Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
03 October 2010
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
     
L’UNIONE SARDA
1 - Università, duro atto d'accusa dei presidi
2 - Vespe assassine, l'esperto rassicura: «Solo casualità»
3 - Sardegna, isola di suicidi: il litio per fermare il dramma
4 - Ottobre, mese caldo per gli scioperi
 
LA NUOVA SARDEGNA
5 - Lettera aperta dei presidi alle famiglie e agli studenti
6 - No alla riforma I ricercatori fermano l’avvio delle lezioni
7 - Lettera aperta: «Noi da soli garantiamo il 40% della didattica»
8 - Sassari. Lettere e filosofia, incontro con Marrocu
9 – Belle Arti a Sassari: “Polo di formazione con Università e enti locali”
 
   

  
 L’UNIONE SARDA
 
1 - L’Unione Sarda /
Cronaca di Cagliari - Pagina 29
I responsabili delle undici facoltà cagliaritane lanciano un appello destinato agli studenti e alle famiglie
Università, duro atto d'accusa dei presidi
Un appello sottoscritto dagli undici presidi delle facoltà cagliaritane. Una lettera indirizzata ai “nuovi studenti universitari”, alle famiglie e alla società civile, per coinvolgere tutti nella mobilitazione proclamata in concomitanza con il blocco delle lezioni. L'appello sarà anche spiegato attraverso assemblee e incontri di facoltà che si svolgeranno domani.
La missiva degli undici presidi è un pesante atto d'accusa, il tentativo di raccontare la crisi che l'università italiana sta attraversando. «Da alcuni anni», scrivono «l'Università viene sistematicamente ridimensionata, i tagli di risorse a cui è sottoposta raggiungeranno nel 2011 il 20% rispetto ai finanziamenti erogati nel 2008, già allora sottostimati rispetto alla media europea. L'alta formazione in Italia è sotto-finanziata in un modo drammatico. Siamo il paese che investe in questo campo solo un imbarazzante 0,8% del Pil, contro quasi il doppio della media europea». Nonostante ciò, secondo i presidi, «si continua a usare la scure sulla Scuola e l'Università pubblica: non solo non incrementiamo ricercatori e docenti, come fanno la Francia e la Germania; ma per ogni 10 docenti che vanno in pensione possiamo bandire al massimo 5 nuovi posti, in un momento nel quale, per ragioni anagrafiche, in pochi anni si concentrano pensionamenti per oltre il 30% del personale. In questa Università depauperata, ai cui dipendenti (e in particolare ai giovani ricercatori!) si applicano tagli di stipendio che sono in proporzione più drastici che per qualsiasi altra categoria del paese, si nega poi ogni prospettiva proprio ai più giovani, i ricercatori appunto, che in questi anni, con il loro impegno non dovuto nella didattica, hanno contribuito a garantire il funzionamento dell'alta formazione in Italia».
«Molti di loro», prosegue l'appello, «hanno dunque ritirato la disponibilità a coprire corsi, con un indubbio impoverimento della qualità del servizio: alcuni corsi di laurea in questo anno accademico sono stati soppressi. Malgrado questo, l'Università di Cagliari non ha voluto scegliere la strada di non aprire il primo anno dei propri corsi, perché ha messo al primo posto la salvaguardia del diritto allo studio».
 
