Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
18 May 2010
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

1 – L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari Pagina 16
Un college nel seminario della diocesi
L'arcivescovo: garantiremo la formazione dei meno abbienti
Sono pronte le prime 80 camere del college universitario, a lavori finiti saranno 164
Da settembre a disposizione degli studenti. Retta di 600 euro, agevolazioni ai meritevoli
 
È pronto ad accogliere i primi studenti il college universitario Sant'Efisio, promosso dalla Curia e ospitato nel seminario arcivescovile di Cagliari. Giovedì, in via monsignor Cogoni, ci sarà l'inaugurazione in pompa magna con autorità, civili e religiose, presidi di facoltà e sindaci. Poi a settembre si aprono i battenti.
IL PROGETTO «È una scommessa, vogliamo diventare il punto di riferimento in città per tanti giovani, speriamo anche stranieri», dice l'arcivescovo Giuseppe Mani, che ha «fortemente voluto» la struttura, ricavata in un'ala rimessa a nuovo dell'antico edificio. «Il college è sempre stato il mio sogno - spiega Mani mentre fa da cicerone tra i corridoi del college assieme al vescovo ausiliare Mosè Marcia - l'intento è investire nella formazione dei giovani meno abbienti, con grandi capacità e intelligenza, che altrimenti non avrebbero possibilità di andare avanti negli studi: ne ho visti tanti che a scuola non rendevano perché non seguiti con attenzione, noi vogliamo sostenere la loro formazione». Qui, nel seminario della diocesi, in cinquant'anni sono state formate generazioni di ragazzi, molti dei quali diventati poi sacerdoti. Oggi, con la crisi delle vocazioni, le cose sono cambiate: il seminario non è più frequentato come in passato, ci sono undici liceali che frequentano la scuola pubblica, una decina di teologi (molti sono a Roma) e tanti spazi da sfruttare.
IL PROGETTO Da qui il college a 5 stelle, così l'ha definito l'arcivescovo per sottolineare la qualità dei servizi offerti agli studenti. Con gli 8 milioni e 800 mila euro arrivati finora sono state realizzate, su tre piani, le prime 80 camere singole con bagno (alcune adatte ai disabili), tutte con pareti celesti, in contrasto con la tinta arancione che caratterizza i corridoi interni. «A lavori finiti si potrà contare su 164 camere», precisa monsignor Marcia, confermando che saranno impegnati altri 10 milioni di euro per completare l'intera struttura, tra un anno o poco più. Il tutto con sale di lettura e d'incontro, biblioteca, auditorium, cucina, mensa e le cappelle di piano. «Da una parte la Curia e il seminario, dall'altra il college». Non mancano gli impianti sportivi, per il tennis e uno polivalente per pallacanestro e pallavolo, oltre a un campo di calcetto. Tutto questo grazie ai fondi di un “Pia” (Programma integrato d'area) finanziato dalle giunte regionali, da Masala a Soru: i soldi sono stati quindi trasferiti al Comune con cui la Curia ha firmato un accordo di programma.
REQUISITI Il college vuole essere un punto di riferimento per gli studenti universitari (per ora solo maschietti) meno abbienti, dotati di grandi capacità di studio e impegno. Si pagherà una retta di 600 euro al mese, in cambio di un'offerta “tutto compreso”, vitto, alloggio, pulizia ed educatori: somma destinata a diminuire con i benefici delle borse di studio. A gestire i fondi sarà una fondazione, di cui fanno parte la diocesi, la Regione, la Provincia e il Comune, oltre ad aziende come la Saras, già coinvolte nel progetto per favorire l'occupazione dei giovani collegiali. Preti già laureati o docenti universitari (i tutor) accompagneranno gli studenti per tutto il percorso formativo. Ci si può iscrivere da giovedì (indirizzando le domande in segreteria) e, alla luce del curriculum, avverrà la selezione. Anche chi non è battezzato o professa un'altra religione può essere ospitato nel college. Per entrare l'unica condizione è condividere (e quindi sottoscrivere) il progetto formativo con cui ci si impegna a rispettare orari, regole e iniziative della scuola. Uno stile di vita severo, improntato - come dice monsignor Mani - a quell'«aristocratica austerità», essenziale per la formazione ad alto livello a cui si ambisce. Top secret, sino a giovedì, il nome del direttore.
CARLA RAGGIO
 
