Press review

ufficio stampa e redazione web: rassegna quotidiani locali
25 March 2009
Rassegna quotidiani locali
a cura dell’Ufficio stampa

L'UNIONE SARDA
1 - Dalla crisi nascerà un'istruzione migliore, editoriale di Giuseppe Marci
 
LA NUOVA SARDEGNA

1 – L’Unione Sarda
Prima pagina
Un volano per l'economia moderna
Dalla crisi nascerà un'istruzione migliore
di Giuseppe Marci  
 
Il ministro Gelmini ha detto: «Il sistema dell'istruzione può essere molto utile per combattere gli effetti della crisi».
Sembra una di quelle frasi che ripetiamo come giaculatorie, in fondo senza crederci. Ed è invece un errore, non crederci e non rendere il concetto subito operativo. Quando sento dire che un capo di governo o un presidente di regione incontrano le "forze sociali", prevalentemente intese come sindacati e imprenditori, mi chiedo: incontrano, con la stessa frequenza, i rappresentanti della scuola e dell'università? Quale piano hanno approntato, negli anni, per ottenere il massimo vantaggio sociale ed economico dall'investimento formativo?
In Sardegna abbiamo un luminoso precedente che, ahimè, non coincide con la stagione autonomistica e con i piani di Rinascita ma risale all'età "coloniale". Fu infatti nella seconda metà del Settecento che il governo sabaudo operò con decisione rinnovando il sistema dell'istruzione sarda e immettendo nell'università docenti e programmi moderni, orientati verso un progetto di "rifiorimento". Nacque, nel giro di un ventennio, una generazione intellettuale preparata, consapevole di sé e dei problemi dell'Isola, capace di operare nei campi della politica, dell'amministrazione, dell'economia come in quelli più generali della cultura umanistica.
È triste dover constatare che un simile fenomeno non si è più ripetuto e che, al di là delle dichiarazioni formali, nessuno ha investito, con tale intendimento, sulla formazione. L'intelligenza non è stata considerata una risorsa economica e, se così posso esprimermi, una "energia": inesauribile e capace di fungere da volano per un'economia moderna orientata a produrre ricchezza nel rispetto delle caratteristiche proprie dei territori.
La stagione che viviamo non è soltanto portatrice di difficoltà economiche e crisi internazionali ma offre anche occasioni e coincidenze potenzialmente feconde: si è appena aperta una legislatura regionale, deve essere varata una impegnativa programmazione finanziaria, gli Atenei di Cagliari e di Sassari stanno per eleggere i loro Rettori. È come se vivessimo un momento di fondazione.
Ho sentito in questi giorni i candidati esporre i loro programmi per l'università di Cagliari, ho letto quelli di Sassari; ognuno ha presente la gravità del momento, le generali difficoltà economiche, la progressiva riduzione dei finanziamenti nazionali. Tutti hanno visto nello stato di crisi un punto di slancio per l'università, la città che la ospita, l'intera regione. Parlano di ricerca, di formazione dei giovani e, contemporaneamente, stanno parlando di linee di sviluppo economico, di assetti urbanistici, di programmazione territoriale, di un futuro possibile.
Dobbiamo far sì che, con il contributo di tutti, possa iniziare una nuova stagione di "rifiorimento".