 
2 - L’Unione Sarda / Cronaca Regionale - Pagina 7
Vespe assassine, ormai è vera psicosi
L'esperto rassicura: «Due morti in pochi giorni? Solo casualità»
Secondo gli entomologi in Sardegna ci sono insetti molto più pericolosi: «Zanzare e zecche sono in cima alla lista».
Ieri a mezzogiorno i vigili del fuoco di Cagliari avevano già ricevuto quattro richieste di aiuto. Un numero considerevole, perfettamente in linea però con la media del periodo. L'intervento più delicato a Domusnovas: centinaia di vespe avevano fatto il nido nella cabina dei carrelli della spesa posta all'esterno di un supermercato, scatenando il panico tra i clienti. Un terrore irrazionale alimentato dalle recentissime tragedie di Teulada e Siniscola, dove negli ultimi giorni sono morte due persone a causa degli attacchi di sciami impazziti. E che il caso di una tredicenne di Capoterra finita l'altro ieri in ospedale con decine di punture su tutto il corpo, rischia ora di trasformare in vera e propria psicosi.
Ma c'è da allarmarsi veramente o si tratta solo di sfortunate coincidenze? «Due morti così ravvicinate sono certamente frutto di una tragica casualità - spiega Carlo Contini, entomologo e collaboratore dell'Istituto di parassitologia della Facoltà di Medicina a Cagliari -, anche se le vespe stanno aumentando nei centri abitati a causa della maggiore disponibilità di sostanze alimentari e rifiuti organici, per cui è maggiore il rischio di attacchi. Alcuni colleghi entomologi sostengono che sul finire dell'estate, riducendosi le popolazioni di insetti, dei quali le vespe si nutrono, gli sciami invadano le città attratte dalla maggiore disponibilità di cibo».
Ma le vespe sono davvero così pericolose? Quali specie sono presenti in Sardegna?
«Nel nostro paese vivono 15 specie di vespe, ma le più comuni sono la Vespula germanica e la Vespula vulgaris. Sono prevalentemente carnivore ma non disdegnano sostanze zuccherine, quali la frutta matura. Sono tutte molto aggressive. Il loro veleno è composto da una miscela di sostanze allergizzanti che causa reazioni tossiche locali o anche allergiche in soggetti che sono stati punti almeno una volta. La quantità di veleno che possono iniettare le rende particolarmente temibili e pericolose per l'uomo, soprattutto se è inoculato in un vaso sanguigno e se la vittima è particolarmente sensibile. Se la puntura avviene nella bocca, oppure nel naso o sul collo, può insorgere un rapido gonfiore delle mucose che può portare alla morte per soffocamento».
Quante vespe può ospitare un nido e in quali luoghi può essere nascosto?
«Il nido è costruito preferibilmente sottoterra. È costituito da detriti vegetali triturati con le mandibole e impastati così da assumere l'aspetto del cartone. I nidi della germanica sono collocati anche nei muri e in ambienti disabitati. La popolazione presente in un nido può essere costituita da 800-1500 individui, ma anche di più. La vulgaris costruisce, invece, i propri nidi in magazzini e abitazioni, utilizzando cassonetti di persiane avvolgibili, cassette per lettere, pannelli per citofoni».
A Teulada e Siniscola le vittime avevano inavvertitamente disturbato il nido, come ci si deve comportare in queste situazioni?
«Quando si scopre un nido occorre segnalarne la presenza alle autorità che provvederanno alla bonifica. In ambito domestico, se non è possibile individuare il nido, si possono posizionare trappole attrattive. Se le vespe sono inavvertitamente disturbate è consigliabile evitare bruschi gesti volti al vano tentativo di allontanarle. Molto meglio restare immobili e sopportare qualche puntura nell'attesa che si tranquillizzino, pena il rischio di un attacco massiccio, spesso mortale. Inoltre quando si fa un pic-nic all'aperto è consigliabile gettare a distanza dei pezzetti di carne, così le vespe non arriveranno a disturbare».
Dopo i recenti casi molte mamme hanno paura di portare i loro bimbi nei parchi di Cagliari, secondo lei è un allarme ingiustificato?
«Ritengo di sì. Io frequento molto spesso il parco di Monte Urpinu, ma non ricordo di aver visto delle vespe».
Le vespe sono tra gli insetti più pericolosi presenti in Sardegna?
«Assolutamente no. In cima alla lista ci sono le zanzare, che veicolano un numero impressionante di malattie, insieme alle zecche. Questi insetti possono trasmettere decine di virus, come la Dengue, di cui si sono registrati due casi in Corsica, o il virus del Nilo. Recentemente in Emilia abbiamo avuto 200 casi di infezione da Chikungunya, portata da un extracomunitario e poi diffusa dalla zanzare tigre. Inoltre i virus sono trasmessi anche alle uova, che così diventano infette. Poi ci sono i Simulidi, insetti simili a mosche che vivono nei corsi d'acqua e possono diventare vettori di agenti patogeni pericolosi, i Flebotomi che trasmettono la Leishmaniosi cutanea e viscerale e i Ceratopogonidi, che inoculano il virus della lingua blu alle pecore, la cui puntura è dolorosissima e a giugno sono massicciamente presenti nelle nostre spiagge. Tutti molto più pericolosi delle vespe».
MASSIMO LEDDA
 