2 – L’Unione Sarda
Cronaca di Nuoro Pagina 15
Disoccupati e privati della scuola
Meno della metà dei senza lavoro va oltre la licenza media
I ragazzi abbandonano gli studi precocemente per cercare spazio nelle realtà produttive
 
Allarmanti i dati dell'ufficio del lavoro della Provincia sulla progressiva disaffezione dei giovani verso l'universo scolastico.
Il grado d'istruzione dei giovani in cerca di lavoro nel Nuorese è sempre più basso. Sul fronte della dispersione scolastica questo territorio è fanalino di coda rispetto al resto dell'isola, contribuendo al primato negativo dell'Italia nei confronti degli altri Paesi europei. Circa il 52 per cento degli iscritti alla ricerca attiva di un'occupazione iscritti ai Centri servizi per il lavoro di Nuoro, Sorgono, Macomer e Siniscola, risulta avere soltanto la licenza media, tradotto in cifre un esercito di 14022 disoccupati su 26708, mentre su mille sardi con la licenza media in tasca solo 173 raggiungono la laurea.
IL DIPLOMA Inoltre su 10 iscritti alle scuole superiori, solo 6 arrivano al traguardo del diploma, ciò vale a dire che la percentuale di abbandono scolastico, in Sardegna, è del 4 per cento. Questo dato appare ancora più sconcertante se lo si paragona a quelli delle altre regioni italiane o ai nostri vicini europei. Infatti solo il 42 per cento degli italiani tra i 25 e i 35 anni possiede il diploma contro l'80 per cento della Gran Bretagna e il 90 per cento della Germania. La Sardegna sembra dunque voler invertire la tendenza che già nel 2006 classificava l'isola al secondo posto nazionale, dopo la Sicilia, per il basso grado di istruzione dei giovani tra i 18 e i 24 anni, di cui ben il 29,7 per cento risultava avere la sola licenzia media.
L'INDAGINE Dati allarmanti forniti dall'assessorato al lavoro della Provincia, che ha promosso prima a Sorgono e poi a Macomer il salone C.L.O.U., due intere giornate dedicate all'orientamento dei ragazzi delle quarte e delle quinte delle scuole superiori dei territori in questione, Mandrolisai e Marghine, che tra quest'anno e il prossimo saranno chiamati a fare una scelta sul proprio futuro. Non saranno iniziative isolate, ma ne seguiranno altre, proprio per cercare di arrestare un fenomeno che non accenna a diminuire.
SCELTA EUROPEA L'iniziativa della Provincia risponde alle direttive della Comunità europea sul ruolo affidato agli enti intermedi in materia di politiche attive di formazione e lavoro, ma nel caso nuorese sono i numeri a richiamare ulteriormente l'attenzione degli amministratori su un fenomeno che dovrebbe allarmare, a vari livelli, le istituzioni locali, regionali e nazionali. Dal ministero della pubblica istruzione invece arrivano soltanto notizie di tagli e ridimensionamenti del personale scolastico e dei corsi gestiti dagli istituti professionali superiori, che rendono ancora meno accattivante la scuola per i ragazzi cosiddetti difficili.
MARIA BONARIA DI GAETANO 
 
3 – L’Unione Sarda
Economia Pagina 11
Servizio Europeo per l'impiego
Gran Bretagna, occasione per 70 farmacisti e chimici
 