2 – L’Unione Sarda
Cultura – pagina 38
Anniversari. La Sardegna ricorda domani a cent'anni dalla morte lo storico, romanziere, giornalista
Un diario inedito mostra l'Enrico Costa cagliaritano
Custodito dal pronipote Guido, racconta la saga di un intellettuale eclettico che cantò Sassari  
 
In un'afosa serata del luglio 1851 nel cuore del rione Marina si consumava il dramma di una famiglia cagliaritana. Le porte delle abitazioni di via Santa Teresa erano spalancate per consentire la circolazione dell'aria, ma sulla strada non c'era gente che chiacchierasse: regnava un rispettoso silenzio per il moribondo che giaceva in una di quelle modeste case. Era buio quando uno scampanellio cadenzato annunciò l'arrivo del prete chiamato a portare i sacramenti. «Caro signor Domenico, apra la bocca, debbo darle la Comunione». L'uomo potè rispondere soltanto: «Non posso… non ce la faccio». Le sue ultime parole erano accompagnate dal pianto sommesso della giovane moglie. Il sacerdote benedisse e si accomiatò, rivolgendo col capo un cenno di rispetto alla vicinissima chiesa di Santa Teresa dei Padri gesuiti. Aggrappato a una piccola finestra nella parte superiore dell'ingresso, un bambino aveva assistito alla tristissima scena. Era il più grande dei tre figli di quell'uomo appena mancato: si chiamava Enrico Costa. Domani la Sardegna lo ricorda, a un secolo esatto dalla morte. A Sassari, nel Palazzo di Città, si svilupperà da domattina, e fino a venerdì sera, un convegno di studi organizzato dal Comune, dall'Università e dall'associazione culturale Aristeo: due giornate dedicate all'illustre concittadino considerato nella società, nella politica e nella cultura isolana fra l'Otto e il Novecento.
Storico per vocazione, appassionato divulgatore di tradizioni popolari, romanziere, librettista d'opera, disegnatore e illustratore, giornalista, egli animò la vita culturale della capitale turritana fin quasi al secondo decennio del secolo scorso. La sua opera più famosa, e certo immortale, è Sassari , monumentale ricostruzione della storia sassarese: 2400 pagine di cronache grandi e piccole, avvenimenti epocali e spiccioli, personaggi, istituzioni, aneddoti, curiosità, senza pretese di metodologia scientifica ma certo fonte inesauribile per qualsiasi studioso. Più divulgati, nel resto dell'isola, i suoi romanzi storici, dal Muto di Gallura a Giovanni Tolu , da La bella di Cabras ad Adelasia di Torres , oppure Rosa Gambella . E per i fan del melodramma, famosi i suoi libretti per le musiche di Luigi Canepa.
Cittadino di Sassari nei decenni della maturità, cittadino di Cagliari negli anni della prima gioventù. E proprio a Cagliari, in occasione del centenario, emerge un diario inedito che apre uno squarcio sconosciuto della sua vita. Lo custodisce il pronipote Guido Costa: fotografo noto, figlio di Enrico anch'egli fotografo e professore d'inglese cagliaritano, a sua volta figlio di quel Guido Costa fotografo del quale una serie di fascinose immagini catturate nella Sardegna del primo Novecento è stata esposta qualche mese fa a Nuoro e fino alla scorsa settimana nel Palazzo Regio di Cagliari. Quest'ultimo Guido Costa era figlio del celebrato Enrico, nato l'11 aprile 1841 a Sassari e lì morto il 26 marzo 1909.
Attraverso il diario svelato dal pronipote si può ricostruire la saga dei Costa, a partire dal capostipite "sardo" che si chiamava Giovanni Battista e non era sardo ma ligure. Nato nel 1782 a Genova Nervi, era musicista specializzato nel contrabbasso e nel clarino; pare avesse suonato in orchestra, sedicenne, assieme a Paganini. Dopo la costituzione della Repubblica ligure ebbe una scrittura al Regio di Cagliari, dove giunse alla fine del secolo e frequentò fra gli altri don Francesco Zapata proprietario del gioiellino di Castello (diventato Teatro Civico nel 1836 e poco più di cent'anni dopo bombardato). Giovanni Battista Costa sposò una cagliaritana di padre siciliano, Rita Intili, che nel 1815 morì dando alla luce l'unico figlio: Domenico.
