Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
16 October 2010
ufficio stampa e redazione web
RASSEGNA QUOTIDIANI LOCALI
       
L’UNIONE SARDA
O1 - lettera di una studentessa cagliaritana a Napolitano
02 - Ingegneria. Matricole bocciate ai test d'ingresso
03 - Scienze motorie. Sit-in di protesta davanti al Rettorato
04 - Una casella mail per tutti gli iscritti dell'ateneo
05 - Stage organizzati all'Università di Monteponi
06 - Inchiesta. Consulenti d'oro in camice bianco
07 - Ginecologia. Litigi in sala parto: nessun caso nell'Isola
08 - Regista e scrittore all'ex convento
 
LA NUOVA SARDEGNA
09 - Università in crisi, la Gelmini ha torto
10 - Meloni: «Mai più lavoro gratis nei nostri atenei»
11 - Sassari. Ieri ennesima manifestazione contro la riforma
12 - Sassari. Ex mattatoio, si defila l’Università: sparisce l’aula magna
13 - Sassari. Veterinaria, studio su virus che causa tumori nelle pecore
14 - Statuto sardo. Intervento del preside di Giurisprudenza di Sassari
15 - Jocelyn Bell a Cagliari: «Sì, gli alieni esistono Parola di astronoma»
 

QUOTIDIANI NAZIONALI
Link: rassegna stampa CRUI
Link: rassegna stampa MIUR

    
  
L’UNIONE SARDA
 
1 - L’Unione Sarda / Cagliari e Provincia - Pagina 21
Università. La disperata lettera di una studentessa cagliaritana, Domenica Farci, a Napolitano
«SIGNOR PRESIDENTE, CI SALVI LEI»
Esami negati, che diritto allo studio è questo?
 «Non è forse la Costituzione ad affermare che tutti devono poter raggiungere i gradi più alti degli studi?»
Domenica Farci ha vent'anni. Sogna un futuro nella ricerca genetica ed ha chiaro il percorso per arrivare al suo obiettivo. Due anni fa ha preso la maturità a pieni voti al liceo classico Siotto e si è iscritta all'università, Biologia. Ha dato tutti gli esami del primo anno collezionando una serie di trenta e trenta e lode. E infatti ha ottenuto un assegno di merito dalla Regione. È, come si dice, una studentessa modello. Che punta a laurearsi nei tempi previsti.
Peccato che la riforma universitaria non glielo consenta. Perché due degli esami previsti nel suo piano di studi, zoologia e anatomia comparata, non li potrà dare. I due ricercatori che garantivano la docenza non ci sono più, spazzati dalla riforma ed il bando dell'ateneo per trovare i sostituti, cioè volontari che garantiscano un insegnamento gratuito, ovviamente è fermo. Niente docenti, niente corsi, niente esami.
Così ieri, dopo aver inutilmente cercato spiegazioni e vie d'uscita con i colleghi e in segreteria, dopo aver visto sfilare, anche a Cagliari, presidi e docenti assieme agli studenti e dopo aver constatato quanto l'università sia disarmata davanti ai tagli impietosi al bilancio dello Stato, ha deciso di scrivere al presidente della Repubblica. Una lettera piena di frustrazione e nello stesso tempo struggente. Perché racconta la bellezza di un'illusione e la drammaticità della realtà.
LA LETTERA «Mi rivolgo a Lei, in quanto cittadina italiana, per manifestare l'amarezza che provo nel constatare quanto l'istruzione, soprattutto ai gradi più elevati, sia ignorata e ostacolata dall'attuale situazione politica. Ho vent'anni e sono una studentessa presso l'Università di Cagliari nella facoltà di Biologia. Io, come tanti altri colleghi, mi sono impegnata duramente per poter avere una carriera universitaria regolare, completando nei tempi previsti gli anni accademici. Al giorno d'oggi», scrive la studentessa, «non ho ancora potuto iniziare le lezioni per la mancanza di docenti; a causa dei tagli ai fondi previsti dal Ddl 133 la mia università può offrire solo un “contratto di docenza a titolo gratuito” per le cattedre scoperte, contratto che non reputo favorevole all'arrivo di un docente. Cosa potrò fare per poter sostenere gli esami di profitto per tali materie se manca un professore con cui sostenere gli esami? Non ho forse il diritto di poter proseguire gli studi e soprattutto di completarli nei tempi previsti? Non è forse la Costituzione stessa ad affermare che tutti devono essere messi in facoltà “..di poter raggiungere i gradi più alti degli studi”?»
«In quanto studentessa universitaria», si chiede ancora Domenica Farci, «ho forse io perso il diritto di poter completare gli studi? Credo che il sistema scolastico/universitario», riflette, «andasse riformato, ma credo anche che tutto ciò andasse fatto senza che fossero gli studenti meritevoli a pagarne i danni. Mi rivolgo a Lei», è l'appello finale, «sperando che possa intervenire affinché presto sia possibile poter riprendere gli studi e credo di parlare a nome di tutti i miei colleghi dicendole che tutto ciò che vogliamo è la possibilità di studiare».
STUDENTI SPIAZZATI Domenica Farci sa che, a meno di un miracolo, di quattro esami (anatomia comparata e zoologia sono entrambi doppi) nel suo libretto non ci sarà traccia. E che perderà 28 crediti. Perché, dice, «gli insegnanti di quelle materie non arriveranno. Sul sito internet della facoltà ho verificato che il bando pubblicato all'inizio di settembre per trovare docenti a titolo gratuito è andato deserto. Significa che, come prevedibile, nessun insegnante è disponibile. Ho visto che ne hanno pubblicato un altro ieri, ma non nutro speranze. Ho provato a contattare la segreteria e non riesco mai a sentire nessuno, assieme a molti colleghi ho parlato con tanti docenti. Sono tutti dispiaciuti ma non sanno che cosa dirci».
ESPERIENZA EMBLEMATCA La sua è un'esperienza emblematica. Una storia che racconta, come tante emerse in queste settimane di proteste e di rabbia, la tragedia dell'università italiana.
FABIO MANCA
 
