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ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
10 April 2010
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
  

 
L’UNIONE SARDA
LA NUOVA SARDEGNA

L’UNIONE SARDA
 
1 - L’Unione Sarda
Cronaca Regionale - Pagina 6
Il gasolio divoratore di Co2
Ricavato dalle alghe, un brevetto tutto sardo
Biopetrolio ricavato da alghe e anidride carbonica catturata dalle fonti industriali di emissione. Un carburante super ecologico ottenibile grazie a un metodo scoperto e brevettato da ricercatori sardi.
PULA Tutti i vantaggi del petrolio ma con un inestimabile valore aggiunto ambientale: riduce le emissioni di anidride carboniche invece che aumentarle. In tempi di turbamento da effetto serra non è roba da poco. Per la salute del pianeta, per i bilanci dell’eventuale produttore e per guardare con più serenità al futuro dato che i giacimenti di oro nero sono in riserva, seppur con un’autonomia stimata in circa mezzo secolo. Il carburante super ecologico si può ottenere da un mix di alghe e anidride carbonica (CO2) grazie a un procedimento brevettato da un gruppo di ricercatori del Parco scientifico e tecnologico di Pula coordinati dal professor Giacomo Cao, docente di Principi di ingegneria chimica e ambientale all’Università di Cagliari.
L’INVENZIONE «Il brevetto non riguarda un prodotto ma un processo», precisa Cao. «Attraverso una soluzione si capta l’anidride carbonica contenuta in fumi di scarico, ad esempio di una centrale termoelettrica, e la si veicola in apparecchiature chiamate fotobioreattori al cui interno si trovano delle microalghe che metabolizzano la CO2». In pratica, le alghe la mangiano e crescono generando una massa da cui si può estrarre biopetrolio, il precursore del biodiesel, e altri prodotti utilizzabili dal mercato biomedicale come antiossidanti e vitamine. «Dagli scarti a valle di questo procedimento si ottiene inoltre quella che, in gergo tecnico, si chiama torta residua e che può essere riciclata in camera di combustione».
LA RICERCA Alla definizione del metodo e alla sua registrazione si è arrivati assemblando conoscenze ed energie diverse: un’azienda privata, la Biomedical Tissues di Sestu, l’Università di Cagliari (Dipartimento di ingegnerie chimiche e materiali, Centro interdipartimentale di ingegnerie e scienze ambientali) l’Unità di ricerca cagliaritana del Dipartimento energia e trasporti del Cnr, Sardegna ricerche e Crs4. «Tutti questi soggetti sono stati coinvolti attorno a un’idea ritenuta estremamente innovativa e ciascuno ha grattato, diciamo, quel che poteva dai propri fondi disponibili».
Per motivare i partner, Cao ha seguita una sorta di filosofia personale, mix di innovazione e pragmatica occupazione degli spazi disponibili e finanziabili. «Partiamo da una premessa. Tutto ciò che è caldo scientificamente e tecnologicamente negli Stati Uniti dopo cinque-dieci anni lo diventa anche in Europa. Questa considerazione mi ha portato a considerare le energie alternative come un tema di particolare rilevanza. Abbiamo quindi cercato di sviluppare un’attività che fosse unica in Italia, ovvero appena sbocciata in pochissimi gruppi di studio, così da attribuire alla Sardegna una valenza prioritaria. Non il foto voltaico, quindi, cui è rivolta la maggiore attenzione, ma un diverso filone poco sfruttato. Il secondo motivo è che questa tecnologia ci consente di prendere capra e cavoli: limitare le emissioni di anidride carbonica ricavandone quel che tra mezzo secolo forse non si troverà più, cioè il petrolio. Produrlo sarà utile non tanto a soddisfare la richiesta dei veicoli automobilistici propriamente detti, perché un domani le auto andranno a batteria. Difficilmente questo accadrà invece per camion, navi e soprattutto aerei. Ci sarà quindi sempre bisogno di combustibile con il potere calorifero del petrolio».
LE ALGHE Non si tratta assolutamente delle alghe che tutti conosciamo, quelle che troviamo sugli arenili o vediamo quando ci mettiamo pinne e maschera per curiosare tra i fondali marini. «Sono microalghe, nel senso di unicellulari e piccolissime, palline di diametro tra i cinque-dieci micron, ovvero millesimi di millimetro». Si trovano in natura, nei mari e nei fiumi. Si tratta di estrarle, isolarle, farle crescere e inserirle nel bioreattore. «Sfruttando il processo di fotosintesi clorofilliana si cibano delle sostanze presenti nel fluido in cui è stata captata la CO2 e la loro massa si moltiplica rapidamente. Modificandole geneticamente è possibile migliorare notevolmente la resa».
I PASSI SUCCESSIVI Il passaggio dalla teoria alla pratica industriale, assicura Cao, non presenta nessun ostacolo tecnico scientifico. «Abbiano solo la necessità di dimostrare l’efficienza del processo tramite un test a bocca d’impianto che può essere fatto entro un anno. Intendiamo allestire un’apparecchiatura di modeste dimensioni, un centinaio di litri, collegata alla fonte di emissione di CO2 per far conoscere la tecnologia e poi discutere di cessione del brevetto per produzioni consistenti». La progettazione e la gestione industriale non rientra tra gli obiettivi dei ricercatori. Loro si limitano a fornire il know how , ovvero le conoscenze e i metodi per la loro applicazione. Ad altri il compito di sfruttarle. Non gratis, ovviamente.
AMBIENTE E CONTI ECONOMICI Il brevetto rende possibile abbattere quote di CO2, tagli che per le aziende hanno ritorni economici e di immagine assai rilevanti. «Oggi il costo di produzione sarebbe più alto di quello attuale del petrolio. Ma non sarà così in futuro - prevede Cao - quando il prezzo del greggio salirà col contrarsi della sua disponibilità». Viceversa, è prevedibile un inasprimento degli obblighi di abbattimento delle emissioni alla luce delle crescenti preoccupazioni per i mutamenti climatici attribuiti ai gas serra.
Se applicato in Sardegna, il brevetto potrebbe generare occupazione a patto che posti di lavoro e utili d’impresa vadano di pari passo. «Abbiamo immaginato un impianto a valle della centrale di Fiumesanto. Captando solo il venti per cento delle emissioni di C02 potremmo soddisfare circa un quinto dell’intera domanda isolana di biodiesel. Risultato ottenibile con un investimento stimato in 130 milioni. I costi di gestione sarebbero nell’ordine di 30 milioni l’anno mentre i ricavi potrebbero oscillare tra i 50 e 150 milioni annui. Il rendimento cambia secondo il mercato di riferimento, ovvero biopetrolio, antiossidanti e torta residua». Comunque sempre appetibile.
STEFANO LENZA
lenza@unionesarda.it
 