Anche Domenico Costa divenne provetto musicista: per lungo tempo fu contrabbassista di fila al Civico e nella Cappella Civica (che esisteva dal Seicento e che nel 1823 diede origine all'Accademia Filarmonica divenuta infine Conservatorio di musica). Ma l'attività di "orfeonista" lo portava a spostarsi tra Cagliari e Sassari, e in quest'ultima città conobbe Francesca Tintorio, d'origine ligure-milanese, con la quale si sposò. Volle prendere la strada dell'imprenditore teatrale ed ebbe un tracollo finanziario; tornò a Cagliari sconfortato e si ammalò di una febbre epatica che lo portò alla morte nella piccola casa di via Santa Teresa accanto alla chiesa dei Padri gesuiti (anche questa bombardata e sostituita dall'attuale Auditorium di piazzetta Dettori). Aveva 36 anni quando lasciò, assieme alla moglie, tre figlioli: Enrico, Federico e Giuseppe. La vedova non si perse d'animo: organizzò un piccolo panificio in un sottano di via San Michele (oggi via Azuni), facendo impiantare sul marciapiede un casotto di legno per la vendita di pane, latte e caffè. Enrico aveva dieci anni quando si alzava prestissimo, aiutava la mamma al forno e portava sulle spalle la cesta con il pane da distribuire. Frequentava le elementari dai Gesuiti (in via Collegio, a due passi da casa), leggeva opere letterarie, amava le materie scientifiche e la storia naturale. Un giorno ebbe la sorpresa di essere convocato dal sindaco, il giurista senatore Antioco Loru, che lo premiò con una moneta d'oro da dieci lire. Amava andare in giro per i dintorni della città fra campagna e mare, disegnava e dipingeva con gli acquerelli ritraendo panorami, battelli, chiese. Fece amicizia con un pastorello, cui leggeva libri, e s'infatuò di una ragazzina epilettica in via Gesus (attuale via Cavour) che dal balcone gli gettava mazzolini di basilico. Frequentava la chiesa di San Giacomo a Villanova.
Nel 1854 il commercio del forno andò in crisi e Francesca Tintorio si risolse a mandare il ragazzo dal nonno paterno, Giovanni Battista Costa, che stava a Sassari. Enrico partì in diligenza un mattino di ottobre e divenne sassarese. Continuò a studiare dagli Scolopi, appassionandosi alla musica, all'arte, alla letteratura, alla storia. Superò la malaria, lavorò come commesso in un negozio e poi nell'Agenzia dei vapori francesi; fu scritturale nella Tesoreria Regia, disegnatore nello studio dell'ingegner Roux, impiegato al Catasto e in quattro banche, disegnatore nelle Ferrovie Sarde, tesoriere in Municipio, dove divenne archivista. Fondò la rivista La stella di Sardegna e pubblicò tantissime opere: nel 1901 vantava 58 titoli fra poemetti, commedie, poesie, racconti, romanzi e - soprattutto - la mastodontica storia di Sassari, costata oltre vent'anni di ricerche e per metà edita soltanto dopo la sua scomparsa. Nel 1905 Arrigo Solmi lo volle vicepresidente della Società storica sarda, riconoscendo il valore di uno storico non accademico. Intanto, a 24 anni, si era sposato con Enrichetta Manca Piretto, dalla quale ebbe sei figli. Uno dei quali, Guido, grande interprete della Sardegna in bianco e nero. Fotografo come i suoi discendenti rimasti a Cagliari: il figlio Enrico, il nipote Guido (sue le suggestive immagini ambientali commissionate dall'Esit) e i pronipoti Pierfranco e Davide. Tutti documentaristi sulla scia del vecchio Enrico, non più con la penna ma con la messa a fuoco del grandangolare.
MAURO MANUNZA
3 – L’Unione Sarda
Cagliari – pagina 18
la protesta
Campus, studenti al Comune
   
«Dov'è finito il campus universitario?». Ieri sera lo hanno chiesto a gran voce un centinaio di studenti universitari che hanno inscenato una protesta in concomitanza con la seduta di Consiglio comunale. «Vengono ignorati i diritti di 1100 studenti idonei ma non beneficiari di un posto-letto per carenza di strutture - hanno ricordato i ragazzi che hanno guidato la manifestazione - la soluzione era stata offerta dall'ex Giunta regionale con la proposta di campus da realizzarsi nell'area dell'ex semoleria di viale La Playa, il cui progetto era stato affidato all'architetto brasiliano Da Rocha». Un progetto bocciato dall'esecutivo comunale, che contesta l'eccesso di volumetrie proposto dall'elaborato. Un provvedimento che è stato contestato dagli studenti, che ritengono che «il campus che l'Ersu aveva chiesto di realizzare era molto più di un semplice dormitorio e avrebbe fatto parte del tessuto urbano offrendo importanti servizi per studenti e per tutti i cittadini».