 
2 - L’Unione Sarda / Cagliari e Provincia - Pagina 21
Ingegneria
Matricole bocciate ai test d'ingresso «Non ci fanno seguire le lezioni»
Non hanno superato i test d'ingresso in Ingegneria e ora non possono seguire le lezioni. Per questo quando si sono presentati in aula sono stati invitati ad andar via e a lasciare il posto ai colleghi. Il primo contatto con l'Università delle matricole bocciate ai test non è stato un battesimo fortunato. Protestano per essere state messe alla porta ma tant'è: da quest'anno le regole nella facoltà di piazza D'Armi sono queste.
SBARRAMENTO Chi non ha superato il test iniziale di preparazione (quest'anno 250 matricole) non può iniziare la vita “normale” da studente. Deve prima seguire i corsi (semestrali) per recuperare i debiti. Solo se e quando riuscirà nell'impresa (e questo vale per tutti gli aspiranti ingegneri), non prima di aver superato la verifica finale (a gennaio o a febbraio), potrà andare avanti. «I bocciati nei test, iscritti a tempo parziale, non devono seguire le lezioni - spiega il preside di Ingegneria Giorgio Massacci - per loro è previsto un altro percorso. Noi facciamo i test e da quest'anno anche i corsi di recupero che non hanno precedenti e richiedono un impegno notevole: al termine ogni matricola sarà sottoposta a verifica e solo se riuscirà a superarla potrà seguire le lezioni nel secondo semestre. Seguiranno i corsi più tardi, fatti apposta per loro». Chi non supera la verifica (né la prima né la seconda) può sempre ripetere i test d'ingresso nel prossimo anno.
SCELTA GIUSTA «Noi - osserva il preside - mettiamo a disposizione degli studenti due verifiche presupponendo che in sei mesi riescano a colmare le lacune con i corsi di recupero: se non vi riescono è bene che facciano una riflessione seria, anche rivedendo la loro scelta. Al contrario chi recupera e si rimette in carreggiata non avrà alcun limite nel dare gli esami».
 
 
3 - L’Unione Sarda / Cagliari e Provincia - Pagina 21
Scienze motorie
Sit-in di protesta davanti al Rettorato «Fondi tagliati, così non si va avanti»
L'Università di Cagliari dimezza i fondi destinati a Scienze motorie e i cinquecento studenti del corso insorgono. Ieri mattina una folta rappresentanza ha dato vita a un corteo di protesta che è partito alle 9,30 da piazza Yenne e si è risolto in un sit-in davanti al Rettorato, in via Università.
FONDI TAGLIATI «L'anno scorso», hanno detto in coro gli studenti Andrea Mulas, Daniele Podda, Fabrizio Annis e Ilaria Meloni, «i fondi concessi dall'Ateneo per il nostro corso ammontavano a circa 110 mila euro e si erano dimostrati insufficienti per un regolare svolgimento dell'attività didattica. Ciononostante, quest'anno i fondi a noi destinati hanno subito un drastico taglio raggiungendo a malapena quota 60 mila euro». Un provvedimento contestato anche dal presidente del corso, Giovanni Floris, costretto alle dimissioni per l'impossibilità materiale di gestire il corso. Dimissioni poi ritirate, anche a seguito della decisione dell'Ateneo di concedere 20 mila euro in più.
«In definitiva», afferma Enrica Tocco, rappresentante degli studenti di Scienze motorie, «quest'anno il nostro corso dovrà funzionare con un budget massimo di 80 mila euro che non potranno ovviamente bastare per alimentare i numerosi insegnamenti a contratto (se ne contano una ventina), l'affitto degli impianti per le attività pratiche e l'acquisto delle attrezzature».
INCONTRO Ieri una delegazione è stata ricevuta dal rettore Giovanni Melis. «Ci ha rassicurato», riferisce Tocco, «promettendoci che farà il possibile per garantire almeno gli stessi 110 mila euro dell'anno scorso». La settimana prossima ci sarà comunque un nuovo incontro in via Università. Nel frattempo gli studenti si preparano a un nuovo sit-in, alla Regione. (p.l.)
 

4 - L’Unione Sarda / Cagliari e Provincia - Pagina 21
Il nuovo servizio è stato realizzato dalla Direzione reti e servizi informatici
Una casella mail per tutti gli iscritti dell'ateneo
Una casella di posta elettronica per ogni studente dell'Ateneo: è l'obiettivo dell'iniziativa, avviata col nuovo anno accademico, che punta a fornire una mail per tutti in collaborazione con Microsoft. Lo studente non deve fare alcuna richiesta, ma verificare solo nella propria pagina l'esistenza dell'indirizzo e andare su un sito destinato proprio a questo scopo per recuperare le credenziali (identificativo e prima password). L'Ateneo di Cagliari è tra i primi in Italia ad offrire questo servizio.
«Da alcuni anni stiamo cercando di migliorare i servizi on line per gli studenti», ha spiegato Luca Sanna Randaccio, coordinatore dell'iniziativa per la Direzione reti e servizi informatici (Drsi) guidata da Gaetano Melis, «e l'anno scorso abbiamo iniziato con la verbalizzazione digitale degli esami e compilazione on line del questionario di valutazione della didattica. Da quest'anno vogliamo dare a tutti gli studenti (compresi quelli del post-lauream iscritti a master, scuole di specializzazione, scuole di dottorato) una casella con una capienza della posta in arrivo pari a 10 Gb. Il nuovo indirizzo comparirà anche nella loro anagrafica presente nel database del sistema informativo per la didattica e potrà essere usata in futuro dall'Ateneo come e-mail di riferimento per tutte le comunicazioni».
Il nuovo servizio è stato realizzato dal personale della Drsi in collaborazione con i tecnici Microsoft. Utilizzando l'account di posta, sarà possibile usufruire anche del servizio Dreamspark di Microsoft (www.dreamspark.com) che mette a disposizione gratuitamente numerosi software e sarà inoltre possibile beneficiare di alcuni sconti per l'acquisto di altri programmi. Al momento sono già stati attivati più di 30mila account. L'attivazione del servizio non ha comportato alcun costo per l'Ateneo.

