Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
19 August 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’ufficio stampa e web

1 – L’Unione Sarda
Cagliari e Provincia Pagina 12
Università, il dedalo delle 4 lauree
Scelta tra triennale, specialistica, magistrale e ciclo unico
Come cambia l’offerta formativa per gli studenti universitari: l’istituzione dei corsi di laurea avviene in base alle risorse, al numero dei docenti e alle immatricolazioni. Ecco come sono stati riorganizzati
Nel Manifesto degli studi l’offerta delle undici facoltà: 91 corsi attivati, ancora in bilico tra vecchio e nuovo ordinamento
 
Sono 91 i corsi di laurea che sopravvivono nell’Ateneo di Cagliari. L’offerta formativa per il prossimo anno accademico contiene i più svariati insegnamenti, in alcuni casi un po’ troppo specialistici ma sicuramente più rispondenti alle esigenze del mercato del lavoro. Non c’è che l’imbarazzo della scelta e, al pari di altre Università, anche la nostra sforna squadre di dottori con titoli ben più fantasiosi che in passato, senza doversi inventare lo “scienziato del fiore e del verde”.
Fra lauree triennali, specialistiche, magistrali e qualche laurea a ciclo unico di 5-6 anni che ancora resiste, ci sono 48 corsi a numero chiuso e meno sedi decentrate (si salvano due corsi a Oristano). Una cura dimagrante iniziata già lo scorso anno (i corsi erano 94 nel 2008-2009 e 102 nell’anno precedente), con la trasformazione dei corsi universitari, come previsto dalla riforma “270” del 2004. «Alcuni sono stati soppressi e altri accorpati - spiega Giuseppa Locci responsabile della direzione Didattica e attività post lauream - abbiamo cercato di razionalizzare l’offerta e colto l’occasione per fornire risposte più adeguate a studenti, famiglie, territorio e mercato del lavoro». È un anno cruciale per tutte le Università e in particolare per l’Ateneo cagliaritano che si appresta a voltare pagina, chiudendo un’era (quella ventennale di Pasquale Mistretta) e inaugurando una nuova stagione con un rettore economista, l’ex preside Giovanni Melis, che dal primo novembre prenderà la guida dell’azienda-Università. Vediamo, dunque, quali sono per quest’anno i corsi che saranno attivati nelle undici facoltà cagliaritane, così come risulta dal Manifesto degli studi 2009-2010, secondo l’approvazione del Senato accademico.
ARCHITETTURA È la più giovane delle facoltà cagliaritane: ora ha una sede autonoma in via Corte D’Appello. Confermato anche quest’anno il numero chiuso: si può seguire il corso triennale in Scienze dell’architettura (200 i posti) e proseguire, se si vuole, con la laurea magistrale in Architettura (120) o in Conservazione dei beni architettonici (80).
ECONOMIA Sette corsi di laurea, i 4 triennali e i 3 biennali: accesso libero per tutti tranne che per Scienze del turismo (quest’anno solo per 90 studenti) ed Economia e gestione dei servizi turistici (55), uno dei corsi che si tiene a Oristano.
FARMACIA Perde il corso di Scienze e Tecnologia erboristiche, conserva il triennale in Tossicologia (72 posti) e i due corsi a ciclo unico di 5 anni in Chimica tecnologia farmaceutiche (Ctf, 100 posti) e in Farmacia (100 posti, 29 in meno).
GIURISPRUDENZA La novità è che sparisce il corso biennale, resta il triennale in Scienze dei servizi giuridici e il corso di 5 anni in Giurisprudenza.
INGEGNERIA È tra le facoltà più grosse, con 15 corsi di laurea, di cui 7 triennale. C’è spazio per tutti, tranne che per la specialistica in Ingegneria delle telecomunicazioni (130 posti).
LETTERE E FILOSOFIA Impianto confermato con 3 corsi triennali (“Beni culturali” è l’unico a numero chiuso) e 4 magistrali, tra cui Archeologia e storia dell’arte.
LINGUE Sei corsi di laurea, di cui due magistrali in Lingue e letterature moderne europee e americane e Traduzione specialistica dei testi.
MEDICINA Numero chiuso e meno posti disponibili tra i 16 corsi, tra cui quello storico di 6 anni (172 posti) e Odontoiatria (5 anni, 23 posti), a cui si aggiungono i triennali che hanno riconvertito i vecchi diplomi (Infermieristica, Ostetricia, Igiene dentale) e le specialistiche.
SCIENZE DELLA FORMAZIONE Otto corsi a numero chiuso, fra cui pedagogia e psicologia e il corso di 4 anni in Scienze della formazione primaria, che sforna i maestri elementari.
SCIENZE La novità è proprio l’introduzione del numero chiuso in tutti i 9 corsi triennali e nei 4 di laurea specialistica. I 5 corsi di laurea magistrale sono invece ad accesso libero. Si svolge a Oristano il triennale in Biotecnologie industriali (62 posti). Laurea magistrale in Chimica per Scienza dei materiali, costretta a cancellare la “sua” laurea specialistica: dopo il corso triennale chi vorrà potrà continuare con i chimici.
SCIENZE POLITICHE Il corso “Amministrazione e organizzazione” è solo a Cagliari, scompare quello di Nuoro e l’altro in teledidattica. Nella facoltà sono 4 i corsi triennali e tre i biennali, quasi tutti ad accesso libero.
CARLA RAGGIO
 