Il Regno Unito è a caccia di 70 farmacisti. Il Servizio Eures (portale europeo della mobilità professionale) dell'Afol di Milano propone un'esperienza all'estero concreta, sia in farmacie private che in ospedali pubblici e privati. Il titolo di studio richiesto è la laurea in chimica, tecnologia farmaceutica o farmaci.
Eures offre un servizio completamente gratuito che comprende l'assistenza nel processo di selezione, il supporto nel trasferimento nel Regno Unito e quello post-assunzione. È previsto il pagamento dell'alloggio per le prime quattro settimane come pure del corso di formazione per farmacisti nel Regno Unito. È offerto, inoltre, un concreto aiuto per ottenere l'iscrizione al Royal pharmacutical society of Great Britain (la reale società farmaceutica della Gran Bretagna) e vengono organizzati corsi per migliorare velocemente il livello d'inglese. Poi, Eures fornisce un supporto nella scelta della località più adatta ai candidati. Le offerte di lavoro per farmacisti italiani nel Regno Unito, infatti, non riguardano solo Londra ma anche interessanti località della Gran Bretagna, città grandi o a misura d'uomo e più decentrate. Infine, Eures dà ai candidati l'aiuto necessario per pianificare il trasferimento fornendo una guida ricca di tutte le informazioni utili per vivere e lavorare nel Regno Unito.
Per candidarsi è indispensabile inviare in inglese una lettera di presentazione e un curriculum all'indirizzo di posta elettronica di Eva Salaj esalaj@resourcing.uk.com e, per conoscenza, ad Eures Afol (accesso alla formazione e al lavoro) di Milano eures@provincia.milano.it entro giovedì 30 dicembre 2010. Tutti i dettagli sono su www.provincia.milano.it/lavoro nella sezione banche dati e offerte Eures. ( al. co. ) 

 
4 – La Nuova Sardegna
Prima pagina - Cagliari
Nell’ex seminario nasce il «college Sant’Efisio» 
L’arcivescovo Mani presenta una struttura rivolta ai giovani studenti del Mediterraneo 
L’opera finanziata dalle ultime 2 giunte regionali con 8,5 milioni di euro 
 
CAGLIARI. Un college che per adesso non vorrà competere con quelli più blasonati ma che in prospettiva vuole diventare riferimento culturale per i giovani del Mediterraneo. Il College universitario Sant’Efisio decollerà a settembre, ma ieri il vero motore del progetto, l’Arcivescovo Mani, lo ha presentato alla stampa. Sorgerà nei locali, un tempo abbandonati, del seminario diocesano, e ospiterà a regime 160 persone, tra ragazzi e ragazze. Il college è stata finanziato con 8,5 milioni di euro, dei quali cinque dati dalla giunta di Italo Masala, 3,8 aggiunti dalla giunta di Renato Soru.
 
Pagina 1 - Cagliari
«Sarà un college a cinque stelle» 
L’arcivescovo Mani presenta la struttura nata sulle ceneri del seminario 
Sarà gestito da una fondazione partecipata dalle Istituzioni 
GIUSEPPE CENTORE 
 