 
2 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 18
Università
Protesta contro il corso della Crui: «Pensate a difendere la ricerca»
«Adesso ci si mette anche la Crui a pretendere di insegnarci in un giorno quanto dovremmo già saper fare». All’Università di Cagliari non l’hanno presa tanto bene e quel seminario di tre giorni (23 aprile, 4 giugno e 5 luglio) a Roma organizzato dalla fondazione Crui (braccio operativo della Conferenza dei rettori delle università italiane) è diventato motivo di grande discussione tra docenti e ricercatori. «Nessuno di noi parteciperà, è solo per far cassa, magari qualche dottorando o giovane ricercatore ci può cascare per la modica cifra di 150 euro», dice Cristina Lavinio, docente di Linguistica educativa a Lettere.
IL MALCONTENTO La voce di protesta, sostenuta da altri colleghi, ha varcato i confini dell’Ateneo: la Lavinio non ci ha pensato due volte a far arrivare il disappunto a chi di competenza, con una mail alla segreteria della fondazione. «I professori universitari non possono accettare neppure l’idea che si possa essere istruiti in un giorno su come realizzare percorsi di ricerca. Forse si dimenticano che fare ricerca fa parte del diritto dovere di noi professori ordinari, a cui fa capo sia la didattica che la produttività scientifica». Di qui l’invito ai colleghi della Crui «a impegnarsi un po’ più a fondo per difendere l’Università dai tagli e a respingere con forza ogni tentazione di subalternità a un mercato che finirà per condizionare la ricerca decretandone la fine: o è autonoma e di base, oppure non è degna di questo nome. Così come spero che la Crui respinga l’inaccettabile disegno di governance degli Atenei».
 
 
3 - L’Unione Sarda
Cronaca di Cagliari - Pagina 19
Il docente universitario lavorerà nel programma di rientro dei cervelli
C’è anche un docente dell’Università di Cagliari nel Comitato scientifico che procede alla selezione dei progetti di ricerca presentati nell’ambito del Programma per giovani ricercatori “Rita Levi Montalcini”, ex programma rientro dei cervelli.
Si tratta del professor Gaetano Di Chiara, ordinario della Facoltà di Farmacia, chiamato dal ministero dell’Università a farne parte in qualità di studioso di alta qualificazione scientifica in ambito internazionale.
Il Programma prevede uno stanziamento di 6 milioni di euro a favore di giovani studiosi ed esperti italiani e stranieri, impegnati stabilmente all’estero da almeno un triennio, finalizzato alla realizzazione di programmi di ricerca proposti ad università italiane. Alla commissione di cui fa parte Di Chiara spetta ora il compito «di esprimere motivati pareri sulla qualificazione scientifica dei candidati e sulla valenza scientifica dei progetti di ricerca».
Di Chiara ha fondato a Cagliari il dipartimento di tossicologia ed è tra i ricercatori più citati nelle discipline di neuroscienze e farmacologia.
Il Programma, ora intitolato a Rita Levi Montalcini, è un progetto attivato dal ministero, al quale ha aderito anche l’Ateneo di Cagliari, finalizzato alla stipula di contratti con giovani studiosi, italiani o stranieri, stabilmente impegnati all’estero. Non ci sono vincoli né sul tipo di disciplina né sulla nazionalità: unici requisiti del bando sono l’essere in possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente da non più di sei anni e l’avere in corso, da almeno un triennio, un’attività didattica o di ricerca all’estero.
 