Gli universitari presenti a Cagliari sono 38 mila, di cui 12 mila fuori sede. Le cinque case dello studente esistenti hanno una capienza di 927 posti-letto, che si ridurranno ulteriormente di 132 entro quest'anno, a causa della chiusura dello stabile di via Roma, che necessità di un'urgente ristrutturazione. (a.mur)

 
4 – La Nuova Sardegna
Pagina 1 - Cagliari
Premio internazionale a Neuroscienze 
A una ricercatrice per i passi avanti negli studi sulla sindrome Tourette 
 
 CAGLIARI. In Caos calmo la moglie di un collega del protagonista, a un certo punto, inizia a sparlare senza motivo insultando le persone che gli sono a tiro: è affetta dalla sindrome di Tourette. Si tratta di un disordine neurologico che si manifesta con movimenti involontari del corpo e/o facciali e con tic verbali che conducono sino all’incoercibile pulsione a proferire espressioni o parole imbarazzanti. Per gli studi su questa malattia un prestigioso riconoscimento internazionale è stato assegnato a Paola Devoto, ricercatrice del dipartimento di Neuroscienze dell’università: è uno dei quindici premi di ricerca della statunitense Tourette Syndrome Association (Tsa). La Devoto lo ha vinto assieme a Marco Bortolato, research assistant professor del dipartimento di Farmacologia e Scienze farmaceutiche della University of Southern California (Los Angeles, Usa). Entrambi gli studiosi stanno lavorando a una nuovissima strategia terapeutica per la sindrome di Tourette, messa a punto in collaborazione con il Centro sindrome di Tourette della facoltà di Medicina, diretto da Francesco Marrosu.
 La terapia individuata dai due ricercatori, attualmente in corso di sperimentazione presso il Centro di ricerca cagliaritano, consiste in farmaci che inibiscono l’azione dell’enzima implicato in particolari processi neuroattivi del cervello. L’utilizzo di queste sostanze sta rivelando risultati preclinici e clinici considerati dagli addetti ai lavori estremamente promettenti. Il premio, che consiste in un finanziamento di 68mila dollari, per il primo anno, permetterà lo studio dei meccanismi molecolari alla base di questa terapia sperimentale.
 La Tsa finanzia dal 1984 i progetti ritenuti più promettenti per la terapia e per la comprensione delle cause della sindrome di Tourette, una malattia che in Italia affligge circa 250mila pazienti, principalmente di età infantile e sesso maschile. I suoi sintomi più caratteristici (i tic, motori e vocali) possono raggiungere una intensità tale da compromettere seriamente il benessere psicofisico e la vita sociale delle persone che ne sono affette.
 I due ricercatori recentemente premiati sono impeganti da anni nella studio di questa particolare e debilitante patologia. Paola Devoto, inoltre, insegna nella scuola di specializzazione in Farmacologia e nel corso di dottorato in Neuroscienze. E Marco Bortolato è anche consulente scientifico per la Neurologia presso il dipartimento di Scienze cardiovascolari e neurologiche di Cagliari.
5 – La Nuova Sardegna
Pagina 18 - Fatto del giorno
Serve un progetto per portare davvero la Sardegna in Europa 
di Paolo Fois 
 
Abbiamo ancora presenti le manifestazioni di giorni fa nell’Iglesiente e in Gallura, svoltesi per denunciare le pesanti conseguenze che due fatti ben noti (la chiusura dell’Euroallumina e il rinvio della realizzazione della nuova Sassari-Olbia) avranno inevitabilmente sulle condizioni economiche e sociali dell’intera isola. Così come, del resto, ricordiamo bene come nel corso di queste manifestazioni sia stato posto l’accento sul mancato rispetto delle promesse pubblicamente fatte al riguardo dal presidente del Consiglio prima dello svolgimento delle elezioni regionali dello scorso febbraio.