 
3 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari - Pagina 29
Ieri una tavola rotonda per parlare degli effetti del farmaco
Sardegna, isola di suicidi: il litio per fermare il dramma
Medio Campidano, Carbonia-Iglesias e Cagliari sono le tre province italiane con il più alto tasso di suicidi. Gli scienziati sostengono che il litio può bloccare le tendenze autolesionistiche dei pazienti.
Nel Medio Campidano 13,5 casi per 100 mila abitanti, in provincia di Carbonia e Iglesias 11,4, in quella di Cagliari 11,3. È un podio di cui non andare orgoglioso: il primato dei suicidi appartiene a tre province sarde; numeri che preoccupano se confrontati sulla media nazionale (9,3 ogni centomila abitanti). Eppure proprio nell'Isola si lavora su un farmaco che limita questo dramma, il litio. Ieri la sala congressi della Banca di credito sardo ha ospitato la tavola rotonda “Terapia con i sali di litio: luci e ombra” alla quale hanno partecipato Bruno Mueller-Oerlighausen (della Libera università di Berlino), Martin Alda (Dalhousie University di Hallifax, Canada), oltre ai “padroni di casa” Maria Del Zompo e il preside della facoltà di Medicina Mario Piga.
L'INCONTRO Una tavola rotonda divulgativa, organizzata dall'Igsli (l'istituto internazionale che si occupa della terapia con il litio), che ha consentito anche ai non esperti di fare chiarezza sulla materia. E soprattutto di conoscere un farmaco noto anche se un po' reietto. «In primo luogo», spiega Maria Del Zompo, «perché ha una finestra terapeutica stretta, cioè la dose terapeutica è molto vicina a quella che può determinare effetti collaterali». Ma, forse, il problema più grosso è legato al “dio denaro”. «Non gode del sostegno delle ditte farmaceutiche». Che non hanno interesse a spingerlo visto che produce un reddito inferiore rispetto ai farmaci registrati.
GLI EFFETTI Eppure i dati sembrano dire che il litio può limitare il rischio di suicidi. I primi a studiare questo effetto sono stati gli scienziati della Libera università di Berlino. «Negli anni '90», racconta Mueller-Oerlighausen, «abbiamo iniziato queste osservazioni. E abbiamo scoperto che il litio abbassa il tasso di mortalità di due, tre volte per i pazienti trattati». Gli studi si sono allargati. E, attraverso l'Igsli, sono arrivati anche in Sardegna. «Dove», interviene Maria Del Zompo, «già nel 1976, avevamo creato, al San Giovanni di Dio, la prima litium clinic italiana».
IL FARMACO Alla base della terapia per evitare il rischio di suicidi, appunto, il litio. «Anche se in pochi casi», puntualizza Mueller-Oerlighausen, «abbiamo rilevato che gli anti depressivi possono addirittura aumentare il rischio di suicidi». Cosa che non accade con il litio, farmaco utilizzato come prima scelta nel disturbo bipolare. Resta il problema di come convincere il potenziale suicida a sottoporsi a questa terapia. «Spesso la persona ha consapevolezza dei problemi ma non si cura per paura di essere considerato diverso». Serve un percorso psicologico. «Lavoriamo anche su questo: convinciamo il paziente che il problema non è una sua colpa. Se la parte biologica non funziona, non ci possono essere responsabilità». E sulle carenze biologiche, il litio può ottenere ottimi risultati. (mar.co. )  
 