 
4 - L’Unione Sarda
Nuoro e Provincia - Pagina 17
I problemi dell’ateneo, i lavori per il campus, la scuola forestale, la città della cultura, le tensioni con la Provincia
«Sarò il paladino dell’università»
Il sindaco Mario Zidda lascia dopo dieci anni di mandato
Nessuna vita da pensionato: al termine dell’incarico Zidda annuncia il suo impegno a fianco del comitato spontaneo nato in difesa dell’università nuorese. «Sono pronto a fare anche il tassista», dice.
Dopo dieci anni trascorsi in prima linea, Mario Zidda guarda con occhio disilluso la competizione elettorale. Stavolta sta fuori dal gioco: stop obbligato a conclusione del mandato-bis. Esponente dei Ds, è incoronato sindaco due volte da un centrosinistra dilagante che nel 2005 sfiora il 69 per cento. «Ho un senso di gratitudine che esprimo anche con emozione», ammette lasciando da parte per un attimo l’abituale razionalità. «Dieci anni sono un percorso importante, anche della vita degli altri, come di chi era ragazzo e oggi è adulto e vota. Avere la responsabilità che questa pienezza di diritti di cittadinanza e personalità sia avvenuta quando io ho azionato le leve della città mi emoziona».
Nel 2000 puntava a creare una città-cerniera del territorio col recupero di una centralità regionale. Invece i giovani se ne vanno e Nuoro è epicentro della crisi.
«La capacità di ruolo è un messaggio che sta passando. C’è un fenomemo demografico significativo sui giovani di età lavorativa. È un punto di debolezza».
L’università è in pessimo stato.
«Ci siamo impegnati oltre ogni ragionevolezza confrontandoci con le autorità militari per realizzare il campus. Oggi ci sono i protocolli. Un pezzo del campus è pronto nel convento delle ex Carmelitane. Non abbiamo pensato a un campus nella sola ex Artiglieria ma anche in varie parti della città. È imminente l’avvio dei lavori della nuova caserma di Pratosardo che consente l’assegnazione dell’ex Artiglieria rispetto a cui ci sono 5-6 milioni di euro per avviare la progettazione».
Manca un progetto di rilancio.
«Manca una presa di posizione chiara della Regione. Noi stiamo facendo le infrastrutture: ma servono o no? Noi andiamo avanti e altri nicchiano. Dopo la Finanziaria ho scritto alla Regione, ai rettori, alle Province di Nuoro e Oristano. Non ho ricevuto risposte. Il mio impegno, però, continuerà».
Come?
«A fianco del comitato spontaneo, se vorrà il mio supporto, anche come tassista da Nuoro a Cagliari».
Sull’università ha pesato lo scontro tra Comune e Provincia.
«È probabile che qualche danno l’abbia fatto, ma io non mi sento autore. Ho cercato di valorizzare ciò che c’era proponendo di allargare il consorzio ai Comuni. Poi si è pensato a un altro ente: per me una battuta di rallentamento. Con la giunta Soru si è arrivati a definire il polo nuorese: niente doppioni, ma campus, summer school, corsi di primo e secondo livello. Poi tutto è rientrato in un cono d’ombra, c’è un silenzio imbarazzante. La Regione ha grande parte perché tira i cordoni della finanza, non gli enti locali. Trovo scandalosa la mancanza di senso di responsabilità».
Tra i punti importanti il Puc, ma non è operativo.
«Questo è l’iter. Però è stato approvato e dice che tipo di città si vuole. Oltretutto risolve la questione dell’abusivismo di Testimonzos».
Lei ha sempre avuto a cuore la città della cultura con nuovi musei. C’è chi le rimprovera di averci pensato troppo, a discapito di strade e parcheggi.
«Il sistema museale è idea elitaria di cultura o accesso allo sviluppo per attività artigianali ed economiche? Credo sia l’uno e l’altro. Pensi al mercato civico. Aveva perso senso e funzionalità, oggi è un edificio con un’idea dentro: luogo di esposizione e incontro di produzioni artigianali e agroalimentari di Nuoro e del territorio. Nuoro è polo della cultura anche ambientale».
A proposito, la scuola forestale?
«I fondi per la ristrutturazione ci sono, ma dipende dalla Regione che si è ripresa l’edificio. Il Comune sta recuperando la vecchia colonia di Solotti, destinata al centro di geografia dell’ambiente per attività di studio e ricerca. Abbiamo messo in campo una visione organica: l’ambiente come risorsa immaginando che Nuoro fosse sede di un decentramento amministrativo regionale. Ma il rispetto dei patti spetta alla Regione».
C’è chi dice che non si è fatto nulla per il monte Ortobene.
«Il Puc dice che è un’oasi da rispettare. Se lo sviluppo significa cemento bene ha fatto il Puc a dire di no. Ma sul Monte abbiamo fatto tanto: rete fognaria e idrica, scuola forestale, il centro di Solotti, la piscina in fase di ristrutturazione, i costoni rocciosi, i lavori nella chiesetta e nella casermetta, la cessione all’Ente foreste. Ma finché i nuoresi non valorizzano il loro patrimonio personale il Monte non rinasce».
Aveva annunciato grande attenzione alle periferie. L’unico contratto di quartiere è in alto mare.
«Il disegno delle periferie ha subito rallentamenti. Per il contratto di quartiere il consiglio comunale ha deliberato una somma utilizzata per strade e buche in maniera un po’ estemporanea perché il fervore degli amministratori non sempre vede l’insieme e la gerarchia degli impegni. Ci metto tutto l’impegno, assieme alla maggioranza, per recuperare quella somma e non perdere il finanziamento regionale. Alle periferie abbiamo, comunque, pensato con gli appalti su illuminazione, raccolta differenziata dei rifiuti, rete del gas e toponomastica».
I cittadini non hanno capito la conflittualità, interna al Pd, tra Comune e Provincia. Come la spiega?
«Con una diversa visione che non ha trovato un equilibrio. Io sono stato dentro la cinta muraria della città. Certo, sulla biblioteca Satta e sull’Atp si poteva lavorare assieme».
Per l’opposizione lascia tante incompiute.
«Ne ho trovate tante: Eliseo, centro polifunzionale, ex Tribunale, casa Ciusa, mercato. Ora recuperiamo le case storiche che 10 anni fa neppure appartenevano al Comune».
L’opera di cui va più orgoglioso?
«A parte il recupero del centro storico, una visione della città di cui i nuoresi hanno una percezione minore. Molti sentono Nuoro come sede ideale per un confronto culturale: penso al Man, all’Etnografico».
Cosa avrebbe voluto fare e non è riuscito?
«Una politica più forte per i giovani. Ma spero venga avviato presto il centro di via Ballero: i lavori sono finiti. Ci sarà un laboratorio con spazi e tecnologia a disposizione di chi costruisce progetti e occasioni di lavoro. In cambio i giovani restituiscono qualcosa di socialmente utile attraverso la banca del tempo».
Meglio Deriu o Arbau?
«Non sono un tifoso per natura».
E la litigiosità nel Pd?
«Vedo i sussulti di un progetto mal digerito per la fusione di culture diverse. È perdente chi si misura con categorie concettuali e organizzative delle culture d’origine. Ciascuno deve adottare il metodo critico dell’autovalutazione. Bisogna tenere riferimenti alti, altrimenti si rischia un corpo a corpo tutto locale».
Farà il pensionato?
«Faccio il cittadino impegnato. Sono a disposizione della comunità».
MARILENA ORUNESU
 
