Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 August 2010
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

 
1 – L’Unione Sarda
Gallura – pagina 34
golfo aranci
In due mesi avvistati 112 cetacei
 
Oltre quattrocento avvistamenti, di cui 112 solo nelle acque del nord Sardegna. Sono questi i risultati ottenuti nei primi due mesi di monitoraggio della presenza di cetacei nel mar Tirreno eseguito con il coordinamento di Ispra. Agli studi partecipano attivamente la Fondazione CIMA, Accademia del Leviatano, le Università di Genova e Pisa, che utilizzano come piattaforme di osservazione i traghetti della Corsica Sardinia Ferries. Le rotte oggetto di studio sono quelle di Savona-Bastia, nel mar Ligure, Livorno-Bastia, e la tratta Civitavecchia-Golfo Aranci, ovvero il tratto di mare conosciuto come il Santuario dei cetacei. In particolar modo, gli studi sulla rotta per Golfo Aranci hanno riscontrato un aumento di presenze e una maggiore varietà di specie rispetto al 2007. Tra i vari avvistamenti, da evidenziare il caso di un capodoglio e la nascita di tre cuccioli, due di balenottera e uno di stenella, che hanno trovato nelle acque del nord Sardegna le condizioni ideali in cui vivere.( c.i. )
 
2 – L’Unione Sarda
Estate – pagina 9
Oxford English Dictionary, l’elettronico soppianterà il cartaceo? A rischio la terza edizione
 
Se la contrapposizione tra libri elettronici e cartacei si delinea sempre più come una convivenza pacifica, altrettanto non si può dire per i dizionari, che a breve potrebbero essere soppiantati dalle versioni online. Un segnale di questo trend arriva dal prestigioso Oxford English Dictionary, la cui terza edizione rischia di non vedere mai la luce in una versione stampata. «Il mercato dei dizionari cartacei sta semplicemente scomparendo», ha detto Nigel Portwood, amministratore delegato della Oxford University Press che produce il dizionario di lingua inglese, in un’intervista al Sunday Times. «Non credo che la terza edizione sarà stampata».
L’attuale edizione del dizionario storico della lingua inglese antica e moderna, pubblicata nel 1989 su venti volumi, è in internet da più di una decade e riceve due milioni di visite al mese dagli abbonati, che per accedervi pagano 240 sterline l’anno.
 
3 – L’Unione Sarda
Estate - Pagina 5
Sergey Brin e Larry Page: i signori di Google in un film
 
Dopo “The social network”, il film di David Fincher sulla nascita di Facebook che esce in autunno in Usa, arriva anche un film su Google. Il blog del sito Deadline riferisce infatti che i diritti del libro di Ken Auletta intitolato “Googled: The End of the World As We Know It” (“Googled: la fine del mondo come la conosciamo noi”) sono stati acquistati dal produttore John Morris per ricavarne un film sui fondatori di Google Sergey Brin e Larry Page. I due, attualmente miliardari, fondarono la società quando erano ancora studenti alla Stanford University. Ma nonostante alcune superficiali affinità con la storia di Facebook, creato da Mark Zuckerberg insieme ad alcuni amici durante il loro primo anno ad Harvard, i principi che hanno guidato le due compagnie sono molto diversi.
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
L’INTERVENTO 
Il valore del lavoro non svilito dal profitto 
ANTONIETTA MAZZETTE 
 