 Vi è tuttavia una terza promessa, di cui assai poco si è finora parlato. Si tratta della mancata istituzione di una circoscrizione elettorale per la Sardegna in occasione delle elezioni europee del giugno prossimo, mediante la modifica della legge del 24 gennaio 1979, n. 18, che in un’apposita Tabella prevede una circoscrizione unica per la Sardegna e la Sicilia. La legge è in vigore da trent’anni, e non è quindi la prima volta che la si è applicata per le elezioni al Parlamento europeo, portando al bel risultato di escludere, ormai da molto tempo, i nostri rappresentanti a tutto vantaggio di quelli siciliani.
 Questa volta, però, qualcosa di nuovo - e di significativo - si è verificato. Fin dall’inizio di questa legislatura, numerose erano state le proposte di modifica della legge n. 18, prevalentemente incentrate sull’esplicita sottolineatura che tale modifica s’imponeva proprio per la necessità di mettere fine all’inaccettabile inclusione della Sardegna nella stessa circoscrizione della Sicilia. La mancanza di accordo fra le forze politiche su altri punti delle modifiche proposte (la soppressione o meno del voto di preferenza e la fissazione di una “soglia di sbarramento”) sembrava dovesse condurre ad un definitivo accantonamento della progettata legge di riforma quando, del tutto inattesa, venne diffusa la notizia che era stata raggiunta un’intesa sui punti controversi (mantenimento del voto di preferenza e fissazione della soglia di sbarramento al 4%). Delle tanto conclamate modifiche alla composizione delle circoscrizioni elettorali, nemmeno una parola.
 Una parola doveva essere detta, subito dopo l’approvazione della legge di riforma, dal ministro Calderoli e dallo stesso presidente del Consiglio: la presentazione di un disegno di legge “riparatore” era data per urgente. Ma, ancora una volta, la promessa doveva risultare disattesa. Della presentazione di questo disegno di legge non se ne è più, manco a dirlo, parlato. Si è invece già cominciato a parlare di candidature, come se niente fosse successo. Come se, in altri termini, la solita beffa delle elezioni per il Parlamento europeo, resa questa volta ancor più insopportabile dalla farsa dell’annunciata modifica della circoscrizione Sardegna-Sicilia, sia passata inosservata. Purtroppo per i possibili candidati, in Sardegna l’intera vicenda è stata seguita con particolare attenzione, e sarà quindi molto arduo trovare argomenti per convincerci che, malgrado tutto, questa volta il risultato delle elezioni del 7 giugno non sarà, come sempre, deludente. Per allontanare lo spettro di una massiccia astensione, non basta auspicare una grande mobilitazione degli elettori. Fondamentale è, invece, che le elezioni europee siano percepite come una preziosa occasione per elaborare un organico progetto sulla politica che la Sardegna intende seguire di fronte ad una realtà internazionale ed europea che così profondamente la condiziona. L’azione degli attesi euro-parlamentari sardi rappresenterebbe allora un tassello, sia pure estremamente importante, della strategia che l’intero “sistema Sardegna” (Regione, autonomie locali, rappresentanti degli ambienti produttivi, università, parlamentari nazionali) è chiamato a sviluppare, e ad attuare,per valorizzare al massimo le opportunità che ci vengono dal nostro inserimento in un contesto europeo e mediterraneo.
 Le scelte degli elettori per Strasburgo sarebbero quindi fatte sulla base di un convincente progetto in chiave europea, progetto che le forze politiche, nel presentare i propri candidati alle europee, si impegnerebbero a sostenere ai diversi livelli (segnatamente, da parte della Regione), e ciò indipendentemente dal fatto che si riesca o meno ad avere rappresentanti sardi al Parlamento europeo. Da troppi anni la Sardegna è priva di un simile progetto. Sarebbe auspicabile che questa volta almeno, per allontanare lo spettro dell’astensionismo, di fronte all’Europa i partiti sappiano dare prova di concretezza e di lungimiranza.