  
5 - L’Unione Sarda
Oristano e Provincia - Pagina 17
università
Archeologia subacquea: «No a un nuovo corso»
Un corso universitario di Archeologia subacquea a Olbia appare inconcepibile. Lo sostiene il capogruppo del Popolo della Libertà in Consiglio regionale Mario Diana. «In un quadro di difficoltà dell’università italiana stupiscono certe fughe in avanti che tendono a riproporre la frammentazione dei corsi - dichiara - Sarebbero in corso contatti con il Governo per creare in Sardegna un nuovo corso di Archeologia subacquea a Olbia, oltre a quello attivato a Oristano dalla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari, unico in Italia». I lusinghieri risultati ottenuti «hanno accreditato il corso oristanese in ambito nazionale e internazionale. L’Università di Sassari ha già in programma di trasformare il percorso di studi in un corso di laurea magistrale in Archeologia subacquea, mantenendo la sede a Oristano. Appare pertanto inconcepibile che si proponga un nuovo corso universitario a Olbia, dopo che l’Università di Sassari, in accordo con gli enti pubblici di Oristano e il Consorzio Uno, ha portato avanti una politica di alta formazione con il corso già esistente».
 
 
6 - L’Unione Sarda
Provincia di Cagliari - Pagina 31
San Sperate
Dopo i muri delle case, il colore invade le strade
Strade colorate. Come i muri. Un tutt’uno con i murales. Una sola anima, quella del colore nel centro storico che renderà il paese riconoscibile anche dall’alto. Un reticolo di vie blu, rosse, gialle, azzurre che in modo permanente cambieranno l’identità di San Sperate. È "Colore Identità", il progetto nato dalla spinta del direttore artistico dell’associazione No Arte, Pinuccio Sciola, del centro di progettazione Officine Vida con l’architetto Gabriele Schirru e voluto dall’Amministrazione comunale. Oggi, nel Museo del Crudo, verrà presentato. L’iniziativa renderà protagonisti gli stessi cittadini di San Sperate, saranno loro i progettisti, proprio come quando è nato il muralismo circa quarant’anni fa. Alla manifestazione parteciperanno gli esperti provenienti dal mondo universitario, che daranno un supporto ai sansperatini nella progettazione delle proprie strade colorate sia dal punto di vista socio-psicologico (curato dal Dipartimento di Psicologia di Trieste), sia da quello architettonico (Università di Genova, Ferrara e Milano). Alle 18 interverrà il direttore artistico Pinuccio Sciola che presenterà l’iniziativa, seguirà un dibattito e un buffet alle 20.
MAURA PIBIRI
 
 
7 - L’Unione Sarda
Prov Sulcis Pagina 21
Bullismo, il Sulcis non è immune
Sette studenti su cento dicono di esserne stati vittime
Il fenomeno preoccupante è stato rivelato da un’indagine voluta dalla Provincia di Carbonia-Iglesias insieme alla Procura della Repubblica, dal Coni e dall’Università di Cagliari.
La maggior parte delle prepotenze avvengono in cortile, nei bagni e in aula. Si va dalle offese alle aggressioni fisiche, dai danneggiamenti alle umiliazioni davanti agli altri compagni o amici. E qualcuno ha subito piccole angherie anche via sms.
IL FENOMENO Il Sulcis Iglesiente, benché non sembri raggiungere le percentuali nazionali, conosce il fenomeno del bullismo. E soprattutto lo conoscono, perché lo hanno vissuto sulla propria pelle, i circa 120 studenti sui 757 che sono stati i protagonisti dell’indagine sul bullismo condotta nelle prime classi delle tredici scuole superiori del territorio dalla Provincia di Carbonia Iglesias assieme alla Procura della Repubblica, al Coni e all’Università di Cagliari. Il 7,3 per cento dei ragazzi intervistati tramite questionario anonimo, hanno ammesso di aver subito episodi più meno rilevanti di sopraffazione. Quasi un caso per ogni classe esaminata. Il tre per cento di costoro è stato addirittura vittima di un aspetto moderno e inedito, ma purtroppo sempre più diffuso, del fenomeno: il cyber bullismo, ovvero le molestie online perpetrate con l’invio di e-mail, sms e mms.
IL DATO Sconcertante un dato: il 4,7 per cento dei ragazzi e il 3,2 per cento delle studentesse sottoposti al sondaggio ha dichiarato di aver subito prepotenze attraverso strumenti elettronici. Dieci tramite sms, sei attraverso il social network “Facebook”. Dunque, dato che il campione di 757 studenti è ampiamente significativo per arrivare a trarre conclusioni accettabili, è evidente che nel Sulcis Iglesiente il bullismo c’è. Conforta che la percentuale sia sotto la media del 10-15 per cento nazionale: «Ma è una magra consolazione - sottolinea l’assessore provinciale alle Politiche sociali Emanuela Valdarchi - perché il fenomeno qui è presente e non va sottovalutato: non siamo un’isola felice ma ora serve una presa di coscienza per capire come agire e come rapportarci». Si parte quindi dal dato: il 7,3 per cento degli studenti presi ad esame ha avuto a che fare almeno una volta con il bullo di turno, e di questi quasi il 4 per cento (26 casi) ne è rimasto vittima più di due volte, alcuni (8) anche parecchie volte alla settimana.
GLI EPISODI Gli episodi, tranne i casi di cyber bullismo, sono gli stessi che si possono riscontrare in qualsiasi scuola: offese e aggressioni fisiche (una quarantina di casi), umiliazioni in pubblico, danni o furti di oggetti. C’è chi ha ricevuto minacce e chi ha scoperto (aspetto del bullismo tipicamente al femminile) che sul suo conto erano state messe in giro calunnie. Ora, dopo l’indagine, le contromisure: «La presenza del Coni e i sani valori dello sport - ha concluso l’assessore - sono un punto di partenza per incontrare i ragazzi e le famiglie».
ANDREA SCANO