 CAGLIARI. Un college che per adesso non vorrà competere con quelli più blasonati ma che in prospettiva vuole diventare riferimento culturale per i giovani del Mediterraneo. Il College universitario Sant’Efisio decollerà a settembre, ma ieri il vero motore del progetto, l’Arcivescovo Mani lo ha presentato alla stampa. Sorgerà nei locali, un tempo abbandonati, del seminario diocesano, e ospiterà a regime 160 persone, tra ragazzi e ragazze.
 Il college è stata finanziato con 8,5 milioni di euro, dei quali cinque dati dalla giunta di Italo Masala, 3,8 aggiunti dalla giunta intervenuta subito dopo, quella di Renato Soru, (entrambi invitati con Cappellacci alla cerimonia di inaugurazione giovedì sera). I fondi hanno fatto parte di un Piano Integrato d’area per il diritto allo studio promosso dalla Regione e realizzato nel Comune di Cagliari.
 I lavori sono stati completati per una sola ala, destinata ai ragazzi.
 Camere singole, colori vivaci, ambienti gradevoli, ampi spazi comunitari, distribuiti su tre piani. Nel tempo passato questi locali ospitavano centinaia di seminaristi, adesso i pochi cagliaritani sono stati, per volontà di Mani, trasferiti nelle migliori facoltà teologiche dfella Capitale.
 Al loro posto arriverà un esercito di studenti che secondo Mani dovranno rappresentare il meglio degli studenti universitari che orbitano nella città. Il sistema è quello tipico dei college; qui non esiste l’università diretta, ma per il resto l’organizzazione sarà la stessa.
 Un tutore, che sarà scelto dall’Arcivescovo, alla testa della Fondazione Sant’Efisio, dove saranno presenti, oltre alla Diocesi, anche gli enti locali, Comune, Provincia, Regione e i privati.
 «Il mio obiettivo è fare un college a 5 stelle per gli alunni meno abbienti, ma più qualificati nelle motivazioni. Giovedì ci saranno i presidi di tutte le facoltà, con il presidente della Regione Cappellacci. Cerchiamo le perle preziose, e vogliamo aiutarle, per fare in modo che si riduca, per adesso in misura minore il triste fenomeno della dispersione scolastica. Tra un anno si completerà anche il secondo gruppo di alloggi, dove saranno destinate le ragazze: alla fine il College avrà un ingresso diverso da quello del Seminario, che ospita anche gli uffici della Curia. Non ci sarà alcuna discriminazione di razza né tantomeno di religione. Nel college non si farà alcuna attività di culto, ma ci saranno seminari di formazione, anche religiosi, facoltativi, per gli studenti, che - conclude Mani girando da vero padrone di casa nei locali appena tinteggiati - potranno iscriversi sin dai prossimi giorni». Quel college che per svaritati motivi non è nato alle porte della città, prenderà corpo in uno dei polmoni verdi più belli di Cagliari. Obiettivo, diventare il fiore all’occhiello del sistema formativo sardo.
 
Pagina 1 - Cagliari
Anche le aziende private pronte a investire 
I meritevoli avranno borse di studio che abbatteranno tutti i costi 
 
 CAGLIARI. Le regole saranno chiare, e definite sin da subito: il ragazzo che andrà a scuola sarà seguito dal college negli studi, accettando un progetto educativo, condiviso anche dalla sua famiglia, promosso dalla fondazione. La tariffa mensile onnicomprensiva sarà di 600 euro, «che potranno abbassarsi con le borse di studio che metteremo a disposizione, sino a coprire per intero le spese degli studenti».
 L’Arcivescovo fa un solo nome, ma è di quelli pesanti. «Ho già un accordo verbale con Saras, disposta a sostenere i migliori ragazzi che vogliano formarsi nelle loro materie, chimica, fisica e ingegneria, e contribuire ad abbattere i costi per i ragazzi più meritevoli. Noi ci assumeremo la gestione del college, e siamo convinti che arriveranno anche studenti da altre parti del Mediterraneo e del paese. Questo college non sarà isolato, ma si aprirà al mondo, anche con investimenti di altre imprese anche d’Oltretirreno, disponibili ad aiutare i giovani sardi. Il nostro obiettivo è coltivare le perle preziose, che dovranno però studiare seriamente. Saranno definiti orari di massima per il rientro nelle stanze, pensiamo che mezzanotte sia un orario giusto. Noi proporremo animazioni per gli studenti che ospitiamo, ma senza alcun obbligo di partecipazione. Potranno iscriversi al College anche ragazzi non frequentanti il primo anno. Questi ragazzi avranno un solo obbligo, un solo obiettivo: studiare e studiare e dimostrare di non essere secondi a nessuno».
 L’Arcivescovo, che nella conferenza stampa di presentazione del College era affiancato dall’ausiliare Mosè Marcia, ha tenuto a sottolineare che la missione del College è quella di aiutare gli studenti bravi che non dispongono delle risorse finanziarie per mantenersi negli studi.
 «Tanti sardi, nel passato hanno avuto difficoltà a proseguire gli studi, benché meritevoli, proprio perché provenivano da famiglie disagiate. Nei criteri di ammissione quindi introdurremo anche i redditi delle famiglie per privilegiare, a parità di profitto, quelli più in difficoltà».
 E cita l’intellettuale sardo più famoso della storia, proveniente da una famiglia poverissima ma in grado di andare avanti negli studi nonostante la sua estrema povertà: Antonio Gramsci. E a chi rimane sorpreso della citazione, Giuseppe Mani ricorda il metodo di studio e la serietà che Gramsci si imponeva.
 «La sua era una aristocratica severità che va riscoperta anche oggi». Una severità che si ritrova anche nell’altra frase celebre del pensatore di Ghilarza mai come oggi dedicata ai giovani sardi, sicuramente sottoscritta da Mani.
 «Istruitevi perché abbiamo bisogni di tutta la vostra intelligenza».(g.cen.)
 