 

5 - L’Unione Sarda / Iglesias - Pagina 29
Due stage, in città studenti da tutto il Mediterraneo
LA SICUREZZA IN MINIERA? SI IMPARA A MONTEPONI
Successo per i due nuovi stage organizzati dal consorzio Forgea all'Università di Monteponi. Lezioni anche sui fanghi rossi.
Sono una cinquantina in tutto, hanno in tasca una laurea col massimo dei voti e vengono dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Fino a ieri i ricercatori si sono incontrati all'Università di Monteponi per studiare (in inglese) come prevenire e rimediare a incidenti simili a quelli dei mineros cileni o in che modo, e se, sia possibile recuperare i fanghi rossi. «L'appena concluso corso di “Salute e sicurezza nel settore minerario, nelle operazioni in sottosuolo e recupero nel territorio” - spiega Mariano Murtas, direttore del Forgea International che ha organizzato gli stage - e quello di fine settembre su “Economia dell'ambiente e delle risorse naturali” sono attività partite ben prima che i fatti del Cile e dell'Ungheria salissero agli onori della cronaca».
FORMAZIONE Il Forgea International è un consorzio che si occupa di alta formazione da dodici anni. È nato con la Carta di Cagliari insieme al Parco Geominerario, socio del consorzio insieme all'ateneo cagliaritano. L'Unesco gli ha affidato la missione di formare i nuovi scienziati, dirigenti e tecnici delle scienze geominerarie e ambientali. A Palazzo Bellavista, sede dell'Ausi, il Forgea, dal 1998, ha istituito 28 corsi post lauream e coinvolto come docenti più di 500 addetti ai lavori (fra accademici e manager). Gli studenti provengono dall'Italia e da Paesi a volte in guerra fra loro: Albania, Bosnia, Algeria, Egitto, Tunisia, Turchia, Iraq, Marocco, Siria. A Monteponi si trovano in pace e con un solo obiettivo: acquisire l'eccellenza delle tecnologie raggiunte in campo minerario nel Sulcis.
TECNOLOGIA A Monteponi e dintorni, scavi come quello di San Josè in Cile si facevano già 25 anni fa: «Il pozzo P - racconta Luciano Ottelli, direttore del Parco Geominerario - quello che oggi è dedicato a Giovanni Paolo II è un esempio di scavo ottenuto con foro calibrato e centrato al millimetro. Solo che, rispetto al Cile, parliamo di gallerie larghe tre metri». Per i tecnici non sono operazioni facili neppure nel 2010: «Solo i migliori sanno progettare e gestire ogni movimento della macchina».
I corsisti hanno gradito l'esperienza e sono rimasti affascinati dalle miniere, soprattutto quella della Carbosulcis, una delle poche ancora attive nella zona. «Il valore aggiunto dei corsi - sottolinea Paolo Bevilacqua, prof del Consorzio interuniversitario nazionale per l'Ingegneria delle georisorse - è unire il mondo del lavoro all'università con esempi di teoria e pratica. Qui si può sperimentare direttamente».
ALL'ESTERO Il Forgea, su richiesta dei ricercatori, esporterà le conoscenze acquisite a Iglesias organizzando degli stage nei Paesi di origine dei partecipanti: «Formeremo - conclude Maurizio Murtas - molte più persone ma la sede principale dei progetti resta Palazzo Bellavista».
MIRIAM CAPPA
 