 

 
LA NUOVA SARDEGNA
 

8 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
UNIVERSITÀ 
Il farmacologo Getano Di Chiara nella commissione «Montalcini» 
CAGLIARI. C’è anche il farmacologo Gaetano di Chiara nel Comitato scientifico che selezionerà i progetti di ricerca presentati all’interno del programma per giovani ricercatori Rita Levi Montalcini, conosciuto anche come progetto «Rientro dei Cervelli». Che prevede uno stanziamento di 6 milioni di euro a favore di giovani studiosi ed esperti italiani e stranieri, impegnati all’estero da almeno un triennio, finalizzato alla ricerca all’interno delle università italiane. Alla commissione di cui fa parte Di Chiara spetta ora il compito «di esprimere motivati pareri sui candidati».


9 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Gallura
IL CASO 
Archeologia subacquea, adesso spunta l’ipotesi di un corso universitario 
OLBIA. Un nuovo corso di laurea da affiancare a Economia e management del turismo. In città nessuno sembra saperne nulla. La notizia arriva dal capogruppo regionale del Pdl, Mario Diana, e dei colleghi di partito Oscar Cherchi e Domenico Gallus, che si scagliano contro l’ipotesi di un corso di laurea in Archeologia subacquea a Olbia. Il gemello di quello già presente a Oristano. «In un quadro di generale difficoltà dell’università italiana, che si appresta a sperimentare la riforma proposta dal governo Berlusconi - dicono - stupiscono certe fughe in avanti di stampo localistico che tendono a riproporre la frammentazione dei corsi universitari, avversata dalla riforma. Rumors politici riportano che sarebbero in corso contatti con il Governo per creare a Olbia un nuovo corso di Archeologia subacquea, che però è già stato attivato nel 2004 a Oristano. L’unico in Italia. E’ auspicabile che queste voci rimangano tali».
(al.pi.)


10 - La Nuova Sardegna
Pagina 9 - Cagliari
Archeologia subacquea: Pdl contro nuovi corsi 
Si parla di una probabile apertura a Olbia e Mario Diana, Cherchi e Gallus insorgono 
ORISTANO. Anche se parlano di rumors, i consiglieri regionali Mario Diana, Oscar Cherchi e Domenico Gallus non usano giri di parole e definiscono «fughe in avanti di stampo localistico» i presunti contatti con il Governo nazionale tesi a creare in Sardegna un nuovo corso di arcoelogia subacquea oltre a quello, unico in Italia, attivato sin dall’anno accademino 2004-2005 a Oristano dalla facolta di lettere e filosofia dell’Università di Sassari. “I lusinghieri risultati ottenuti, sia nell’ambito didattico che in quello della ricerca scientifica, oltre all’impiego di tre ricercatori - scrivono i tre consiglieri -, hanno accreditato il corso oristanese in ambito nazionale e internazionale. L’Università di Sassari ha già in programma, sulla base dei parametri che saranno introdotti dalla riforma, di trasformare il percorso di studi in un corso di laurea magistrale in archeologia subacquea e dei paesaggi costieri del Mediterraneo, di carattere interuniversitario ed internazionale, mantenendo la sede ad Oristano. Il corso potrà collegarsi con l’istituendo Centro di eccellenza e di alta formazione per l’Archeologia subacquea, già finanziato dalla Giunta regionale con 4.750.000 euro di provenienza comunitaria. Appare pertanto inconcepibile che si proponga di attivare un nuovo corso universitario di archeologia subacquea con sede ad Olbia, dopo che l’Università di Sassari, in accordo con gli enti pubblici territoriali di Oristano e il Consorzio Uno, ha portato avanti una coerente politica di alta formazione con il corso già esistente. È auspicabile - concludono i tre consiglieri - che i rumors rimangano tali e non approdino a nulla di concreto.
 
