Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
30 May 2010
Rassegna stampa quotidiani locali
a cura dell'Ufficio stampa e web
1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari      Pagina 21
Il progetto Master&back
Ricercatori in rivolta: «I colleghi sassaresi guadagnano di più»
 
A Sassari i loro colleghi guadagneranno 22 mila e 800 euro. Lo stipendio annuale dei futuri assegnisti dell'Università di Cagliari, almeno quelli inseriti nella lista dei percorsi di rientro del Master & Back, invece si fermerà a 19 mila e 230 euro lordi, circa 1.200 euro netti al mese. La spiegazione è semplice: il progetto della Regione prevede una importo variabile per la borsa di studio, e mentre l'ateneo sassarese ha scelto il massimo, il rettore Giovanni Melis ha optato per la quota minima. Con una motivazione: in questa maniera non ci sarà nessuna differenza con gli altri assegnisti dell'università, che percepiscono poco più di 19 mila euro all'anno.
Ma la decisione, presa per evitare disparità di trattamento, non è stata accolta col sorriso dagli studenti del “Comitato back-ricercartori 2009”, che riunisce buona parte dei 124 futuri ricercatori che tra qualche giorno dovrebbero firmare i contratti.
LA PROTESTA «Noi non discutiamo la giustizia di questo principio di uguaglianza, anche se in realtà già stato violato. Infatti, in questo modo si creerebbe una disparità di trattamento in primis rispetto ai “backisti” del bando 2008 dell'Università di Cagliari, che percepiscono uno stipendio lordo di 24 mila euro. Poi ci sarebbe una differenza anche con i colleghi sassaresi che fanno parte dello stesso bando», viene spiegato in un comunicato.
GLI INCONTRI Nei giorni scorsi alcuni rappresentanti del comitato hanno incontrato Giovanni Melis e il suo staff per cercare di risolvere il problema. «Una possibile soluzione sarebbe quella di dare agli assegnisti la differenza di circa tremila euro con un altro fondo di ricerca», dice Luigi Sotgiu, capo di Gabinetto del rettore. «Con una retribuzione uguale per tutti gli assegnisti, i ricercatori del Master & back potranno essere inseriti nelle procedure di rinnovo dei contratti. E una parte di loro potrebbe partecipare ai concorsi quando verranno banditi», aggiunge Sotgiu.
GLI OSTACOLI Ma la strada per portare a 22 mila euro il compenso degli studenti è in salita, perché l'Agenzia regionale per il lavoro avrebbe difficoltà a sborsare due somme distinte.
«Dopo un mese di ripetuti incontri tra il nostro Comitato, i rappresentanti dell'agenzia e il direttore amministrativo dell'università, pare evidente che l'unica soluzione possibile sia la modifica dell'importo lordo da parte del rettore», spiegano i ragazzi del Comitato. «Ci domandiamo perché Melis, non voglia più ascoltarci e venirci incontro».
L'AGENZIA In via Is Mirrionis, dove ha sede l'agenzia regionale per il lavoro, non ci sarebbero ostacoli: « Il direttore ci ha assicurato che consentirebbe all'Università di Cagliari di modificare l'importo di quella che, per il momento, è solo una bozza di contratto. Insomma, vorremmo avere le stesse condizioni economiche dei nostri colleghi sassaresi. Tra l'altro tutto questo non avrebbe costi per l'ateneo, anzi: andrebbe a solo vantaggio della ricerca».
Anche perché la prospettiva di avere un contratto di due anni, pagato dalla Regione, ha costretto molti di studenti a una scelta «In tanti hanno rifiutato offerte di lavoro, ben retribuite, all'estero. Eravamo sicuri di avere un trattamento uguale in Sardegna. Ora invece ci troviamo con un pugno di mosche in mano».
PROROGA Nel frattempo l'Agenzia regionale per il lavoro, dato il gran numero di domande presentate per il bando del 2009 (e le difficoltà, per alcuni, legate all'ottenimento del visto per i tirocini da svolgersi in paesi extracomunitari), ha prorogato al 30 giugno il termine ultimo per l'avvio dei percorsi “back”.
MICHELE RUFFI
 
