenti delle quinte. Ora anche la facoltà di Architettura, attraverso gli studenti, fa sentire la propria voce. L’istituzione ha raggiunto negli ultimi anni livelli di qualità di rilievo assoluto, al punto da essere indicata come la migliore in Italia. Studenti sul piede di guerra ma assolutamente misurati nella protesta: nessun problema di ordine pubblico.
 
9 – La Nuova Sardegna
Pagina 24 - Sassari
 
Un convegno in programma domani
Genetica e malattie del cuore I sardi si ammalano di cardiomiopatia ipertrofica
 
 SASSARi. Domani si svolgerà nell’aula A della facoltà di Medicina e Chirurgia un convegno dal titolo “Genetica e malattie cardiovascolari: dal laboratorio alla clinica”. L’evento scientifico è organizzato da Antonello Ganau, direttore della scuola di specializzazione di malattie dall’apparato cardiovascolare e della cardiologia della Aou e da Francesco Cucca, direttore del Cnr di Cagliari e della cattedra di genetica medica dell’università di Sassari. Il convegno avrà inizio alle ore 8,45 con i saluti delle autorità e continuerà sino al pomeriggio, con le relazioni dei maggiori esperti sardi e nazionali nel campo delle malattie cardiovascolari su base genetica.
 Durante l’incontro verranno anche presentati i risultati delle ricerche genetiche e cliniche svolte in Sardegna su alcune di queste patologie e gli studi di mappaggio dell’intero genoma condotti sulla popolazione sarda per la comprensione delle basi genetiche delle malattie cardiovascolari. Sono molte le malattie cardiovascolari che originano da un difetto genetico. Tra queste assume particolare rilievo la cardiomiopatia ipertrofica, che raggiunge in Sardegna una delle frequenze più alte al mondo e si stima che colpisca almeno un sardo su 500. I test genetici sono essenziali per la corretta diagnosi dei soggetti affetti e anche per individuare nel loro nucleo familiare altri portatori della malattia, che possono essere ancora asintomatici.
 Sono previsti crediti Ecm per i partecipanti appartenenti alle discipline di cardiologia, medicina interna. diabetologia, medicina generale, genetica, pediatria, neurologia.
 
10 – La Nuova Sardegna
Pagina 23 - Sassari
L’Istituto dei ciechi passa all’Università
Palazzo Ducale è pronto a venderlo per 4milioni di euro
 
 SASSARI. L’Università ha soldi da spendere e al Comune non sembra vero di stringere subito affari con lei. Così, ieri mattina, in tutta fretta si sono riunite le commissioni Lavori pubblici e Finanze per decidere il destino dell’ex Istituto dei ciechi. L’amministrazione vuole alienarlo e l’Università ha un vecchio finanziamento regionale per acquistare l’immobile.
 Il rettore Attilio Mastino, proprio nei giorni scorsi è andato a Cagliari per battere cassa ricordando dei 3milioni e 760mila euro promessi 10 anni fa. Al momento nel bilancio regionale per l’edilizia universitaria non risulta stanziato nemmeno un centesimo, ma se la giunta dovesse rendere nuovamente disponibili i fondi, allora i tempi per spenderli sarebbero stretti.
 Ecco perché le commissioni stanno preparando il terreno alla chiusura della pratica: il 30 novembre è la scadenza per approvare l’assestamento generale di bilancio comunale, dopodiché non si possono apportare più variazioni alle varie voci di entrate e spese. E siccome con 3 milioni 760 mila euro si possono fare molte cose, allora l’elenco degli interventi da realizzare entro il 2010, e poi nel piano triennale delle opere pubbliche, è necessariamente da aggiornare. La commissione ha discusso proprio di queste modifiche da sottoporre a breve al Consiglio comunale. I proventi dell’alienazione dell’edificio ex Ipab serviranno per la costruzione di nuovi alloggi popolari (2milioni 700mila euro) e per i lavori di manutenzione degli asili nido (700mila euro). L’Università, dal canto suo, ha bisogno di spazi e da tempo aveva adocchiato lo stabile di via Diaz per ampliare le Facoltà umanistiche. Trasferirebbe la biblioteca, e consentirebbe a Lettere e Filosofia e Lingue di poter usufruire di nuove aule per svolgere le lezioni. Infatti l’affitto per i locali di via Tempio (sopra il supermercato), all’Università costa molto caro e l’Istituto dei ciechi consentirebbe di risparmiare su queste spese.
 Nei prossimi giorni la decisione di acquisire l’immobile di proprietà comunale verrà ratificata dal consiglio di amministrazione dell’Università, in attesa che la Regioni renda disponibili i 4 milioni di euro. (lu.so.)
 
 

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