 
11 - La Nuova Sardegna
Pagina 2 - Cagliari
UNIVERSITÀ
Filosofia, iscrizioni online.
Per gli studenti di Lettere e filosofia, è possibile presentare on line la domanda di laurea all’indirizzo www.unica.it.
 
 
12 - La Nuova Sardegna
Pagina 25 - Sassari
Lunedì dibattito con Evandro Agazzi 
Ai raggi X la natura filosofica della scienza 
SASSARI. «Razionalità scientifica e razionalità pratica» è il tema della conferenza che sarà tenuta il 12 aprile, alle 16,45, da Evandro Agazzi, nell’“open space” della facoltà di Lettere e Filosofia, in via Maurizio Zanfarino 62. L’evento è organizzato dall’Associazione Sassarese di Filosofia e Scienza, in collaborazione con l’università di Sassari con la sponsorizzazione della Fondazione Banco di Sardegna.
 Il tema della razionalità della scienza e delle altre forme di conoscenza è stato affrontato da illustri relatori in un ciclo di incontri che si concluderà con quello del 12 aprile. L’argomento interessa non solo gli specialisti della scienza e della filosofia ma anche tutti quelli che, consapevoli della crescente importanza del sapere scientifico, s’interrogano sulla sua validità e i suoi fondamenti.
 In quest’ottica è inevitabile domandarsi se la validità della scienza e il consenso unanime che essa riscuote siano la conseguenza della razionalità con cui essa è costruita o se anche in essa ci siano degli elementi che sfuggono al controllo delle procedure razionali. Che dire, poi, delle altre forme di conoscenza in cui sembra che la razionalità giochi un ruolo ridotto? Sarebbe possibile bandire da esse tutto ciò che appare non razionale?
C’è molta aspettativa per il contributo che sarà portato al dibattito da Evandro Agazzi: è uno dei più autorevoli filosofi della scienza italiani.
 
 
13 - La Nuova Sardegna
Pagina 22 - Sassari
Rivoluzione «verde» nelle case 
Convegno sulle nuove tecnologie promosso dalla Scuola edile 
Tecniche costruttive e risparmio energetico del terzo millennio 
SASSARI. Pareti che respirano, sonde sotterranee, caldaie ad alto rendimento, elettrodomestici intelligenti. Tutto nel rispetto dell’economia e dell’ambiente. Non è fantascienza, ma gli ultimi ritrovati nel campo dell’edilizia sostenibile, la risposta concreta alle leggi approvate dall’Unione europea e già recepite dagli stati. Se ne è parlato ieri a Predda Niedda durante il convegno «Nuove tecnologie per il risparmio energetico in edilizia», organizzato dalla Scuola edile in collaborazione con il Comune.
Specialisti provienienti da diverse realtà nazionali e regionali hanno fatto il punto su quella che si preannuncia come un’autentica rivoluzione «verde». Tutto ruota attorno al concetto di risparmio energetico, la chiave per capire cosa sta accadendo negli staff di progettazione incaricati di studiare le soluzioni da adottare per le abitazioni del terzo millennio. L’intento è duplice: affrancarsi gradualmente dalla dipendenza dai paesi produttori di petrolio e rispettare l’ambiente, risorsa strategica quanto le energie sostenibili. Un’idea vaga di quello che accadrà nei prossimi decenni sul fronte del risparmio energetico che aprirà nuove prostettive anche per l’occupazione.
Vittorio Tramontin, ingegnere dell’Università di Cagliari, ha disegnato uno scenario sufficientemente chiaro per capire come saranno fatte le case del futuro. E se il risultato deve essere l’economia, lo studio comincia molto prima rispetto alla progettistica tradizionale. Allora, non solo impianti ad alto rendimento, ma anche uso di materiali innovativi che consentono di isolare l’ambiente domestico con una traspirazione adeguata al tipo di clima. L’obiettivo, secondo Tramontin «è raggiungere l’autosufficienza entro il 2018 nel rispetto dei parametri imposti dall’Unione europea che parlano di consumi compresi fra i 20-30 kilowatt all’ora per metro quadro di superfice in un anno».
Si parlerà sempre più spesso di efficienza energetica, una specie di classifica in base alla quale saranno valutate le abitazioni più o meno virtuose, cioé realizzate nel rispetto dell’ambiente. Per gli edifici esistenti o storici sono previsti interventi mirati al miglioramento dell’involucro edilizio. Attenzione particolare sarà rivolta agli impianti interni «che garantiranno - ha rimarcato Costantino Mastino (università di Cagliari) - un rendimento adeguato alle caratteristiche dell’ambiente in cui viene realizzato l’edificio». Insomma, tutto sarà curato nel minimo dettaglio per abbattere i costi legati al condizionamento delle abitazioni e ridurre le emissioni nocive per l’aria e gli organismi.
Il convegno, coordinato dall’ingegnere Massimo Fresi di Legambiente, è stato aperto dal presidente della Scuola edile, l’architetto Salvatore Orani, e da Francesco Sircana, assessore provinciale all’Ambiente. L’iniziativa conclude il progetto realizzato dall’Esep (Ente Scuola edile provinciale), diretto da Angelica Manca, nel quadro delle iniziative previste dal protocollo «Agenda 21».
ANTONIO MELONI 
 