Cagliari e Provincia Pagina 12
«Io ce l’ho fatta: ecco la mia impresa»
Gli sbocchi. Storia di Gabriele Scanu, laureato in Economia e gestione dei servizi turistici
 
L’ultima indagine sugli sbocchi occupazionali dei laureati nell’Ateneo di Cagliari risale al 2008 ed è stata realizzata dal consorzio universitario AlmaLaurea: i ricercatori hanno cercato di capire cosa succede a un anno dal conseguimento del titolo.
Il 33,8 per cento dei laureati triennali, dodici mesi dopo aver raggiunto il traguardo, lavora contro il 27,3 ancora in cerca di occupazione. Una percentuale più alta (38,9) non si è messa a cercare un lavoro, preferendo evidentemente completare la formazione iscrivendosi a un corso di laurea specialistica. Tra chi invece prosegue gli studi per altri due anni, ottenendo il secondo titolo, il 53,1% lavora già dopo un anno contro il 29,3 ancora a caccia di occupazione.
Ce l’ha fatta anche Gabriele Scanu, giovane laureato di Simala, oggi titolare di uno studio che progetta e installa sistemi di audioguida in musei, siti archeologici e luoghi culturali. Laureato in Economia e gestione dei servizi turistici, Scanu ha fatto parte del gruppo che ha seguito l’iniziativa della direzione Orientamento e comunicazione dell’Università di Cagliari per promuovere l’imprenditorialità nei settori produttivi in espansione e innovativi. All’interno del progetto “Destinazione UniCa” , il giovane laureato è riuscito a trasformare la sua idea in impresa, a conferma della validità dei corsi di laurea triennali più collegati al mondo del lavoro. Un’opportunità offerta ai laureati che, con il supporto di docenti universitari e tecnici del settore, riescono in questo modo anche ad entrare nel mondo del lavoro. In certi casi con successo: Gabriele Scanu ha vinto la sua scommessa imprenditoriale e oggi la sua azienda, Audio Cultura, è la prima in Italia a proporre postazioni d’ascolto per siti archeologici e parchi naturali, grazie anche alla partnership con la più importante azienda di livello mondiale del settore. Questa è una storia di successo, non tutti possono esserne protagonisti. Ma è un esempio che vale per i tanti giovani laureati sardi che, come Scanu, riescono a farsi valere negli studi e vogliono farsi strada anche nella vita.
C.RA. 
 
Cagliari e Provincia Pagina 12
facoltà di Scienze
Numero chiuso e test d’ingresso «Scelta ingiusta»
 
Sono sempre di più le facoltà a numero chiuso, a cui si accede solo se si superano i test di ingresso. Così, a Cagliari, Medicina, Architettura, Farmacia, Scienza della formazione e le più classiche Scienze (Matematiche, fisiche e naturali): in quest’ultima facoltà nessun corso di laurea sarà quest’anno ad accesso libero. Una scelta necessaria «perché non ci sono alternative», spiega la professoressa Anna Musinu, presidente del corso di laurea Scienza dei materiali che quest’anno aprirà i battenti a non più di 44 matricole, dopo il trasferimento da Monteponi a Monserrato. «Bisogna fare i conti con le risorse umane e, nel nostro caso, con le strutture: i nostri studenti devono poter frequentare i laboratori, e non solo le aule dove si fa lezione. Se gli iscritti superano una certa soglia bisogna garantire anche un certo numero di docenti: purtroppo abbiamo dovuto lasciare la sede di Monteponi, attrezzatissima e che mi auguro possa venire riutilizzata per i master».
Contrari al numero chiuso i rappresentanti di “Università per gli studenti”. «In questo modo la facoltà di Scienze sta scegliendo una politica di allontanamento degli studenti, nonostante la Sardegna abbia gravi carenze nel numero di laureati nelle discipline scientifiche. Inoltre lo studente potrà fare il test in un solo corso di laurea tra tutti quelli della facoltà. Così si nega allo studente la libertà di scelta: perché chi pensa di avere la passione per due discipline differenti, ad esempio biologia e fisica, si vede costretto a scegliere tra le due senza la possibilità di sostenere entrambi i test?». 
 