2 – L’Unione Sarda
Cronaca Regionale       Pagina 7
2010, benvenuti nel Medioevo
Massimo Arcangeli: nuovi barbari e nuovi crociati
di GIORGIO PISANO
 
Da che parte state per i centocinquant'anni dell'unità d'Italia? Risposta esatta: chissenefrega. Nel senso, nessuno si offenda, che lo scontro è ben più vasto: Occidente contro Oriente, bianchi contro neri, sette contro sette, gruppi di Facebook contro altri gruppi di Facebook, integralisti della lingua e nuovi sacerdoti dell'anglo-italiano alla vaccinara. È in corso la rivoluzione più sanguinaria e silenziosa della storia e voi state a chiedervi se l'Italia è ancora una e indivisibile come la volevano Mazzini e Garibaldi? Risposta esatta: «Ha ragione la Lega. L'identità nazionale non esiste».
Magari qualcuno (dei più rintronati) non se ne sarà accorto ma stiamo correndo velocissimi verso il passato. Sta tornando il Medio Evo: non proprio quello dei libri, quasi. Le streghe si chiamano in un altro modo ma tutto il resto è identico: nuovi barbari, nuovi crociati, nuove guerre di religione. Sepolto, morto, finito l'uomo-massa, la classe operaia, le tute blu. Ora, se proprio ci si deve confrontare, possiamo sfidarci in tivù. Che è un terreno di battaglia concreto e spietato. Durante il duello, che non guasta mai, potrebbe esserci il contorno di vallette che la telecamera può intanto riprendere furbescamente da sotto, cioè dalle mutande; o da sopra, panoramica sulle tette; o direttamente con un primo piano sul culo, che in fondo è un punto di vista come un altro mentre il dibattito prosegue.
Possibile che nel frattempo, magari tra un porno quiz e un Porta a Porta, nessuno si accorga però che stiamo affondando?, che navighiamo ebeti e felici verso un mondo nuovo e raggelante?
Massimo Arcangeli è autore di un libro intitolato Medio Evo alle porte . Diviso in capitoletti che passano dalla ricerca di una lingua perfetta e universale alla mortificazione-esaltazione del corpo, interpreta il tempo che viviamo e quello che vivremo. Lo fa con la freddezza e il distacco dello scienziato, curvo esclusivamente sui fatti che gli scorrono davanti agli occhi e attento a conservare un giudizio in piena indipendenza. Quarantanove anni, romano, preside della Facoltà di Lingue a Cagliari (dove insegna, oltreché Linguistica italiana, Sociologia dei processi culturali e comunicativi), cattedra alla Luiss (tecnica del linguaggio giornalistico), Arcangeli dirige l'Osservatorio linguistico Zingarelli che, nell'ultima edizione del dizionario (140mila lemmi), segnala 2.800 parole in rapida via di estinzione.
Cosa c'entri tutto questo col mondo, il nostro mondo, che va in rovina è un discorso facilissmo da fare. Si tratta semplicemente di guardarsi attorno, ascoltare, decifrare quel che sta accadendo e tirare le somme.
Cuore a sinistra ma con grande, anzi grandissimo, senso critico, il professor Arcangeli dice che il '68 ha lasciato tracce pesanti: «Io sono per la meritocrazia». Spera inoltre che il virus del pentitismo nazionale possa colpire l'università e strappare finalmente il velo «sulla manipolazione dei concorsi, sui figli di famiglia a cattedra garantita, sulle trame dei baroni. Che c'erano e restano». Tutto questo servirebbe secondo lui perché «agli occhi degli studenti noi siamo ancora un modello e i giovani hanno bisogno di vivere in un sistema pulito».