docente dell’Università di Sassari
6 – La Nuova Sardegna
Pagina 38 - Cultura e Spettacoli
L’esperienza di Friburgo nell’intervento del city manager Wulf Dakesing, crescita sostenibile e partecipazione 
Le città del futuro, l’esempio europeo 
Il seminario organizzato dal Centro di studi urbani dell’Università di Sassari 
ANTONIETTA MAZZETTE 
 
Wulf Daseking, uno dei city-manager più importanti d’Europa, che da 25 anni si è occupato stabilmente della trasformazione di Friburgo in senso sostenibile, nei giorni scorsi ha tenuto una lezione presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Sassari, invitato dal Centro Studi Urbani dell’ateneo. Il quesito centrale in cui si inquadrava la sua lezione è stato «Perché in Italia è difficile applicare modelli di sostenibilità urbana?».
 La lezione di Daseking, supportata da 100 fotografie, si è concentrata attorno ai seguenti principi che egli definì “elementari”: 1. conservare confini netti tra campagna e città; 2. costruire le infrastrutture necessarie, a partire dalla linea tranviaria, prima di avviare un qualunque piano di sviluppo edilizio; 3. consumare e produrre energia pulita negli edifici di nuova costruzione; 4. porsi l’obiettivo di trasformare il patrimonio edilizio esistente in senso sostenibile, a partire dai pannelli fotovoltaici; 5. praticare mobilità urbana con mezzi pubblici e sostenibili, quali il tram, con piste ciclabili e aree pedonali, mentre le auto non devono sostare lungo le strade della città, utilizzate dai suoi abitanti, a partire dai bambini; 6. prevedere mescolanza sociale nei nuovi quartieri, ciò al fine di evitare forme di segregazione, considerate fattore di insicurezza sociale; 7. considerare la partecipazione dei cittadini essenziale per il controllo sociale di ogni tipo di intervento.
 Friburgo oggi funziona attorno a questi principi ed è perciò che altre città, anche più complesse, come Los Angeles, vedono in questo city-manager una fonte preziosa per capire come governare gli effetti negativi della diffusione di urbana. Ma questi principi sono così elementari? Per il buon senso sembrerebbe di sì, ma se provassimo ad applicarli in Italia ci apparirebbero utopici. E ciò per varie ragioni.
 Innanzitutto perché è evidente che, per poterli applicare, sono necessarie politiche pubbliche autorevoli e riconosciute socialmente, ma che qui appaiono irraggiungibili non ultimo perché non esiste una legge sul regime dei suoli che separi nettamente l’essere proprietari di suolo (e perciò essere portatori di interessi particolari contingenti) dalle scelte pubbliche che dovrebbero rispondere a interessi generali e a un’idea futura di sviluppo urbano. E ciò in Italia è andato a scapito di un’idea di città da intendere come bene comune.
 In secondo luogo perché l’indebolimento dell’azione pubblica nei processi di trasformazione urbana si è tradotto sostanzialmente in rinuncia alla pianificazione “ordinaria” in senso proprio. Ciò ha favorito e talvolta sollecitato forme private di intervento nel territorio, in nome di una non ben precisata, almeno in senso regolativo, “urbanistica contrattata”.
 In terzo luogo perché non avere regole chiare è diventato un “fatto sociale” normale e rientra in un insieme di comportamenti condivisi, perché si è affermata l’idea che essere proprietari di suolo equivalga automaticamente alla costruzione di volumetrie, ovvero alla concreta possibilità per i singoli di trarre profitti in tempi brevi, senza peraltro correre tutti quei rischi insiti nei settori economici produttivi.
 Infatti, il processo di consumo di suolo che va di pari passo con l’estensione del fenomeno dello sprawl, non solo non è oggetto di intervento regolativo e di attenzione sociale, ma rischia di accelerare il suo corso tanto per le più recenti politiche urbane che hanno coinvolto importanti città come Milano e Roma, quanto per le politiche governative relative alla grave crisi economica in cui versano il Paese e il resto del mondo, e per le quali “la ripresa edilizia” sembra essere la risposta più facile per recuperare posti di lavoro e rilanciare l’economia. Ancora oggi in Italia non si riflette sufficientemente a livello sociale sugli scempi ai paesaggi urbani e naturali di questi ultimi decenni - sui quali comunque c’è una vasta letteratura e di cui ha dato conto anche la migliore cinematografia italiana -, scempi che non sono mai serviti a risolvere i problemi di chi non ha una casa, mentre sono stati utili alle pratiche speculative di ogni tipo e alle cosiddette bolle immobiliari che possiamo trovare un po’ ovunque.