 
6 - L’Unione Sarda / Oristano e Provincia - Pagina 21
Inchiesta. Sanità ai vertici della classifica oristanese. Scuola: la spesa si aggira sui 650 mila euro
Consulenti d'oro in camice bianco Asl: pagati 3,7 milioni di euro
Negli enti e amministrazioni che hanno trasmesso al ministero per la Pubblica amministrazione e l'innovazione gli incarichi affidati a consulenti e collaboratori esterni, ci sono l'Azienda sanitaria locale oristanese e, nel settore scuola, l'Ufficio regionale scolastico. Manca invece la Camera di commercio, o perché nel 2009 ha fatto a meno di esterni o perché ha sbagliato pigiando il tasto del computer. O, ancora più probabile, si è dimenticato di farlo.
Rimedierà, diversamente il ministro Renato Brunetta ha comunicato che boccerà qualunque nuovo incarico. Cosa che invece potrà continuare a fare l'Asl, in testa a tutti gli altri enti e amministrazioni oristanesi, Provincia compresa, che pure l'anno scorso si era data da fare quanto a euro impegnati.
SANITÀ Un sistema scontato per la cronica mancanza di personale e di specializzazioni più volte lamentato dal commissario Gianni Panichi. L'azienda oristanese tutta, compresi gli ospedali di Oristano, Ghilarza e Bosa, nel 2009 ha pagato prestazioni esterne in buona parte mediche per circa 3,7 milioni di euro. Due incarichi, assegnati entrambi a febbraio 2009 e che finiranno nello stesso mese del 2012, hanno assorbito un milione e 600 mila euro. Trecentomila euro sono stati pagati per prestazioni già effettuate, la restante somma lo sarà seguendo di marcia. Gli altri impegni finanziari sono abbastanza lontani da quelli messi in bilancio per la chirurgia oculistica e riguardano più di cento fra medici, comunicatori e informatici. Trentamila euro sono stati stanziati a favore di Michela Spiga per istruire i procedimenti depenalizzati.
Gli incarichi medici interessano un po' tutti i settori, psicologia, medicina interna, radiologia, cardiologia, analisi di laboratorio. A Giorgio Tidore è stato affidato il supporto “alla fase preliminare e progettuale per lo scorporo di due strutture ospedaliere”. Un lavoro che all'Asl costerà 28.640 euro. Mille euro sono stati invece spesi per un corso di formazione per la lotta all'alcolismo.
SCUOLA L'ufficio regionale scolastico ha invece lavorato sul numero: più di 500 nominativi per una spesa intorno ai 600 mila euro. Pochissimi hanno superato i 10 mila euro, la media viaggia intorno ai mille. Al 90 per cento si tratta di docenti esterni chiamati per la realizzazione di progetti didattici i più diversi, alcuni anche originali. Si va dall'“Imparo a ballare” per i bambini della scuola dell'infanzia di Domusnovas Canales, 15 ore di “danza e passu” per 500 euro, al “fare per suonare” per 1.485 euro. C'è anche chi ha finanziato la “scuola di vela” e chi “la ricerca di Orione”. Più i corsi di recupero, la formazione per insegnanti, l'assistenza informatica.
ARGEA E sulla vicenda che riguarda l'assegnazione da parte dell'Argea all'Università di Cagliari di un milione e 250 mila euro per il ripopolamento dell'aragosta rossa, interviene il direttore dell'Agenzia regionale, Marcello Onorato, che in un documento precisa: «Si tratta di un programma approvato dall'assessorato regionale all'Agricoltura la cui responsabilità tecnica e operativa è stata affidata, sempre dall'assessorato all'Università di Cagliari, per altro autrice del progetto. L'Argea Sardegna, braccio operativo della Regione in campo agricolo e della pesca, altro non ha fatto che dare attuazione al programma utilizzando somme stanziate dal bilancio regionale e appositamente trasferite all'Agenzia».
ANTONIO MASALA
 
 
7 - L’Unione Sarda / Cronaca di Cagliari - Pagina 27
Ginecologia. I primari sardi a confronto con la cronaca: la mortalità perinatale è in costante calo
Litigi in sala parto: nessun caso nell'Isola
Cosa sta accadendo nelle sale parto di mezza Italia in questi ultimi tempi? Numerosi gli eventi avversi che assurgono agli onori della cronaca ormai da mesi. Da Venezia passando per Cosenza, fino alle baruffe tra i medici di Messina. Quella che emerge dai mezzi di comunicazione è l'immagine di una sanità malata, una parata di reparti di maternità inesorabilmente alla deriva, luoghi in cui alberga la morte più che la vita.
Ma è questo un dato reale o è il frutto di un'enfatizzazione mediatica sistematica che esula completamente da un'analisi attenta dei dati? Ci si è interrogati a lungo proprio su questi temi ieri, alla tavola rotonda organizzata da Ugl, al Mediterraneo, alla presenza di molti esperti e primari di ostetricia e ginecologia delle aziende ospedaliere, pubbliche e private, del capoluogo sardo.
«Le statistiche parlano chiaro - ha ribadito Gian Benedetto Melis, direttore della clinica ostetrica e ginecologica del San Giovanni di Dio di Cagliari - la mortalità perinatale in questi ultimi 50 anni è progressivamente diminuita». Dieci anni fa le morti in sala operatoria erano doppie rispetto ad oggi e triple rispetto a venti anni fa. «Quello sardo poi - ha precisato Melis - è un dato ottimo (3,8 per mille) rispetto anche alla media nazionale (4,1 per mille)». I numeri sono ancor più confortanti quando si parla poi di mortalità materna «evento estremamente raro», ha puntualizzato ancora Melis.
«L'incidenza - ha chiarito Eleonora Coccollone, primaria del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari - è di 2-3 casi ogni centomila gestanti».
Sì, ma allora perché tutto questo rumore? «Il problema - ha spiegato Gavino Faa, preside della facoltà di Medicina - è che è necessario distinguere gli episodi di incompetenza e poca professionalità come quello di Messina, dalle fatalità e da quelle circostanze per le quali la medicina nulla o poco può fare». Malformazioni e disfunzioni fetali, emorragie post partum, la casistica è infinita e «i fondi per la sanità - ha ricordato Melis - sono sempre più esigui, soprattutto in Sardegna».
Malgrado questo - ha però chiarito Faa - «gli standard assistenziali isolani sono adeguati, se non superiori a quelli di altre regioni d'Italia».
GIULIA MAMELI

 
8 - L’Unione Sarda / Quartu S.Elena - Pagina 33
Regista e scrittore all'ex convento
Via Brigata Sassari. Per la presentazione di un libro
Oggi alle 17,30 nell'ex convento dei cappuccini in via Brigata Sassari il regista Giovanni Columbu presenterà il romanzo “Non di questi tempi” di Stefano Daniel Furesi. Diciannove anni, l'autore vive in città, studia Scienze della comunicazione all'Università di Cagliari e suona in un gruppo rock metal per il quale ha composto diversi brani.
Furesi, già al lavoro sul secondo romanzo, nei suoi racconti affronta temi quali il pregiudizio, l'emarginazione e ogni forma di discriminazione da lui definiti come «alcuni dei flagelli peggiori della società». “Non di questi tempi” racconta le vicende di Jill, un ragazzo misterioso e diverso che viene da un lontano futuro. Nella sua vita dovrà far fronte a diverse difficoltà e troverà nel suo cammino un amico speciale. (g. da.)
   