2 – L’Unione Sarda
Economia Pagina 9
Accordo tra la Regione e l’Università per l’istituzione di sei aree di ripopolamento: ospiteranno i crostacei troppo piccoli per essere venduti
Nasce la “culla” per le aragoste sarde
 
 Il ripopolamento dell’aragosta nel mare sardo parte da Castelsardo. Le acque che bagnano l’antico borgo medioevale si preparano a diventare la prima di sei riserve regionali del prezioso e prelibato crostaceo. Un’area marina di tutela biologica in cui saranno immesse le aragoste di piccola taglia (inferiore ai 9 centimetri) finite nei tramagli dei pescatori.
LE REGOLE In base alle norme comunitarie, aragoste di dimensioni così piccole non possono essere pescate e allora la Regione, per tutelare i pescatori e salvaguardare dall’estinzione la pregiata specie ittica, ha varato un piano di ripopolamento. Tutto messo nero su bianco e reso operativo da una convenzione firmata ieri, proprio a Castelsardo, dall’assessore all’Agricoltura Andrea Prato con i rappresentanti dell’agenzia regionale Argea e del dipartimento di Biologia animale dell’Università di Cagliari.
L’INIZIATIVA Il progetto prevede una fitta collaborazione fra pubblico e privati con vantaggi per tutti. La Regione, insieme con le varie marinerie e le associazioni di categoria della pesca professionale, individuerà sei sub-aree lungo le coste dell’Isola, dove saranno create le riserve per le aragoste. Gli esemplari sotto taglia saranno marchiati e rilasciati all’interno delle zone di tutela biologica scelte. Qui rimarranno per almeno tre anni, consentendo così alla specie di proliferare. I pescatori che conferiranno i crostacei saranno rimborsati.
LA GESTIONE Il piano di ripopolamento non si ferma alla salvaguardia dell’aragosta: dopo una prima fase sperimentale di tre anni, è previsto che la gestione della aree protette passi nelle mani dei pescatori, che potranno avviare attività di ristorazione, ittiturismo, pescaturismo, visite subacquee. In questo modo i privati potranno integrare il proprio reddito e allo stesso tempo migliorare la sorveglianza e il monitoraggio delle zone. «Crediamo che il ripopolamento dell’aragosta coinvolgerà tutta l’ittiofauna e quindi contribuirà a far tornare pescose le nostre coste, oggi gravemente depauperate», ha spiegato l’assessore Prato.
IL TEST «I costi del progetto, per i primi tre anni, saranno a totale carico del pubblico, poi la pesca in queste aree sarà regolamentata secondo determinate norme condivise dalle marinerie. L’intenzione è partire già dai primi di settembre con un’area test, che potrebbe essere quella di Castelsardo».
VINCENZO GAROFALO

3 – La Nuova Sardegna
Pagina 4 - Sardegna
Aragoste sarde a rischio
Via al progetto regionale per il ripopolamento 
La prima area test da settembre a Castelsardo
La sperimentazione durerà tre anni 
dall’inviato Pasquale Porcu 
 