Ma nel frattempo sta tornando il Medioevo, giusto?
«I segnali sono tanti. Stanno riemergendo certi fenomeni che credevamo finiti. C'è, per esempio, una competizione tra fedi opposte proprio come nel Medioevo».
La Storia si ripete. Corsi e ricorsi.
«Certo ma non in fotocopia. La Storia sta tornando nel senso che oggi ci stiamo muovendo secondo logiche medievali».
Questo vuol dire che la democrazia è agli sgoccioli?
«Vuol dire che le nazioni sono agli sgoccioli, che l'unità nazionale non c'è più, che ci sono conflitti all'interno dei propri confini. Stanno sviluppandosi forme di imperialismo strisciante, esasperazioni delle realtà locali, periferie-ghetto che nascono all'interno dei centri urbani».
D'accordo ma l'unità nazionale...
«Spesso è pura retorica, altre volte è folclore, altre volte ancora vuota esaltazione di ideali».
Quindi la Lega non sbaglia?
«Su questo no, di sicuro. Ha colto in anticipo lo sbriciolamento dell'identità nazionale. Ed è un pericolo perché la civiltà occidentale passa prima di tutto per le singole identità nazionali. Se crolla questo principio, addio. Qualcuno sostiene che entro un quarto di secolo potremmo trovarci in emergenza, di fronte a un vero e proprio sgretolamento della nostra civiltà».
Ma lo scontro di civiltà esiste davvero?
«Certo. Non è, una volta tanto, grancassa mediatica. Esiste sul serio ed è talmente evidente che è arrivato a toccare perfino l'università. Ricordate la polemica sul fatto che il Papa intervenisse con una prolusione all'inaugurazione dell'anno accademico alla Sapienza?»
E allora?
«È evidente che dietro l'intensità dello scontro tra favorevoli e contrari c'era molto altro, c'erano molti aspetti dei nuovi integralismi. La verità è che stanno risorgendo i muri, in ogni senso».
Il nuovo Medioevo prevede anche la mortificazione del corpo?
«Se c'è un periodo in cui il corpo è stato esaltato e vilipeso, sacralizzato e offeso, questo è proprio il Medioevo. Noi ci siamo riprecipitati in pieno, stiamo facendo le stesse cose».
In che modo?
«Da un lato c'è chi chiede il ritorno alla castità e dall'altra l'esibizione ossessiva e continua del corpo. Le Veline ne sono il simbolo più volgare: assecondano il desiderio di chi vuol vedere. Vedere ma non toccare : perché toccare coinvolge e costa fatica. La comodità della società virtuale è che devi impegnare solo gli occhi, non c'è bisogno di alzarsi dalla poltrona».
Chi sono i nuovi crociati?
«Innanzitutto gli integralisti di lunga fede e, a seguire, i nuovi adepti, ossia quella legione di italiani che il fine settimana si traveste e partecipa a feste, tornei, cenacoli. Obiettivo: ritrovare l'identità perduta».
Perché scelgono proprio il Medioevo?
«Perché è il nodo fondamentale per la nascita della civiltà occidentale».
Cresce il numero delle sette. L'uomo-massa è scomparso?
«Non solo non c'è più l'uomo-massa ma neppure il pubblico, inteso in senso tradizionale. Ci sono invece tante tribù: perfino gli spot pubblicitari dei telefonini parlano di tribù. Grazie alla Rete e agli sms c'è un tam tam internazionale che ha disintegrato le distanze: attraverso internet un sardo e un giapponese possono far parte delle stesso gruppo. E questo è un altro segno della crisi di identità nazionale».