Gli operai della Vinyls dagli inizi dell’anno resistono nell’ex carcere dell’Asinara. Da quest’isola - parco che resiste ai tentativi di trasformarlo in macchina banale del turismo - scrivono, rilasciano interviste e vanno ovunque ritengano di poter dar conto delle buone ragioni che li hanno spinti ad auto-segregarsi. Ragioni che riguardano non solo il diritto al lavoro, ma il bisogno che ha l’Italia di conservare un settore strategico qual è la chimica.
 Il movimento dei pastori sardi protesta per la scarsa considerazione che ha il loro lavoro, basilare non solo per l’identità storica della Sardegna ma per il Paese intero. Un duro lavoro che viene pagato una manciata di centesimi da imprenditori che hanno il monopolio dei prezzi. Per difendere la loro dignità di lavoratori, hanno occupato le cronache agostane, bloccando strade e aeroporti, manifestando ovunque la loro voce potesse giungere a destinazione, ossia nelle sedi di governo. Anche i lidi plastificati dei ricchi sono diventati per questi pastori come per gli operai della Vinyls, un palcoscenico da cui rivendicare i loro diritti offesi.
 Un ottantenne di Capo Malfatano resiste alle lusinghe di chi di soldi ne ha proprio tanti e vorrebbe farne tanti altri ancora costruendo ad appena trecento metri dal mare di Teulada. Questo vecchio si rifiuta di vendere la sua terra a chi la vorrebbe trasformare in un albergo con troppe stelle - come ha detto Giorgio Todde - e respinge le ingannevoli sirene del turismo che vuole distruggerne la naturale vocazione agricola.
 Tre storie sociali tanto diverse per protagonisti, luoghi e contenuti, eppure così vicine tra loro per le finalità comuni. Vediamone alcune.
 Innanzitutto, in tutte c’è l’idea che il valore del lavoro non può essere svilito da logiche predatorie di profitto indiscriminato. Mi rendo conto che questa affermazione appare a dir poco ingenua, nel momento in cui un ministro della Repubblica racconta al meeting di Rimini (senza peraltro suscitare la benché minima reazione dei presenti) che i diritti di sicurezza sono un lusso che non possiamo più permetterci, che equivale a dire che le ragioni finanziarie sono più importanti della vita umana.
 In secondo luogo, in queste storie c’è un’idea di territorio che sfugge alle logiche diffuse secondo cui il territorio vale se è trasformabile in metri cubi da costruire; pratica che nel nostro Paese non è considerata un disvalore neppure quando riguarda il mai debellato fenomeno dell’abusivismo edilizio.
 In terzo luogo, gli operai, i pastori e il vecchio di Teulada stanno cercando di dirci che si può costruire uno sviluppo diverso facendo chimica pulita, producendo latte e formaggi, coltivando la terra. Attività lavorative e professionalità che rinviano a modalità di vita più eque ed eco-compatibili e, soprattutto, più durevoli rispetto ad un turismo inteso come volumetria e privatizzazione della bellezza, a partire dal paesaggio che ricordiamo essere “memoria di un popolo” quando non c’è più.
 Rispetto a questa idea - alternativa al pensiero dilagante secondo cui fare denaro senza sacrificio e possibilmente esentasse è la vera arma del successo -, dove si colloca la politica di chi ci governa? In buona misura è distratta da altro, dalle case a Montecarlo alle elezioni anticipate se non passa il processo breve, dagli incontri per i rimpasti al toto nomine degli assessori politici non più tecnici, tranne quelli che di territorio se ne intendono e sanno come sfruttarlo al massimo. Oppure blatera di incontri con l’Eni e di decisioni imminenti con il ministro all’Agricoltura senza uno straccio di progetto, mentre tace sulla scelta scellerata di un sindaco che ritiene che il paesaggio possa essere trasformato in un albergo di lusso per pochi ricchi. I pastori e gli operai possono sempre andarci a fare i camerieri, mentre l’ottantenne - beh - è ora che vada in pensione.
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 7 - Sardegna
Classifica amara, sempre più in coda 
Indagine economica del «Sole-24 Ore», l’isola sull’orlo del baratro 
Prestazioni negative in sette delle otto macroaree tematiche 
GIUSEPPE CENTORE 
 