 

 
LA NUOVA SARDEGNA 
 
9 - La Nuova Sardegna / Pagina 21 - Fatto del giorno
UNIVERSITA’ IN CRISI 
La Gelmini ha torto, ma i problemi derivano anche dagli errori di chi governa (male) gli atenei 
Un «no» sia alla privatizzazione strisciante sia alle degenerazioni di un sistema che penalizza brutalmente la qualità 
di Andrea Pubusa
Anche in Sardegna, come in tante altre piazze d’Italia, si sono svolte manifestazioni di protesta contro la riforma Gelmini. A Cagliari c’è stato il rischio anche di uno scambio di controparte. Non il, ma il Rettore Giovannino Melis, sostenitore della mobilitazione, ma reo d’aver detto, a proposito del testo Gelmini, che «le modifiche non sono tutte negative, la riforma va gestita». La posizione non è scandalosa, va semmai articolata. E’ innegabile, ad esempio, che ricondurre la concorsualità, almeno quella di prima fascia a livello nazionale, è un fatto positivo. Con la concorsualità locale, più d’un barone, senza essere Caligola, avrebbe potuto mettere in cattedra anche il proprio cavallo.
 Ma detto questo, in generale la proposta Gelmini è fortemente negativa, perché c’è al fondo non il rilancio dell’Università pubblica, ma la riduzione della sfera pubblica nell’alta istruzione per favorire le istituzioni private. Il giochetto è sempre lo stesso: si tolgono i finanziamenti in modo da rendere inaccettabile il servizio statale fino a rendere auspicabile la prevalenza dell’insegnamento privato. La chiusura ai ricercatori, il loro precariato vanno in questa direzione ed hanno questa finalità.
 Nell’istruzione questo indirizzo è però più dannoso che negli altri campi, perché le scuole e le università private, oltre a selezionare in base al censo, sono caratterizzate da una sorta di pensiero unico: si toglie ai giovani la possibilità di orientamento autonomo che nasce dal venire a contatto con docenti di varie scuole di pensiero. L’autonomia e la libertà d’insegnamento è una delle basi e al tempo stesso una fucina di democrazia. E tutto il sistema dei debiti e crediti? Il linguaggio del mercato, l’aziendalizzazione non solo della gestione degli atenei, ma anche dei contenuti dei corsi è un non senso, in un ambito dove dovrebbe essere la cultura seppure orientata ad attività professionali a farla da padrona. Per molti docenti gli scempi di questi decenni sono stati causa di indicibili sofferenze ed anche d’isolamento, nell’intento di non dar man forte allo scempio. Il che ha anche favorito l’emergere di gruppi dirigenti negli organi universitari non all’altezza. Tutto questo spiega anche la mancanza di un discorso di verità sull’Università. Quanto alle scelte errate dei ministri e del parlamento hanno aggiunto gli stessi organi di governo autonomo delle facoltà e degli atenei? Moltiplicazione delle sedi e delle cattedre non giustificate da reali esigenze culturali e didattiche, ma pensate solo in funzione della creazione di cordate universitarie, fino a smarrire il senso e la funzione di queste istituzioni.
 Gli atenei poi non si improvvisano. Occorrono decenni per creare una Università dove si formino in comunità i ceti dirigenti (almeno regionali). Così era Cagliari fino a qualche tempo fa. Era dalle Università che veniva la ragnatela delle conoscenze dei gruppi politici e professionali dirigenti della società. Una rete preziosa di relazioni, la cui utilità travalica l’ambito personale a favore dell’interesse generale. Cosa c’entra con tutto questo la proliferazione degli atenei in chiave baronale? E i costi delle moltiplicazioni inutili e dannose? Il salto ad ostacoli di corsi da svolgere in due mesi? Ma nessuno pone questi temi nelle sedi in cui si esprime l’autonomia universitaria, perché sono spinosi e costringono a scelte e a rotture dolorose. Ammetto che prendersela solo coi ministri di turno è più facile ed è anche giusto. Ma è molto, molto parziale. Di tanti mali dell’Università siamo responsabili noi stessi.



10 - La Nuova Sardegna / Pagina 24 - Sassari
L’APPELLO DI MELONI
«Mai più lavoro gratis nei nostri atenei»
SASSARI. «Non è più possibile che il funzionamento dell’università italiana sia fondata sul lavoro precario di decine di migliaia di ricercatori e addirittura sul lavoro gratuito di persone sottoposte al peggiore dei ricatti: o lavori gratis o interrompi il tuo percorso di carriera».
 È quanto sostiene il consigliere regionale del Pd, Marco Meloni, responsabile nazionale Università e Ricerca del partito a proposito del bando dell’università di Sassari, facoltà di Lettere, che propone ai ricercatori contratti di lavoro con compenso pari a un euro lordo. «Ovviamente è un contratto a titolo gratuito - dice Meloni - e non deve essere permesso. Rivolgo dunque un appello alle autorità accademiche dell’università di Sassari: annullate quel bando e non cercate più di colmare le lacune degli organici ricorrendo a mezzi di questo genere».