 
4 - L’Unione Sarda / Economia - Pagina 19
Manifestazioni nel settore dei trasporti e in quello della scuola e dell'università
Ottobre, mese caldo per gli scioperi
Dai trasporti alla scuola, all'università: nel mese di ottobre saranno tante le giornate di sciopero. Sono molti, infatti, i comparti che questo mese incroceranno le braccia.
TRASPORTI Dopo aver revocato lo sciopero indetto per il 30 settembre e il primo ottobre, treni e autobus si fermeranno giovedì 21 e venerdì 22 ottobre a sostegno della vertenza in corso per la definizione e sottoscrizione del nuovo contratto nazionale della mobilità. Il settore ferroviario si fermerà invece per 24 ore il 21 ottobre (a partire dalle 21). Bus, metro e tram si fermeranno l'intera giornata del 22 ottobre ma saranno comunque rispettate le fasce di garanzia. Sempre nel settore dei trasporti, gli aerei resteranno a terra giovedì 14 e lunedì 25 ottobre: l'agitazione interessa i dipendenti di Meridiana fly (il 14), con modalità differenti: i lavoratori aderenti a Rsa Fit Cisl, Uiltrasporti e Anpac si fermeranno per due ore (dalle 10 alle 12); quelli aderenti a Rsa Filt Cgil (personale navigante di cabina esclusi voli da e per Torino), Rsa Fit Cisl, Uiltrasporti, Anpav per quattro ore (dalle 10 alle 14). Fermi anche i piloti dell'Unione piloti dalle 10 alle 14 (esclusi i voli da e per Torino Caselle) e con le stesse modalità i lavoratori aderenti a Usb e Sdl. I voli di Alitalia-Air One, invece, non partiranno lunedì 25 (24 ore dalla mezzanotte) per la mobilitazione indetta dai piloti e dagli assistenti di volo della compagnia aderenti a Filt Cgil, Ipa e Avia.
SCUOLA Per la scuola proteste in vista nei primi 15 giorni del mese. L'8 ottobre incroceranno le braccia i lavoratori del Comparto Scuola aderenti agli Unicobas per l'intera giornata. Lo stesso giorno si fermano anche i dipendenti del Comparto Scuola aderenti a Usi Ait Scuola (tutto il giorno). Infine anche il personale docente, educativo, ata (amministrativi e non docenti) e dirigente scolastico del ministero dell'Istruzione aderente a Flc Cgil protesterà l'8 ottobre. Il 13 ottobre fermo il personale co.co.co assimilato ata del ministero dell'Istruzione aderente a Felsa Cisl, Nidil Cgil, e Uil Cpo per l'intera giornata. E il 15 ottobre stop per i lavoratori del comparto scuola del ministero aderenti ai Cobas.
L'8 ottobre, infine, incroceranno le braccia anche i lavoratori degli Istituti di vigilanza privata.
    
 
LA NUOVA SARDEGNA 
 
5 - La Nuova Sardegna / Pagina 2 - Cagliari
«La situazione è grave ma i corsi iniziano» 
Lettera aperta dei presidi alle famiglie e agli studenti: «L’offerta sarà limitata» 
CAGLIARI. La situazione universitaria è disastrosa. I presidi delle facoltà cagliaritane citano le parole del presidente Giorgio Napolitano, che sottolinea l’esigenza di investire nella formazione, per sottolineare la gravità della situazione. Da qui la lettera aperta spedita ai familiari e agli studenti. «È necessario - si legge nella missiva - che le famiglie sappiano che stiamo iniziando un nuovo anno accademico in una condizione difficilissima. Da alcuni anni l’università viene sistematicamente ridimensionata, i tagli di risorse a cui è sottoposta raggiungeranno nel 2011 il 20 per cento rispetto ai finanziamenti erogati nel 2008, già allora sottostimati rispetto alla media europea». L’alta formazione in Italia è sotto-finanziata in un modo drammatico. I presidi precisano che «siamo il paese che investe in questo campo solo un imbarazzante 0,8 per cento del pil, contro quasi il doppio della media europea».
La lettera prosegue raccontando le difficoltà in cui si trovano gli operatori della scuole e dell’università, vittime di tagli continui. Infatti «per ogni dieci docenti che vanno in pensione possiamo bandire al massimo cinque nuovi posti, in un momento nel quale, per ragioni anagrafiche, in pochi anni si concentrano pensionamenti per oltre il 30 per cento del personale». Inoltre in «questa università depauperata, ai cui dipendenti (e in particolare ai giovani ricercatori) si applicano tagli di stipendio che sono in proporzione più drastici che per qualsiasi altra categoria del Paese». In più: «Si nega poi ogni prospettiva proprio ai più giovani (...) i ricercatori appunto, che in questi anni, con il loro impegno non dovuto nella didattica, hanno contribuito a garantire il funzionamento dell’alta formazione in Italia». Per questo motivo «molti di loro hanno dunque ritirato la disponibilità a coprire corsi, con un indubbio impoverimento della qualità del servizio che offriamo agli studenti: alcuni corsi di laurea in questo anno accademico sono stati soppressi. Malgrado questo, l’università di Cagliari» ha scelto ugualmente di aprire l’anno accademico «perché ha messo al primo posto la salvaguardia del diritto allo studio». (r.p.)
 