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 21 - Sassari
Per i giganti un futuro in cantina 
Dopo il restauro potrebbero ritornare nei depositi della soprintendenza 
di Antonio Meloni
 
 SASSARI. Sui giganti di Monte’e Prama rischia di calare il sipario un’altra volta. A restauro quasi finito, è ancora incerto il destino delle sculture scoperte a Cabras nel 1974 e ricoverate da due anni nel Centro della soprintendenza di Li Punti. Secondo alcune indiscrezioni, i giganti del Sinis rischierebbero di essere divisi, una parte nel museo di Cabras, una in quello di Cagliari.
 Il resto, nei depositi della soprintendenza, in attesa di una soluzione. Se così fosse, per i fieri guerrieri dallo sguardo magnetico si profila un futuro tutt’altro che radioso.
 Lo chiamano museo diffuso e secondo le più recenti tendenze sarebbe il sistema migliore per la fruizione dei beni culturali. E’ pur vero che nel corso degli ultimi due anni, sono state formulate diverse ipotesi. La questione della destinazione delle sculture una volta restaurate, ha appassionato e diviso i sardi. E se c’è chi sostiene che i giganti debbano tornare a Cabras, dove sono stati trovati, c’è anche chi afferma che reperti di quella importanza debbano essere esposti in una struttura più ampia e visibile.
 La domanda è, quale? L’idea originaria di sistemare le statue nel museo della cultura nuragica è morta sul nascere perché il progetto del Betile, avveniristica struttura che avrebbe dovuto sorgere a Cagliari, è stato accantonato.
 Fra gli esperti resta ferma la convinzione di fondo, cioè che le sculture di Monte’e Prama debbano essere esposte in un unico museo. Non solo per una fruizione razionale, ma anche per dare adeguata valorizzazione a un bene di straordinaria rilevanza.
 La vicenda dei giganti è appassionante almeno quanto le polemiche alimentate dopo il ritrovamento. Siamo nella primavera del 1974, quando l’aratro di Sisinnio Poddi, un contadino intento a lavorare nel suo terreno, in località Monte ‘e Prama, a Cabras, cozza contro qualcosa di molto duro.
 L’uomo ferma l’attrezzo e dopo avere rimosso la terra, è colpito dallo sguardo fisso di due occhi sbarrati incorniciati da un volto di pietra che riaffiora da un passato lontano e nebuloso. La segnalazione alle autorità competenti è immediata e tra il ‘74 e il ‘75, la soprintendenza archeologica e l’università di Cagliari organizzano il primo scavo. La campagna entra nel vivo qualche anno più tardi, nel ‘79, sotto la guida dell’archeologo Carlo Tronchetti. I lavori portano alla luce una necropoli composta da 33 tombe a pozzetto irregolare e oltre quattromila frammenti in biocalcare adagiati sopra le sepolture.
 La prima richiesta rivolta agli archeologi di allora è quella di dare una datazione a quei resti misteriosi. Questione non da poco. Alcuni ventilano la possibilità che le sculture possano anticipare la statuaria greca. Come dire che si rischia di riscrivere la storia. Le ipotesi su cui si confrontano gli studiosi sono due, la prima colloca le statue intorno al VII secolo avanti Cristo, l’altra si spinge fino alla fine del primo millennio. Il dibattito è acceso, poi il silenzio.
 L’intero complesso viene depositato nei sotterranei del museo archeologico di Cagliari e da quel momento, sulle sculture dei guerrieri del Sinis cala il sipario. Un silenzio di trent’anni, rotto dal recente provvedimento del ministero per i Beni culturali e della Regione che hanno destinato un milione e duecentomila euro per il progetto di restauro.
 Ma a lavori quasi ultimati, c’è una domanda senza risposta: dove andranno le sculture?
 
