Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
31 May 2010
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 11
Dopo la morte di un giovane
Emicrania o cefalea? Come riconoscerli e quando allarmarsi
 
«Dottore ho un'emicrania: mi può venire un aneurisma?». Nei giorni scorsi i medici del Centro per lo studio e la terapia delle cefalee primarie del dipartimento di Neuroscienze dell'Università se lo sono sentiti chiedere da decine di persone. Pazienti preoccupati dopo aver letto sui giornali la storia di Alessandro Perra, il trentanovenne di Pirri morto il 24 maggio scorso a causa di un aneurisma cerebrale. Tre giorni prima Perra aveva accusato un forte mal di testa e si era presentato al pronto soccorso del San Giovanni di Dio, dove gli era stato assegnato un codice verde. Rientrato a casa prima di essere visitato, il giorno dopo era stato ricoverato d'urgenza al Brotzu, dove era morto dopo due giorni di coma.
Secondo la tesi dei familiari i sanitari non avrebbero riconosciuto la gravità del caso; a giudizio dei medici del pronto soccorso il ragazzo sarebbe andato via senza attendere la visita.
Ma ai sofferenti di mal di testa, soprattutto quelli in cura, non è questo che interessa: vogliono sapere quando devono preoccuparsi o quando no. «Quel che è certo è che il ragazzo non poteva avere un'emicrania, come qualcuno ha scritto, ma probabilmente una forma di cefalea», spiega Maria Del Zompo, farmacologa responsabile del centro per lo studio e la terapia delle cefalee primarie dell'Università.
Del Zompo ci tiene a chiarire la differenza tra i due mal di testa: «L'emicrania ha una diagnosi benigna e non ha altre conseguenze», sottolinea. «Significa che è una patologia disabilitante, che crea problemi sull'attività sociale e lavorativa ma non degenera. La cefalea è un sintomo di altre malattie neurologiche».
Come riconoscerle? «Ci sono esami e test da fare e c'è da seguire un percorso diagnostico. Ma, sia chiaro, ognuno di noi può riconoscere a grandi linee la gravità di un disturbo e valutare se è il caso di rivolgersi prima al proprio medico di famiglia e poi, eventualmente, al pronto soccorso o a uno specialista».
Vero è che l'emicrania, che si manifesta nel 10.-15% della popolazione e nel 5% dei bambini, è un disturbo poco diagnosticato.
I sintomi sono molto caratteristici e da soli permettono la diagnosi. Il dolore è pulsante e spesso (ma non sempre) localizzato in un lato della testa, qualche volta è cervicale. Può talvolta essere preceduto da cambiamenti dell'umore, aumento dell'appetito in particolare per i dolci, o sete, disturbi visivi o della sensibilità con formicolii.
 
2 – L’Unione Sarda
Cultura Pagina 42
A Barumini la Reggia del restauro
Al via la scuola internazionale dedicata allo scavo archeologico e al recupero dei reperti
 
Èun'autentica festa quella che ha salutato l'inaugurazione della scuola internazionale di restauro e scavo archeologico. La struttura del centro storico di oltre mille metri quadrati sarà un centro di eccellenza nel settore didattico e scientifico. «È importante questo nuovo percorso intrapreso da Barumini, che ha scommesso sulla cultura con la Fondazione creando la più grande azienda sarda del settore con 63 dipendenti. I corsi di formazione e specializzazione per gli studenti nell'unico sito Unesco isolano porteranno ulteriori benefici economici all'intera comunità» esordisce il sindaco Emanuele Lilliu.
Una scuola di alta formazione nata per volontà e unità d'intenti tra varie istituzioni, come sottolinea l 96enne Accademico dei Lincei Giovanni Lilliu, baruminese e scopritore de Su Nuraxi: «Un'iniziativa prestigiosa che si aggiunge ad altre. Qui troveranno sistemazione i tanti reperti da restaurare provenienti dalla meravigliosa avventura della scoperta del nuraghe, che saranno poi esposti nel museo archeologico». Scuola che sarà anche un'attrazione per il turista, in cui si potrà vivere l'emozione diretta del restauro degli oggetti millenari. «Barumini rappresenta l'onore della Sardegna con i suoi beni archeologici, e noi lavoreremo insieme per valorizzare al meglio la scuola» annuncia Marco Edoardo Minoja, soprintendente ai beni archeologici di Cagliari e Oristano.
Claudio Ricci, sindaco di Assisi e presidente dei siti italiani dell'Unesco, aggiunge: «Sarà una scuola di rilievo regionale ma anche nazionale, e gli oggetti restaurati potranno essere presi ad esempio da altre realtà e da altre scuole». Un particolare elogio arriva da Francesco Cillocu, dirigente dell'assessorato regionale Enti Locali, ai «piccoli Comuni che possiedono grandi strutture per ospitare grandi scuole come questa». Ora si attendono i docenti dell'Università di Cagliari e altri prestigiosi atenei italiani, che insegneranno agli studenti la ricerca, lo scavo archeologico e il restauro nelle aule della scuola-laboratorio. Allo stage parteciperanno i laureati in materie del gruppo umanistico e del gruppo architettura compresa la laurea triennale. Gli studenti verranno coinvolti negli scavi dei siti ancora da scoprire e valorizzare: 31 luoghi più o meno estesi dall'epoca neolitica all'età nuragica, 5 resti dell'età punica e 35 mostrano i segni della presenza romana-altomedioevale. Il conseguimento del master dà crediti universitari agli studenti - non più di venti per ogni corso che avrà la durata di seicento ore - e la partecipazione è gratuita. La Regione, con l'assessore ai Beni Culturali Maria Lucia Baire, sostiene il progetto: «Qui si è svolto uno sviluppo tematico, un percorso culturale che ha un'importanza fondamentale. Perciò è una necessità formare i giovani nei beni culturali. E noi saremmo presenti». Un'ulteriore opportunità per il paese della Marmilla divenuto famoso nel mondo per la Reggia che dal 1997 è Patrimonio Mondiale dell'Umanità.
CARLO FADDA
 