 CAGLIARI. Lazio medaglia d’oro, Sardegna maglia nera. L’ultima ricerca, del Centro Studi Sintesi in collaborazione con il quotidiano “Sole-24 Ore”, dedicata allo stato dell’economia e dei servizi del paese, condanna l’isola all’ultimo posto tra tutte le regioni.
 Una bocciatura grave, legata al fatto che la Sardegna è l’unica delle regioni, secondo la ricerca che ha la maggior parte degli indicatori (ne sono stati presi per la ricerca oltre 40) economici e di mercato negativi, ben al di sotto la media nazionale. Per rendere più accattivante la lettura della sintesi dello studio, i ricercatori hanno diviso tutti gli indicatori in otto macroaree: ambiente, credito, demografia e famiglia, dinamiche economiche, governance regionale, istruzione, mercato del lavoro e salute e hanno comparato i dati del 2000 con quelli del 2010. Alle regioni più meritevoli sopra la media per ciascuna macroarea, è stata assegnata una virtuale medaglia d’oro, che via via si riduce di pregio, sino alla medaglia di “legno”, formula ispirata dal rugby.
 Ecco, noi peschiamo a piene mani solo tra queste ultime. Ci salviamo, si fa per dire, nel credito e nell’ambiente, dove pur rimandendo sotto la media nazionale abbiamo dato segni di leggera tenuta. Per il resto solo valori molto negativi come risultano dai valori incrociati del Pil (prodotto interno lordo) del tasso di occupazione, dei depositi bancari delle famiglie, della spesa mensile delle stesse e del reddito procapite disponibile, degli investimenti fissi lordi, dei prestiti bancari per impresa, dell’export, della povertà relativa e dell’indice di vecchiaia. Nessuno di questi dati, al netto dell’inflazione, è positivo.
 Gli ottimisti a oltranza potrebbero obiettare che le difficoltà dell’isola sono le stesse che attanagliano l’intero Mezzogiorno, ma i loro dubbi assomigliano a un disco rotto. Non è più così. Anche il sud ormai cresce a macchia di leopardo, con intere aree dentro alle Regioni o Regioni, come la Basilicata, che danno inaspettati segnali di ripresa, avvicinandosi alle inarrivabili, per noi, Regioni del centro come Abruzzo e Molise. Le altre, da Toscana in su, fanno parte di una altra Italia, quella dei servizi, dell’istruzione che funziona, del lavoro, che anche se si riduce con percentuali a due cifre mantiene uniti i territori. Il dramma, e la ricerca lo illustra in dettaglio con dovizia di particolari, è che in questo decennio è stato avviato un processo di responsabilizzazione delle Regioni, sia con l’avvio delle riforme introdotte dalla Bassanini, che con il trasferimento di risorse e competenze dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario, che ha svuotato, per incapacità e non per volontà politica, le peculiarità delle regioni, meridionali, a statuto speciale. Tre macroaree illustrano al meglio questo processo: lavoro, istruzione ed economia.
 Il lavoro è la macroarea con il dato più impressionante. Fatta 100 la media nazionale, nel decennio l’isola è ferma a 69,1, un dato più alto di Calabria, Campania e Sicilia, che hanno però incrementato dal 15 al 24 per cento il loro punteggio. Ci superano, con incrementi notevoli, Molise, Basilicata e Puglia, mentre corsa solitaria, anche nell’istruzione e nella salute, la fa la Liguria. Trentino, Emilia e Veneto continuano ad avere i dati migliori (30 per cento opra la media nazionale), e questo nonostante la crisi abbia frenato, anche di un decimo gli indicatori dell’occupazione.
 Discorso analogo per l’istruzione. Siamo sei punti sotto la media nazionale; chi sta peggio di noi compie passi in avanti, noi indietreggiamo, lasciando a Basilicata, Trentino e soprattutto Liguria il primato. Infine l’economia globalmente intesa; anche qui applichiamo la politica del gambero. L’unica macroarea dove sono stati compiuti progressi invece è l’ambiente, anche se navighiamo ancora nei quarti inferiori della classifica.
 La conclusione della ricerca è desolante: non basta essere Regioni a Statuto speciale se poi manca quello che il centro studi Sintesi definisce «terreno fertile capace di far fruttare l’iniezione di risorse e poteri che giungono dallo Stato». Se poi l’iniezione di poteri e risorse risulta inadeguata, come in questi anni, allora il fallimento del sistema Sardegna risulta essere dietro l’angolo.
 A questa ipotesi non crede naturalmente il presidente della giunta Cappellacci che intervendo a commento della ricerca, delimita le sue dirette responsabilità agli ultimi dodici mesi «i dati certificano ancora una volta il quadro economico e sociale che abbiamo ereditato all’inizio del nostro mandato» e ritiene di essersi impegnato «su tutti i fronti e al fianco non solo politicamente, ma anche fisicamente e in piazza, di chi ha sofferto le conseguenze della crisi. Sul tavolo della Giunta sono passate centinaia di emergenze e possiamo dire di non aver lasciato nessuno a casa». Cappellacci annuncia che nella “fase 2” di questa legislatura, quella che nascerà dall’imminente rimpasto, «sarà dedicato più spazio alla realizzazione di un nuovo sistema economico e sociale, alternativo a quello attuale». Le parole d’ordine del presidente della Regione saranno “rottura degli schemi del passato”, “superamento dei problemi atavici della nostra isola”, “soluzioni finalizzate a creare nuova impresa e nuove fonti di occupazione”. Per ottenere questo risultato Cappellacci conta «di trovare la necessaria compattezza della coalizione di governo», ed è pronto ad ricerca di una condivisione ampia, che valichi gli stessi confini della maggioranza e che coinvolga anche le parti sociali.
 «L’avvio della nuova fase - ha concluso Cappellacci - sarà accompagnato da momenti autentici di dialogo, durante i quali chi vorrà dare un contributo positivo sarà sicuramente messo nelle condizioni di farlo». Basteranno queste buone intenzioni a invertire la rotta?
 