In questo clima i barbari non potevano mancare. Chi sono?
«Ci sono barbari di prima specie, cioè quelli che commettono cose orripilanti, seminano violenza gratuita e poi la fanno circolare estasiati su Youtube. Non hanno ben chiara la differenza tra bene e male».
Poi?
«Poi ci sono i barbari di seconda specie, quelli che violentano la lingua, il popolo del messaggese».
A proposito: sta nascendo un nuovo italiano?
«Per effetto dei nuovi linguaggi e delle contaminazioni dall'inglese, secondo qualcuno l'italiano potrebbe morire entro cinquant'anni. Non è così. Si sta semplicemente imbastardendo, sta digerendo il linguaggio delle chat e i simboletti degli sms. Roba pesante da mandar giù».
È un passo indietro?
«No. Ma questa nuova lingua, sempre più scritta ma anche sempre più parlata, talvolta non è semplificazione ma semplicismo. Tutta colpa della politica, del giornalismo, della scuola, dell'università».
La lingua del futuro sarà l'anglo-italiano?
«Non sono contrario per principio all'uso di parole straniere, soprattutto quando manca l'equivalente nella nostra lingua oppure la traduzione diventa troppo complessa. Prendete il termine mobbing: è intraducibile, e allora tanto vale acquisirlo. Ma perché dire stand by se c'è lista d'attesa, perché weekend se c'è fine settimana?».
Fa più chic.
«Esatto. Lo snobismo è uno degli aspetti più pericolosi del nuovo Medioevo. Per questo stanno sparendo tante parole che fanno parte dell'italiano tradizionale».
Però il nuovo italiano ha il pregio della rapidità.
«Senz'altro. Il dizionario nato sugli sms è oggi ricco e articolato: sigle, faccine, parole tronche eccetera fanno parte del linguaggio quotidiano. L'essemmessese (posso chiamarlo così?) è funzionale. Però...»
Però?
«I problemi nascono quando certi termini vengono decontestualizzati, ossia utilizzati fuori dagli schemi abituali. Se uno studente scrive i temi come fossero sms è chiaro che sta perdendo i contatti con la lingua madre, l'italiano».
Tutta colpa dei reality?
«È sintomatico che all' Isola dei famosi abbia vinto uno che proprio famoso non è. Vuol dire che domani, pur senza sapere fare niente, posso vincere anch'io. Quello di cui non ci siamo accorti è che non siamo noi a guardare la tivù ma esattamente il contrario: è la tivù a guardare noi, per riproporci schifezze e nefandezze che riempiono la solitudine delle nostre giornate. Siamo diventati monadi impazzite, senza orientamento».
È una fase storica di transizione?
«Non ne ho idea. Ma le categorie filosofiche, narrative, artistiche, estetiche, sociali che formano la civiltà occidentale si stanno sfarinando come un grissino. Detto al volo, il giornalismo fa intrattenimento e l'intrattenimento giornalismo».
Che significa?
«Che, fatte salve alcune eccezioni, tivù e giornali non ci raccontano più i fatti ma il pettegolezzo, i retroscena. E noi felici ci rifugiamo in questo mondo senza immaginare che proprio questo è il reality».
Ma l'uomo non ha imparato nulla dalla Storia?
«Non penso si sia evoluto negli ultimi duemila anni. Anzi, penso al ritorno di una forma di barbarie incapace di distinguere bene e male. Siamo criminali inconsapevoli».
 