CASTELSARDO. Aragoste sarde, una specie a rischio di estinzione: troppo poche e troppo piccole. Per questo l’assessore regionale all’Agricoltura, ieri mattina dai locali della Capitaneria di porto, ha lanciato l’idea delle aree di ripopolamento attivo. Una sperimentazione della durata di tre anni per dare la possibilità ai crostacei di crescere, ma soprattutto un modo per ripopolare il mare sardo, sempre più povero a causa dei crescenti consumi (ma nell’ultimo anno, per la crisi, c’è stata una leggera flessione) e di una pesca senza alcuna regola nè criterio.
Il progetto del ripopolamento del Palinurus elephas, come ha specificato Prato, avrà delle ricadute positive sull’intera vita del mare sardo, ma anche di quelli vicini, dalla Corsica al Mar Tirreno.
 Aragosta, dunque. Un fatto è certo, la «regina della tavola» come è stata ribattezzata da un fortunato concorso (ideato dalla Confcommercio di Sassari e dalla Fipe) è sempre più rara. E gli esemplari sotto taglia (sotto i 9 centimetri) alimentano da tempo il mercato nero dei crostacei.
 Per la Sardegna l’aragosta è un motivo di orgoglio ma anche un prodotto di eccellenza che può trainare la promozione di tutta l’enogastronomia regionale. Un po’ come la Ferrari è il simbolo di Maranello e di tutto il made in Italy. Eppure l’isola rischia di perdere il suo fiore all’occhiello.
 Oggi la Regione sarda, per iniziativa dell’assessore all’Agricoltura, Andrea Prato, corre ai ripari creando delle aree di ripopolamento dell’aragosta rossa. Prima iniziativa del genere in Italia.
 Proprio ieri nei locali della Capitaneria di porto di Castelsardo Prato ha firmato una convenzione tra l’agenzia regionale Argea e il Dipartimento di Biologia animale dell’Università di Cagliari, che avrà il coordinamento scientifico e operativo del progetto.
Sei Aree di ripopolamento Le aree di ripopolamento individuate sono sei: Sant’Antioco, Cabras-Marceddì, Cabras-Su Pallosu, Alghero, Castelsardo, La Caletta o San Teodoro (o comunque nella Costa Orientale comunque). A ciascuna area afferiranno un numero variabili di sub-aree che varieranno in ragione della presenza delle marinerie e delle associazioni di pescatori che aderiranno al progetto. Ciascuna area potrà racchiudere una porzione di mare di forma quadrata avente i lati di 4 chilometri circa. Dagli studi eseguiti dai biologi marini della università di Cagliari, infatti, risulta che nell’arco di dieci anni una aragosta femmina può percorrere 1,4 chilometri (più sedentari gli esemplari maschili con 0,3 chilometri di spostamento). Nelle aree di ripopolamento sarà vietato pescare. Anzi in quei tratti di mare le marinerie o le associazioni di pescatori titolari della concessione immetteranno gli esemplari pescati sottotaglia, dopo essere stati marchiati. La sperimentazione in ciascuna area durerà 3 anni. Una volta che le aragoste raggiungeranno le dimensioni ammesse dalle norme comunitarie (Regolamento CE n. 1967/2006, che prevede per la aragoste una taglia minima di 90 mm di lunghezza carapace), potranno essere ripescate. Le spese per realizzare il progetto saranno a carico della Regione che seguirà la sperimentazione attraverso i propri tecnici e Argea. Nelle stesse aree dell’Isola, potranno essere avviate attività di multifunzionalità (ristorazione, ittiturismo, pescaturismo, visite subacquee, etc,) che consentiranno ai pescatori di integrare il proprio reddito e, indirettamente, di migliorare la sorveglianza e il monitoraggio delle zone.
Un progetto che viene da lontano «Questa idea - ha detto Prato- l’ abbiamo trovata, noi l’abbiamo perfezionata e attuata».
 «Proseguiamo - ha sottolineato il professor Angelo Cau, direttore del Dipartimento di Biologia animale ed Ecologia dell’Università di Cagliari - un esperimento iniziato nel 1997 sulla costa centro-occidentale (Su Pallosu) e condotto con successo in questi dieci anni. La biomassa in quella zona è aumentata di dieci volte e i pescatori della cooperativa coinvolta sono passati da un ruolo di spettatori a gestori della risorsa».
 Una rivoluzione culturale Il progetto di istituzione delle Aree sensibilizzerà anche l’opinione pubblica su un verità che i pescatori conoscono molto bene: il mare non è una risorsa infinita e inesauribile. E’ semmai un bene da amministrare con molta saggezza e con l’aiuto di regole che dovranno essere rispettate con implacabile severità. Basta, dunque, con le tecniche di pesca distruttive e sì al rispetto e all’uso intelligente dei metodi naturali di ripopolamento.
 «Ma attenzione- ha spiegato il professor Cau - non si creda che nelle aree di ripopolamento la pesca sia vietata in maniera assoluta. I concessionari delle aree stesse potranno prelevare le aragoste che avessero i requisiti richiesti dalle norme comunitarie. Bisogna fare, insomma, il ragionamento che si fa quando si colgono i fichi. Quelli che non si raccolgono quest’anno non potremmo certo mangiarli l’anno prossimo».
«Pensiamo - ha detto l’assessore Prato - che il ripopolamento dell’aragosta innescherà un circolo virtuoso che coinvolgerà tutta l’ittiofauna e quindi contribuirà a far tornare pescose le nostre coste, oggi gravemente depauperate. I costi del progetto, per i primi tre anni, saranno a totale carico del pubblico, poi la pesca in queste aree sarà regolamentata secondo determinate norme condivise dalle marinerie. L’intenzione è partire subito già dai primi di settembre con un’area test, che potrebbe essere quella di Castelsardo. A ruota seguiranno le altre in tutta l’Isola».
 
 

Questionnaire and social

Share on:
Impostazioni cookie