 
6 - La Nuova Sardegna / Pagina 14 - Attualità
No alla riforma I ricercatori fermano l’avvio delle lezioni 
Si moltiplicano le adesioni alla protesta. Stop da Firenze a Roma, da Pisa a Cosenza 
ROMA. L’anno accademico 2010-2011 inizia con le aule vuote: niente lezioni in più di 40 atenei. Le ultime in ordine di tempo sono state Architettura a Roma Tre, Scienze politiche a Cosenza e Psicologia a Firenze: è una lista che si allunga di ora in ora quella delle facoltà che hanno rinviato l’inizio dei corsi a causa del blocco della didattica da parte dei ricercatori. E in molti casi non si è trattato di un mero «prendere atto» di una situazione, ma di una presa di posizione a «sostegno delle rivendicazioni di ricercatori».
Da Firenze a Bari, da Cosenza a Sassari, da Cagliari a Napoli, da Bologna a Pisa, da Potenza a Perugia: l’intero sistema universitario è paralizzato dalla protesta dei ricercatori contro la riforma Gelmini. E la cosa non dovrebbe stupire se si pensa che «i ricercatori coprono il 40% della didattica in tutta Italia», come spiega Marco Merafina, coordinatore del Cnru (Coordinamento nazionale ricercatori universitari) che avverte: «Il nostro non è uno “sciopero”. Ci stiamo solo attenendo a ciò che il nostro statuto giuridico impone perchè non è possibile che ci venga chiesto di svolgere un ruolo che poi non ci viene riconosciuto. Insomma prendiamo atto che nel ddl non viene riconosciuto il nostro ruolo docente e allora facciamo un passo indietro. Noi per legge “possiamo” fare didattica, ma non “dobbiamo”».
I ricercatori a tempo indeterminato chiedono prima di tutto «il riconoscimento del nostro stato giuridico - spiega ancora Merafina - e come Cnru abbiamo sollecitato un emendamento al decreto che includa la nostra proposta “a costo zero” di soluzione del problema attraverso l’inquadramento alla seconda fascia docente per tutti quei ricercatori che hanno fatto didattica certificata dalle facoltà per almeno sei anni e che mostrano di essere attivi nella ricerca secondo requisiti pre stabiliti. E con questi titoli ce ne sono almeno 15 o 16.000».
Le richieste dei ricercatori passano poi alla cancellazione dei tagli «perchè così le Università rischiano di chiudere i battenti», un meccanismo di recupero del blocco degli scatti di stipendio, una «norma per salvaguardare i ricercatori con 40 anni di servizio».
Una protesta, quella dei ricercatori, che in molti casi vede solidali presidi, consigli di facoltà e senati accademici. Il senato accademico dell’università di Cagliari, ad esempio, sottolinea «la gravità del progressivo disimpegno dello Stato nell’alta formazione». Sulla stessa linea il preside di Scienze politiche dell’università della Calabria, Guerino D’Ignazio: «La cosiddetta “riforma Gelmini” - dice - tende a indebolire il carattere pubblico dell’alta formazione, mortifica il ruolo dei docenti e, in particolare, dei ricercatori». Il consiglio di facoltà di Ingegneria a Bologna esprime poi «convinto sostegno alle legittime richieste dei ricercatori». E anche il preside di Ingegneria di Reggio Calabria in una lettera agli studenti parla di «condivisione dei motivi della protesta».
Monica Viviani 
 