 In quarto luogo perché la debolezza delle politiche pubbliche va di pari passo con il fatto che la figura del sindaco ha assunto l’ambiguo ruolo di amministratore pubblico e di manager, e in pratica è diventato il diretto interlocutore delle forze produttive e finanziarie che generalmente hanno più voce. Di contro, i problemi di coesione sociale, di integrazione multietnica, di formazione e di lavoro, insomma, tutti quei problemi vissuti dalle diverse popolazioni presenti nelle nostre città, continuano a essere governati come problema di sicurezza e di ordine pubblico.
 Per concludere, se in Italia siamo “disattenti” rispetto a questi problemi, lo sguardo straniero ne avverte tutta la gravità: è come dire che “Prima che Mosca stessa, è Berlino che si impara a conoscere attraverso Mosca”, come ha scritto nel 1929 Walter Beniamin in Immagini di città. Si pensi, per ultimo, alle dichiarazioni rilasciate da Rafael Moneo al Corriere della Sera (6 marzo 2009), secondo il quale in Italia si costruisce “fin troppo, al di là del bisogno della gente, ancora una volta solo per speculazione”. Ma la “disattenzione” ha a che fare direttamente con la pratica della democrazia e con tutto ciò che attiene all’individuazione di interessi comuni di lungo periodo e che necessitano del superamento della primaria preoccupazione individuale di difendere i singoli interessi, ossia tutto ciò che attiene all’esito finale di un processo di formazione di cittadinanza in senso democratico. Non è un caso, infatti, che il contesto di politicità debole ben si concili con la pratica del metodo Decidi, annuncia, difendi perché considerato il più efficace per accelerare il processo decisionale. Metodo ampiamente praticato dal nostro Governo, a partire dall’annuncio reiterato della costruzione del ponte sullo Stretto di Messina fino alla sciagurata ipotesi di liberalizzare l’edilizia.
7 – La Nuova Sardegna
Pagina 37 - Cultura e Spettacoli
IL CENTENARIO
Sassari ricorda Enrico Costa, scrittore innamorato della città 
Un convegno e una mostra sul letterato morto nel 1909 
ANTONELLO MATTONE 
 
«Madrigna ai figli, e d’animo beffardo, / Del mondo Ella s’infischia; ed apre il core, / Più che ad Azuni, ai cavoli col lardo». Così scriveva nel 1895 Enrico Costa a proposito della «fiera, nervosa, cinica, mordace», amatissima Sassari. In passato la città turritana non aveva voluto sottrarsi alla sua fama di perfida, ingrata matrigna («l’indole de’ sassaresi è tale, che all’amor del guadagno preferiscono il piacere di fare un dispetto», scriveva nel 1788 un ignoto funzionario sabaudo). Il 1985, anno in cui era caduto il centenario della pubblicazione di «Sassari» di Enrico Costa, era passato senza che l’amministrazione comunale ricordasse in qualche modo l’avvenimento. Povero Costa! Eppure egli aveva dedicato tutta la sua esistenza a studiare e ad illustrare le tradizioni civili e municipali della sua irriconoscente città.
 Ora invece il Comune di Sassari, l’Università, Dipartimento di Storia e Facoltà di Lettere, l’Associazione culturale «Aristeo» hanno predisposto una serie di iniziative per commemorare il centenario della morte (26 marzo 1909) di questo geniale “letterato”, innamorato della sua città e della sua terra.