11 - La Nuova Sardegna / Pagina 24 - Sassari
ANCORA IN LOTTA PER LO STUDIO 
Ieri ennesima manifestazione contro la riforma 
Sciopero e corteo in centro Alla protesta indetta dai Cobas hanno preso parte gli studenti di scuole medie e superiori, gli insegnanti precari e i ricercatori universitari 
SASSARI. Un fiume di ragazzi, docenti, genitori, precari e ricercatori universitari per le strade della città a urlare una rabbia incontenibile per una riforma, quella Gelmini, «che ci vuol far precipitare tutti in un abisso di ignoranza e di povertà culturale ed economica». Striscioni, slogan e vuvuzuelas in viaggio da via Tavolara a piazza d’Italia.
 Ieri mattina si è svolta l’ennesima manifestazione di protesta contro le leggi che stanno trasformando radicalmente il sistema dell’istruzione in Italia. La tanto contestata riforma avviata dal ministro Maria Stella Gelmini è di nuovo sul banco degli imputati: il sindacato Cobas ha infatti indetto una manifestazione che seguiva di pochi giorni il precedente sciopero della scuola.
 I ragazzi delle scuole medie e delle superiori si sono radunati mezz’ora dopo il suono della campanella in via Tavolara, ai giardini pubblici. Da lì, dove nel frattempo erano arrivati i docenti e ricercatori, si è mosso il corteo equipaggiato con striscioni contro la Gelmini e il ministro dell’Economia Tremonti. «Non vogliamo una scuola di serie B - hanno detto le persone che hanno sfilato in via Asproni e poi in via Roma fino a piazza d’Italia -. Vogliamo che ai nostri ragazzi sia garantita un’istruzione competitiva. Che agli insegnanti sia restituita la dignità e ai precari una prospettiva credibile». Bordate di fischi e canzoni fino all’arrivo sotto il palazzo della Provincia dove si è passati agli interventi sulla situazione che si è creata da due anni a questa parte. «È proprio da due anni che le proteste e le manifestazioni si susseguono - hanno detto i rappresentanti dei precari -. Due anni di passione che però non ci hanno fatto ancora desistere. Lo facciamo per il nostro lavoro, certo. Ma siete voi ragazzi che alla fine pagherete il prezzo più alto di una riforma criminale. Tra qualche anno, quando andrete a cercare lavoro, vi renderete conto che i titoli di studio dei vostri coetanei europei valgono molto di più».
 Alla manifestazione hanno partecipato, per dare la loro solidarietà, i ricercatori universitari. «Abbiamo partecipato al corteo di stamattina - ha detto Alberto Alberti, portavoce della delegazione guidata dal prorettore Laura Manca - per manifestare la nostra delusione nei confronti dell’intera classe politica che mostra scarsa attenzione verso l’istruzione scolastica a tutti i livelli».


12 - La Nuova Sardegna / Pagina 26 - Sassari
Cambia la Cittadella della Cultura
Nell’ex Mattatoio si defila l’Università: sparisce l’aula magna
 SASSARI. I progetti parlavano di Cittadella universitaria, o polo della cultura e della scienza. Le buone intenzioni, per il futuro dell’ex Mattatoio di via Zanfarino, restano tutte. Ciò che invece scompare è uno dei protagonisti di questa ambiziosa idea: ovvero l’Università. E il motivo è molto pratico: l’Ateneo sassarese non ha scucito un solo euro per la realizzazione dell’opera. Ha partecipato nel 2006 alla settimana strategica, ha collaborato alla stesura delle linee guida del progetto, ma poi, al momento di predisporre le risorse, si è defilata. Ed ecco che sulle carte compaiono i primi ritocchi: per esempio scompare l’aula magna destinata agli incontri e ai dibattiti degli studenti, sostituita da un teatro da 300 posti. La commissione cultura del Comune ne ha discusso ieri.
 Il presidente Sergio Scavio (Pd), ha descritto l’ipotesi progetturale: ha parlato delle aree destinate a laboratori creativi, del giardino, dei parcheggi, dello spazio bar-ristoro. E ha accennato a un possibile affidamento a un gestore privato.
 Il sopralluogo è previsto la prossima settimana. (lu.so.)