 
7 - La Nuova Sardegna / Pagina 14 - Attualità
La lettera aperta alle famiglie degli studenti 
«Noi da soli garantiamo il 40% della didattica» 
ROMA. I ricercatori universitari a tempo indeterminato in Italia sono 25.683, coprono il 40% della didattica universitaria, molti guadagnano 1.250 euro al mese, si sono visti bloccare gli scatti di anzianità e ora per effetto del decreto Gelmini rischiano di rimanere ricercatori a vita. In una lettera aperta ai genitori e alle famiglie scritta nei giorni scorsi dal Coordinamento nazionale ricercatori universitari (Cnru) spiegano i perché della loro protesta. E così si scopre che i continui tagli al finanziamento dell’università li hanno visti sacrificarsi negli anni «svolgendo un compito che permettesse di mantenere la qualità e la quantità dell’offerta formativa». Questo significa che «molti tra quelli che chiamate “professori” non sono dei veri professori ma ricercatori, gente che per dovere deve fare ricerca e non insegnare» perchè «solo facendo ricerca e pubblicandola un ricercatore può incrementare il suo punteggio, fare carriera e diventare di ruolo». Mentre «la didattica non è utile per progredire nella carriera». Nonostante questo, lo hanno sempre fatto sperando prima o poi in un riconoscimento che neppure stavolta è arrivato. (m.v.).
 
 
8 - La Nuova Sardegna /
Pagina 22 - Sassari
LETTERE E FILOSOFIA
Incontro con Marrocu
La Libreria Internazionale Koinè e L’associazione culturale Coilibrì, in collaborazione con la facoltà di Lettere e filosofia organizzano per martedì 5 ottobre l’incontro con Luciano Marrocu, docente di Storia Contemporanea all’Università di Cagliari e autore del thriller “Il caso del croato morto ucciso” (Baldini e Castoldi). La presentazione si svolgerà a partire dalle ore 18 nell’aula Umanistica della facoltà in via Zanfarino. Insieme all’autore interverranno Aldo Morace, preside della facoltà, e Alessio Giannanti, docente nella facoltà di Lettere e filosofia.