 
14 - La Nuova Sardegna
Pagina 9 - Sardegna
Il ricercatore di Onanì costretto a inseguire la foca monaca in Croazia 
Sono sicuro di trovarla anche nel mare sardo: ma il mio progetto di ricerca non è stato finanziato 
NUORO. Lo dice chiaramente che «di foche monache non si campa». Ma lui va avanti lo stesso, sicuro che un giorno tornerà nella sua isola. Luigi Bundone, 39 anni, di Nuoro, è un altro di quei giovani partiti dalla Barbagia per inseguire una passione e «costretti» a non rientrare nella propria terra «perché in Sardegna bisogna prima di tutto combattere le reticenze». Della gente e delle istituzioni.
L’ultimo progetto presentato di recente alla Regione sarda non gli è stato finanziato. E così se n’è andato in Croazia. Da aprile del 2009 Luigi collabora infatti con il gruppo foca monaca croato (Grupa Sredozemna Medvjedica) guidato da Jasna Antolovic - ne fa parte anche Emanuele Coppola - per uno studio sperimentale di monitoraggio costiero della foca monaca nella penisola di Kamenjak. Laurea all’università di Venezia in Scienze Ambientali con una tesi dal titolo «La foca monaca nel Mediterraneo: stato di conservazione e strategie gestionali» e una parte sperimentale dedicata a un possibile studio dell’esemplare nella costa sarda. Oggi Luigi, sempre a Venezia, fa l’accompagnatore turistico.
Quei soldi gli servono per le ricerche, i viaggi, le campagne di sensibilizzazione, i monitoraggi, i progetti che vorrebbe realizzare per la salvaguardia della specie. Ma, più di ogni altra cosa, vorrebbe studiarla in Sardegna la foca monaca: è stata avvistata, una delle ultime volte, nel mare di Arbatax. Eppure non può farlo, per il momento si spera. Ha presentato un progetto alla Regione ma non è stato finanziato. E così i suoi studi ha deciso di farli in un’altra terra: la Croazia.
Un curriculum di eccellenza: tra le altre cose Luigi Bundone fa parte del Gruppo Foca Monaca Italia, ha partecipato a un viaggio ecoturistico sperimentale in Turchia, ha organizzato seminari per l’Università di Venezia, è referente scientifico e coordinatore del primo ecotour in Cilicia e, ancora, ha realizzato una campagna sperimentale per il monitoraggio della foca monaca in Sardegna nell’ambito del documentario «Save the seals» del regista ceco Slavek Miroslav.
In Sardegna, però, manca qualcosa. «La coscienza del proprio territorio». Luigi Bundone non esita a dirlo. Insieme al padre e al nonno, pastore a Onanì, ha guardato più di una volta la sua terra «e ho ancora gli occhi carichi di bellezza» dice con un pizzico di commozione. «Ma per portare avanti un certo tipo di progetti - aggiunge - devi prima educare la gente e non puoi farlo certamente imponendo le cose. Bisogna sensibilizzare la popolazione locale e combattere quella reticenza che non permette di conoscere a fondo il proprio territorio».
Lui è convinto: nei 1837 chilometri di costa sarda la foca monaca c’è.
«Noi abbiamo un dovere nei confronti di questa specie - sostiene Luigi Bundone - sapere se esiste e se ci sono popolazioni riproduttive». Una volta raggiunto questo traguardo, considerato che nella nostra isola le aree protette sono già istituite, «si può lavorare per identificare con esattezza l’habitat disponibile attraverso dei rilevatori di presenza». Un risultato importante che consentirebbe poi di raggiungere l’altro obiettivo: lo studio delle strategie di conservazione.
«Si pensava fossero solo nel golfo di Orosei - spiega il ricercatore -, sono state segnalate delle presenze anche a Cala Gonone. L’ultimo avvistamento, invece, è stato in Ogliastra, al largo di Arbatax». Non bisogna poi dimenticare che la foca monaca è un mammifero marino: «Si riproduce in acqua ma ha bisogno di tornare a terra per far nascere i cuccioli». E le grotte, per esempio, dove appunto la foca spesso si rifugia, sono un altro importante luogo da monitorare con attenzione.
Il 39enne nuorese è combattivo e lo dice senza mezzi termini: «Prima o poi ce la farò». Si riferisce al fatto che riuscirà a far sì che questi esemplari, nella nostra isola, non si “perdano” nell’indifferenza e nella scarsa fiducia delle istituzioni. Nel frattempo continua a collaborare con altri Paesi.
L’ambizione maggiore, ovviamente, è quella di portare in Sardegna le conoscenze acquisite in dieci anni di esperienza in Italia e all’estero. Crederci è già un passo importante.
NADIA COSSU

   



E POLIS - IL SARDEGNA
 
 
15 - E Polis / Il Sardegna
Pagina 18 - Grande Cagliari
l’intervista
Giacomo Cao
Professore ordinario di Principi di Ingegneria chimica e ambientale nella facoltà di Ingegneria di Cagliari

SCHEDA
E’ nato il 22/09/’60 a Cagliari. Laureato nel 1986 in Ingegneria chimica nell’Ateneo di Cagliari. Professore ordinario nel 2001. Coordinatore di numerosi progetti di ricerca: tra cui “Progetto Cosmic, per l’esplorazione umana dello spazio, finanziato dall’agenzia spaziale italiana, e lo “Studio della cinetica di produzione dell’acido tereftalico”.
Università. Bio petrolio dall’anidride carbonica, ateneo cagliaritano capofila della ricerca
Dall’anidride carbonica al bio-petrolio
La società sarda B.T.srl ha depositato il brevetto europeo per la produzione di combustibili rinnovabili, grazie alla collaborazione con Università, Crs4 e Cnr. di Enrica La Nasa