3 – L’Unione Sarda
Economia – pagina 15
«Più produttività per battere la crisi»
Profumo: gli incentivi al lavoro fanno crescere le imprese 
Il punto sull'importanza dei bonus per dipendenti e manager in un convegno della Fondazione Rodolfo Debenedetti
 
Ieri a Cagliari si è parlato di sistemi di retribuzione, di incentivi e di partecipazione dei dipendenti agli utili.
La bassa crescita dell'Italia dipende da «un deludente andamento della produttività del lavoro, diminuita del 6,4% fra il 2000 e il 2009 contro un aumento del 5,6% della media europea». Il dato emerge durante il convegno “Produttività, profitti e retribuzioni” organizzato ieri a Cagliari, nella facoltà di Architettura, dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti. Manager e ricercatori si sono confrontati cercando di capire i motivi del ritardo italiano e analizzando il modo in cui i sistemi di retribuzione dei lavoratori abbiano interferito con i fattori che hanno scatenato la recessione. E come, quindi, questi sistemi possano essere corretti per rilanciare lo sviluppo. Sotto la lente sono finiti anche i sistemi di incentivazione fiscale.
I BONUS L'Italia mostra le sue difficoltà non solo nel confronto con l'Europa, ma soprattutto con gli Stati Uniti. I risultati, illustrati da Tito Boeri, direttore tecnico della Fondazione, parlano chiaro: «La diffusione dei sistemi incentivanti tra i lavoratori varia tra il 10-15% nei paesi dell'Europa continentale, fino ad oltre il 40% nei paesi scandinavi e negli Usa». L'Italia, insomma, può fare di più. Anche perché, sottolinea Carlo De Benedetti, editore del gruppo Espresso e presidente della Fondazione, «i bonus hanno spinto i manager delle grandi banche a correre rischi eccessivi, concentrandosi sugli obiettivi di breve termine e tralasciando quelli di lungo periodo». E non solo. Spesso questi bonus «sono stati molto generosi di fronte a risultati aziendali buoni, ma non sono stati ridotti quando le cose non sono più andate per il meglio».
LA PRODUTTIVITÀ Affrontare il tema di come stimolare la produttività dei lavoratori, in particolare in Italia, è quindi di fondamentale importanza per superare la crisi economica. E la ricetta giusta per farlo sembra quella di individuare politiche per diffondere sistemi retributivi «sani», che colleghino cioè i salari dei dipendenti ai risultati e ai profitti dell'impresa, regolando invece i bonus dei manager in maniera tale da legare, con maggiore efficacia, le loro retribuzioni ai risultati aziendali, positivi o negativi che siano. E sono molti, secondo l'indagine presentata da Boeri, i possibili interventi pure da parte dello Stato. Fra questi i programmi di formazione, gli incentivi fiscali, le sovvenzioni o addirittura l'obbligatorietà dei sistemi retributivi incentivanti. Anche la contrattazione collettiva fra sindacati e imprenditori può essere una modalità più efficace per cambiare i sistemi di retribuzione e di partecipazione ai profitti dei lavoratori. In Europa, si legge nello studio (a cui hanno lavorato i ricercatori Alex Bryson, Richard Freeman, Claudio Lucifora, Michele Pellizzari e Virginie Pérotin), i sindacati hanno decentralizzato la contrattazione collettiva sui sistemi incentivanti, in Francia e in Italia negoziano direttamente i programmi di partecipazione ai profitti, negli Stati Uniti invece sostengono o si oppongono, a seconda delle condizioni economiche, alla partecipazione agli utili dei dipendenti.
IL DIBATTITO Ieri, su questi temi, hanno discusso - durante una tavola rotonda - il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni e due dei manager più importanti nel mondo dell'impresa e della finanza italiana, Gianmario Tondato (Autogrill) e Alessandro Profumo (Unicredit). Tondato ha posto l'accento sulla differenza nella struttura delle aziende italiane e americane. «Negli Usa operano società a capitale diffuso, qui da noi la proprietà è concentrata su poche mani. Ciò, molto probabilmente, cambia il metodo di valutazione della performance: negli Usa più basata sui target, in Italia più sulla fiducia fra manager e azionista». In banca la situazione è particolare. «Su 162 mila dipendenti», spiega Profumo che è favorevole agli incentivi al lavoro per far crescere le aziende, «Unicredit ha 155 mila lavoratori che fanno attività tradizionale, ai quali è difficile applicare una forma di incentivazione. Diverso il discorso per i top manager, a cui vengono dati bonus, in azioni, legati ai risultati aziendali». Ma Tondato e Profumo concordano sui problemi di produttività dell'economia italiana. «Un ritardo», conclude Profumo, «dovuto al fatto che le dimensioni delle nostre imprese restano ridotte: il che incide, inevitabilmente, sulla competitività del Paese».
LANFRANCO OLIVIERI
 
l'intervento
Raffaele Bonanni (Cisl)
«Il governo fa bene a detassare i salari» Polemica con la Cgil
  