9 - La Nuova Sardegna / Pagina 39 - Cultura e Spettacoli
«Guardiamo al futuro Insieme alla tradizione le nuove tecnologie» 
«Un rapporto con Università ed enti locali per mettere a disposizione del Nord Sardegna un polo di formazione d’eccellenza» 
COSTANTINO COSSU 
Antonio Bisaccia è il nuovo direttore dell’Accademia di Belle Arti di Sassari. E’ stato eletto dal Consiglio accademico con una maggioranza dell’ottanta per cento. Succede a Nicola Maria Martino. Saggista di formazione letteraria, Bisaccia si occupa dei rapporti tra cinema, arti e nuove tecnologie della comunicazione. Insegna Teorie e metodo dei mass-media e Culture digitali. Tra i suoi libri, «Effetto Snow: teoria e prassi della comunicazione artistica in Michael Snow» (Costa & Nolan) e «Punctum fluens: comunicazione estetica tra arte e cinema nelle avanguardie» (Meltemi).
Bisaccia insegna in Sardegna da più di un decennio. «In questi anni - dice - ho capito che è un privilegio lavorare in quest’isola, dove il senso del possibile si sposa con una cultura tra le più intriganti. In più, essendo siciliano, sono naturalmente abitato dal senso dell’isola. E poi in Sardegna ho conosciuto Germana, mia moglie, che purtroppo è recentemente scomparsa. Ho deciso di rimanere qui e di dedicare a lei il lavoro di questa nuova direzione».
- Le Accademie, così come i Conservatori, devono fare i conti con una riforma, quella del 1999, che non sembra aver funzionato al meglio...
«Il fatto è che la riforma è una scatola ancora vuota, uno uno scheletro da rimpolpare. I regolamenti sono ancora latitanti, anche se sugli ordinamenti didattici qualcosa s’è fatto. L’impianto generale è apprezzabile, ma molte cose sono state tralasciate con troppa leggerezza. In ogni caso, più che additare colpevoli per questa situazione purgatoriale, penso sia meglio cercare soluzioni possibili. L’Accademia, per sua natura, guarda al passato come fonte di conoscenza. Ma imparare dal passato non vuol dire conservare. Due parole dovrebbero essere fondamentali per la vita di qualsiasi Accademia: ricerca e produzione. Se ricerca e produzione artistica vanno a braccetto, quel luogo può essere chiamato Accademia. Purtroppo, invece, notiamo spesso la dirompente conversione alla “maniera”, che è il modo per uccidere le Accademie».
- Recentemente il Comune di Cagliari, con un testo congiunto maggioranza e opposizione ha deliberato la richiesta di una succursale dell’Accademia nel capoluogo regionale. Lei è a conoscenza della cosa, immagino...
«Non posso che essere d’accordo con lo sviluppo di un sistema-accademia in Sardegna, che non necessariamente deve passare per Cagliari, pur non escludendola. La strada intrapresa, da qualche anno, dagli enti locali sassaresi è quella di dar vita ad un forte polo artistico-culturale, in sinergia con Università e Conservatorio, che dovrebbe avere il suo dato visibile soprattutto negli spazi del restaurato ex-Mattatoio, del Museo dell’arte del Novecento e del contemporaneo al Carmelo e del Museo Masedu. Questa linea, che affianca la nostra idea di un Politecnico delle arti, è senz’altro condivisibile: il Nord Sardegna come polo di attrazione per l’area dell’alta formazione artistica e musicale. Arrivando al punto, sono a conoscenza della nuova delibera del Comune di Cagliari, ma non ne conosco i dettagli. Ovvero, non so se il Comune abbia intenzione di aprire una Accademia comunale o se abbia intenzione di attivarsi per avere un’Accademia statale. Nel primo caso, noi nulla possiamo fare. Nel secondo caso, nulla il Comune di Cagliari potrà fare, a termini di legge, se non passando attraverso l’Accademia di Sassari. E, formalmente, l’Accademia di Sassari non ha ricevuto alcun cenno».
- Quali sono i rapporti con le istituzioni culturali e politiche del territorio?
«I rapporti con l’Università sono ancora in fase di costruzione. Qualche tentativo sporadico è stato fatto in passato e con successo. Si tratta, adesso, di attivare una fase progettuale strutturata per consentire a al Nord Sardegna di costruire esperienze inedite e stimolanti. Per ciò che riguarda gli enti locali, abbiamo la fortuna di avere in concessione dalla Provincia l’edificio dove siamo ospitati. Insufficiente, ma un’ottima sede dalla quale iniziare. Con il Comune abbiamo avviato, e lo faremo in modo anche qui più strutturato, rapporti di collaborazione culturale. Il nodo rimane quello della Regione. Bisogna stabilire contatti per consentire alla Regione di rendersi conto dell’importanza strategica, in relazione ai saperi sull’arte e alla produzione dell’arte, dell’unica Accademia della Sardegna».
- Quali gli obiettivi del nuovo corso?
«Il viaggio che l’Accademia di Belle Arti sta per intraprendere avrà una spinta consistente verso la sperimentazione e l’internazionalizzazione. Se posso sintetizzare le circa cinquanta pagine di programma che mi hanno portato all’elezione, direi che l’Accademia di Sassari avrà sempre più un atteggiamento “glocal”. Non il territorio come feticcio, ma come strumento per focalizzare le inquadrature di altri spazi e di altre rappresentazioni del mondo. La direzione da intraprendere è racchiusa nella formula che apre la home page del nostro sito on line (www.hdemiass.org): arte, tradizione e nuove tecnologie. Lavoreremo per un’integrazione, sinora mai davvero raggiunta, con tutte quelle istituzioni (in primo luogo Università, Comune e Provincia) che hanno voglia di far crescere l’Accademia come unica realtà, in tutta la Sardegna, di alta formazione artistica. Un patrimonio dell’intera collettività regionale».
 
 

 

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