Pagina 7 - Sardegna
L’economista Antonio Sassu 
«Noi arranchiamo e altri ci superano» 
 
CAGLIARI. «Il problema non sono le risorse o le competenze, ma le classi dirigenti. Le nostre globalmente intese, in questo decennio non hanno utilizzato gli strumenti a disposizione come dovevano. Qui nascono le ragioni e i fattori della crisi, non altrove». Il giudizio di Antonio Sassu (nella foto) è netto, così come il suo pessimismo sull’immediato futuro. Sassu, ex assessore alla Programmazione nella prima giunta Palomba, già presidente del Banco di Sardegna, è ordinario di politica economica alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Cagliari. Nel prossimo anno le sue lezioni riguarderanno la politica economica europea. Sassu immagina le Regioni in fondo alla classifica come atleti di una gara di mezzofondo. «La Basilicata parte da una situzione più svantaggiata, ma utilizzando gli stessi strumenti delle Regioni più progredite, corre più veloce, e riduce la distanza verso la testa del gruppo. Quella Regione insegue il gruppo, noi ci attardiamo affaticati». La metafora sportiva prosegue. «Dobbiamo guadagnare tempo, prendere fiato e lentamente risalire la china; sforzi violenti o decelerate improvvise ci danneggiano». La storia, i conti, e persino la demografia non ci aiutano. «Siamo pochi, con una classe dirigente che tende e riposizionarsi e non a mutar pelle. Quando son cessate le immissioni di denaro provenienti dalla vecchia Cassa per il Mezzogiorno, la Sardegna si è impoverita, e la conseguenza si è avuta con il progressivo allargamento del gap tra Sardegna e Italia». Il federalismo fiscale favorirà la ricomposizione tra aree povere e quelle più forti? «Ma quando mai! Questo federalismo favorisce i più ricchi, e noi, oltre a essere dall’altra parte della barricata siamo pochi, 1,6 milioni. Rischiamo di essere le vittime di questo sistema. A meno che la nostra classe politica non faccia un autentico miracolo».(g.cen.)
 
Pagina 7 - Sardegna
«Stimoli alla domanda e riforme» 
La ricetta del presidente di Confindustria Putzu 
«Inutile tergiversare in chiarimenti politici e rilanci salvifici» 
 
CAGLIARI. Il presidente di Confindustria, Massimo Putzu, parla di “decennio perduto”, e ammonisce lo stesso presidente della giunta Cappellacci. «Se continuiamo a tergiversare in attesa di non meglio precisati chiarimenti politici e di rilanci nell’azione di governo salvifici rischiamo che la crisi appena trascorsa non sia che un assaggio di ciò che ci aspetta nei prossimi mesi».
 L’indagine del Sole-24 Ore ricorda a tutti, continua il massimo responsabile della associazione degli industriali dell’isola, che i rischi e le debolezze che caratterizzano la Sardegna «sono alla base della durezza con la quale la crisi finanziaria globale del 2007-2008 ci ha colpito. Nella pausa estiva abbiamo vissuto in uno stato di sospensione nel si è parlato molto di assetti politici e poco di economia. Se dovesse perdurare questo stato di inattività - continua Putzu - potremmo essere travolti dalle scosse di assestamento della crisi che si stanno profilando all’orizzonte e che fanno ritenere assai probabile una nuova battuta d’arresto, con il prolungarsi di deflazione e stagnazione».
 Putzu elenca gli interventi necessari a sostenere la crescita nel breve e nel medio periodo: riduzione dell’indebitamento e chiusura della vertenza entrate con attuazione degli accordi Stato-Regione, sul Patto di Stabilità; controllo della dinamica della spesa pubblica, specie della sanitaria, e taglio alla spesa inefficiente; recupero delle risorse FAS 2000-2006 nell’ambito della riprogrammazione prevista a livello nazionale e piena attivazione di quelle 2007-2013; accelerazione della spendita delle risorse comunitarie; avvio delle infrastrutture strategiche e del piano infrastrutture regionali; riduzione dei tempi dei pagamenti della pubblica amministrazione; presentazione di un piano straordinario per l’istruzione e la formazione; presentazione dei ddl su istruzione e semplificazione, previsti nel primo trimestre 2010; sostegno alla ricerca e innovazione industriale e alla green economy; sviluppo di un’industria turistica moderna».
 Sono decisioni da attuare subito, non nel 2011, dice Putzu, «affiancando gli interventi di sostegno a suo tempo previsti con veri e propri piani di stimolo sul fronte della domanda, mettendo rapidamente a disposizione del sistema tutte le risorse disponibili. Ecco perché le problematiche legate a entrate, patto di stabilità, fondi per le aree sottosviluppate, ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione e infrastrutture vanno risolte subito e non il prossimo anno».
 Allo stesso modo vanno dispiegati, conclude Putzu tutti gli sforzi necessari per evitare il tracollo definitivo del sistema industriale, a cui vanno affiancati interventi più strutturali per superare il ritardo vergognoso nell’istruzione.(g.cen.)

Questionnaire and social

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