La manovra finanziaria del governo non sarà fatta soltanto di sacrifici. Secondo Raffaele Bonanni, leader nazionale della Cisl, un occhio di riguardo sarà dato al lavoro. «Mi risulta che la detassazione sui salari cosiddetti di produttività verrà allargata», dice il sindacalista, ieri ospite della tavola rotonda nel convegno organizzato a Cagliari dalla Fondazione Debenedetti.
IL FISCO Bonanni è favorevole all'incentivazione fiscale per dare una spinta alla produttività del lavoro. «Per noi ogni rinnovo di contratto nazionale deve essere l'occasione per una discussione che vada oltre al semplice aggiornamento salariale. Altrimenti, non si va da nessuna parte». Il segretario parla di flessibilità e di contrattazione di secondo livello, quella aziendale per intendersi. «Sono questi i temi da discutere con le imprese, senza preconcetti e guardando allo sviluppo del Paese».
LA SPACCATURA Il dialogo, insomma, è la parola d'ordine di Bonanni che non condivide le scelte fatte dai suoi colleghi della Cgil. «La Cgil», ripete Bonanni, «proclamando l'undicesimo sciopero generale in due anni, ha deciso di andare per la sua strada. Ho invitato Epifani alla festa della Cisl che terremo dall'11 al 13 giugno a Levico, ha detto che verrà», aggiunge Bonanni, «spero però che non ci parli solamente della noia di decine e decine di scioperi generali». Secondo Bonanni, di fronte alla manovra finanziaria del Governo, «è giusto protestare per le proprie opinioni, ma è altrettanto giusto proporle senza ricorrere all'undicesimo sciopero generale, che si commenta da sé».
I RITARDI Bonanni, di fronte al ritardo tutto italiano dei bonus fiscali sul lavoro, offre una semplice risposta. «L'Italia è composta in prevalenza di piccole e medie imprese e non di multinazionali, al cui interno è più facile fare politiche di incentivazione», conclude il leader della Cisl. «Ricordo però che le piccole aziende italiane sono riuscite a reggere meglio, in termini di occupazione, l'urto della crisi». ( lan. ol. )
 
4 – L’Unione Sarda
Economia         Pagina 16
Export, 5 milioni ad atenei e imprese
 
Un ponte tra il sistema universitario e il mondo delle imprese. È l'obiettivo della manovra varata dal ministero dello Sviluppo economico che finanzierà con cinque milioni di euro i progetti del mondo accademico dedicati all'internazionalizzazione. Gli aiuti saranno concessi attraverso il cofinanziamento dell'Istituto commercio estero e mirano a incentivare i rapporti delle Università con i distretti industriali, con gli enti territoriali e i parchi tecnologici italiani e stranieri. Per maggiori dettagli è possibile contattare lo 06.47051.
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
L’etica dell’impresa per uscire dalla crisi
La Cisl: «Servono forme di incentivazioni anche per i lavoratori dipendenti»
I vertici di Unicredit e Autogrill spiegano i piani aziendali: «I fattori di successo sono mille»
ALFREDO FRANCHINI
 
 CAGLIARI. Che cosa possono fare i manager per accrescere la produttività? La domanda arriva quasi alla fine della giornata di lavoro al convegno europeo organizzato a Cagliari dalla Fondazione «Rodolfo Debenedetti» sui temi cruciali per capire la crisi e come trovare una via d’uscita. È la seconda volta che la Fondazione Rdb sceglie la Sardegna per il suo convegno annuale, (la prima fu ad Alghero nel 2003), sempre in linea con gli obiettivi di concentrare gli sforzi nella ricerca economica. Due analisi, svolte da alcuni ricercatori internazionali, hanno messo in evidenza le differenze nelle retribuzioni del top manager tra l’Europa e gli Stati Uniti e le possibili ricadute sul sistema di incentivazione che possa coinvolgere anche i dipendenti. I manager Alessandro Profumo (Ceo di Unicredit) e Gianmario Tondato (Ceo di Autogrill) tirano le somme con il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, e con il direttore della Fondazione Rdb, Tito Boeri. Il tema sfocia nell’etica dell’impresa. Chi sono i nuovi manager? Per rispondere è evidente il passaggio da un’impresa familiare dove l’imprenditore rischiava in proprio a un altro tipo di azienda. La storia di Autogrill è emblematica: privatizzata nel 1996, ora controlla in Italia una quota minoritaria (circa il 20%) e ha concentrato il suo businnes in America. Spiega Tondato: «La differenza tra Usa e Europa, così come è emersa dagli studi presentati al convegno, non sta tanto nel management quanto nella struttura: in America prevale la public company dove il maggiore azionista magari detiene appena il 18%. In Italia di aziende così ce ne sono poche perché c’è quasi sempre l’azionista di riferimento». La figura del manager tecnico è comparsa assieme all’organizzazione scientifica del lavoro, alla produzione, al consumo di massa. Negli anni Sessanta il rapporto tra manager e ceto medio era di uno a trenta, oggi è diventato di uno a 400. Alessandro Profumo, a capo di una banca che conta 162 mila persone, affronta il tema sviluppo e credito: «In una banca», afferma, «i ricavi sono correlati ai rischi. Noi abbiamo delocalizzato: abbiamo il 36% dell’attività in Italia e il resto fuori. Ad esempio, il software lo scriviamo in Bulgaria e Polonia dove costa molto meno. Serve flessibilità in tutto». Raffaele Bonanni si augura che si possano trovare forme di incentivazione in grado di «dare la possibilità ai lavoratori di aumentare la produttività». Cita il caso Fiat: «Sta investendo 20 miliardi senza pretendere un euro dallo Stato, per la prima volta. È un caso di delocalizzazione al contrario perché intende riportare in Italia la produzione della Panda fatta oggi in Polonia. È chiaro che per lo sfruttamento intensivo degli impianti, si debbano trovare forme di incentivazione anche ai dipendenti, modificando il sistema contrattuale».
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
Se si sommano le cariche dirigenziali diminuiscono bonus e rendita annuale
 