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 35 - Cultura e Spettacoli
Dagli scavi spuntano un antico villaggio e un santo misterioso 
Un’epigrafe medievale ha rivelato il culto di «sanctus Autedus» sconosciuto alla Chiesa 
GIANNI BAZZONI 
 
 SASSARI. Un villaggio medievale scomparso, una chiesetta romanica dedicata a Santa Maria Maddalena, l’epigrafe trecentesca di un santo sconosciuto e, per certi versi, misterioso. Ci sono tutti gli ingredienti tipici della trama di uno di quei best-sellers - sullo stile de Il Codice da Vinci - che negli ultimi anni hanno appassionato migliaia di lettori, anche in Sardegna. In realtà si tratta dei primi interessanti risultati che fanno da sfondo a una importante ricerca archeologica avviata alcuni anni fa dalla Cattedra di Archeologia medievale dell’Università di Sassari, diretta dal professor Marco Milanese, insieme al Comune di Chiaramonti, alla Soprintendenza archeologica e con il contributo della Fondazione Banco di Sardegna.
 Lo scenario - decisamente suggestivo - è quello di Orria Pithinna, piccola località a circa 5 chilometri a sud-ovest di Chiaramonti, dove sorge la chiesa campestre di Santa Maria Maddalena che domina e controlla una pittoresca vallata. Il santuario, in stile romanico, venne costruito agli inizi del Duecento impiegando conci di calcare bianco e di trachite rossa disposti a filari alternati, una soluzione decorativa che la rende davvero unica nel suo genere.
 Le ricerche nel sito di Orria Pithinna stanno cominciando a dare i primi risultati: è stata perimetrata la parte relativa a un monastero camaldolese, individuata l’area su cui sorgeva il villaggio, eseguite mappatura e analisi completa delle testimonianze epigrafiche e dei graffiti rilevati nella chiesa. Proprio grazie a quest’ultimo studio - compiuto dall’epigrafista medievale Giuseppe Piras - è emersa una scoperta che ha del sensazionale. E’ stata finalmente decifrata una iscrizione del XIV secolo, incisa all’esterno della cappella meridionale, che ha svelato l’esistenza di una sepoltura relativa a un personaggio. Si tratta di un certo Autedus, al quale viene attribuito nell’epigrafe l’appellativo di sanctus.
 «Non si tratta di un santo per il quale vi fu un processo di canonizzazione con il riconoscimento ufficiale della Curia di Roma - spiega lo studioso di Porto Torres che ha pubblicato i risultati della ricerca negli Annali della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna - ma verosimilmente di un personaggio (forse legato al priorato camaldolese, un monaco o un eremita), che per la sua esistenza virtuosa venne acclamato santo spontaneamente dalla comunità di fedeli, i quali insieme alla loro devozione gli tributarono impropriamente il titolo di santo». Le ricerche non hanno fornito altri elementi riferiti ad Autedus e tantomeno al suo culto. «Non ne è rimasto ricordo - sottolinea Giuseppe Piras - nemmeno nella toponomastica locale. La spiegazione più probabile è che questo culto locale sia sorto nel Trecento in concomitanza con il periodo drammatico vissuto dagli abitanti di Orria Pithinna e si sia spento rapidamente con l’abbandono del villaggio e del priorato camaldolese. Abbandono che per giunta - dice Piras - può avere prodotto nei suoi confronti quasi l’effetto di una damnatio memoriae da parte della popolazione».