 Le celebrazioni sono articolate in tre momenti: un convegno di studi dal titolo “Enrico Costa (1841 - 1909). Società, politica e cultura in Sardegna tra Otto e Novecento”, che si aprirà il 26 marzo nel Palazzo di Città e si concluderà il giorno successivo nella Sala conferenze della Biblioteca comunale. Una mostra dal titolo “Enrico Costa. Vita, opere e affetti nella Sassari dell’800”, che si inaugurerà il 26 marzo nei locali del rinnovato Archivio Storico comunale in via dell’Insinuazione. “Le passeggiate di Enrico Costa. Viaggio emozionale per i luoghi dell’autore”, con gli attori Sante Maurizi, Giovanni Carroni, Luca Sanna, che si terranno domenica 29 marzo nel centro storico di Sassari.
 Infine, domenica 5 aprile il Comune provvederà all’affissione di due targhe, una nella casa natale di Costa, nel Corso Vittorio Emanuele n. 112, l’altra nella casa in cui visse e morì in via Cavour ai numeri civici 82-84.
 Il primo volume di «Sassari» appare nel 1885 per i tipi della tipografia sassarese «Azuni». L’allegorica copertina arancione, disegnata dallo stesso Costa, illustra simbolicamente le varie fasi dello sviluppo della città, dal podestà Cavallino de Honestis al palazzo della Provincia, dal Castello aragonese alla ferrovia, dall’Inquisizione spagnola al Gazometro, dall’acquedotto alle conce.
 Schiacciato tra due grandi tradizioni storiografiche, il romanticismo e il positivismo, lo scapigliato Costa riuscì a trovare uno spazio autonomo, studiando un settore relativamente poco indagato come quello della storia delle città. Cosa spinse lo scrittore sassarese a intraprendere una così lunga fatica? Costa si trovò a vivere, ha osservato Manlio Brigaglia, «al punto di confluenza di una serie di elementi di condizione politica, economica, culturale, che congiurarono tutti insieme, a incoraggiarlo nell’impresa».
 Tra il 1885 ed il 1909 si assiste, infatti, ad una crescita civile, sociale, culturale della città di Sassari. Superata la crisi di fine secolo, il capoluogo del Nord Sardegna conosce un nuovo sviluppo legato ai tradizionali prodotti agricoli, ma anche ad attività industriali (edilizia, conce, mulini, etc.) ed imprenditoriali. Emerge soprattutto una nuova classe dirigente di orientamento democratico e repubblicano formata dall’avvocato Filippo Garavetti, da Pietro Satta Branca - sindaco di Sassari dal 1904 al 1909, autore di un penetrante studio, edito a Roma nel 1885, sul Comune di Sassari nei secoli XIII e XIV - da Enrico Berlinguer, da Pietro Moro, da Salvatore Azzena Mossa. Nel 1891 questo gruppo fonda «La Nuova Sardegna».
 Appare chiaro che, per affermare la propria egemonia politica, i giovani repubblicani dovettero esprimere anche una sorta di «identità» culturale della città e delle sue tradizioni. Enrico Costa, e i poeti Pompeo Calvia e Sebastiano Satta furono coloro che interpretarono meglio lo spirito repubblicano e laico della città.
 La monumentale opera su Sassari va, pertanto, inquadrata in questo particolare clima culturale. Forse, oggi, le considerazioni di Costa sulla «Sassari repubblica» e libero comune indipendente appaiono irrimediabilmente superate. Eppure esse tentavano di giustificare, seppure con ingenuità, e di cogliere le lontane radici di quel prepotente municipalismo che caratterizza la storia sassarese.
 Certo, le notizie sono affastellate, la narrazione discontinua e frammentaria, i suoi commenti ingenui e talvolta fastidiosi. Eppure egli possedeva un certo «fiuto» storiografico: ad esempio, è sua l’intuizione - oggi definitivamente acquisita - che gli Statuti sassaresi non furono promulgati nel 1316 ma soltanto «ridotti in volgare».
 «Sassari» va letto con affetto ed indulgenza. Abbandonandosi alle mille notizie, alla descrizione delle chiese e dei palazzi, alla storia delle tradizioni culturali, teatrali, musicali. Prevale quel gusto antiquario e bozzettistico per il dettaglio, per il particolare minuto. E in ciò sta ancora il vero fascino della grande opera di Costa.
 

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