 CAGLIARI. Due studi sulle retribuzioni dei top manager in un’analisi comparata tra Europa e Stati uniti. Tra le curiosità: quando si sommano le cariche di presidente e di Ad, diminuisce l’entità del profitto per i manager.
 I motivi sono molteplici - è stato detto - ma si riscontrano soprattutto quando le aziende sono piccole, quasi a conduzione familiare. Un dato comune ad entrambi i rapporti illustrati ieri nell’aula della Facoltà di Architettura dell’Università di Cagliari è che la recente crisi finanziaria ha indotto un vero e proprio sollevamento popolare contro gli schemi incentivanti per i top manager e ha spinto l’opinione pubblica a richiedere una riforma del sistema delle retribuzioni sia in Europa che negli Stati uniti. Tra gli elementi emersi che negli ultimi decenni sono aumentate costantemente le imprese che ofrfrono schemi retributivi legati alla performance del dipendente o dell’azienda. Una curiosità: la lingua «ufficiale» del convegno voluto dalla Fondazione Debenedetti è l’inglese; i due studi presentati ieri sono stati illustrati da ricercatori dell’University of Southern California, di Harvard, Leeds ma anche gli economisti italiani hanno scelto di parlare in inglese.
 
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
DE BENEDETTI
«Giovani troppo penalizzati sul mercato del lavoro»
Non sorprende l’entità delle stock options ma il fatto che siano pagate con risultati negativi
 
CAGLIARI. «La crisi ha fatto emergere come il dualismo del mercato del lavoro penalizzi una larga fetta della popolazione, in particolar modo le nuove generazioni». Lo ha sostenuto ieri, in apertura del convegno europeo su produttività e profitti, il presidente della Fondazione Rdb, Carlo De Benedetti, (editore del gruppo Espresso e presidente del Consiglio di amministrazione della Nuova Sardegna). «Sono i giovani a subire per primi i pesanti costi della disoccupazione del mancato investimento in formazione delle imprese nei primi anni della loro vita lavorativa», afferma De Benedetti, «c’è il rischio di bruciare un’intera generazione di nuovi lavoratori. Diversi economisti europei hanno proposto soluzioni per il superamento di questo dualismo attraverso l’adozione di un contratto unico di lavoro».
 Sul tema centrale, le stock options e i bonus, il presidente della Fondazione Rodolfo Debenedetti spiega: «Quello che sorprende non è tanto l’ammontare di bonus e stock option quanto il fatto che questi siano molto generosi quando i risultati aziendali sono buoni, ma non vengono ridotti quando invece le cose non vanno per il meglio».
 Poi il tema «collegato»: come stimolare la produttività dei lavoratori? «La ricetta giusta parrebbe quella di individuare politiche per diffondere sistemi retributivi «sani» che colleghino i salari dei dipendenti ai risultati e ai profitti dell’impresa regolando i bonus dei manager in maniera tale da legare con maggiore efficacia le loro retribuzioni ai risultati aziendali». De Benedetti ha anche annunciato la creazione di una banca dati capace di tracciare tutte le riforme del welfare varate in Europa dagli anni Ottanta a oggi. Un database, «Social Reforms» che è disponibile gratuitamente sul sito della Fondazione Rdb. (Si è conclusa, invece, la collaborazione di due anni tra la Fondazione il Fondo monetario internazionale dopo la pubblicazione di un altro database sulle istituzioni nel mercato del lavoro a livello mondiale).
 Ieri, nella Facoltà di Architettura a Cagliari, è stata presentata un’indagine effettuata da Manageritalia, la federazione dei dirigenti del commercio trasporti, turismo, servizi; 1.200 interviste in tutte le regioni per nove settori industriali. Il risultato è che non c’è stata grande diffusione dei sistemi incentivanti. Inoltre emerge che gli elementi per l’erogazione dei premi sono soprattutto due: il fatturato e gli utili. E sono davvero poche le imprese che incentivano sia i manager che i dipendenti. Alcuni dirigenti possono essere pagati fino a 500 volte più del lavoratore medio. (a.f.)
 