3 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 13
Come gli stadi hanno cambiato l'hooligan
Calcio. L'analisi del tifo inglese e scozzese nella tesi di laurea di un universitario cagliaritano
 
L'etimologia di una parola, a volte, spiega tante cose. Ad esempio il termine fan, abbreviazione di fanatico, deriva dal latino fanum, tempio. Come dire che il tifoso ha la divinità dentro di sé, quasi fosse indemoniato. Non a caso, gli stadi vengono chiamati templi del calcio. Il tifo, poi, ha lo stesso nome di una malattia, e in qualche caso lo è davvero.
IL LINGUAGGIO L'aggressività, ma anche la creatività dei tifosi britannici, sono state al centro di una tavola rotonda promossa dall'Associazione Italia-Inghilterra. Lo spunto è stato offerto da Daniele Vidili, autore di una tesi di laurea sull'Old Firm Derby di Glasgow: un incontro particolare, nel quale i tifosi del Celtic e dei Rangers si affrontano anche fuori dal campo. Cori e canzoni, spesso razziste, rivelano un'inimicizia che ha origini lontane: «Differenze religiose e politiche, con riferimenti storici che niente hanno a che fare con lo sport», spiega Vidili. «Nella mentalità ultras non c'è più l'io, ma solo il noi», ha aggiunto lo studioso di Estetica Luca Vargiu. «Il senso di appartenenza, basato su regole e riti condivisi, porta a comportamenti anomali, come quello di abbracciare uno sconosciuto allo stadio».
HOOLIGANS Proprio sabato scorso ricorreva l'anniversario della strage dell'Heysel (39 morti), causata dalla follia degli hooligans il 29 maggio 1985, nella finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool. Richard Lisle, ex ufficiale di polizia a Londra, ha raccontato come si riuscì a combattere il fenomeno hooligan. «Nella costruzione degli stadi sono stati eliminati il legno e le recinzioni metalliche e sugli spalti si trovano solo posti a sedere. Essenziale anche l'attività d'intelligence, con squadre speciali che si infiltrano nelle tifoserie».
IN ITALIA «Da noi le curve sono molto politicizzate», ha fatto notare il giornalista dell'Unione Sarda Carlo Alberto Melis, «e lo si può capire dai nomi dei gruppi: Brigate, Fedayn, Commandos. In Inghilterra, invece, le tifoserie non scrivono neppure il loro nome sugli striscioni». I tifosi violenti sono uniti solo contro la polizia: «Ci ispiriamo al modello inglese, ma siamo lontani».
FRANCESCO FUGGETTA 
 
4 – L’Unione Sarda
Cagliari – pagina 11
exmà
Amici del libro: ricordo di Cerina
   
Oggi alle 17.30 all'Exmà di via San Lucifero 71, Sandro Maxia, Anna Paola Loi e Mariangela Sedda, con la partecipazione di Vanna Arru, ricordano Giovanna Cerina. Docente di Semiotica e studiosa di letteratura, e in particolare di Grazia Deledda e Salvatore Satta, già consigliere regionale del Pd, Cerina è scomparsa nell'aprile dell'anno scorso. L'iniziativa è dell'associazione culturale Amici del libro.