La scoperta
ha anche l’obiettivo di ridurre l’immissione nell’atmosfera dei cosiddetti gas serra
Dall’anidride carbonica al bio-petrolio, utilizzando le microalghe. Parte dalla Sardegna l’innovativo brevetto per la produzione di combustibili rinnovabili e, nel contempo, per la salvaguardia dell’equilibrio ambientale del nostro pianeta, messo a rischio dall’emissione dei cosiddetti gas serra. Il 31 marzo marzo la società B.T. srl, ha depositato il brevetto europeo sul “Procedimento per la produzione di bio-petrolio che prevede l’utilizzo dell’anidride carbonica”. Brevetto realizzato grazie alla collaborazione con l’Università di Cagliari, il Crs4 e il Cnr, coordinata dal professor Giacomo Cao, docente della Facoltà di ingegneria di Cagliari,
Professor Cao in cosa consiste questo brevetto?
«Si tratta di un procedimento per la produzione del biopetrolio, attraverso l’utilizzo delle microalghe e dell’anidride carbonica prodotta dalle centrali termoelettriche».
In che modo?
«Le alghe unicellulari sono in grado di utilizzare l’anidride carbonica per accrescersi e moltiplicarsi attraverso processi di fotosintesi in fotobioreattori, ultimato questo processo, è possibile estrarre dalle alghe il bio-petrolio, utilizzabile per la produzione del bio-disel, maanche di vitamine, anti-ossidanti, anti-microbici e anti-tumorali».
Tutto questo utilizzando i cosiddetti gas serra?
«Esatto. Questo brevetto, unico in Italia, ha un duplice obiettivo: produrre combustibili rinnovabili e ridurre l’immissione nell’atmosfera dell’anidride carbonica, che è tra i gas che stanno creando l’effetto serra nel nostro pianeta».
In Europa ci sono ricerche avviate come questa?
«A quanto mi risulta non ci sono attività di rilievo, mentre sono molto avanti negli Stati Uniti. Noi stiamo procedendo per piccoli passi. Abbiamo sviluppato la tecnologia su scala pilota, ora, dopo che il brevetto europeo verrà concesso, inizieremo a testarla sul campo».
In che modo?
«Valuteremo l’efficacia della tecnologia e le sue potenzialità a “bocca di emissione”, ossia preleveremo una corrente gassosa industriale direttamente all’origine di emissione per poi trattarla con la tecnologia da noi inventata».
Come si può tradurre in numeri?
«Sull’ipotesi di captare il 18 per cento dell’anidride carbonica emessa da una centrale termoelettrica della Sardegna, come quella di Fiumesanto, e convertendola in bio-petrolio si potrebbe soddisfare circa l’11 per cento dell’intera domanda della Sardegna».
Si tratterebbe di un risultato straordinario che nascerebbe dalle “intelligenze” sarde. C’è qualcosa che sta cambiando nella nostra Isola?
«È un grande risultato sia per l’Università di Cagliari sia per la società B.T. (Biomedical) srl, che ha la sua sede operativa nel Parco scientifico e tecnologico della Sardegna. Siamo riusciti a dare seguito alla logica dell’interazione tra mondo imprenditoriale e quello della ricerca».
La B.T. è un’azienda sarda?
 «Sì, è stata fondata da quattro giovani ricercatori, che hanno meno di 40 anni, e che si sono formati in Sardegna. Nell’Isola manca ancora un tessuto di piccole e medie imprese che gravitino nel settore dell’innovazione tecnologica. Ma forse qualcosa sta cambiando».

 
16 - E Polis / Il Sardegna
Pagina 19 - Grande Cagliari
Formazione
Borse di studio per specializzandi
La Regione, su proposta dell’assessore alla Sanità, Antonello Liori, ha approvato alcune delibere sulla formazione in campo sanitario. Per gli 88 contratti di formazione specialistica (65 per Cagliari e 23 per Sassari) sono stati stanziati 2,2 milioni finalizzati alla frequenza delle scuole di specializzazione delle facoltà di Medicina e Chirurgia. I giovani medici percepiranno 25mila euro per i primi due anni di frequenza e 26mila per i successivi. Sebbene il numero dei laureati destinatari dei contratti sia stabilito dal ministero le Regioni possono attivare ulteriori contratti di accesso alle Scuole di specializzazione. Sono state assegnate anche borse di studio per la frequenza delle scuole di specializzazione della facoltà di Medicina veterinaria dell’università di Sassari: 185.656 euro per 16 borse, otto per sanità animale, allevamento e produzioni zootecniche e altrettanti per ispezioni degli alimenti di origine animale.
 
 
17 - E Polis / Il Sardegna
Pagina 20 - Grande Cagliari
Università. In via Corte d’Appello
L’architettura a Cagliari da venerdì ciclo di incontri
Comincia venerdì il ciclo di conferenze “Aprile dell’Architettura a Cagliari”. Si tratta di appuntamenti organizzati dalla facoltà di Architettura con alcuni protagonisti dell’architettura contemporanea. Il primo incontro, dal titolo “Architettura e Novecento. Diritti, conflitti, valori” consiste nella presentazione e discussione in anteprima assoluta del volume di Carlo Olmo, un testo sul ruolo e sul contesto della progettazione contemporanea. Seguirà, martedì 13 aprile, l’incontro con Nicola Di Battista, dal titolo “Architetture per la città pubblica”, mentre giovedì 22 aprile sarà la volta di Nieto y Sobejano arquitectos, con “Memory and Invention”. Sede degli incontri in cartellone per il ciclo di conferenze - che cominceranno alle 17.30 - è l’Aula magna di via Corte d’Appello.
 
 

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