8 – La Nuova Sardegna
Pagina 38 - Nazionale
Cultura e arte nelle antiche case restaurate
Fanno parte di «Pratzas de janas», spazio anche agli universitari
ANTONIO BASSU
 
 NUORO. 'È stato completato il recupero delle antiche case comunali del centro storico. Si tratta di tre edifici che erano fortemente degradati. Gli stessi, insieme all’abitazione dove visse, insieme alla famiglia, lo scultore Francesco Ciusa, saranno destinati ad ospitare laboratori artistici e attività culturali. I progetti di risanamento e di restauro sono stati portati a termine solo da alcune settimane. La prima, all’angolo tra via Chironi e via Sassari, proprio di fronte a Casa Ciusa; la seconda in via Sulis, all’angolo con via Alberto Mario, di fronte al monumento al “Pastore” dello scultore e pittore Pietro Costa. Ed infine l’abitazione dei Ciusa.
 Il sindaco Mario Zidda, nel corso dell’incontro di una settimana fa con una trentina di universari della facoltà di Scienze Forestali e ambientali per la visita all’ex convento delle suore Carmelitane di via Galilei, ha comunicato che la struttura di via Sulis-via Alberto Mario sarà destinata alle associazioni universitarie locali per lo svolgimento di attività culturali, di ricerca e comunque con funzioni polivalenti, senza escludere altre iniziative con valenza artistica.
 L’immobile di via Chironi-via Sassari, di fronte a casa Ciusa, anch’esso di proprietà comunale, rientra nei programmi dell’amministrazione destinarlo, in ragione della funzionalità e complementarietà dell’edificio appartenente alla famiglia dello scultore, ad “atelier incubatore d’arte” e “laboratorio di scultura”. Attività artistica che coinvolge, oltre a Casa Ciusa, quella dei “Contrafforti”, proprio di fronte.
 I tre immobili, che rientrano nel percorso delle arti figurative comprese nel progetto più generale di “Pratzas de janas”, fanno parte del percorso che fa riferimento all’artigianato e al folclore, attraverso i quali sarà possibile appronfondire le conoscenze e le esperienze legate alle antiche tradizioni nuoresi e sarde in generale.
 Da tenere presente che solo a un centinaio di metri di distanza, in piazza “Su connottu”, sarà realizzato il Museo regionale della ceramica. L’amministrazione comunale ha già appaltato i lavori per il completo restauro della casa del senatore Giampietro Chironi, inserita nel percorso delle arti figurative. La piazza, attualmente in fase di riqualificazione, può anche diventare un luogo di attrazione e di animazione, oltre che un contenitore di eventi culturali ed artistici.
 Quel che conta, ora, è attrezzare Casa Ciusa con le testimonianze documentali e i “reperti” di quella che è stata l’attività dell’artista dell’artista nuorese. Anche perchè lo scultore ha vissuto, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, una profonda amicizia, oltre che di collaborazione, con il poeta Sebastiano Satta e la scrittrice Grazia Deledda. I tre intellettuali, infatti, abitavano a qualche centinaio di metri l’uno dall’altro.

Questionnaire and social

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