 L’indagine diretta dal professor Marco Milanese apre un filone importante per il recupero di risorse straordinarie, non solo per la storia medievale della Sardegna ma anche in termini di attrazione dei flussi di turismo culturale e scolastico.
 «Il progetto sui villaggi abbandonati della Sardegna è cominciato una quindicina d’anni fa - racconta il professor Milanese - con una attività svolta direttamente sul territorio e non in maniera astratta. Con due obiettivi fondamentali: tutelare le risorse e assumere un ruolo responsabile per la loro valorizzazione e conseguente trasmissione alle generazioni future».
 Conoscenza storica, dei tempi e delle dinamiche, scoprire come erano organizzate le popolazioni medievali, come erano fatte e quanto erano grandi le case, valutare le strade, il tutto con la convinzione che «l’archeologia può dare un contributo determinante per mettere insieme la storia della società». Lavorare e fare in modo che alla fine sia la sosietà stessa «a impadronirsi di un patrimonio così significativo».
 Dalle fonti storiche, emerge che la chiesa intitolata a Santa Maria (la ridedicazione alla Maddalena compare, ancora inspiegabilmente, in documenti del Settecento), il 10 luglio 1205 venne donata dalla nobildonna Maria de Thori (zia di Comita giudice di Torres) all’Ordine Camaldolese. I monaci si stabilirono nel territorio e fondarono un monastero che divenne un priorato (dipendeva dall’abbazia di Saccargia) e si impegnarono per rendere produttivi i terreni divenuti di loro proprietà. Tra il 1323 e il 1335 - lo confermano le epigrafi presenti nella chiesa, decifrate proprio di recente - i monaci la restaurarono rifacendo il portale e la ampliarono aggiungendo due cappelle laterali. La situazione cambiò radicalmente nella seconda metà del Trecento: tutta l’Anglona divenne teatro della guerra scoppiata tra i Doria (che dominavano da secoli quelle contrade), il giudice di Arborea loro alleato e il sovrano d’Aragona. Il conflitto durò dversi decenni e portò devastazione e morte, oltre alle ondate di carestie e pestilenze. Una situazione terribile che spinse i monaci ad abbandonare il territorio e a rifugiarsi in villaggi limitrofi, fino a spostarsi nel neonato borgo fortificato di Chiaramonti (già nel 1350) considerato più sicuro.
 Oggi, unica testimone di quelle tragiche vicende è rimasta solo la chiesa di Santa Maria Maddalena: sono scomparsi il monastero e il villaggio di Orria Pithinna insieme agli altri vicini. Il progetto partito nel 2005, diretto appunto da Marco Milanese e coordinato sul campo dagli archeologi Gianluigi Marras e Maria Cherchi ha come obiettivo proprio quello di individuare e riportare alla luce insediamenti medievali dei quali si è persa traccia.
 «Occorre puntare sul discorso più ampio di politica culturale - ha rimarcato Marco Milanese - e lavorare senza lasciare un vuoto interno. In quei terreni, oggi in larga parte incolti o abbandonati, c’è sotto la storia e potrebbero diventare una attrazione in più per il territorio. Bisogna partire dal basso, lavorare sulle scuole, sensibilizzare i Comuni che altrimenti rischiano di perdere l’aggancio con la loro identità».
 Ora non resta che attendere che le indagini e gli scavi archeologici previsti dal progetto possano fare riemergere i resti del villaggio, del monastero camaldolese. E magari consentano di ritrovare anche la sepotura di Autedus, il misteroso santo di Orria Pithinna.
 
 
 
 

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