13 - La Nuova Sardegna / Pagina 8 - Sardegna
Virus causa tumori nelle pecore: si valuta il rischio per l’uomo 
Importante studio avviato da Alberto Alberti della facoltà di veterinaria In novembre sarà pubblicato su «Virology» 
SASSARI. Dalla scoperta di un nuovo papilloma virus come causa del più diffuso carcinoma nelle pecore, e cioè quello squamocellulare che attaccando la mammella interferisce sulla produzione del latte, all’interrogativo se lo stesso agente patogeno possa infettare l’uomo. Non è questione da poco in una terra come l’isola dove esiste una stretta vicinanza di habitat tra greggi (con tre milioni di ovini censiti) e pastori (27mila gli addetti nel settore della zootecnia).
 E se poi si considera che il tumore squamocellulare è secondo per incidenza, tra le neoplasie della pelle presenti nella popolazione umana, solo al melanoma, ecco l’importanza dello studio avviato dal dottor Alberto Alberti, ricercatore in malattie infettive nella facoltà di veterinaria di Sassari, in collaborazione con un’équipe tutta sarda. Lavoro che, proprio per l’originalità e le implicazioni di salute pubblica che comporta, verrà pubblicato sul numero di novembre della prestigiosa rivista scientifica internazionale «Virology».
 Ad Alberti la lampadina si è accesa dopo aver rilevato l’alto numero di casi di questo tipo di carcinoma nei capi ovini, segnalati dalla rete veterinaria, e il pesante impatto economico nel settore delle produzioni di latte e formaggio che la malattia produce. Ha così iniziato la «caccia» all’agente patogeno, cioè il possibile «killer» delle cellule epiteliali che ne produce la trasformazione in tumore. Una strada battuta con successo dal tedesco Harald zur Hausen che nel 2008 ha ricevuto il premio Nobel per la Medicina proprio per aver scoperto per primo la correlazione tra papilloma virus e il carcinoma della cervice uterina nelle donne.
 «Analizzati i campioni prelevati nelle aziende agricole, siamo riusciti ad isolare il nuovo virus in circa il 70 per cento dei casi esaminati. Poi abbiamo sequenziato il genona identificando i due geni responsabili della trasformazione tumorale - spiega Alberto Alberti -. Ma soprattutto abbiamo dimostrato che questo papilloma virus infetta soltanto le cellule epiteliali così come i papilloma virus umani». In pratica, l’agente patogeno «è risultato molto differente da quelli descritti nelle pecore e nei ruminanti e molto più simile a livello di genoma a quello umano».
 Un risultato con una duplice importanza: «Da un lato - sottolinea il ricercatore - si è scoperta l’esistenza di un nuovo virus oncogeno. Dall’altro, che la pecora può costituire il modello ideale attraverso il quale studiare come i papilloma virus inducono i tumori e così sviluppare vaccini, strumenti diagnostici e terapici sia per gli animali che per l’uomo».
 Folto il team che ha partecipato allo studio, con docenti e ricercatori di Veterinaria e della Porto Conte Ricerche srl: il professor Marco Pittau, Salvatore Pirino, Francesco Pintore, Maria Filippa Addis, Bernardo Chessa (con il quale Alberti ha pubblicato un altro importante lavoro su «Nature», altra nota rivista specializzata), Carla Caciotto, Tiziana Cubeddu, Antonio Anfossi, Elisabetta Coradduzza, Roberta Lecis, Elisabetta Antuofermo, Laura Carcangiu e il veterinario Gavino Benenati che ha segnalato ai ricercatori i casi di infezione nelle pecore.
 A sostenere economicamente il lavoro, che si è svolto nel corso di tre anni, il finanziamento di 90mila euro ottenuto dalla Regione attraverso i fondi per la ricerca sanitaria finalizzata.
 L’individuazione del nuovo papilloma virus rappresenta però solo il primo passo di un più ampio progetto finalizzato a chiarire l’aspetto rimasto ancora senza risposte: esiste la possibilità che l’infezione possa «saltare» dalla pecora all’uomo? «Ho già chiesto alla Regione un finanziamento ad hoc per verificarlo - fa sapere Alberti -. Vogliamo approfondire la possibilità di creare vaccini con un’ampia copertura. Stiamo anche lavorando all’ipotesi - tutta da accertare - di fare la vaccinazione attraverso il latte».
 Intanto il ricercatore la prossima settimana sarà in Germania, dai colleghi dell’Istituto dei tumori tedesco, dove lavora il Nobel zur Hausen, per avviare una più stretta collaborazione sulla connessione tra virus e cancro.


14 - La Nuova Sardegna / Pagina 21 - Fatto del giorno
I tre errori che viziano il processo di riforma 
IL NUOVO STATUTO 
Sopravvalutazione del rapporto con lo Stato, verticismo, scarsa conoscenza del dibattito teorico sui federalismi possibili
di Giovanni Lobrano
PRESIDE FACOLTÀ GIURISPRUDENZA SASSARI
Con eccezioni onorevolissime, il processo riformatore sardo è stato viziato e compromesso da tre elementi caratteristici, che considero e chiamo «errori», ma che sono espressioni di una logica anti-riforme, della quale dobbiamo sbarazzarci.
 Il primo errore consiste nella sottovalutazione e nel disinteresse per la riforma della «forma di governo» regionale: pressoché totalmente dimenticata a favore della riforma della «forma di governo» italiano, ovverosia delle competenze che lo Stato italiano dovrebbe lasciare alle Regioni in generale e alla Regione sarda in particolare. Tale errore è facilitato dal pessimo o addirittura disgraziato uso linguistico di chiamare soltanto «legge statutaria» la legge che disciplina l’auto-governo dei Sardi, per chiamare invece «riforma dello Statuto» la summenzionata riforma costituzionale della forma di governo italiano, la quale - ovviamente - è di competenza non regionale ma del Parlamento italiano. Quest’uso linguistico significa (tra l’altro) la natura «ottriata» dello Statuto sardo: contro la logica e contro la dignità della Autonomia, la quale ha precisamente nella redazione del proprio Statuto la manifestazione fondamentale e fondante.
 Il secondo errore consiste nella dissociazione, anzi nella vera e propria contraddizione, tra la cosiddetta «riforma dello Statuto» (in realtà «riforma della Costituzione») per la quale si auspicano grandi riforme federative, sino alla rivendicazione della «indipendenza» o della «separazione», e la cosiddetta «legge statutaria», per la quale o semplicemente non si propone riforma alcuna o (come è avvenuto con la «legge statutaria» bocciata dal referendum) si tenta la contro-riforma iper-centralistica, disegnando una forma di governo regionale in cui le autonomie interne e - in definitiva - gli stessi cittadini sardi non contano nulla.
 Il terzo errore consiste nella insufficiente conoscenza dello stato della dottrina in materia di federalismo. Questo errore consiste nel credere che esista un solo tipo di federalismo: quello statalista/divisionista inventato da Madison, Jay, Hamilton e decantato da Tocqueville. Cioè: precisamente il federalismo predicato in Italia dalla Lega Nord (ivi comprese le sparate indipendentiste/separatiste): utile (forse e soltanto nei tempi brevi) per le Regioni del Nord ma disastroso (con certezza) per il Mezzogiorno e la Sardegna.
 Le conseguenze negative di questi tre errori sono numerose e tutte gravi. Ne ricordo qualcuna. Fuga di una intera classe di governo dalla propria responsabilità: doveri e inadempienze sono tutti e sempre altrove (a Roma) e di altri (lo Stato). Nessuna ipotesi di riforma: certamente non della forma di governo regionale ma - in definitiva - neppure della forma di governo italiano, perché il federalismo richiesto è meramente «reproductif». Autolesionismo all’interno della Sardegna: ciò che chiediamo ci danneggia. Irrilevanza fuori della Sardegna: non abbiamo proposte per l’Italia, l’Europa, il Mediterraneo.
 Per rimediare occorre ribaltare doppiamente la logica della non-riforma. Occorre aggiornare la conoscenza scientifica/istituzionale: esiste un altro federalismo, quello «societario», il cui massimo teorico moderno, Johannes Althusius, è ispiratore - oggi - della riflessione costituzionale più avanzata nella direzione sia della democrazia sia della efficacia socio-economica. Occorre, quindi, applicare questo federalismo altro alla totalità del processo riformatore, sia della forma di governo regionale sia della forma di governo italiano. Iniziando là dove abbiamo il potere e la responsabilità: la riforma della forma di governo regionale. Qualche proposta concreta in questa precisa direzione è stata già formulata dall’Anci con i progetti di potenziamento dei Consigli delle Autonomie Locali e di riforma (non abolizione!) delle Province come consigli di sindaci.