 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 8 - Sardegna
Mercato del lavoro più lontano 
Aumentano gli inattivi: 981mila sardi sono «fuori gioco» 
ALFREDO FRANCHINI 
 
CAGLIARI. Aumentano i disoccupati, cresce il precariato ma c’è un dato che preoccupa più di tutti: è quello delle “non forze” di lavoro in Sardegna. Il numero di questo esercito è stato calcolato dal Crenos, il Centro di ricerche che fa capo alle due Università: sono 981 mila persone che per svariati motivi sono usciti dal mercato del lavoro.
 A non cercare più un lavoro e a non essere disponibili sono ben 349 mila mentre sono 55 mila coloro che pur essendosi ritirati sarebbero pronti ad accettare un posto. I giovani (15-24 anni) stimati dal Crenos sono 207 mila, ampiamente superati dalle non-forze di lavoro sessantenni, 301 mila. Una percentuale altissima se messa a confronto con le medie del Mezzogiorno e dell’intero Paese così che il tasso di attività si ferma nell’isola al 58,7 per cento contro una media nazionale del 62,40 e del 68,61 del Centro-Nord. Ancora più basso il tasso di occupazione: 50,83. Sono numeri da brivido, (il tasso di disoccupazione è il più alto con un 13,28 contro la media italiana del 7,79), che si possono collegare al rapporto dei giovani con la scuola sarda e naturalmente alla crescita. Quando il tasso di crescita non supera una certa soglia è evidente che non si possono creare nuove occasioni di lavoro e il Pil della Sardegna è in netto calo. Se la produzione aumentasse di poco, l’obiettivo potrebbe essere assicurato dalle forze di lavoro che sono già occupate ma quando le cose vanno male l’occupazione viene attaccata. Quali sono le possibilità tecniche per cercare di creare occupazione? La prima è quella di creare anche occasioni di lavoro fittizie ed era una strada molto seguita sino a qualche anno fa, prima della globalizzazione e prima della legge Biagi quando veniva dilatato l’impiego pubblico. E si poteva anche stabilizzare i lavoratori socialmente utili. La seconda possibilità era la via sindacale che consisteva nel forzare i bisogni dell’impresa ad esempio riducendo gli orari in modo tale da costringere l’azienda a fare nuove assunzioni. L’ultima possibilità: rimuovere gli ostacoli che impediscono alle imprese di assumere. Oggi le prime due carte non si possono più giocare. Troppi i vincoli per due proposte “neokeynesiane” cioè un’interpretazione più moderna delle tesi di Keynes il quale sollecitava una politica di sussidi e di sostegno per superare la crisi. Si tratta però di tesi che, se applicabili negli anni Trenta, oggi sono anacronistiche in tempi di globalizzazioni di concorrenza spietata, di un mondo diviso in tre parti con l’Oriente che produce beni materiali, l’Occidente che fornisce le idee e il terzo mondo escluso da tutte e due i processi. La disoccupazione è provocata, infatti, oltre che dall’abbandono di produzioni considerate non competitive, dal costo del lavoro troppo alto, alla delocalizzazione delle aziende, alla finanza imperante. Per venire a capo di questa situazione, il Crenos ha indicato la strada dell’istruzione, della ricerca. La disoccupazione è passata dal 12,2% del 2008 al 13,3% del 2009, e la riduzione del tasso di attività: dal 59,9% al 58,7%. Se è vero che le probabilità di transizione dalla disoccupazione verso l’inattività sono più basse di altre realtà del Mezzogiorno, il Crenos ha rilevato che tale probabilità è di gran lunga più alta per la popolazione fra i 45 e i 54 anni: per la Sardegna è pari allo 64%, mentre nel Mezzogiorno è pari al 51%. La scuola sarda è il luogo di maggiore sofferenza: il tasso di scolarizzazione è basso; solo il 68,9% ha un diploma superiore contro il 76 del Mezzogiorno, il 72,2 della media nazionale e il 78,5 dell’Europa (a ventisette). Scuola a pezzi e sofferenze aggravate dal fenomeno del pendolarismo, (almeno a leggere i tassi di abbandono scolastico). I laureati in scienza e tecnologia sono addirittura solo 7,7 persone su ogni mille abitanti. Ventidue ragazzi sardi su cento abbandonano il corso di studi ed è infimo il rapporto tra il numero dei laureati e il numero di studenti: 0,2 ogni mille abitanti contro il tre del Sud, il 6,6 del Centro Nord per una media nazionale dell’1,8. Con questi tassi di scolarizzazione non c’è da meravigliarsi se tanti giovani si ritirano dal mercato del lavoro.
 
 

Questionnaire and social

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