15 - La Nuova Sardegna / Pagina 39 - Cultura e Spettacoli
Jocelyn Bell a Cagliari: «Sì, gli alieni esistono Parola di astronoma»
La scienziata, fra le più importanti al mondo, che scoprì la presenza delle pulsar e «piccoli uomini verdi»
Lavorò con Antony Hewish, Nobel nel 1974 proprio per questa scoperta. A lei solo i premi di contorno
ROBERTO PARACCHINI
CAGLIARI. In quei centoventi metri di striscia di carta prodotti dal radiotelescopio ogni quattro giorni c’era un qualcosa di insolito. Era il 1967 e Jocelyn Bell era una giovane astrofica che stava facendo il dottorato di ricerca presso l’università di Cambridge, sotto la direzione di Antony Hewish. Tra i suoi compiti c’era l’analisi di quelle strisce: capì che in due centimetri e mezzo di quei centoventi metri c’erano dei segnali troppo veloci e regolari. «Inizialmente li battezzammo little green men (piccoli uomini verdi)», spiega Bell, astronomo tra i più famosi al mondo, oggi «professore in visita» alla Oxford University, in questi giorni a Chia per il simposio internazionale di astronomia sulle pulsar e ieri sera a Cagliari per una conferenza.
 - Professoressa, è vero che allora lei pensava di aver captato dei segnali di presenze aliene nell’universo?
 «No, no..., little green men fu un nome dato per gioco: perché inizialmente non si riusciva a dare una spiegazione di questo fenomeno. Poi si capì che si trattava di una pulsar: uno degli oggetti più affascinanti e strani dell’universo».
 - E fu la prima ad essere scoperta: entità nate da una supernova, l’esplosione di una stella massiccia il cui nucleo si collassa producento una massa estremamente compatta.
 «Sì, la forte densità e il movimento rotatorio molto veloce ci hanno costretto a creare molta nuova fisica per spiegare questi fenomeni».
 - Il suo professore di allora, Hewish, nel 1974 prese il premio Nobel soprattutto per questa scoperta: la prima pulsar...
 «Fu il primo Nobel dato a un astrofisico, in precedenza li assegnavano solo ai fisici».
 - Però lei non venne premiata, eppure fu la principale protagonista di questa scoperta, mentre la comunità scientifica internazionale le ha poi riconosciuto il suo valore assegnandole tutti i premi più importanti del settore...
 «In quel periodo avevo appena avuto il mio primo figlio. Ed ero anche molto impegnata. Capii che purtroppo i premi venivano dati agli uomini, mentre noi stavamo a guardare i figli».
 - Nella ricerca il ruolo delle donne è stato spesso disconosciuto. E oggi?
 «Nel 1993 venne assegnato un altro Nobel per l’astronomia e questa volta venne dato sia al professore che alla sua assistente».
 - Torniano un attimo al little green men: come astronomo qual è la sua posizione sull’esistenza di altre entità pensanti, o razionali, nell’universo?
 «Penso che ci siano. Le possibilità esistono. Il problema centrale è come riuscire a comunciare con loro».
 - Nell’astronomia vi sono tante questioni aperte: quali sono quelle più importanti?
 «I problemi centrali irrisolti sono tre: la materia oscura, l’energia oscura e le onde gravitazionali che modificano la distanza spazio temporale tra due punti e che derivano dalla relatività generale di Einstein, ma non hanno ancora avuto un riscontro sperimentale».
 - Ci spieghi la questione della materia e dell’energia oscura.
 «Nell’universo il 75 per cento circa dell’esistente è formato da energia detta oscura perché permette di mantere la struttura delle galassie, ma non sappiamo che cosa è, un grande mistero. Poi c’è un altro 22-23 per cento di materia oscura, anch’essa sconosciuta, ma di cui forse si potrà sapere qualcosa dagli esperimenti di Ginevra. Mentre il resto, quel 2-3% siamo noi, quello che conosciamo: mi sembra che il problema sia rilevante».
 - Sull’universo vi sono diverse teorie: si va da quella che prevede molti universi a quella detta standard: qual è la sua ipotesi cosmologica?
 «Penso che ve ne sia uno solo, di universo, e che tutto sia iniziato da un bing bang che fa sì che il cosmo si stia espandendo. Poi arriverà un tempo in cui le stelle, piano piano, moriranno e rimarranno solo dei buchi neri. Ma c’è ancora tempo...».
 - Lei ha visitato il radiotelescopio che sta sorgendo presso San Basilio: la sua impressione?
 «È una struttura molto sofisticata, tra le più avanzate al mondo e molto flessibile. Personalmente mi aspetto di utilizzarlo per poter continuare a fare importanti studi sulle pulsar».
 
 

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